Il Garante dei detenuti, Felice Maurizio D’Ettore, fa il ‘garante’ del governo?!
Il meloniano affonda la proposta Giachetti che potrebbe dare respiro alle prigioni. Leggi tutto
'Se un uomo non ha il coraggio di difendere le proprie idee, o non valgono nulla le idee o non vale nulla l'uomo' (Ezra W.Pound)
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di Leandro Del Gaudio
Il Mattino, 19 aprile 2024
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Si sono aperte mercoledì 17 aprile le attività del progetto “Crea”, acronimo di Coltivare Responsabilità ed Alternative in Agricoltura.
Si tratta di un importante lavoro destinato al reinserimento sociale dei detenuti, coordinato dalla cooperativa sociale Terra Felix, con il supporto di Coldiretti Caserta insieme al Provveditorato regionale della Campania.
Oggi è iniziata la semina nel tenimento agricolo della Casa di reclusione di Carinola, con la partecipazione del presidente di Coldiretti Caserta, Enrico Amico, del direttore dell’istituto penitenziario, Carlo Brunetti, di Francesco Pascale della cooperativa “Terra Felix”, di Bartolo Aiezza dell’azienda “Naturiamo” e di Stefano Mancini per la cooperativa “La Strada”.
È stato dato il via ufficiale alle attività agricole della Casa di reclusione attraverso il trapianto delle colture estive che saranno poi gestite dai detenuti.
“Siamo molto contenti di dare una mano in queste attività di inclusione“, ha commentato Enrico Amico, presidente della Federazione di Caserta della Coldiretti.
“Il reinserimento delle persone detenute – ha continuato Amico – è un principio sancito dalla Costituzione ed è l’obiettivo massimo di ogni decisione che porta alla reclusione della persona. Far parte di progetti simili ci inorgoglisce“.
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“Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Mt 9,12-13). È la risposta di Gesù ai farisei che non comprendevano il perché sedesse a tavola con “pubblicani e peccatori”. Ciò che stupisce è la presenza di quei commensali, che fa però da legame con l’episodio precedente: la chiamata di Matteo, l’odiato funzionario delle imposte. Nella risposta di Gesù c’è il capovolgimento di prospettiva: “Misericordia io voglio e non sacrifici” (cfr Osea 6,6) significa che il Signore è interessato all’amore, a ciò che nasce dal cuore e non da gesti esteriori vuoti.
Cosa significa per noi oggi? E perché la scelta di dare come titolo a questo Sussidio proprio quelle parole? Di certo, non c’è alcuna contrapposizione tra sacrificio e amore ma una connessione altamente spirituale di una vita che si incarna nella storia e nell’umanità, con le sue gioie e con i suoi dolori. In questo senso si coglie anche il passaggio della frase da Osea a Cristo: nel primo si riferisce all’uomo, nel secondo a Dio. Il profeta Ezechiele aiuta nella comprensione: “Io non godo della morte del malvagio, ma che il malvagio si converta dalla sua malvagità e viva” (Ez 33,11). L’amore è sempre un dono e il sacrificio segna l’apertura ad accoglierlo con tutto ciò che questo comporta. L’efficacia di questo processo si misura in tutte le situazioni che noi consideriamo di periferia o marginali. Sono quell’interrogativo che può sostenere la nostra comprensione, perché non c’è luogo in cui l’amore non si possa incarnare. Anche dentro le mura di un carcere. Ce lo ricorda continuamente Papa Francesco: “Nessuno […] punti il dito contro qualcuno. Tutti invece rendiamoci strumenti di misericordia, con atteggiamenti di condivisione e di rispetto” (Udienza, 9 novembre 2016).
Siamo chiamati a mostrare il volto della Chiesa-madre ai fratelli detenuti, sensibilizzando al contempo le comunità cristiane e la società civile verso le carceri, spazi spesso dimenticati ed emarginati.
Questo Sussidio vuole essere un segno di attenzione delle Chiese in Italia per quanti sono stati privati della loro libertà personale e di incoraggiamento per coloro che operano nelle carceri. È un modo per “visitare”, per oltrepassare le porte chiuse e le sbarre, per farci prossimi. Del resto, entrare in queste periferie umane è per i credenti un atto di fede: Gesù si identifica, continua a identificarsi, con queste persone che chiedono di essere visitate. Ecco allora che queste pagine diventano il segno di una nuova fraternità, della certezza che si può ricominciare nella vita personale e sociale anche quando sembra albergare il disagio o la disperazione. Perché, come rimarca il Papa, “il Signore non rimane fuori, non rimane fuori dalla loro cella, non rimane fuori dalle carceri, ma è dentro, è lì. […] Nessuna cella è così isolata da escludere il Signore, nessuna; Lui è lì, piange con loro, lavora con loro, spera con loro; il suo amore paterno e materno arriva dappertutto” (Discorso ai partecipanti al convegno nazionale dei cappellani delle carceri italiane, 23 ottobre 2013).
Con il desiderio di raggiungere tutti, vogliamo pensare questo Sussidio come una mano tesa, un abbraccio, una parola di conforto, come un’azione concreta affinché questi fratelli non siano solo destinatari di una buona azione ma protagonisti del proprio riscatto e del proprio futuro.
* Arcivescovo di Cagliari e Segretario generale della Cei
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Militari del Nucleo Carabinieri Forestale di Castel Volturno (CE) e del Nucleo CITES di Napoli, unitamente a personale del Servizio Veterinario ASL di Caserta, presso un’abitazione privata in comune di Castel Volturno (CE), hanno svolto un controllo sul benessere animale dovuto all’elevato numero di cani di razza iscritti in banca dati anagrafe canina.
Al momento dell’accesso sono risultati presenti e identificati mediante lettura di microchip, n. 25 cani in totale, di cui solo 16 sono risultati intestati al conduttore dell’abitazione ed altri 9 risultati intestati ad altri soggetti.
All’esito degli accertamenti effettuati è stato accertato il reato di maltrattamento degli animali ivi presenti, in quanto: 20 esemplari di cani sono risultati essere detenuti in pessime condizioni igienico sanitarie, nonché privi delle cinque libertà connesse al benessere degli stessi (fame, sete, libertà di movimento, stress e paura), così come descritto nel referto redatto dai medici veterinari dell’ASL.
In particolare nel cortile dell’abitazione due cani: un Pastore del Caucaso ed un Mastino Tibetano erano detenuti con catena.
Sei cuccioloni di razza Mastino Tibetano erano detenuti in 3 gabbie (due soggetti per gabbia) con una superficie a disposizione di circa 1 metro quadro, con impossibilità di movimento.
Sul terrazzo dell’abitazione, in box di muratura prefabbricata con copertura non idonea al mantenimento di temperatura omogenea, esposti all’intemperie, sono stati rinvenuti ulteriori n. 15 cani di razza barboncino ed un cane maltese. Riposti all’interno di gabbie per allevamento di conigli.
Alla luce di quanto accertato, i predetti militari hanno proceduto al sequestro giudiziario dei cani di razza affidando la custodia degli stessi al canile convenzionato del Comune di Castel Volturno (CE).
Il detentore dei cani è stato deferito in stato di libertà perché ritenuto responsabile della ipotesi di reato di maltrattamento di animali.
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Anche i detenuti al 41 bis potranno fare colloqui via Skype. È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con la sentenza 4282/24 del 31 gennaio 2024, ha respinto il ricorso del ministero della giustizia. A avviso della prima sezione penale, il detenuto sottoposto a regime differenziato, ai sensi dell’art. 41-bis Ord. pen., può essere autorizzato ad avere colloqui visivi con i familiari, in situazioni di impossibilità o, comunque, di gravissima difficoltà ad effettuare i colloqui in presenza – mediante forme di comunicazione audiovisiva controllabili a distanza, secondo modalità esecutive idonee ad assicurare il rispetto delle cautele imposte dal citato art. 41-bis. Ad avviso del Collegio di legittimità, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, Presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno ricordato che “La ratio dell’orientamento al quale si presta adesione è costituita dall’importanza rivestita dai colloqui ai fini del trattamento penitenziario e dall’esigenza che le limitazioni conseguenti al regime differenziato siano strettamente connesse «a non altrimenti gestibili esigenze di ordine e di sicurezza e siano congrue rispetto allo scopo perseguito”.
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Firmato tra Giuffrè Francis Lefebvre, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia e l’associazione Antigone il protocollo d’intesa per dare il via al progetto “Nessuno escluso”, programma nazionale volto a sensibilizzare la comunità penitenziaria intorno alla cultura giuridica e costituzionale.
Presso la Sala Livatino del Ministero della Giustizia è stato firmato ieri il protocollo d’intesa tra Giuffrè Francis Lefebvre, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) e l’associazione Antigone per dare il via a “Nessuno escluso”, programma nazionale nato con l’obiettivo di sensibilizzare tutta la comunità penitenziaria intorno alla cultura giuridica e costituzionale.
Con il progetto “Nessuno escluso” Giuffrè Francis Lefebvre – leader nell’editoria professionale legale, fiscale e del lavoro, che fa oggi parte del gruppo multinazionale Lefebvre Sarrut – insieme all’Associazione Antigone promuove il tema della riabilitazione delle persone sottoposte ad esecuzione di pena supportando l’attività del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia (DAP). A tale scopo, metterà a disposizione le proprie risorse culturali, autoriali e editoriali all’interno degli Istituti penitenziari italiani per favorire l’interazione sociale, attraverso programmi mirati volti allo sviluppo culturale e umano.
La casa editrice Giuffrè Francis Lefebvre, da sempre fortemente impegnata nella promozione e diffusione del sapere giuridico come bene fondamentale di tutta la collettività, donerà una selezione di testi e altri contenuti dei propri prodotti editoriali alle biblioteche degli istituti penitenziari coinvolti nel progetto, all’interno dei quali saranno creati dei corner dedicati: veri e propri punti stabili di informazione, ma anche luoghi di promozione di istanze di diritti e di partecipazione attiva della popolazione carceraria.
I corner potranno inoltre ospitare una serie di incontri periodici con gli autori di Giuffrè Francis Lefebvre per approfondire particolari diritti o temi costituzionali, al fine di fornire ai detenuti le conoscenze utili per una maggiore comprensione del sistema giudiziario italiano, affinché possano raggiungere una piena consapevolezza e una partecipazione sempre più attiva nell’ambito del proprio percorso di riabilitazione.
“Con orgoglio e riconoscenza abbiamo sottoscritto questo grande progetto col Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia e la storica associazione Antigone. Come editore, consapevoli di quanto abbiamo costruito nei nostri quasi cento anni di vita, siamo pronti a dedicare tempo ed energie per contribuire fattivamente a processi di solidarietà ed inclusione attraverso la diffusione più ampia possibile della cultura giuridica in tutta la comunità penitenziaria” ha dichiarato Antonio Delfino, Direttore Comunicazione e Relazioni istituzionali di Giuffrè Francis Lefebvre.
“È importante costruire sui diritti un linguaggio condiviso tra tutti gli attori che si occupano di pena, nel pieno rispetto di quanto previsto nel nostro ordinamento giuridico. Questo progetto ha proprio questo importante obiettivo. Portare la Costituzione, anche materialmente, dentro gli istituti di pena” commenta Patrizio Gonnella, Presidente dell’Associazione Antigone.
Le prime sperimentazioni del progetto “Nessuno escluso” saranno attivate nel carcere di Roma Rebibbia femminile e nelle case circondariali di Bari e Torino, con l’obiettivo di coinvolgere gradualmente il maggior numero possibile di istituti penitenziari di tutta Italia.
Giuffrè Francis Lefebvre è leader in Italia nell’offerta di soluzioni e servizi editoriali tradizionali e digitali, portali specialistici, piattaforme integrate, software e formazione accreditata in aula e online per le aree professionali legale, fiscale, lavoro e per le imprese.
La società è nata nel 2018 dalla fusione tra la storica casa editrice Giuffrè, fondata a Milano nel 1931 e da sempre tra i principali player del mercato editoriale professionale legale, e Memento Francis Lefebvre, da 30 anni specializzata nella produzione di volumi e supporti digitali per i professionisti fiscali e del lavoro, con più di 50 mila clienti solo in Italia.
Giuffrè Francis Lefebvre è parte del gruppo Lefebvre Sarrut, multinazionale attiva in Europa con numerose aziende controllate in 8 Paesi, con 2.600 dipendenti e un fatturato annuo di oltre 550 milioni di euro.
Antigone è una associazione fondata nel 1991, impegnata ad assicurare il rispetto dei diritti e delle garanzie fondamentali per coloro che sono all’interno del sistema penale e penitenziario. Antigone persegue i suoi obiettivi attraverso studi, ricerche, campagne informative sui temi della pena, nonché tramite pubblicazioni scientifiche. Dal 1998 ha attivato un Osservatorio sulle condizioni di detenzione con diramazioni anche a livello internazionale.
Contatti ufficio stampa Giuffrè Francis Lefebvre: ddl studio (gfl@ddlstudio.net)
(Alessandra de Antonellis – Ilaria Bolognesi – Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)
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CRONACA
Due detenuti si tolgono la vita a Caserta e a Verona: salgono a 15 i suicidi in carcere da inizio anno. I sindacati: “Sconfitta per lo Stato”
Altri due suicidi in carcere. Quindici da inizio anno. Sono avvenuti nel carcere di Carinola, a Caserta, dove a togliersi la vita è stato un detenuto disabile di 58 anni, e nella casa circondariale Montorio di Verona, dove a morire è stato un cittadino straniero, dimesso da pochi giorni dal reparto psichiatrico.
A dare il terribile annuncio del detenuto morto a Caserta è stato il Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe), con il segretario generale, Donato Capece, che ha definito l’episodio “una sconfitta per lo Stato e per tutti noi che lavoriamo in prima linea”. L’uomo, ha spiegato la segretaria del sindacato, Tiziana Guacci, “è stato trovato impiccato nella sua cella e sono stati inutili i tentativi di soccorso da parte dei sanitari e del personale di Polizia Penitenziaria”. Quello di Caserta, ha proseguito Guacci, è solo l’ultimo caso che racconta di una situazione in graduale peggioramento all’interno degli istituti penitenziari italiani: “Il suicidio è sicuramente un evento imprevedibile, il problema è prevenirlo. Con il passaggio della sanità penitenziaria alle Regioni, la situazione è purtroppo estremamente peggiorata. La carenza di operatori sanitari, psicologi e psichiatri è il punto cruciale della questione. A nostro avviso servono concorsi regionali e assunzioni di personale sanitario da destinare esclusivamente alle carceri campane”.
L’ennesimo suicidio in carcere a Verona, invece, è stato reso noto dall’associazione “Sbarre di zucchero“. Una “morte annunciata”, secondo l’associazione, perché il detenuto, di origini ucraine, aveva già tentato il suicidio all’inizio di gennaio, tagliandosi la gola. L’episodio è avvenuto sabato sera, attorno alle 20: l’uomo si è impiccato nella sua cella della sezione infermerie. Inutili, spiega una nota della Uilpa Polizia penitenziaria, i soccorsi degli agenti di custodia e del personale sanitario. “Nostro malgrado – commenta il segretario Uilpa Gennarino De Fazio – la carneficina nelle carceri del Paese continua, così come proseguono il malaffare, le risse, le aggressioni alla Polizia penitenziaria, il degrado e molto altro ancora. Pure un appartenente al Corpo di polizia penitenziaria due settimane fa si è tolto la vita. Apprezziamo che il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, dopo le incaute dichiarazioni in occasione della relazione al Parlamento sull’amministrazione della giustizia, abbia parzialmente corretto il tiro rispetto alla drammatica piaga delle morti in carcere, ma è ancora troppo poco”. A Verona, denuncia ancora l’associazione Sbarre di zucchero, è il quinto suicidio in tre mesi, il secondo dall’inizio dell’anno.
E a toccare il problema dei suicidi in carcere è stato anche lo stesso ministro Nordio. Come riporta il Corriere del Veneto, il ministro, parlando all’assemblea dell’Unione triveneta degli avvocati e dei magistrati, ha rilanciato la proposta di riconvertire “decine di caserme dismesse” per far fronte al sovraffollamento. Una ristrutturazione, ha aggiunto però (e qui sta la novità), che “sarebbe a spese contenute” e che “potrebbe essere realizzata anche dai detenuti“. Secondo il ministro, infatti, per arginare il problema ci sono due soluzioni: o ridurre il numero delle persone che entrano in cella, oppure aumentare i posti.
Intanto i due suicidi hanno allarmato le opposizioni. “Siamo quest’anno a una media di circa un suicidio al giorno. Un numero enorme ed è grave che questo succeda nell’inerzia di chi dovrebbe prendere decisioni e fare qualcosa contro il sovraffollamento delle carceri”, ha commentato la senatrice Ilaria Cucchi (Avs), vicepresidente della Commissione Giustizia di Palazzo Madama, contattata da LaPresse. “Avere un ministro della Giustizia che si dispiace molto, ma non fa nulla per risolvere il problema, non è rassicurante, ma in fondo si è dispiaciuto anche per Ilaria Salis, senza riportarla a casa da un anno”. “Di soluzioni ce ne sarebbero ed è francamente inutile si continui a dire che ‘dispiace ma non si può fare nulla’ – aggiunge la senatrice – Innanzitutto togliere dalle carceri tutti coloro che non dovrebbero starci perché affetti da malattie psichiatriche a volte anche gravi. I tossicodipendenti dovrebbero essere seguiti in altre strutture, per non parlare di tutti coloro che sono in carcere per scontare i cosiddetti reati minori e che potrebbero usufruire delle misure alternative”. “La soluzione non è costruire nuove carceri – conclude – ma rendere efficienti quelle che ci sono e mettere il personale che ci lavora nelle condizioni di poter garantire una qualità di vita dignitosa ai detenuti”.
“I malati psichici non dovrebbero stare in carcere, ci meravigliamo per quello che accade in Ungheria, ma in Italia lo Stato è ‘fuorilegge’”, aggiunge su Twitter il capogruppo di Italia Viva alla Camera, Davide Faraone. “Andrebbero inseriti nelle Rems, strutture sanitarie di accoglienza per chi ha commesso dei reati ma è affetto da disturbi mentali. Andrebbero creati nuovi posti in queste strutture e invece le liste d’attesa sono infinite e con esse si allunga la lista dei suicidi nelle strutture penitenziarie. L’infermo di mente, il socialmente pericoloso, è ancora più solo di prima in carcere. Il carcere non rieduca e non protegge. Bisogna intervenire davanti a questa strage, ogni suicidio è una sconfitta per lo Stato“.
Se hai bisogno di aiuto o conosci qualcuno che potrebbe averne bisogno, ricordati che esiste Telefono amico Italia (0223272327), un servizio di ascolto attivo ogni giorno dalle 10 alle 24 da contattare in caso di solitudine, angoscia, tristezza, sconforto e rabbia. Per ricevere aiuto si può chiamare anche il 112, numero unico di emergenza. O contattare i volontari della onlus Samaritans allo 0677208977 (operativi tutti i giorni dalle ore 13 alle 22).