SORPRESO IN AUTO CON NUMEROSI CAPI DI ABBIGLIAMENTO SCARPE CONTRAFFATTE. DENUNCIATO DAI CARABINIERI

Quando nel pomeriggio di ieri, a bordo dell’autovettura in uso ha incrociato la pattuglia dei carabinieri della Stazione di Rocca d’Evandro, in provincia di Caserta, ha tentato di coprirsi il volto accelerando improvvisamente la marcia, come se volesse evitare di essere riconosciuto ed allontanare il rischio di un controllo.
Il 35enne di Sessa Aurunca, già noto alle forze dell’ordine per la commissione di reati contro il patrimonio e in materia di stupefacenti, è stato intercettato dai militari mentre procedeva in senso opposto lungo la SP 328, all’altezza di quel comune.
Il suo atteggiamento e l’ingiustificata accelerazione repentina hanno insospettito la pattuglia che, dopo aver invertito il senso di marcia, lo ha raggiunto dopo circa due chilometri.
L’uomo, resosi conto che sarebbe stato comunque fermato, ha accostato sul lato destro della carreggiata pochi istanti prima che i militari sopraggiungessero segnalando la loro presenza con i dispositivi luminosi ed acustici in dotazione.
Subito dopo l’identificazione i carabinieri hanno eseguito nei suoi confronti una perquisizione personale e veicolare rinvenendo, nel bagagliaio dell’auto, numerosi capi di abbigliamento e scarpe contraffatte.
I dodici capi, imbustati e confezionati, suddivisi in magliette, camice, jeans, pantaloni e berretti, così come le quattro paia di scarpe, che riportavano le grafiche di alcune delle più famose maison di moda, palesemente dei falsi, sono stati sottoposti a sequestro.
Inoltre, all’interno dell’auto, sono stati rinvenuti cinque smartphone, due assegni emessi bancari privi di intestazione e riportanti la somma di 2000,00 euro e quattro carte di pagamento attestate su di vari circuiti.
Il 35enne, accompagnato in caserma, è stato denunciato in stato di libertà. Dovrà rispondere di ricettazione, possesso ingiustificato di valori e uso di marchi o segni contraffatti.
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Conosciamo questo termine in espressioni come battuta di caccia, battuta salace o battuta d’inizio. È un sostantivo femminile derivante dal participio passato di battere, verbo acquisito dal latino popolare battĕre ‘battere’. L’inglese beat, così simile fonicamente e con lo stesso significato, risale invece all’antico inglese bēatan, d’origine germanica.
Riguardo alla prima attestazione nella lingua italiana, conviene lasciare da parte la «battutella musicale» del 1305 circa, che sembra sia un falso seicentesco bello e buono, prodotto dal genio eclettico di Francesco Redi (anche allora esistevano i fake). Possiamo credere, in compenso, a Francesco da Barberino. Tra il 1318 e il 1320 il letterato toscano scrisse Reggimento e costumi di donna, sorta di galateo per signore di ogni età e ceto, in cui una vedova si lamenta dicendo «Chi stangnierà [fermerà] queste lagrime mie? Chi ratterrà le battute del core?» L’invenzione letteraria di Barberino coniuga il ritmo con il cuore, organo umano emblema del sentimento.
Andando sul pratico, anche chi è a digiuno di musica distinguerà facilmente le cosiddette battute. Graficamente sono delimitate da stanghette verticali (dette appunto ‘spezza battute’) sul pentagramma. Ma prima di diventare segno grafico, la battuta esisteva nella prassi esecutiva.
Nel Cinquecento la figura di riferimento per la battuta era la semibreve (ancora oggi, una battuta moderna di 4/4 contiene una semibreve, oppure due minime o quattro semiminime, e via di seguito come in questo schema).
Ciò vuol dire che il tempo era scandito dal succedersi regolare di semibrevi o di più figure equivalenti. Il magister chori indicava la battuta, che poteva essere uguale o ineguale, col movimento della mano in su e in giù. Se il su e il giù avevano uguale durata, l’andamento ritmico era binario; se il giù durava il doppio del su, la battuta era ineguale, ossia ternaria. La battuta in Germania si chiamava takt o alla latina tactus, in Francia mesure e in Spagna compás.
Tuttavia in momenti particolari, come avviene ancora oggi nei recitativi e nelle cadenze, non si rispetta la regolarità della battuta, ma si va a piacere oppure ad libitum o senza misura. Il solista può aver bisogno di uno spazio ad hoc per dimostrare la sua capacità espressiva o il suo virtuosismo tecnico. Perciò sin dal primo Seicento i musicisti prescrissero eccezioni alla battuta. Per eseguire le sue Toccate e partite d’intavolatura di cimbalo, Girolamo Frescobaldi chiedeva di non suonare «soggetto a battuta», ma di variarla a seconda degli «affetti, o senso delle parole» portandola «or languida, or veloce». Anche Claudio Monteverdi voleva che il Lamento della ninfa fosse «cantato al tempo dell’affetto dell’animo, et non a quello della mano». Insomma, come scrisse Giovan Battista Marino, il barocco ricercava stupore e meraviglia: «È del poeta il fin la meraviglia… Chi non sa far stupir, vada a la striglia».
Eppure l’equilibrio non è mai stato una virtù di questo mondo e le licenze espressive a volte diventarono esagerate. Jean-Jacques Rousseau testimoniò che la battuta era responsabile di una significativa differenza tra la musica italiana e quella francese. In Italia, la regolarità della battuta rendeva charmante l’esecuzione; in Francia, al contrario, il musicista governava la battuta, stravolgendone il flusso senza scrupoli. Soggiunse con sarcasmo che l’Opéra di Parigi era l’unico teatro d’Europa dove si batteva il tempo senza seguirlo, mentre in tutti gli altri posti si seguiva senza batterlo!
Ma… ormai siamo alle battute finali dell’anno, perciò non ci resta che augurare a tutti un armonioso Anno Nuovo con le magiche battute della musica per i Fuochi d’artificio di Georg Friedrich Händel!