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Da Roma all’Europarlamento il ‘Made in Italy’ con Guadagnuolo e la nuova ritrattistica papale

Il 10 giugno 2025 è stata celebrata la giornata “Made in Italy incontra l’Europa”, curata da Giuseppe Palma. L’evento si è svolto nella prestigiosa Sala David Sassoli, presso la Sede del Parlamento Europeo di Roma, in Piazza Venezia, e ha visto la partecipazione di eminenti personalità quali l’On. Susanna Ceccardi (europarlamentare), l’On. Fabrizio Santori (membro del Comitato Europeo delle Regioni), l’On. Simone Billi (Presidente del Comitato per gli Italiani nel Mondo) e Federico Minghi (Presidente di My Italy Experiences). Durante il convegno, nell’ambito di un dialogo che ha celebrato l’identità italiana e l’innovazione europea, è stata presentata anche l’opera in tecnica mista (collage) del Maestro Francesco Guadagnuolo, intitolata “Leone XIV e l’Alba Digitale”.

Francesco Guadagnuolo è riconosciuto come uno dei principali esponenti del Made in Italy in Europa e un autentico leader artistico, capace di trasformare il panorama della ritrattistica papale. La sua carriera è costellata di opere che hanno saputo rinnovare il linguaggio iconografico della Chiesa: egli interpreta in chiave moderna e profonda le immagini dei Papi del XX e del XXI secolo, trasformando semplici ritratti in ricche narrazioni visive che fondono tradizione e spiritualità, creando così un dialogo intenso tra epoche e culture.

Dalla carismatica figura di San Giovanni Paolo II, la cui storia è sapientemente condensata in emozioni e colori, fino a Benedetto XVI e Papa Francesco, Guadagnuolo ha dimostrato un’abilità unica nel cogliere l’essenza dei grandi leader spirituali. Ogni sua opera si configura come un inno alla storia, alla fede e alla missione universale della Chiesa, rivisitata attraverso la lente del Transrealismo che dona alle immagini una profondità e una linfa estetica inedite. In questo modo, l’arte di Guadagnuolo diventa un ponte tra il sacro e il contemporaneo, parlando a un pubblico vasto e internazionale.

Il culmine di questo percorso innovativo si manifesta nel recente ritratto di Papa Leone XIV, opera che inaugura una nuova iconografia ritrattistica papale. Con questo lavoro, l’artista ha saputo non solo superare i confini tradizionali della rappresentazione del volto papale, ma anche ideare un linguaggio visivo capace di trasmettere un messaggio di speranza, pace e rinnovamento. Il ritratto, caratterizzato da pennellate ardenti e da una palette che bilancia sapientemente calore e luce, simboleggia sia il presente della Chiesa che il suo futuro, aperto a una continua trasformazione. La figura imponente, posta a destra, non viene semplicemente storicizzata: con la mano sinistra alzata in un gesto deciso, essa richiama la necessità di rinnovamento e simboleggia l’invito a una “primo enciclica dell’era digitale”, in un parallelo che riecheggia lo spirito innovativo di Leone XIII, ricordandoci che, nel fermento della modernità, la tradizione italiana deve rimanere un faro guida per l’Europa.

Al centro della composizione, due mani si incontrano in un abbraccio simbolico, regalando un’immagine potente in cui il Made in Italy si intreccia con il mondo interconnesso dell’intelligenza artificiale e delle nuove tecnologie. Questo incontro tra il patrimonio culturale italiano e l’avanguardia europea incarna una visione di sinergia in grado di superare ogni confine e trasformare le sfide in opportunità condivise.
Sullo sfondo, due volti – uno umanoide e uno femminile – dialogano con il futuro, rappresentando la continua ricerca di conoscenza e la capacità di reinventarsi, senza mai abbandonare le proprie radici. È un invito rivolto a tutte le eccellenze italiane a confrontarsi, innovare e partecipare attivamente al circuito europeo, contribuendo con passione e ingegno alla costruzione di un domani luminoso e sostenibile.

Infine, il concetto di PACE, posizionato in modo solenne all’interno di un quadrato in cui riecheggia la figura femminile robotizzata, funge da collante fra tradizione e innovazione. La pace non è soltanto l’assenza di conflitti, ma l’armonioso equilibrio tra l’eredità culturale italiana e la propulsiva energia delle nuove tecnologie. È un valore che ci spinge a guardare oltre, unendo la forza del Made in Italy con una visione europea ampia e lungimirante, per un futuro in cui il progresso non vada mai a scapito della tradizione.

La capacità di Guadagnuolo di reinterpretare le figure papali, oltrepassando la mera rappresentazione iconografica, lo ha posizionato all’avanguardia del rinnovamento culturale italiano in Europa. Le sue opere, espressione di una visione che fonde tradizione e modernità, cultura e spiritualità, offrono un nuovo modello di leadership artistica che parla direttamente al cuore e alla mente dell’osservatore. Innovazione tecnica e carica emotiva si uniscono nel suo percorso, rendendo la sua opera un emblema dell’eccellenza creativa italiana, riconosciuta ben oltre i confini del Bel Paese.

Questa rivoluzione nell’arte ritrattistica non solo arricchisce l’immaginario spirituale della Chiesa, ma rappresenta anche un punto di riferimento per le future generazioni di artisti, capaci di parlare il linguaggio universale della bellezza e della fede. In questo contesto, Francesco Guadagnuolo si erge come un audace innovatore e un costruttore di ponti tra il sacro e il moderno, confermando che l’arte, nella sua essenza più pura, è uno strumento potente di unione e di rinnovamento.

(Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)

 

Roma. Il Ruolo della Relazione e dell’Empatia nella Formazione del Docente di Sostegno

L’Esperienza del TFA alla Link Campus University di Roma (di Giorgio Mellucci).
Il presente articolo racconta un’esperienza formativa vissuta presso l’Università Link Campus di Roma, nell’ambito del Tirocinio Formativo Attivo (TFA) per il sostegno nella scuola primaria.
Il TFA rappresenta un passaggio imprescindibile per ottenere la specializzazione necessaria all’insegnamento di sostegno nel sistema scolastico italiano, sia pubblico che paritario.
L’obiettivo principale è formare docenti capaci di supportare bambini con disabilità o con Bisogni Educativi Speciali (BES), promuovendo una didattica inclusiva e attenta ai ritmi e alle potenzialità di ciascuno.
La mia esperienza è iniziata a fine settembre del 2024, all’interno di un gruppo formato da circa 250 corsisti.
Un insieme eterogeneo di insegnanti, educatori, psicologi provenienti da tutta Italia: volti sconosciuti, ma uniti dalla stessa volontà di crescere e diventare insegnanti di sostegno competenti e consapevoli, pronti ad accompagnare ogni bambina e bambino nel proprio percorso educativo.
Fin da subito, il TFA si è rivelato un cammino intenso, a tratti impegnativo, ma profondamente formativo. Ogni fine settimana era dedicato a lezioni frontali, esami, laboratori didattici.
La fatica si faceva sentire, ma era sostenuta da una motivazione profonda: il desiderio di fare la differenza nella vita dei nostri futuri alunni. Abbiamo avuto il privilegio di essere guidati da docenti preparati e appassionati.
Il professor Mancini ha aperto l’anno con una lezione capace di ispirarci, seguito dai professori Marsicovetere, Casillo, D’Anna, Simonetti, Di Gneo, Ciarcianelli, Crivelli e molti altri.
Ognuno di loro ci ha trasmesso conoscenze fondamentali per affrontare con consapevolezza il ruolo dell’insegnante di sostegno nella primaria, mettendo sempre al centro il bambino, la relazione e l’inclusione. I laboratori, curati con grande competenza dalle docenti Signore, Rollo, Casamassima e Allocca, sono stati momenti preziosi.
Non solo per apprendere strumenti operativi, ma per confrontarsi, mettersi in gioco, sperimentare. In aula, la teoria prendeva vita: ogni attività diventava occasione di riflessione pratica, adatta al contesto delicato e unico della scuola primaria.
Un aspetto fondamentale di questo percorso è stato il legame umano che si è creato tra noi corsisti. Ogni weekend era anche un momento per condividere pranzi, cene, chiacchiere, sorrisi. Abbiamo riso, discusso, ci siamo sostenuti nei momenti di difficoltà, creando un clima di fiducia e collaborazione autentica. Le differenze di età, di esperienza, di provenienza sono diventate ricchezza: ognuno ha portato il proprio contributo, e insieme siamo cresciuti.
Alla fine del percorso, dopo gli esami in presenza e l’ultimo laboratorio, ci siamo salutati con un grande pranzo collettivo. Poco dopo abbiamo avuto modo di festeggiare anche con i docenti, celebrando non solo la fine di un corso, ma la nascita di un gruppo coeso e motivato, pronto ad affrontare il mondo della scuola con strumenti nuovi e uno sguardo più profondo.  Perché, prima ancora di essere insegnanti di sostegno, dobbiamo essere persone capaci di emozionarci, di ascoltare, di costruire relazioni autentiche. L’insegnamento, soprattutto nella scuola primaria, non è solo tecnica: è empatia, presenza, cuore.
Il 3 giugno, giorno della discussione della tesi, rappresenterà per me il coronamento di questo percorso. Sarà un momento di emozione, di riflessione e di gratitudine. Sarà anche l’occasione per rivedere la mia relatrice, la professoressa Rollo, che mi ha accompagnato con dedizione e umanità.
Il titolo della mia tesi – “Dove finisce la scuola comincia l’inclusione” – vuole essere al tempo stesso una riflessione e una provocazione. L’inclusione non può esaurirsi nei confini dell’aula o dell’orario scolastico: deve diventare un principio guida nelle relazioni, nei contesti sociali, nella vita quotidiana. La scuola primaria è il primo spazio in cui si costruisce questa visione, ed è nostro compito gettare basi solide per una società accogliente e rispettosa delle diversità.
Il TFA ci ha insegnato che formare docenti di sostegno nella primaria significa formare persone capaci di credere nel potenziale di ogni bambino, di leggere i suoi bisogni, di accompagnarlo con professionalità e tenerezza, di costruire ambienti scolastici in cui tutti si sentano accolti e valorizzati. La strada verso una piena inclusione è ancora lunga, ma questo percorso ci ha dato la speranza, la competenza e l’energia per continuare a camminare.
E il più grande insegnamento che porto via con me è proprio questo:
l’educazione non è solo tecnica. È relazione. È presenza. È cuore.
A tutti i miei compagni di viaggio, che da perfetti sconosciuti sono diventati amici, colleghi, punti di riferimento.
A ogni docente che ha creduto nella nostra formazione, e ci ha offerto strumenti e visioni.
A quell’alunno speciale che ho seguito durante il tirocinio, che mi ha insegnato più di quanto io abbia insegnato a lui.
E a noi, futuri docenti di sostegno: che possiamo continuare a emozionarci, ogni giorno, davanti alla bellezza della crescita umana.
(Giorgio Mellucci – Lettera Aperta – Archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web© Diritti riservati all’autore)

Roma. Premio ‘Tina Anselmi per la cultura della democrazia’: 19 maggio, ore 18.30 Parco Virgiliano-Nemorense

Lunedì 19 maggio si celebrano i cinquant’anni dall’approvazione della legge sul nuovo diritto di famiglia, che ha radicalmente modificato in senso democratico l’assetto giuridico degli istituti familiari, andando a sancire tra l’altro, dopo un iter di nove anni, l’assoluta parità morale e giuridica tra i coniugi.

Paladina della parità dei generi e tra i promotori e primi firmatari della legge sul nuovo diritto di famiglia, Tina Anselmi è una delle figura più emblematiche del processo democratico del nostro Paese; a lei, promosso da Anna Vinci, è stato intitolato un premio per la cultura della democrazia che verrà presentato, il 19 maggio alle 18.30, presso il Parco Virgiliano/Nemorense alla presenza della stessa Vinci, di Livia Turco, presidente della Fondazione Nilde Iotti, di Fabrizio Rufo,  Assessore alla Cultura del Municipio II, di Chiara Mazza, presidente dell’associazione Il Talento di Roma, e di alcuni componenti della giuria.

Il Premio Tina Anselmi per la cultura della democrazia è parte delle attività della Festa della lettura (organizzata e promossa da Il Talento di Roma con il sostegno del Municipio II di Roma Capitale) ed è inserito all’interno delle iniziative che si svolgeranno in occasione dei dieci anni dalla morte della Anselmi, avvenuta il 1° novembre 2016, e a cento anni dalla sua nascita, il 25 marzo 1927.

Festa della lettura Municipio II Roma Capitale  

Il 19 maggio prossimo, cinquantesimo anniversario del nuovo Diritto di Famiglia – alle ore 18.30 presso il parco Virgiliano/Nemorense sarà presentato il Premio Tina Anselmi per la cultura della democrazia.

Intento del Premio, la cui presidentessa onoraria è la sorella di Tina, Maria Teresa Anselmi, è incentivare, coinvolgendo gli studenti delle scuole secondarie del Municipio II, una riflessione collettiva sui temi della democrazia nella società contemporanea, per la quale l’impegno della Anselmi è stato ingente e i cui risultati sono stati importantissimi per le generazioni future.

Per questa prima edizione del Premio, dunque, è stato proposto come testo di riferimento Storia di una passione politica (Chiarelettere), in cui Anna Vinci ha raccolto le parole della Anselmi, scambiate con lei in anni di amicizia, ricostruendo, battaglia dopo battaglia, la testimonianza di una delle voci più significative del processo democratico del nostro Paese.

Alla cerimonia di presentazione del 19 maggio presso il Parco Nemorense interverranno Anna Vinci, scrittrice e promotrice del Premio, Livia Turco, presidente della Fondazione Nilde Iotti, Fabrizio Rufo, Assessore alla Cultura del Municipio II, Chiara Mazza, presidente dell’associazione Il Talento di Roma, e alcuni componenti della giuria.

Il Premio Tina Anselmi, parte delle attività della Festa della lettura, è inserito all’interno delle iniziative che si svolgeranno in occasione dei dieci anni dalla morte della Anselmi, avvenuta il 1° novembre 2016, e a cento anni dalla sua nascita, il 25 marzo 1927.

La Festa della lettura è ideata, organizzata e promossa da Il Talento di Roma con il sostegno del Municipio II di Roma Capitale, in collaborazione con Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Musei Civici di Roma Capitale, Biblioteche di Roma, Biblioteca Alessandrina, Fondazione Teatro di Roma, Fondazione Maria e Goffredo Bellonci, Fondazione Gramsci, Condominio-Forte Antenne, Flaminio Film Festival, Caffè Nemorense, Libreria Tra le righe, Libreria Suspense, Libreria L’Altracittà, Libreria Incontri Punto Einaudi, Libreria Koob.

Il programma completo della manifestazione è reperibile al seguente link: https://www.iltalentodiroma.com/festa-della-lettura/.

(Cristina Loizzo –  Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore) 

Da Napoli a Roma per insegnare: bilancio di un anno per l’archeologo Giorgio Mellucci

Ebbene, quest’anno scolastico sta ormai per volgere al termine: ecco allora giunto il momento di fare un bilancio della mia esperienza a Roma.

Innanzitutto, premetto – per chi non mi conosce – che la mia biografia ha attraversato e continua ad attraversare l’Italia da nord a sud, dato che sono nato a Trento, vissuto a Napoli, trasferitomi per lavoro a San Martino di Castrozza, dopo a Bologna, poi a Siena, adesso a Roma; senza nemmeno dimenticare come sia ospite ogni anno nel Cilento.

Comunque, coltivo da sempre il desiderio di insegnare, stimolato in ciò sia dall’esempio della mia bisnonna sia mosso da una passione personale: relazionarmi con gli altri al fine di promuovere la crescita culturale e personale di bambini e ragazzi mi fa stare bene.

Quest’anno sto insegnando sostegno ai bambini della primaria Amaldi (classi III F e IV F) mentre in parallelo ho svolto il tirocinio del corso di specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità(TFA) nella IV E sotto la direzione della docente tutor Scigliano: come premesso, questa non è stata per me la prima volta in una scuola elementare, e nemmeno all’interno del mondo della scuola, avendo per diverso tempo lavorato come archeologo per progetti scolastici collaborando con la Facoltà di Architettura di Napoli.

Sì, certo, mi piace molto svolgere mansioni burocratiche, ma nulla a confronto con l’educare i bambini; a tal proposito, è il ricordo dei progetti svolti, delle uscite didattiche fatte assieme, dell’entusiasmo manifestato da tutti i miei scolari durante le lezioni a farmi apprezzare questo lavoro. Il segreto è coinvolgere il gruppo, fare in modo che nessuno rimanga indietro, stimolare conversazione e ragionamento collettivo.

Se quest’esperienza è stata positiva, lo si deve soprattutto al clima di serenità respirato nel rapporto con i colleghi e nel legame interdipendente scuola-famiglia: ecco perché ho avvertito il sincero bisogno di scrivere queste poche parole di ringraziamento a quanti mi hanno messo da subito a mio agio; in particolare, la referente strumentale Sara Mattiazzi, la collega di sostegno Loredana Taurasi e la Dirigente Scolastica Elisamarzia Vitaliano.

Pertanto, quando mi chiedono se sono felice di tale esperienza, la mia risposta è pienamente affermativa, soprattutto alla luce dall’affetto dimostratomi dai miei alunni e dalla carica con cui abbiamo affrontato e stiamo affrontando insieme ogni nuova sfida.

Spero vivamente che i numerosi supplenti in servizio nelle scuole di tutta Italia possano condividere con me le gioie dell’insegnamento e si possano rispecchiare in queste mie parole di gratitudine e di soddisfazione verso una realtà – forse – talora caotica ma ugualmente materna ed accogliente.

Vorrei infine ringraziare tutto il team della scuola Amaldi.

(Giorgio Mellucci – Lettera Aperta – Archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web© Diritti riservati all’autore)

Roma. ‘Omaggio a Picasso’: da domenica collettiva pittorica ispirata al grande artista spagnolo

La galleria “Cico” annuncia l’inagurazione della mostra collettiva internazionale omaggio a Picasso che si terrà il 27 alle ore 12.

Presentata dal critico d’arte Piero Zanetov e curata dalla pittrice e curatrice Cinzia cotellessa, la collettiva resterà aperta al pubblico fino all’11 maggio.

Con questa collettiva la galleria studio Cico intende rendere tributo a una delle figure più influenti e rivoluzionarie dell’arte che ha tracciato una profonda censura nella storia dell’arte moderna influenzando generazioni di artisti finì ad oggi.

Omaggio a Picasso raccoglie opere di dodici artisti contemporanei che attraverso linguaggi differenti offrono una rilettura personale dell’eredità dell’artista, un dialogo emozionale che si fa messaggio ponte tra passato e presenti, tra memoria e futuro.

La mostra si propone un momento di riflessione sul ruolo dell’arte oggi in un mondo che corre veloce

L’artista napoletana Assunta Improta, definita Artlux per la grande capacità di dare significato scientifico alle sue opere lavorando da anni, oramai, nel settore dell’arte terapia e nei nuovi percorsi della ricerca sulla salute mentale e della percezione pisico visiva e neurologica.

Artisti in mostra Claudio Ali Ardi, Franco Bacci Dalma, Cimino Cinzia Coltellessa, Federica Frati, Luigi Giabito, Assunta Improta, Barbara Maresti, Ruggero Marino, Filomena Petrucci, Germana Ponti, Serena Raparotti, Donatella Ricci, Piccirilli Filippo, Romagnoli Liliaca Sarrocco, Giancarlo Valdinoci.

(Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)

Roma. Il testamento ‘inesistente’ del ‘Mago di Arcella’, che ‘finisce’ in Cassazione

Il caso Battista approda in Cassazione tra immobili contesi, usi civici e documenti privi di valore.

Un testamento segreto che non è mai stato un vero testamento, immobili appartenuti a un padre diseredato con l’inganno, contratti di compravendita dichiarati nulli e conciliazioni travolte da sentenze costituzionali: sono questi gli ingredienti della drammatica vicenda giudiziaria che ruota intorno alla figura del compianto Antonio Battista, noto al pubblico come il “Mago di Arcella”.

Al centro del processo attualmente pendente dinanzi alla Corte d’Appello di Roma (r.g. 1006/2022, udienza del 12 marzo 2025), la figlia di primo letto Gloria Battista, unica erede legittima del de cuius, contesta duramente le operazioni compiute dai fratellastri, figli della seconda moglie del Mago.

Il “testamento” che non testava nulla

In data 3 ottobre 2017 è stata pubblicata una scheda testamentaria segreta, redatta da Antonio Battista e depositata presso un notaio.

Tuttavia, tale documento – definito dallo stesso autore “atto di dichiarazione” redatto “a futura memoria e per amore della verità” – si limita ad enunciare considerazioni morali e personali circa l’equità delle proprie scelte in vita, senza contenere alcuna disposizione patrimoniale post mortem.

Secondo la giurisprudenza consolidata (Cass. 8668/1990; Cass. 150/2014), il testamento per essere tale deve contenere una manifestazione attuale, definitiva e incondizionata di volontà dispositiva, elementi del tutto assenti nel caso di specie. Il documento, dunque, non può in alcun modo valere come atto di ultima volontà.

Fabbricati contesi, usi civici ignorati e un patrimonio svuotato

Antonio Battista, prima della sua morte avvenuta nel 2012, aveva ceduto per motivi fiscali tutti i suoi beni alla moglie Ancilla Tadiello, in sede di separazione e divorzio.

Tuttavia, quest’ultima premorì e i figli di secondo letto – divenuti eredi – inserirono nella successione materna anche beni provenienti dal padre ancora vivo, vendendoli e locandoli successivamente a terzi.

I manufatti costruiti dal “Mago di Arcella”, che costituivano il cuore del patrimonio familiare, erano stati realizzati da lui stesso nel 1973 e non facevano parte del patrimonio disponibile del Comune di Frascati, che deteneva solo il dominio diretto sul suolo, trattandosi di terreni gravati da uso civico.

Tuttavia, nel 2004, una conciliazione con il Comune e una scrittura privata autenticata permisero agli appellati, ossia i fratellastri di Gloria, di acquistare il terreno, nel presupposto – rivelatosi infondato – che il suolo potesse essere declassificato come bene allodiale.

La Corte costituzionale interviene e spazza via la conciliazione

Nel 2018 la Corte costituzionale (sent. n. 113/2018) ha dichiarato illegittimo l’art. 8 della legge regionale Lazio n. 1/1986, norma in base alla quale era avvenuta la conciliazione.

Di conseguenza, la vendita del suolo da parte del Comune di Frascati è affetta da nullità sopravvenuta, per impossibilità giuridica dell’oggetto, trattandosi di bene civico non alienabile senza il rispetto delle procedure e dei presupposti previsti dalla legge statale.

La battaglia di Gloria Battista in Cassazione

La signora Gloria Battista, erede universale del padre, ha impugnato la vendita e la conciliazione innanzi al Commissario per gli Usi Civici e poi alla Corte di Cassazione, dove il giudizio è tuttora pendente (ricorso n. 1990/2020), con udienza fissata al 1° luglio 2025.

Il tema dirimente sarà se la conciliazione omologata possa produrre effetti vincolanti verso soggetti che ne furono esclusi, come lo stesso Antonio Battista, mai evocato in quel giudizio nonostante risultasse essere occupante e proprietario dei manufatti.

Una Margherita amara

Anche la società Margherita S.r.l., subentrata nella gestione di alcuni immobili, viene chiamata in causa per occupazione senza titolo. La società, secondo l’appellante, gestisce beni sottratti illegittimamente al padre e poi alla figlia, senza essere legittimata né dalla proprietà né da un valido contratto traslativo. La richiesta risarcitoria potrebbe superare i due milioni e mezzo di euro.

La posta in gioco

Dietro questa intricata vicenda giuridica si celano principi fondamentali del diritto civile, tra cui l’efficacia delle disposizioni di ultima volontà, la protezione del patrimonio ereditario e il rispetto delle norme in materia di usi civici, che proteggono beni collettivi contro indebite appropriazioni.

Il caso Battista si preannuncia come una sentenza esemplare sul valore della legalità successoria e sulla tutela dei beni comuni, ma anche come una riflessione sul ruolo della memoria e della giustizia all’interno delle famiglie.

(di Lorena Fantauzzi – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web© Diritti riservati all’autore)

Da Amalfi a Roma e Firenze le tradizioni della Settimana Santa da giovedì a domenca su RaiTre

Interessanti servizi del programma TV RAI3 “In Cammino” condotto da padre Enzo Fortunato  e  Giulia Nannini alla scoperta delle antiche tradizioni della Settimana Santa: da giovedì alle 16:05 un viaggio unico tra Roma, Costiera Amalfitana e Firenze.

Giovedì e Venerdì Santo alle 16:05 e domenica 20 aprile alle ore 8 con padre Enzo Fortunato e Giulia Nannini.

TV, RAI3: “In cammino” alla scoperta delle antiche tradizioni della Settimana Santa

Un viaggio tra arte e fede nelle sette chiese di Roma, la Via Crucis della Costiera Amalfitana e la Basilica di Santa Croce.

Alla scoperta delle antiche tradizioni della Settimana Santa. Il programma di RAI3 “In Cammino” condotto da padre Enzo Fortunato e Giulia Nannini, scritto da Paola Miletich con la regia di Marco Capasso, ci conduce in un viaggio unico tra Roma, Costiera Amalfitana e Firenze.

Giovedì 17 aprile alle 16:05 su RAI3 si parte con un pellegrinaggio unico nelle sette chiese di Roma, mentre Venerdì Santo, sempre alle 16:05, i conduttori si “immergeranno” nelle antiche tradizioni religiose della via Crucis di Minori in costiera Amalfitana e Sorrento. Un viaggio unico, ricco di emozioni e suggestioni, che culmina Domenica di Pasqua alle ore 8, sempre su RAI3, con una puntata speciale di un’ora dedicata al rito dello scoppio del carro di Firenze e alla più grande Basilica francescana al mondo: Santa Croce.

«Con il programma In Cammino vogliamo offrire ai telespettatori non solo un viaggio fisico attraverso luoghi simbolo della fede, ma soprattutto un pellegrinaggio interiore che ci accompagni verso la Pasqua» – ha dichiarato padre Enzo Fortunato.

«Le tradizioni della Settimana Santa che raccontiamo – da Roma alla Costiera Amalfitana, fino a Firenze – sono espressioni vive di una spiritualità popolare che ha radici profonde e che continua a parlare al cuore dell’uomo di oggi. Riscoprire questi riti significa ritrovare un senso di appartenenza, di comunità e di speranza. È un cammino che ci unisce, che ci emoziona e che, soprattutto, ci avvicina al messaggio più autentico della Pasqua: la rinascita».

(Roberto PacilioVaticano –  Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)

Roma. Assegnato il Premio internazionale sulla Sacralità della Vita; cerimonia ufficiale in Vaticano

La cerimonia di consegna del Premio San Giovani Paolo II avrà luogo il 3 maggio prossimo presso la Sala Conferenza dell’Accademia dell’Arte Sanitaria in Roma, in occasione del ventennale della sua istituzione.

Quest’anno verranno premiati tra gli altri il Ministro degli Interni, Prefetto Matteo Piantedosi; il fondatore della Lega Il Filo d’Oro, ovvero il Maestro e Compositore Renzo Arbore; il Generale dell’Esercito Stefano Rega, Direttore Centrale del Bilancio del Ministero della Difesa per le sue umanitarie missioni istituzionali compiute all’estero, il Maresciallo ora Luogotenente dell’Arma dei Carabinieri Alfonso Bolognesi per il suo diario sulla ingiusta carcerazione da lui patita e narrata nel libro dell’avv. Raffaele Crisileo dal titolo “Vittima Innocente“ (nella foto) che racconta il suo calvario giudiziario affrontato con fede cristiana.

Verranno altresì premiati il Generale della Guardia di Finanza dottor Salvatore D’Arpa, Comandante del Reparto TLA degli Istituti di Formazione GdF di stanza in Ostia (Roma) ed il Prof. Francesco Corcione, Presidente emerito della Società di Chirurgia Italiana, chirurgo di fama internazionale nonché filantropo: anche essi verranno premiati per la loro attività professionale ispirata ai principi della sacralità della vita.

Verrà inoltre insignito del Premio Padre Enzo Fortunato, frate francescano nominato da Papa Francesco Presidente del Pontificio Comitato per la Giornata mondiale dei bambini e finora coordinatore della menzionata Giornata mondiale.

Saranno altresì insigniti due noti filantropi: il maestro, e attore cinematografico Alessandro Siani e il professor dottor Francesco Giorgino, giornalista della RAI.

I premi verranno consegnati dal primo Presidente, Professor Espedito De Marino, noto musicologo internazionale che accompagnò come chitarrista, nei suoi concerti, il Maestro e Cantautore Roberto Murolo, nonché dal Presidente del Comitato d’Onore del Premi,o Gen. dottor Francesco Lupo, e dal componente dello stesso Comitato d’Onore avvocato Raffaele Crisileo, responsabile dell’ufficio legale e dei rapporti con l’estero.

Il Premio Giovanni Paolo II è stato istituito per promuovere la conoscenza del pensiero e delle attività di San Giovanni Paolo II e della sua influenza sulla vita della Chiesa cattolica e su vari campi dell’attività umana, come quello culturale, sociale, politico o economico e viene assegnato ogni anno.

Il riconoscimento è internazionale e premia persone e istituzioni che eccellono nel lavoro scientifico, artistico, culturale, educativo e sociale, promuovendo i valori e le idee presenti nell’insegnamento e propagandati da Giovanni Paolo II.

(Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)

Da Melito (NA) a Roma i vivai Antonio Marrone premiati con ‘Legalità e Profitto’

Riconoscimento conferito alle imprese eccellenti per trasparenza, solidità e conformità alle normative.

La Vivai Antonio Marrone Srl di Melito ha ricevuto il prestigioso premio “Legalità & Profitto”, assegnato da Economy Group, casa editrice dell’omonima testata, in collaborazione con RSM.

Il riconoscimento, giunto alla sua terza edizione, è stato ritirato dal socio fondatore della società, Antonio Marrone, e dalla terza generazione dell’attività, i figli Luigi e Raffaele, nel corso della cerimonia ufficiale che si è svolta nella Sala Capitolare del Palazzo del Senato.

L’azienda è considerata pioniera di un approccio rivoluzionario nell’ambito imprenditoriale dedicato alla gestione degli spazi verdi.

Propone di sviluppare una filiera integrata che comprenda ogni aspetto della creazione e gestione di un ambiente caratterizzato dalla presenza del verde: dalla produzione e piantumazione delle piante alla loro cura e manutenzione, fino ai sistemi di irrigazione, alle infrastrutture sotterranee, alle opere edili, agli arredi, ai parchi gioco e ai servizi tecnologici progettati per ottimizzare e valorizzare l’area.

Il premio viene attribuito alle imprese che hanno ottenuto il Rating di Legalità, valorizzando la loro capacità di essere solide, redditizie e pienamente conformi alle normative italiane. La selezione è avvenuta su base oggettiva da parte di una giuria composta da Economy Group e RSM, con il patrocinio del Senato della Repubblica, l’alto patrocinio del Quirinale e la collaborazione dell’ANAC – Autorità nazionale anticorruzione.

Elemento centrale dell’iniziativa è la volontà di riconoscere alle imprese titolari del rating un merito di credito supplementare presso il sistema bancario, oltre a un accesso preferenziale agli appalti pubblici.

Le 100 aziende premiate, tra cui Vivai Antonio Marrone Srl, sono state individuate da RSM tra quelle presenti negli elenchi pubblici.

(Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)

Roma. Mago di Arcella, lo sfogo della figlia, che non può neanche pregare sulla sua tomba

Non mi è permesso portare un fiore sulla tomba di mio padre, dichiara la figlia del mago di Arcella.

La vicenda sul mago di Arcella continua… Gloria Battista rivendica il suo diritto di onorare la memoria di suo padre:

Trovo indegno e disgustoso che non mi sia permesso di portare un fiore nella cappella di mio padre, dopo vari tentativi di ottenere le chiavi per avere accesso nella cappella gentilizia site Ciampino che mio padre si intestò e fece costruire.

Dopo tanti dinieghi, mi sono recata personalmente al Comune di Ciampino per chiedere un duplicato della chiave.

Lì è emerso un altro fatto inverosimile: ho trovato l’ennesima bugia: una scrittura privata con la firma di mio padre, ma falsa: la sua grafia era inconfondibile, si poteva riconoscere tra un miliardo.

Questa è l’ennesima riprova del fatto che hanno tentato di estromettermi come figlia legittima di Antonio Battista.

Come tutte le altre mie dichiarazioni che sono diventate virali sulle testate più blasonate, in questa tengo a precisare che non stiamo affrontando una situazione economica bensì un valore affettivo.

Si tratta di mio padre e di poterne onorare la memoria ma tutto ciò non mi è permesso e per questo chiedo che giustizia venga fatta!

Secondo voi è giusto tutto questo? Che ne pensate”?

(Lorena Fantauzzi – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web© Diritti riservati all’autore)

 

Da Napoli a Roma l’accademia italiana ‘Qualità della Vita’ alla manifestazione contro il riarmo in Europa

Domenico Esposito: “La pace come motore di un’esistenza condivisa”.

Anche l’Accademia Italiana Qualità della Vita alla manifestazione a Roma del 5 Aprile indetta dal Movimento 5 Stelle per la Pace e contro il riarmo in Europa. Plusvalore di questa prestigiosa presenza, spiega il presidente Esposito, è “l’esistenza di una nostra proposta di negoziato per una pace giusta e duratura in Ucraina”.

L’Accademia Qualità della Vita, presieduta da Domenico Esposito, nasce a Napoli nel lontano 2008 e fin dall’inizio si è sempre occupata di problemi e criticità sociali, come anche dei grandi temi con valenza globale.

Oggi il mondo accende i riflettori su guerra e pace e Roma sembra essere la location ideale per far sentire la nostra voce – sottolinea Esposito – ma non in maniera sterile o strumentalizzata, ma apportando idee che possano servire alla pace e alla cooperazione produttiva tra i popoli.

La nostra adesione alla manifestazione indetta dal presidente dei 5 Stelle Conte  – continua Esposito – è il voler andare oltre il dibattito politico sull’opportunità o meno di un riarmo globale, sottolineando il valore assoluto della Pace come motore della nostra esistenza.

Andiamo a Roma – ha sottolineato Domenico Esposito – convinti di fare la differenza in un  Paese diviso su questi argomenti e senza una linea comune sui negoziati, indispensabili non solo per far tacere le armi ma anche e soprattutto per riportare un equilibrio imprescindibile nel rapporto tra popoli, culture ed esigenze comuni.

Al di là della nostra contrarietà al riarmo come punto di partenza – puntualizza Esposito – ricordiamo che esiste una nostra proposta circa la pace in Ucraina e per la normalizzazione dei rapporti tra Occidente e Russia. Alla base c’è ovviamente l’assunzione di responsabilità da entrambe le parti, in modo tale da raggiungere un accordo condiviso.

La nostra proposta, in sintesi, mira a convertire le sanzioni economiche imposte alla Russia in risarcimenti diretti per il popolo ucraino, contribuendo alla ricostruzione del paese e ponendo le basi per un nuovo equilibrio geopolitico fondato sulla collaborazione e sulla crescita condivisa.

Questa proposta punta a generare un equilibrio di vantaggi per tutte le parti. L’Europa, sostenendo l’Ucraina nella ricostruzione con i fondi russi, ne rafforzerebbe stabilità e crescita economica.

Il senso della nostra presenza a Romaha poi concluso il presidente Esposito – è proprio questo: dare contributo al dibattito politico e sociale, evidenziando una linea precisa condivisa da molti”.

(Rosario Lavorgna – Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)

Roma. Il Mago di Arcella e la triste storia del suo ‘falso’ testamento

Lo chiamavano così: il “Mago di Arcella”. Perché sapeva incantare. Incantava le persone, i notai, i figli, le mogli e le ex mogli.

Ma il sortilegio si è infranto in una data precisa: 3 ottobre 2017. Giorno in cui finalmente i figli della seconda moglie andarono dal notaio per far aprire il testamento.

Da chiedersi come abbiano potuto depositare in una causa questo testamento prima ancora di averlo pubblicato. La domanda è questa: è un vero testamento del mago di Arcella o è una scrittura privata?

Quel giorno fu pubblicata una scheda testamentaria segreta del Mago di Arcella, un documento che avrebbe dovuto parlare con la voce della sua ultima volontà. E invece no.

Non era un testamento. Era un monologo confuso, una confessione a mezza voce, un delirio in punta di penna.

Un foglio che sventola tra le carte notarili con l’arroganza di chi pretende di decidere oltre la morte, ma non ne ha più la forza. Né il diritto.

Perché nella “scheda” del Mago, non c’è testamento. C’è solo il rumore dei fantasmi.

Di figli contrapposti, di proprietà svanite, di denari che entrano e spariscono come in un gioco di prestigio.

Non una parola chiara, non un atto di volontà conforme all’articolo 587 del Codice Civile.

E se manca la volontà attuale di disporre post mortem dei propri beni, non si può parlare di testamento. Punto.

Scrisse, o qualcuno scrisse per lui, che la villa di via Rufelli 91, ad Ariccia, era stata venduta e il ricavato donato ai figli  Gloria (nella foto con lui) e Bruno, nati dal primo letto. Ma era una bugia.

Il prezzo fu pagato con dodici cambiali, e la metà della casa apparteneva alla prima moglie: Eleonora Teresa Ricci

Nessuna traccia di quel denaro in favore dei figli. Nessun bonifico, nessuna quietanza. Nulla. Oltretutto i figli erano troppo piccoli per riscuotere.

Scrisse, o qualcuno scrisse per lui, che il piano terra della villa di via Rufelli 89 era stato donato alla figlia Gloria. Ma anche questa era una menzogna.

Quel piano fu venduto. Lo attestano i rogiti, lo confermano le date. E Ricci Eleonora Teresa, nel 2004, aveva ancora la residenza nella casa di via Tuscolana.

Scrisse, o qualcuno scrisse per lui, che la figlia Gloria comprò un casale a Velletri con il suo aiuto. Ma fu comprato da altri: e con mutuo, non con prestiti familiari.

E il conto del Mago non registra nessun prestito. Nessuna traccia.

Scrisse, o qualcuno scrisse per lui, che la gioielleria “Momenti d’oro”, in via Nettunense, era nata nel 1988 con i suoi soldi e quelli della moglie defunta. Ma chi ci crede?

La seconda moglie non avrebbe speso un soldo per la figlia della prima moglie del marito. E la gioielleria era di zia Iole, non della moglie di Rodolfo che Laganà, ma la mamma.

E non servì alcun adeguamento, perché era già funzionante. Altro che 300 milioni di lire e 9 chili d’oro.

Fantasie. Inganni. Neanche un prestito di 30 o 12 milioni risulta esistente per sanare debiti con la Banca di Roma. Gloria aveva una causa contro la Banca di Roma che ha vinto ed è stata risarcita.

E così via, pezzo dopo pezzo, si sgretola il testamento del Mago. Il negozio di via Luigi Amabile ad Avellino? Non fu venduto per donare nulla ai figli. L’appartamento in via Tagliamento?

Addirittura ha dimenticato che il suddetto era già intestato ai figli, regalato dalla nonna materna. Invece lui asserisce di essere il proprietario e di averlo donato.

Il bar Montecarlo in via Annaruma? I bambini a cui fu destinato il ricavato della vendita avevano otto o dieci anni. Minorenni.

Impossibile ricevere simili somme senza l’autorizzazione del giudice tutelare. E Battista e Ricci erano in separazione dei beni. Altro che donazioni tacite.

E la casa del padre, a Montefredane? Donata ai nipoti. Il nonno donò per riconoscenza la sua legittima perché la prima moglie di Antonio Battista, essendo benestante, ristrutturò la proprietà. Battista Antonio non fece alcuna azione di riduzione. Aveva avuto tempo. Non volle.

E la villetta in via Tuscolana 1243/A? Venduta, si dice, dai figli del secondo letto, con incasso di 700 mila euro per il padre. Ma dove sono i movimenti bancari? Chiediamo la dimostrazione.

Anche i 100 mila euro che avrebbe ricevuto nel 2007 dai figli più giovani per lasciare l’appartamento sopra il Castello Bianco sono solo un’altra invenzione.

In realtà vi è una scrittura privata che parla di 50 mila euro, in contanti, con intento simulatorio.

E ancora, la separazione legale dalla seconda moglie. Il Mago dichiarò di ricevere 1.800.000 euro per la cessione del 50% del Castello Bianco.

Ma nei documenti non ve n’è traccia. Nessun assegno, nessun bonifico. Nessuna realtà. Era ancora in vigore la lira, quindi questa cifra non può scomparire nel nulla.

E allora resta solo un dubbio. Anzi, una certezza amara: che quella scheda non l’abbia nemmeno scritta lui, perché non era scritta di suo pugno ma solo firmata.

Che non fosse più lucid?. Che non sapesse più distinguere il vero dal falso? Che fosse solo, stanco e malato?!

E così muore il mito del Mago. Non con uno schianto, ma con un sussurro ingannevole su carta intestata. Non un testamento, ma un ultimo incantesimo mal riuscito.

(Lorena Fantauzzi – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web© Diritti riservati all’autore) 

Roma. Appello legittimo della figlia del Mago di Arcella: ‘inconcepibile che la giustizia non riconosca che quel patrimonio è mio’!

In un’aula silenziosa della Corte d’Appello di Roma, sotto lo sguardo composto ma fermo dei giudici della VII Sezione civile, va in scena una di quelle vicende che sembrano nate per diventare romanzo.

Sul banco degli atti c’è la memoria di una donna, Gloria Battista, e insieme ad essa ci sono pagine che pesano più delle parole: testamenti non scritti, successioni incrociate, atti notarili, vincoli di fondo patrimoniale, terreni con usi civici e una storia di sangue spezzato tra figli di primo e secondo letto.

Gloria è la figlia di Antonio Battista, un uomo conosciuto dal grande pubblico col soprannome suggestivo di Mago di Arcella. Ma non c’è niente di magico in ciò che oggi la figlia chiede ai giudici: vuole che si faccia luce su un’eredità che ritiene sottratta con destrezza e silenzio. Un gioco a incastro tra diritto e proprietà, tra atti notarili e norme urbanistiche, in cui ogni tessera sembra stata mossa con perizia, ma anche – a suo dire – con dolo.

La genealogia del conflitto

Antonio Battista, prima del matrimonio con la seconda moglie, aveva una figlia: Gloria. Era lei l’erede naturale, l’unica ad aver accettato l’eredità del padre quando questi morì, nel luglio del 2012. Gli altri figli – nati da seconde nozze– avevano rinunciato. Ma non prima, sostiene Gloria, di aver svuotato il patrimonio paterno attraverso un sapiente gioco di passaggi immobiliari e successioni travestite.

Tutto comincia quando il Mago di Arcella, per motivi fiscali – così recitano le carte – trasferisce i suoi beni alla seconda moglie, in sede di separazione legale e poi di divorzio. Lei, però, premuore. E allora quei beni finiscono nelle mani dei figli della seconda unione. Ed è lì che la macchina si mette in moto. Successione alla madre, volture catastali, vendite. Un domino che – se le cose stanno come dice Gloria – sarebbe stato costruito sulla sabbia, o meglio su suolo civico, cioè pubblico.

La terra, i diritti e gli inganni

Il cuore del contenzioso batte su una manciata di particelle catastali a Roma, in via Tuscolana. Terreni acquistati dai figli di seconde nozze dal Comune di Frascati nel 2004. Ma quei terreni, argomenta la difesa di Gloria, assistita dall’avvocato Carlo Affinito, non erano di proprietà privata: erano gravati da uso civico e dunque inalienabili senza il previsto concerto con Regione e Ministero dell’Ambiente. Non solo: sopra quei terreni vi erano fabbricati, costruiti nel 1973 da Antonio Battista, il Mago di Arcella stesso, in qualità di livellario, cioè possessore dell’utile dominio su fondo altrui.

La costruzione, avvenuta su terreni demaniali, fu poi oggetto di sanatoria edilizia. Ma la Corte costituzionale – intervenuta anni dopo e in corso di giudizio – ha dichiarato incostituzionale l’art. 8 della legge regionale che consentiva la vendita agevolata di suolo civico a chi vi avesse edificato abusivamente. Un colpo di spugna retroattivo, che ha reso nulla quella norma per i rapporti ancora pendenti. E tra questi, c’è la vicenda dell’eredità del Mago di Arcella.

Gloria sostiene che l’acquisto del suolo da parte dei fratellastri non sia valido, e che la vendita del 2004 – avvenuta mediante scrittura privata autenticata da un notaio che, cautamente, non volle redigere un atto pubblico – sia giuridicamente nulla. Argomenta che l’accessione – quel principio per cui il suolo e il soprassuolo si uniscono nel medesimo diritto – non può operare in questo caso. Non solo per la natura pubblica del suolo, ma perché la cronologia degli atti lo impedisce: prima la costruzione, poi l’acquisto del terreno. E in mezzo, decenni di silenzio.

L’accusa: un patrimonio sottratto

C’è un punto centrale nella tesi di Gloria: i fratellastri non potevano disporre di ciò che non era loro. Gli atti con cui hanno venduto o vincolato quei beni – si pensi alla costituzione di fondi patrimoniali – sarebbero nulli, inopponibili, inefficaci. Vendite a terzi, locazioni, fondi familiari: tutto ciò, dice la ricorrente, è stato fatto da “non domini”. Come se chi non possiede una casa la offrisse in garanzia. “Siamo dinanzi alla vendita di cosa altrui”, argomenta l’avvocato Affinito nella sua comparsa conclusionale, invocando la dottrina, la giurisprudenza e la logica più elementare.

I numeri, i valori, la richiesta

Gloria non chiede solo giustizia astratta: quantifica il danno in milioni di euro. Somma che tiene conto dei frutti mancati, degli affitti percepiti da altri, degli anni in cui – secondo lei – il suo patrimonio è stato utilizzato da chi non ne aveva titolo. E chiede, in via subordinata, almeno il riconoscimento dell’arricchimento ingiustificato dei fratellastri, che avrebbero goduto di beni non loro, locandoli e traendone profitto. Insiste sull’inopponibilità degli atti, sulla nullità delle compravendite, sull’impossibilità giuridica degli oggetti venduti. E lo fa con atti giudiziari densi di riferimenti a sentenze, norme, date e dettagli che parlano di una lunga battaglia, combattuta con le armi del diritto.

Questa storia è il riflesso di molte Italie. L’Italia dove i notai preferiscono non firmare, per cautela. L’Italia dei diritti antichi, come l’uso civico, che ancora vincola il presente, con diritti che muovono da norme dello Stato Pontificio dell’Ottocento. L’Italia delle famiglie spezzate, dove il dolore si scrive nei registri immobiliari più che nei ricordi. L’Italia dove i figli si contendono il passato, ma in palio c’è il futuro.

Sarà la Corte d’Appello di Roma a dire l’ultima parola. Intanto, questa storia ci ricorda una cosa semplice: ci sono verità che non si trascrivono nei registri, ma si leggono negli sguardi di chi, per decenni, ha visto passare davanti a sé la propria casa abitata da altri. E non ha mai smesso di bussare.

L’intervista a Gloria Battista, figlia del Mago di Arcella:

Mi hanno tolto tutto, ma non la memoria. Ora la verità deve venire fuori

In un silenzioso appartamento della periferia romana, tra scaffali di faldoni processuali e vecchie fotografie in bianco e nero, ci accoglie la signora Gloria Battista. Lo sguardo è determinato, la voce misurata ma ferma. È al centro di una causa civile che racconta molto più di una disputa ereditaria: parla di radici, di silenzi familiari, di giustizia e memoria. È l’unica figlia erede di Antonio Battista, meglio conosciuto come il Mago di Arcella, il Mago dei Vip. Ma oggi non si parla di illusioni: oggi si parla di terra, mattoni e verità.

D. Signora Battista, cominciamo dal principio. Chi era suo padre, Antonio Battista?
R. Mio padre era un uomo complesso, pieno di risorse. Pubblicamente era noto come il “Mago di Arcella”, ma in famiglia era un uomo pratico, concreto, che si era costruito da solo. Aveva una visione patrimoniale molto chiara, e costruì – anche letteralmente – il suo futuro e quello della sua famiglia. Ma poi… tutto è andato perduto, e non per colpa sua.

D. Lei è figlia di primo letto. Cos’è accaduto dopo il secondo matrimonio di suo padre?
R. Dopo il matrimonio con la seconda moglie, mio padre, per motivi di tasse, trasferì a lei tutti i suoi beni, attraverso la separazione e il divorzio. Ma erano solo passaggi finti, tutti sapevano che quei beni erano suoi. Poi la seconda moglie è venuta a mancare. E lì è cominciata la distorsione.

D. In che senso?
R. I figli della seconda moglie – miei fratellastri – hanno presentato la successione della madre inserendo tra i beni anche quelli che erano di mio padre ceduti a lei nella separazione per evadere le tasse. Appena fatta la successione, hanno mandato via mio padre dal Castello Bianco dei Mobili d’Arte della Brianza e hanno volturato, venduto, messo a reddito. Quando lui è morto, nel 2012, hanno rinunciato all’eredità, dopo averne goduto i frutti. E io mi sono ritrovata erede sì… ma di un patrimonio svuotato. A questo punto chiamai la mia sorellastra, chiedendo la mia parte di eredità e lei mi rispose: “ormai è tutto mio, sfido qualsiasi giudice o avvocato che ti possa dare ragione! Sono in una botte di ferro! Fammi scrivere subito da un avvocato!”. Per questo motivo, ho dovuto iniziare delle cause in tribunale.

D. E questo patrimonio in cosa consisteva?
R. In terreni e fabbricati situati in via Tuscolana, a Roma. Terreni che, per legge, erano con l’uso civico, per capirci, tipo terreno demaniale ma riscattabile, quindi non erano commerciabili liberamente. Mio padre, fin dagli anni Settanta, vi aveva costruito edifici come livellario, cioè possessore del cosiddetto “utile dominio”. Gli atti lo dimostrano: era tutto suo. E ora quei beni sono intestati ad altri, perché quando li hanno riscattati hanno dichiarato il falso, ovviamente, figli di Mago, possono fare le magie!

D. Ma i suoi fratellastri dicono di averli ricevuti legittimamente dalla madre.
R. Non è vero. Hanno inserito quei beni nella successione della madre pur sapendo che non erano loro. Li hanno poi acquistati dal Comune di Frascati, dichiarando il falso, dicendo di aver costruito loro il Castello Bianco dei Mobili d’Arte della Brianza, quando invece mio padre ha comprato tre lotti di terreno enfiteutici da tre anziani, a cui li avevano assegnati quali Reduci di Guerra. In causa ho dimostrato con dei documenti che fu mio padre ad acquistare questi terreni, che era stato lui a costruire i fabbricati e ho depositato il contratto di appalto relativo alle costruzioni. Mio padre chiese la concessione edilizia in sanatoria che fu ritirata dalla seconda moglie esibendo la copia della sentenza di divorzio. I miei fratellastri avevano un anno di vita e l’altro è nato nove anni dopo la costruzione del Castello Bianco e invece hanno acquistato il terreno dal Comune di Frascati dichiarando che avevano costruito loro l’edificio. Poi la legge regionale che consentiva la vendita dei suoli edificati con uso civico fu dichiarata incostituzionale nel 2018. Quindi quegli atti, oggi, sono nulli. Ma io lo dicevo da prima.

D. C’è chi potrebbe dire: è una questione tecnica, giuridica. Ma per lei, cos’è?
R. Per me è una questione di giustizia. Mi hanno esclusa, scientemente. Hanno preso beni non loro. Li hanno affittati, usati, ipotecati. Hanno perfino costituito fondi patrimoniali su immobili che non avevano mai ricevuto per delazione. È come se qualcuno si fosse seduto a casa tua e avesse detto: “Ora è mia“. E nessuno fosse intervenuto.

D. Lei chiede un risarcimento importante: oltre 25 milioni di euro.
R. Non è avidità. È il calcolo di quanto non mi è stato restituito. Parliamo di immobili locati per anni, di beni che producevano reddito. Ma più che il denaro, voglio riaffermare un diritto: quello a non essere ignorata, a non essere spogliata. Mio padre aveva previsto per me una continuità, e quella mi è stata negata.

D. Cosa rappresentano per lei quei beni oggi?
R. Non sono solo mattoni. Il Castello cointestato con la seconda moglie è stato costruito prima; la casa tutta di mio padre, che noi chiamavamo “La Casetta”, è stata costruita dopo, e ovviamente si tratta non di una casetta, ma di una mega villa. Per la parte centrale, dal momento che è stata costruita abusivamente, la notte facevamo i turni io, una mia amica di nome Brunella e un operaio di nome Antonio, per vedere se arrivavano i vigili e appena vedevamo la macchina dei vigili, fischiavamo agli operai, che si volatilizzavano all’istante. Sono ricordi, sono le mani di mio padre che disegnavano quei progetti, che firmavano i contratti d’appalto, che scrivevano lettere al Comune. Sono la prova che esiste un legame, che non si cancella con una voltura catastale.

D. Come si sente oggi, dopo anni di battaglie legali?
R. Stanca, ma determinata. Non mi fermo. Ho la coscienza pulita e la documentazione con me. Ho avuto accanto un avvocato – Carlo Affinito – che ha creduto nella mia causa. E ora spero solo che la giustizia faccia il suo corso, senza cedere alla tentazione di chiudere gli occhi per “comodità”.

D. E se potesse dire qualcosa ai suoi fratellastri?
(Silenzio)
R. Direi: non c’è vittoria che valga il prezzo dell’ingiustizia. Nulla di ciò che avete costruito durerà, se poggia sulla sabbia.

D. E se domani la Corte le desse ragione?
R. Non sarebbe una rivincita. Sarebbe semplicemente ristabilire un ordine naturale. Perché il diritto, quando è giusto, somiglia molto alla verità. E io la verità la conosco da sempre.

(Lorena Fantauzzi – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web© Diritti riservati all’autore) 

 

Roma. Il figlio si trasferice in comunità ‘Koinoikia’ e la madre esterna il proprio orgoglio

Mi chiamo Maria Teresa e voglio condividere con chi sta leggendo questa breve testimonianza che coinvolge mio figlio Luca e me.

Non mi soffermerò sulla mia esperienza personale di fede, ma su ciò che di bello è accaduto nelle nostre vite.

A volte parenti, amici e conoscenti mi chiedevano dei miei figli: se studiavano, cosa studiavano, se lavoravano… e via dicendo.

La mia risposta era sempre: “Luca sta vivendo, grazie al parroco don Alessandro Di Medio della parrocchia San Francesco Saverio alla Garbatella, un percorso di vita autentica, di discernimento spirituale e di grande impegno comune con altri suoi coetanei e verso gli altri: Signa Veritatis”.

Negli occhi di chi mi poneva quelle domande notavo spesso una certa incomprensione; forse, se non avessi vissuto questa esperienza, anch’io avrei reagito allo stesso modo.

Ma è bene che ci sia – purtroppo – questo genere di stupore, perché mi offre l’occasione per testimoniare quanto sia importante vedere i propri figli camminare lungo una via di luce. Una via che un genitore, da solo, non può offrire.

Nel tempo, la formazione di Luca lo ha portato a compiere una scelta molto significativa: vivere in una casa comune, “Koinoikia”.

Durante quell’esperienza, lui e gli altri ragazzi hanno saputo prendersi cura gli uni degli altri, anche nei momenti difficili come la pandemia, come veri fratelli.

Quando un figlio o una figlia è costretto ad allontanarsi da casa per motivi di studio o lavoro, i genitori vivono il distacco con una certa naturalezza.

Ma se è il figlio stesso a scegliere di farlo, spesso diventa una tragedia, quasi una sfida. So bene cosa si prova nel recidere quel “cordone”, ma ho voluto trasformare quella nostalgia in un’opportunità di crescita anche per me.

Ragazzi meravigliosi, che rappresentano una vita tutt’altro che sprecata: una vita piena di amore e di speranza!

<i>(Fonte: AgenSir – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)</i>

Roma. Alla Corte d’Appello scompare, come per magia, il fascicolo sull’eredità del Mago di Arcella

E così, nella Capitale d’Italia, nel cuore marmoreo e severo della Corte d’Appello di Roma, si perde un fascicolo. Non un foglio. Non una fotocopia. Un fascicolo intero, corposo, denso, forse scomodo.

E mentre si cercano le colpe, i faldoni svaniscono come le illusioni nei corridoi della giustizia.

È accaduto nella Settima Sezione civile della Corte d’Appello di Roma, dove da tempo si consuma una battaglia aspra, fatta di successioni contestate, atti notarili ambigui, e ricordi che pesano come pietre.

A denunciarlo, con tono fermo e sguardo indignato, è l’avvocato Carlo Affinito, difensore di Gloria Battista, figlia del celebre Antonio Battista, il Mago di Arcella (nella foto  con Maurizio Costanzo).

Un’eredità contesa, la sua. Un mosaico familiare che sa di rancori antichi e proprietà sfilacciate nel tempo.

Affinito, con una nota protocollata il 25 marzo 2025, ha reso noto l’incredibile: il fascicolo degli appellati, depositato nel lontano luglio 2022, è introvabile. Smarrito. Evaporato nei meandri della cancelleria.

Il legale si è recato personalmente per consultarlo, ma ha trovato soltanto il fascicolo d’ufficio: scheletrico, privo di sostanza, inadatto a garantire un contraddittorio degno di questo nome.

E ora, con i termini per le memorie in scadenza, l’esercizio della difesa è appeso a un paradosso: si pretende che si replichi al nulla.

Da qui, la richiesta formale di rimessione in istruttoria: che si cerchi quel fascicolo, si scavi negli archivi, si costringano le controparti a ricostruirlo, almeno in forma telematica. Una richiesta che grida dignità, che pretende ordine, che implora rigore in un sistema che sembra aver smarrito la bussola del decoro.

Sul piano del merito, la vicenda trabocca di interrogativi amari. Gloria Battista, unica erede del padre, rivendica ciò che le spetta: beni immobiliari che, secondo la sua ricostruzione, furono sottratti con manovre opache, intestazioni fittizie e vendite sbrigative, di cui invoca l’illegittimità.

Una storia di case, suoli, diritti e silenzi, in cui la verità giace sotto strati di apparenze e convenienze.

La causa, che sembrava prossima a una conclusione, si inceppa così nel dettaglio più grottesco: la scomparsa di un fascicolo. E l’ombra che cala su questa vicenda è più che mai emblematica.

Perché non è solo la sorte processuale di una figlia a essere in gioco, ma la credibilità stessa di un sistema che non può permettersi di perdere i propri pezzi, né i propri principi.

In un’epoca di digitalizzazioni annunciate e informatizzazioni celebrate, il fascicolo svanito è più che una svista. È un simbolo. E come tutti i simboli, inquieta.

(Lorena Fantauzzi – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web© Diritti riservati all’autore)

Roma. Il Mago di Arcella, alias, Silias, Trilias! l’eredità contesa tra i figli scompare per magia!?

Questa non è solo una disputa legale. Non è solo una battaglia tra eredi. È una guerra.

Una guerra di documenti, di sentenze, di avvocati che si sfidano a colpi di citazioni giurisprudenziali.

Ma è anche una guerra di sentimenti, di sangue, di famiglia.

È la storia di Gloria Battista, l’unica figlia erede del mago di Arcella (insieme nella foto), che ora si ritrova a combattere contro chi, dice lei, le ha sottratto ciò che era suo di diritto.

Lo chiamavano il Mago di Arcella, il Mago dei VIP. Un nome che evocava mistero, potere, un’aura esoterica.

Ma dietro l’uomo che incantava le folle negli anni ‘80 e ‘90 si nascondeva un costruttore di sogni.

Al centro della battaglia c’è la figlia Gloria Battista, che rivendica case, immobili, terreni e il famoso “Castello Bianco dei mobili d’arte della Brianza“ in via Tuscolana a Roma (nella foto qui accanto).

 

Gloria dice che le è stato tolto tutto. Che suo padre aveva comprato diritti enfiteutici su quei terreni, che aveva costruito abusivamente il Castello, ma lo aveva poi condonato. Che lui era il vero proprietario. Ma la giustizia sembra non sentirla. Quei terreni, quelle mura, quelle stanze che un tempo riecheggiavano di discorsi esoterici, ora sono silenziosi testimoni di una guerra giudiziaria senza tregua.

Gloria accusa: “Quei beni sono stati trasferiti alla seconda moglie del mago con atti di separazione e divorzio, ma era solo un trucco fiscale.Un’illusione”.

Un’illusione che si è fatta realtà quando, alla morte della madre, i figli di secondo letto si sono ritrovati padroni di tutto. Gloria esclusa. Espulsa.

Il Tribunale di Roma, almeno in parte, le ha dato ragione. Ha annullato alcuni trasferimenti per irregolarità urbanistiche. Ma non basta. Perché le leggi, si sa, sono un labirinto. E a volte ci si perde.

Gloria racconta che l’eredità è stata “svuotata”. Prosciugata. Lei è rimasta con nulla in mano, mentre gli altri eredi vendevano, affittavano, speculavano. Ha calcolato un danno di 25 milioni di euro. Una cifra da capogiro, ma che per lei non è un numero. È una ferita.

Ma la storia non si ferma qui. No, si fa ancora più contorta. Perché i terreni su cui sorge il Castello Bianco non sono terreni qualsiasi. Sono gravati da usi civici. Significa che non si potevano vendere. Non si potevano acquistare con un semplice passaggio di proprietà.

Eppure, è accaduto. La difesa di Gloria-assistita dall’Avvocato Carlo Affinito – si aggrappa a una sentenza della corte costituzionale del 2018, che ha dichiarato illegittima una legge regionale del Lazio che permetteva la declassificazione automatica di quei terreni con il condono edilizio.

Perché se un terreno è di tutti, non può diventare di qualcuno con un semplice timbro. E così la guerra continua. Dopo il Tribunale, dopo la Corte d’Appello, ora è la Cassazione il campo di battaglia.

Il 1 luglio prossimo i giudici decideranno se dar ragione a Gloria o metterci una pietra sopra.

Definitivamente. Il cuore del suo ricorso è chiaro: quei terreni non potevano essere venduti.

E se erano di suo padre, non potevano magicamente sparire dalle sue mani per finire in quelle di altri.

Se la giustizia non lo vede, dice Gloria, allora è cieca. Le dichiarazioni di Gloria Battista.

Gloria non si dà pace. Lo dice con rabbia, con dolore, con quella voce spezzata dal pianto e dallo sconforto di chi ha combattuto per anni e ancora non vede la fine.

Ancora non riesco a capire come i giudici continuino a negare i miei diritti ereditari dichiarandoli inammissibili“, ripete la figlia del mago di Arcella.

Ho dimostrato con documenti originali che mio padre, il Mago di Arcella, ha comprato tre diritti enfiteutici in via Tuscolana a Roma, ha costruito abusivamente il Castello Bianco dei mobili d’arte della Brianza, ha fatto parte della società, chiesto il condono edilizio del Castello, ha chiesto di riscattare il terreno al Comune di Frascati.

Illo tempore mio padre, intervistato da vari giornali dichiarò di essere stato minacciato con dei colpi di pistola e di aver costruito il castello abusivamente.

Un’eredità contesa. Una figlia in guerra. Un Castello costruito su sabbie mobili.

E un verdetto che potrebbe riscrivere la storia non solo della famiglia Battista, ma di chiunque si trovi a lottare contro i fantasmi del passato e i meccanismi imperscrutabili della giustizia.

Ora, il destino di Gloria è nelle mani della cassazione. Sarà giustizia o sarà l’ennesima illusione? Questo, solo il tempo potrà dirlo.

(Lorena Fantauzzi –  News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web© Diritti riservati all’autore)