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Cassino. Processo Mollicone: dopo la sentenza, la denuncia del criminologo Carmelo lavorino

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La denuncia del criminologo Carmelo Lavorino per le vili aggressioni del popolino che crede nelle tesi mediatiche e non nei giudici e la sentenza a <ccassino del processo Mollicone.

Per la giustizia italiana a uccidere Serena Mollicone non è stata la famiglia Mottola, ma per la piazza: «gli assassini sono loro». E quando sono usciti dal tribunale di Cassino hanno rischiato un vero e proprio linciaggio da parte di una folla di circa 200 persone. Non sono bastati 150 testimoni, 52 udienze e 21 anni di indagini per venire a capo dell’omicidio della 18enne di Arce, trovata il primo giugno 2001 senza vita in un boschetto con un sacchetto sulla testa e mani e piedi legati con il nastro adesivo. Alle 19,30 precise di ieri, la Corte d’assise è uscita da una camera consiglio durata circa otto ore con un verdetto che ha scatenato urla di rabbia dentro l’aula e un inseguimento degli imputati all’esterno del tribunale. L’ex maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, la moglie Annamaria e il figlio Marco sono stati assolti con la formula: «per non avere commesso il fatto». Erano accusati di omicidio volontario in concorso. La Procura aveva chiesto 30 anni di reclusione per il padre, 24 per il figlio e 21 per la madre. Assolti «perché il fatto non sussiste» anche l’ex luogotenente Vincenzo Quatrale, imputato per concorso morale nell’omicidio, e l’appuntato Francesco Suprano accusato di favoreggiamento. Nei loro confronti il pm aveva sollecitato, rispettivamente, una condanna a 15 anni e 4 anni.

LA GIOIA E POI GLI INSULTI

Alla lettura della sentenza i Mottola si sono stretti in un abbraccio liberatorio, urlando di gioia, con gli avvocati che gli facevano le feste come se avessero vinto i mondiali di calcio. Il maresciallo in pensione, vestito con jeans e camicia sportiva, ha detto tra i denti: «C’hanno provato a metterci in mezzo sti st…». Poi, ai microfoni, ha dichiarato più diplomatico: «Oggi è uscita fuori la verità, lo abbiamo sempre detto che eravamo innocenti». La madre è scoppiata a piangere, ripetendo tra sé: «è finita». Il figlio, con gli occhiali da sole sulla testa e un laccio rosso con dei ciondoli legato a una mano a mo’ di portafortuna, per un attimo (ma solo per un attimo) è sembrato pensieroso e assente davanti alle congratulazioni di qualche conoscente presente in aula. Ma il peggio è arrivato dopo. Quando sono usciti dal Tribunale, i Mottola sono stati letteralmente inseguiti da una folla inferocita, composta anche da insospettabili signore e anziani, che urlava: «Assassini! Me…! Bastardi! Vegogna!». All’inizio non c’erano nemmeno i carabinieri a scortarli. Sono stati spintonati e insultati, solo gli avvocati facevano da scudo. Si sono dovuti rifugiare in un bar per scampare a un tentativo di linciaggio. Una ragazza ha detto: «Io studio giurisprudenza, ma dopo questa sentenza non credo più nella giustizia». Un altro uomo sui 50 ha urlato: «La certezza della pena dov’è? Vergognatevi voi e chi vi ha difeso. Hanno pure gioito questi st…». «È triste vivere in paese che non rispetta le sentenze e dover essere scortati dalle forze dell’ordine per fare una conferenza stampa», ha poi commentato l’avvocato Francesco Germani, storico difensore della famiglia Mottola. «Siamo feriti dalle calunnie – ha aggiunto Annamaria, la moglie di Mottola – Mi dispiace per Serena, se potessi prenderei io stessa l’assassino».

IL TESTE A SORPRESA

Forse la Procura aveva intuito, già prima della sentenza, che le sue accuse vacillavano. Ieri mattina, infatti, a sorpresa, il pm Beatrice Siravo aveva chiesto alla Corte d’assise di poter ascoltare il parrucchiere di Arce, Ramon Ionmi, che in risposta a un post su Facebook pubblicato dal criminologo Carmelo Lavorino, il 13 luglio scorso, aveva scritto di aver fatto le meches a Marco Mottola a maggio del 2001 e di avergli poi tagliato i capelli due giorni prima del funerale di Serena Mollicone. Ma i giudici, dopo essersi ritirati per deliberare sulla richiesta, l’hanno respinta ritenendo la testimonianza «non rilevante». Resta quindi senza un colpevole il brutale assassinio di Serena Mollicone, uccisa mentre frequentava l’ultimo anno del liceo socio-psico-pedagogico di Sora. Era una studentessa modello, suonava il clarinetto nella banda del paese. La madre era scomparsa per una grave malattia quando lei aveva 6 anni, il padre era un insegnante delle elementari che gestiva una cartolibreria nel paesino. Di questa famiglia devastata resta solo sua sorella Consuelo.

Denuncio pubblicamente tutte le persone che, dopo la GIUSTISSIMA sentenza di assoluzione, hanno aggredito verbalmente, fisicamente e psicologicamente la famiglia Mottola, gli avvocati, alcuni miei collaboratori e il sottoscritto, tanto che sono intervenute le Forze dell’Ordine.

Fra poco presenteremo un esposto-querela alla Procura di Cassino con la richiesta di individuare i responsabili e i loro mandanti e di punirli.

Questo è il risultato del clima d’odio creato ad arte dal COMITATO D’AFFARI DEL GIALLO DI ARCE e di qualche soggetto nemico della verità e del vivere civile.

Denuncio il tentativo di linciaggio e di giustizia sommaria.

Mi auguro che nel frattempo la Procura di Cassino, già al corrente dell’accaduto, stia acquisendo i filmati e le fotografie per agire.

Altresì denuncio gli insulti, le offese e le intimidazioni rivolte ai Giudici togati e popolari che hanno assolto i cinque imputati, ulteriore esempio del clima di intolleranza, di minaccia e di violenza creato ad arte. Prof. Carmelo Lavorino.

(di Valeria Di Corrado, Il Mattino – Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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