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Napoli – Mostra fotografica “La mia città è parola” a Santa Maria La Nova

Giovedì 11 luglio 2024, alle ore 19.00 al Complesso Monumentale di Santa Maria La Nova a Napoli, inaugurazione della mostra fotografica di Gian Paolo Russo “La mia città è parola”. Al centro dell’esposizione, che sarà visitabile fino al 10 settembre, Napoli e i suoi paesaggi, dalle vedute iconiche alle prospettive più insolite. L’autore offre un racconto contemplativo della città, dove la presenza umana è marginale e i veri protagonisti sono i colori e le atmosfere sognanti. Ogni scatto cattura la bellezza inaspettata di una città in continuo cambiamento, capace di sorprendere e regalare emozioni diverse ogni giorno. “Ho scoperto la magia di osservare il mondo attraverso il mirino della macchina fotografica di mio padre quando ero bambino – afferma Gian Paolo Russo – ho viaggiato molto in tutti e cinque i continenti, rimanendo all’estero per periodi anche lunghi, ma ogni viaggio è sempre iniziato da Napoli e soprattutto è finito a Napoli. Mi sono sentito, e mi sento tuttora, un cittadino del mondo, ma oggi credo di avere una ragionevole consapevolezza e serenità nel dire che il mio luogo del cuore è questo. Napoli è la mia città, o almeno sono una particella del suo microcosmo e delle sue mille sfaccettature”. La mostra, curata da Giuseppe Reale, Direttore del Complesso di S. Maria La Nova, è allestita nel Cappellone di San Giacomo della Marca, un luogo ricco di arte e storia partenopea. Le dieci fotografie, stampate su alluminio, si integrano con l’ambiente, tra i marmi barocchi e gli affreschi di Massimo Stanzione e Luca Giordano. In ogni fotografia, Gian Paolo Russo crea luci di transizione, scattando principalmente all’alba. L’utilizzo di esposizioni lunghe crea talvolta scie di movimento che, paradossalmente, la fotografia cerca di congelare e altre volte ferma il tempo, rendendolo sospeso. Ciò che colpisce l’osservatore in ogni scatto è il colore: tinte vivide che variano dal blu intenso all’arancione, capaci di trasmettere un sentimento di pace e riconciliazione con il paesaggio circostante. Ecco l’isola di Capri incorniciata tra due palazzi di via Partenope, avvolta dalle prime luci dell’alba; il Castel dell’Ovo sospeso nel blu liquido di mare e cielo; il pontile di Bagnoli che sembra correre verso il tramonto e nuvole color porpora; e infine il Vesuvio tra asfalto, scie luminose e un cielo infuocato. “Gian Paolo Russo incrocia luoghi assolutamente abituali delle nostre strade e delle nostre piazze, di una fermata dell’autobus o di un celebre castello abbracciato dalle onde del mare, sottraendoli alla ripetizione della visione consueta, restituendoceli come un racconto, come una visione di sogno, come un dettaglio in cui il colore è luce e contrasto di ombre. Nei suoi scatti d’autore c’è il viaggio di un’istantanea, la consegna di un’emozione nascosta nella pelle, in cui immediatamente riconoscere luoghi che ci appartengono secondo una memoria condivisa, ma per poi trovare un racconto altro dai nostri stessi occhi e, nella nostalgia di un’inquadratura, vedere emergere un mondo altro, il mondo di Gian Paolo Russo che è proprio la sua timida e cortese condivisione di mondo. La sua fotografia non insegue il sensazionalismo, è una fotografia di pensieri, di rinvii del momento, è una fotografia che non cede alla moda della foto automatica a tutti i costi del mondo, ma che resta ancora un viaggio interiore” scrive Giuseppe Reale nel testo che accompagna l’esposizione.

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(Fonte: DeaNotizie – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Padre Manuel, missionario comboniano con la Sla: “La mia carrozzina è il pulpito che Dio mi ha dato per proclamare la Parola”

Padre Manuel João Pereira Correia, missionario comboniano, convive da 14 anni con la Sclerosi laterale amiotrofica (Sla) e risiede nel Centro di Castel d’Azzano a Verona.

Come è nata la tua vocazione missionaria
La mia vocazione missionaria… è nata con me! Dalla mia tenera infanzia sentivo il desiderio di essere sacerdote. Forse dovuto all’influsso di mia madre che, da piccolissimo, mi chiedeva durante la santa messa: “Manelzinho, non vorresti essere prete anche tu?” Quel desiderio fu crescendo con me, in modo tale che, quando mi chiedevano cosa vorrei essere da grande, rispondevo con convinzione: “Voglio diventare prete!” I miei compagni e alcuni famigliari mi deridevano, ma il sogno si mantenne vivo.
Quando avevo dieci anni, durante la scuola elementare, un comboniano passò da noi e ci parlò con entusiasmo della vocazione missionaria. Alla fine ci chiese chi vorrebbe andare in Africa con lui. Ma nessuno alzò la mano. Nemmeno io, per timidezza. La maestra, che forse intuiva che io potrei essere un ‘candidato’, mi fecce chiamare durante la pausa e mi presentò a quel promotore vocazionale. Alcuni mesi dopo fu accolto nel seminario. E così nacque la mia vocazione di sacerdote comboniano.
Naturalmente la strada fu lunga. I dubbi arrivarono con l’adolescenza. Durante il noviziato, durante il ritiro di preparazione alla professione religiosa, andai dal Padre Maestro e gli disse: “Padre, ho paura!” Mi rispose: “E tu credi che non l’abbiano anche i tuoi compagni? Fa come loro: chiudi gli occhi, fidati di Dio e fa il salto!” E così feci io!

Ma i dubbi ritornarono. Mi chiedevo se quella fosse la mia strada! Invidiavo i colleghi che ne erano certi e sicuri e volevano anticipare la professione perpetua e l’ordinazione, mentre io cercavo di rimandarle il più possibile! E mi lamentavo con Dio di non essere più chiaro con me. Non volevo accettare che questa fosse la legge dell’incarnazione di Dio, della sua presenza, della sua voce e dei suoi segni. Quelli erano tempi turbolenti, dopo il post-Concilio e la rivoluzione sessantottina, in cui si contestavanno i valori della vita religiosa e particolarmente del celibato.

Mi stupisco ancora oggi che siano state due ragazze, a loro insaputa, il segno o la luce che Dio mi ha inviato per prendere la grande decisione. Fu nell’estate del 1977, a Londra, durante un periodo di lavoro in un ristorante, con tanti altri studenti di diverse nazionalità. Verso la fine di quella esperienza, due ragazze (irlandesi?), avendo scoperto che ero un seminarista, mi confidarono che avevano notato in me qualcosa di “speciale” e, per mia sorpresa, mi incoraggiarono ad andare avanti. Lì ho preso coscienza della perla che portavo in me e che, con il tempo e la routine, si era impolverata, ecco perché non provavo più il suo fascino. Quello fu il momento della decisione. Di ritorno a Roma per finire gli studi, chiesi, con grande serenità, la professione perpetua e l’ordinazione sacerdotale.
Devo precisare che la decisione di dare il mio SÌ definitivo al Signore non è scaturita da un chiarimento dei miei dubbi, ma piuttosto da un’intima convinzione che, anche se il futuro rivelasse che la mia era stata una decisione azzardata o addirittura sbagliata, il Signore avrebbe dato senso alla mia storia. Questa convinzione è diventata per me come una “promessa di senso”: “Io sarò sempre con te per dare senso alla tua vita!” Questa promessa mi ha sempre accompagnato e ha illuminato i momenti difficili della mia vita.
Pochi giorni prima dell’ordinazione, mio padre mi confidò che, al momento del mio concepimento (sono il figlio primogenito), i miei genitori fecero una specie di preghiera o consacrazione: “Signore, se il nostro primo figlio è un maschio, te lo offriamo perché diventi sacerdote!” E mi disse che non me l’aveva detto prima per non condizionarmi nella mia scelta. Un’altra confidenza, di mia madre (che guardo solo per me!), mi commosse profondamente. Mi rivedo nella vocazione di Geremia, con i suoi dubbi, timori e timidezza, ma chiamato da Dio dal seno di sua madre!

Hai lavorato in diverse comunità e Paesi fino a quando, nel 2010, è accaduto qualcosa che ti ha obbligato a tornare e a rimanere in Europa. Che cos’era
Ho cominciato ad avere difficoltà di deambulazione e mi chiedevo cosa fosse. In un primo momento ho pensato che si trattasse di mancanza di esercizio fisico. Di sera, finite le attività, mi diedi alla corsa in bicicletta. Quando divenne chiaro che era qualcos’altro, andai da un neurologo che mi consigliò di rientrare subito nel mio paese, in Portogallo, per fare degli esami e mi consegnò una lettera in busta chiusa da presentare ad uno specialista.

Arrivato a casa, la aprii e lessi la sentenza: diagnosi probabile: Sclerosi laterale amiotrofica, cioè Sla. A Lisbona questa diagnosi mi fu confermata.

Quando chiesi al medico quale potrebbe essere il decorso della malattia mi rispose: “Molto semplice, prima camminerà con le stampelle, poi in carrozzina, poi…”. Lo ringraziai per la schiettezza e me ne andai! Ritornai in Africa (Togo) per concludere gli ultimi mesi di servizio come responsabile dei comboniani nell’Africa occidentale(Togo, Ghana e Benin) e, alla fine dell’anno, rientrai in Europa. Nella messa di congedo la gente mi offrì tanti regali. Ringraziai, ma dissi loro che mancava il regalo principale: un bastone! La gente rispose: “Nooo, padre!” Alla sera, però, un consigliere del presidente della repubblica mi portò un bastone artistico che gli era stato regalato dal presidente. Facendo scalo a Casablanca, scendendo dall’aereo mi appoggiai al bastone che, essendo stato fatto non per reggere pesi ma per bellezza, si rompi, così lo abbandonai in un cestino dell’aeroporto!

Come hai reagito quando hai ricevuto la diagnosi dal medico?
La prima notte piansi un po’, lo confesso, ma poi il Signore mi concesse una grazia di cui non mi aspettavo: una grande serenità, che mi ha sempre accompagnato. Certo, all’inizio mi chiesi perché proprio a me doveva capitare quella disgrazia, ma subito io stesso mi diedi la risposta: “E perché non doveva capitare proprio a te? Sono per caso un privilegiato?!”. Mi venne in mente, pure, una preghiera che mi veniva spesso. Sentivo dire, certe volte, quando qualcuno moriva improvvisamente nel sonno: “Ecco una morte invidiabile!” Io ritenevo, invece, che fosse una vita strappata, e chiedevo al Signore di poter morire consapevole del suo arrivo per poter consegnare la mia vita nelle sue mani. Allora mi lamentai con Dio: “Ma, Signore, non ti sembra che sia troppo presto?”.

Pensavo spesso al momento in cui sarei completamente prigioniero nel mio corpo, ma una certezza mi dava pace: “Non sarò solo, il Signore sarà prigioniero dentro di me!”.

Pensavo, inoltre, alla possibilità di essere completamente isolato dalla realtà esterna, ma un’altra convinzione crebbe in me: “Avrò sempre la possibilità di vivere nel mondo interiore che abita nella cattedrale del mio cuore!”. Adesso, quando mi chiedono come sto, rispondo: “Sono abbonato allo ‘Sto bene!’”. L’abbonamento, però, lo pagano tante persone che mi vogliono bene e pregano per me!

Il tuo ministero è certamente cambiato con evoluzione della sua malattia
Sì, certo. All’inizio mi aspettavo di vivere, al massimo, qualche anno. Infatti, ho visto morire gli amici che ho conosciuto con la mia stessa malattia. Dato che il Signore mi concesse qualche anno supplementare (sono ormai più di dodici anni!), ho pensato di offrire il mio piccolo contributo nel campo della formazione permanente dei confratelli, creando un blog e condividendo con loro del materiale di formazione. Finché la mia situazione me lo permise, mi sono prestato a collaborare con alcuni gruppi, con la mia testimonianza, e coltivando le amicizie.

Una volta hai detto che la tua sedia a rotelle è diventata un pulpito per te… Come lo vedi?
Sì, ritengo che la mia carrozzina è il pulpito che Dio mi ha dato per proclamare la Parola di Dio. Credo che la nostra croce è il luogo più adatto per annunciare la Parola. Mi rivedo nel profeta Giona nel ventre della balena, che mi porta là dove Dio vuole.

Navigo nel mare della vita, tra le sue due sponde. Da un occhio del cetaceo guardo la vita in questo margine, dall’altro occhio intravedo l’altra sponda che ci aspetta, nella foschia della fede e della speranza.

Ogni volta che mi ricordo di te, vedo un uomo sereno e sorridente. Da dove viene questa tua gioia
La serenità che mi accompagna dall’inizio della malattia è dono di Dio. Ne sono certo, perché io ero piuttosto preoccupato riguardo ai problemi di salute, che non mi sono mancati in missione. Il sorriso lo chiedo ogni giorno al Signore.

Dal 2018 sei completamente immobile. Come vivi la dipendenza dagli altri?
È il mio modo di vivere il voto di povertà: avere bisogno e dover chiedere tutto! Ma è pure una maniera di coltivare la gratitudine per ogni piccola cosa. Oltre a ringraziare Dio per tutte persone che generosamente si prodigano per assistermi, cerco sempre di retribuire con un sorriso sulle labbra e una benedizione nel mio cuore.

Dall’altra parte, questo risulta assai facile perché tutti mi vogliono bene e mi coccolano! La dipendenza dagli altri, inoltre, è un esercizio di fiducia e di abbandono, ma soprattutto una palestra di pazienza! Questo che è vero per me, lo è anche per i miei confratelli di comunità, che mi danno dei belli esempi, in questo senso.

E come comunichi con gli altri, per esempio, adesso con me?
Comunico soprattutto con gli occhi, l’unica parte del corpo che posso ancora muovere. Con gli occhi scrivo, grazie a un computer con un software speciale che ‘legge’ gli spostamenti degli occhi. Una delle tante meraviglie della tecnica!

Come vivi la tua vocazione missionaria
Amo la vita e amo ripetere che la vita è bella! Cerco di trasmettere questo senso di meraviglia a quanti mi stanno vicini. Continuo ad interessarmi e ad accompagnare la vita del nostro mondo, della società, della Chiesa e della missione. Lo faccio per passione e per aggiornare continuamente il mio blog comboni2000.org.

A volte le persone che sperimentano malattie e sofferenze provano dolore e rabbia verso Dio. Qual è il tuo rapporto con Dio oggi?
Nella malattia ho scoperto la generosità di Dio! Da un po’ di anni, mi impressionava l’immagine della visita del Signore come un ladro. Intuivo che era una visita dolorosa. Spontaneamente mi veniva da chiedere al Signore di non visitarmi da ladro. Che venisse da amico e bussasse alla mia porta, anche da amico importuno, fino a costringermi ad aprirgli, per amicizia o per forza! Quando il Signore mi visitò con la malattia, mi venne spontaneo esclamare: “Signore, sei un ladro!”. Di volta in volta mi portava via qualcosa. Ho scoperto, però, che è un ladro molto speciale. Non ti porta via mai niente senza lasciarti qualcosa di più valido.

Cosa diresti alle persone che hanno perso la speranza e sono infelici nella loro sofferenza e malattia
Direi che la vita è sempre opportunità! Fin dall’inizio della malattia mi accompagna una convinzione: la vita non ti chiude mai una porta senza aprirne un’altra. Soltanto che spesso rimaniamo così ostinatamente bloccati davanti a quella porta chiusa, che non ci rendiamo conto che un’altra porta si apre nel frattempo. All’inizio la malattia era per me come un muro tenebroso che mi tagliava completamente ogni prospettiva d’orizzonte.

La convinzione che la vita è sempre opportunità mi ha portato a guardare con altri occhi quel muro e ad intravedere una porta, fin lì invisibile ai miei occhi, che mi offriva una nuova visione della vita, più profonda, più vasta e più bella, oserei dire!

Naturalmente la fede mi ha aiutato in questo processo. Certo, ci sono delle situazioni particolarmente tragiche, difficili da accettare e da gestire. Per il credente è l’ora della speranza e della fede nel trionfo della vita, di cui la croce e la morte sono la gestazione. Al non credente direi di fare fiducia all’istinto della bellezza della vita. Anche quello è un cammino di speranza che ci conduce, seppur inconsapevolmente, verso la Vita!

(*) pubblicata sulla rivista “Misjonarze Kombonianie”

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(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Oggi più di ieri, l’Antimafia è per molti una bella parola per fare carriera e proteggere chi la utilizza per interessi personali, calpestando il ricordo e l’impegno di chi ha dato la vita per il cambiamento e la lotta alla criminalità organizzata.





L’Antimafia è stata ridotta a passerella per impresentabili

DI SAUL CAIA

24 MAGGIO 2023

L’Antimafia è delusa, illusa e ingannata. Trentuno anni dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio, cosa rimane di quel movimento e di quelle idee che nei giorni in cui Palermo grondava di sangue appendeva lenzuola bianche in segno di protesta Oggi più di ieri, la commemorazione è diventata la giornata della “tragedia”, della teatralità e non del ricordo. Le passerelle si susseguono, con uomini e donne che prima stavano dall’altra parte della barricata e oggi sono in prima fila con la fascia e gli onori della gloria.

Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni, dice “basta con l’Antimafia di carriere e passerelle”. E un anno fa ammoniva quella “politica” che “non si può permettere sponsor che non siano adamantini, Dell’Utri e Cuffaro non lo sono”. Oggi, invece, cammina al fianco del sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, e del presidente della Sicilia, Renato Schifani, politicamente scelti dall’asse Dell’Utri-Cuffaro. “Troppo spesso i cittadini ricevono dall’alto segnali che invitano a convivere con ambienti notoriamente in odore di mafia”, sentenzia il cognato di Falcone, Alfredo Morvillo, ex procuratore di Trapani, che alle commemorazioni non va più da quando sono presenti “alcuni” politici.

La spaccatura nell’Antimafia è tangibile. Rita Borsellino ci aveva messo la faccia nel 2001, candidandosi contro Totò “Vasa Vasa”. Salvatore Borsellino è ancora in prima linea col movimento delle Agende Rosse. Ma i figli del giudice hanno scelto di defilarsi, rilasciando interviste centellinate in cui si esprime il dissenso per molte inchieste giudiziarie non andate a buon fine o travisate. Giovanni Paparcuri, sopravvissuto alla strage in cui perse la vita il magistrato Rocco Chinnici, ha deciso di lasciare il “bunkerino”, il museo del tribunale di Palermo dedicato a Falcone e Borsellino. Caterina Chinnici, figlia del giudice, eletta eurodeputata nel Pd e candidata col centrosinistra alle ultime Regionali, ha saltato la staccionata entrando in FI al fianco dell’ex avversario Schifani. Lì ha trovato Rita dalla Chiesa, figlia del generale ucciso dalla mafia. E pazienza se FI è stata fondata – insieme a B. – da Dell’Utri, condannato a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa; se più collaboratori di giustizia hanno confermato che mafia e ’ndrangheta votarono in massa per gli “azzurri” nel 1994 e dopo; se Vittorio Mangano, boss palermitano, era stato “stalliere” nella villa di B. Quel Mangano che fu definito da Borsellino “testa di ponte dell’organizzazione mafiosa nel Nord Italia” e da B. e Dell’Utri “eroe” per non avere parlato.

E cosa rimane della lotta antimafia se la nuova Commissione parlamentare sceglie come presidente Chiara Colosimo, legata all’ex Nar Luigi Ciavardini, condannato a 30 anni per la strage di Bologna, e annovera fra i suoi membri tre imputati (Giuseppe Castiglione, Francesco Silvestro, Anastasio Carrà) e un’indagata (Dafne Musolino)? Cosa possono pensare i siciliani che vedono seduto nella Commissione regionale Antimafia Giuseppe Gennuso, sotto processo per estorsione, che dopo il polverone mediatico sollevato dal Fatto ha deciso semplicemente di autosospendersi dalla carica di vicepresidente vicario?

Che insegnamento può dare l’Antimafia quando viene arrestata per peculato e corruzione la preside “paladina” Daniela Lo Verde, direttrice dell’istituto “Falcone” allo Zen di Palermo? Senza dimenticare i casi giudiziari di finti paladini antimafia come Roberto Helg, ex presidente della Camera di commercio di Palermo, Silvana Saguto, presidente del Tribunale delle misure di prevenzione palermitano, e Antonello Montante, già presidente di Confindustria Sicilia e nominato dall’allora ministro Angelino Alfano componente dell’agenzia dei beni confiscati, condannato in appello a 8 anni (in un filone parallelo è imputato anche Schifani).

Oggi più di ieri, l’Antimafia è per molti una bella parola per fare carriera e proteggere chi la utilizza per interessi personali, calpestando il ricordo e l’impegno di chi ha dato la vita per il cambiamento e la lotta alla criminalità organizzata.

FONTE:

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Napoli-Bari. Ferrovia, distanza abbreviata grazie al monistro Salvini e alla Lega: parola di Bellomo

“Bari e Napoli più vicine grazie al ministro Salvini e alla Lega.
L’incontro del nostro leader con i sindaci delle due città e le Ferrovie dello Stato ha dato subito frutti concreti. In attesa del completamento dei lavori dell’Alta velocità, ci sarà in tempi brevissimi un collegamento diretto tra i due grandi capoluoghi del Sud con una coppia di Intercity.
Un segnale importante, che testimonia lo sforzo del dicastero a guida leghista per trovare soluzioni a problemi atavici.
Più che i protocolli d’intesa, serve l’impegno costante di un ministro come Salvini che ama i fatti e non si limita, come fa la sinistra, alla semplice enunciazione delle criticità.
Tutti ricordano le chiacchiere senza nemmeno il distintivo dell’allora ministro De Micheli, con promesse destinate a restare lettera morta.
Programmare, rispettare i tempi delle opere strategiche, ridurre le distanze, costruire un futuro migliore in termini economici e di sviluppo dei territori, anche in vista di un sempre maggiore afflusso turistico.
Questo il nuovo corso, dopo decenni nei quali i veti ideologici del Partito democratico e dei suoi alleati hanno bloccato il Paese.
Se ne sono accorti perfino Manfredi e Decaro, sindaci alla disperata ricerca di collegamenti. Non solo ferroviari”. Lo dichiara Davide Bellomo, deputato della Lega.

 
(On. Davide Bellomo, Gruppo Lega – Salvini Premier Camera dei Deputati – Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)

Caserta. Allevatori bufalini riprendono i presidi attacando De Luca e invocando il commissariamento

In attesa dell’incontro al ministero, gli allevatori riprendono i presidi; tre i nuovi striscioni, rivolti a De Luca, alla Task Force ed al Governo, ma una sola parola d’ordine: commissariamento!

Ripartono i presidi degli allevatori alla Stazione di Villa Literno e a ridosso del Casello autostradale di Capua.

Una sola parola d’ordine negli striscioni: commissariamento!

In attesa della riunione del 18 gli allevatori si convocano in assemblea nel Presidio alla Rotonda dell’Agnena per giovedi alle 12 per valutare gli esiti dell’incontro al Ministero della Salute e decidere come proseguire le iniziative.

Il Presidio alla Stazione di Villa Literno è stato già ricostituito e quello presso il Casello autostradale di Capua verrà installato nuovamente fra la notte e la mattina del 18 maggio.

La ripresa dei presidi è un segnale della volontà degli allevatori casertani di avere quelle risposte che attendono da anni e che, in particolare, negli ultimi due anni il Presidente De Luca si è ostinato a negare.

Gli allevatori in mobilitazione al loro quindicesimo giorno di presidio nelle strade casertane, sotto la pioggia scrosciante di questi giorni, in vista della riunione convocata dal sottosegretario Gemmato hanno le idee chiare su cosa bisogna fare e su cosa si aspettano dal Governo Nazionale e dalla Parlamento e lo hanno scritto in tre striscioni che espongono nei presidi: COMMISSARIAMENTO.

Le parole d’ordine nei tre striscioni affissi sottolineano anche le tre circostanze che oggi lo rendono necessario, possibile e obbligato:

1) la mancanza assoluta di dialogo e di confronto trasparente fra la regione e gli allevatori che la criticano, che vanifica la prima delle condizioni indispensabili alla riuscita del Piano
(DE LUCA HA PAURA DEL CONFRONTO – COMMISSARIAMENTO)

2) Le quasi quattrocento aziende chiuse, i 5.000 posti di lavoro persi, le decine di migliaia di animali innocenti inutilmente massacrati con la BRC e la TBC che non si risolvono ma si cronicizzano
(brucella e tbc non si risolvono, le aziende chiudono, DOPO DIECI ANNI DI FALLIMENTI – COMMISSARIAMENTO)

3) il fatto che, oggi, oltre le dichiarazioni dei presidenti regionali di Organizzazioni che hanno sempre condiviso le scelte fallimentari, gli allevatori del territorio, uniti e organizzati) stanno indicando  cosa fare a gran voce e con responsabilità e proponendosi alla politica come garanti veri di un piano che (finalmente) risolva i problemi delle zoonosi rilanciando e tutelando le aziende
(SONO GLI ALLEVATORI I GARANTI DEL PIANO – COMMISSARIAMENTO)

Anche mercoledì 17 maggio, in attesa che le loro delegazioni giovedì 18 maggio si incontreranno con le istituzioni al Ministero, gli allevatori si preparano a passare la notte in presidio.

Sarà nell’assemblea convocata per venerdì 19 che valuteranno se dalla politica saranno arrivati i segnali che servono per poter tornare in pace a lavorare nelle stalle come dovrebbe essere ma non è, per colpa e responsabilità di chi si ostina a fingere di non vedere i problemi e a non ascoltare.

Per approfondimenti: https://altragricoltura.net/articoli/gli-allevatori-rilanciano-i-presidi-in-vista-della-riunione-del-18-a-roma/

(Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)

Caiazzo. ‘VotoCruciverba’: parola di tre lettere che affascia le diverse anime dell’unica lista?

Gentile Redazione vi propongo un giochino facile facile per far intendere a chi ancora crede che “il ciuccio” voli quale può essere il collante che unisce i vari cocci di cui è composta l’unica lista in competizione.

E quale potrebbe essere secondo voi se, addirittura, una mamma si contrappone al figlio dopo aver detto peste e corna, arrivando quasi a prendersi per i capelli col suo redento pigmalione?

Qualcuno ha per caso terreni agricoli? potrebbe essere questa un chiave di lettura? O forse un appezzamento sul quale si potrebbero far tante “belle cusarelle” o magari un opificio destinato a stallo per ovini da trasformare in laboratoro? O magari si è trovato a costruire una casetta e manca solo la regolare licenza ovvero la sanatoria? O un attività produttiva in zona agricola?

O magari detiene in un’abitazione di famiglia qualche attività non privata familiare?

Tutto sanabile scoprendo la lettera magica, collante come attak o forse ancor più.

E chissa perchè, poi, nessuno in questi ultimi tempo ha parlato dell’ex piano regolatore

Questo, pero, tenetelo ben presente, lo dicono le malelingue, non certo i galantuomini che vi hanno chiesto o  magari chiederanno (anche quando è vietato) di votarli. di andare a votare…

(Lettera Aperta – Archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web© Diritti riservati all’autore)

Napoli-Bari: Trasporti più veloci grazie a Salvini, non certo ai rispettivi sindaci: parola di Bellomo


“Non mi ricordo nessun protocollo di intesa che sia stato veramente utile alle infrastrutture del Sud.
Se finalmente si rispettano i tempi delle opere strategiche e si riducono le distanze tra due grandi realtà come Bari e Napoli lo si deve all’impegno costante e concreto del ministro Salvini.
Se per andare da un capoluogo di regione all’altro con il treno ci vorranno entro il 2024 due ore e quaranta, e ancora meno nel 2027, non dovremo certamente ringraziare la politica delle chiacchiere della sinistra, capace di propagandare anche il nulla e di prendersi meriti che non ha.
Dopo, e non bisogna mai dimenticarlo, aver bloccato per decenni il futuro del Paese, e del Meridione in particolare, con una serie di sciagurati “no” che ancora paghiamo a caro prezzo. a classe dirigente di valore al Sud esiste, ma non è certo quella che esprimono Decaro e Manfredi.
Troppo presi dalle mire personali, che nel caso del sindaco di Bari sono tese a costruirsi alleanze per garantirsi una poltrona in Europa, per occuparsi anche di quelli che sono i problemi della gente comune”: lo dichiara Davide Bellomo, deputato della Lega.
(Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)