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'Se un uomo non ha il coraggio di difendere le proprie idee, o non valgono nulla le idee o non vale nulla l'uomo' (Ezra W.Pound)

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Autore: Raimondo Casaceli

Da senza dimora a educatore alla Caritas di Nola. Il riscatto di Salvatore

“Non è facile raccontarsi specie se la tua vita o gran parte di essa è stata un disastro. Non sono stato un buon figlio e neanche un buon padre”. Salvatore Ferrigno, 58 anni, napoletano nato nel cosiddetto “triangolo delle Bermude” ossia i quartieri San Giovanni, Barra e Ponticelli, note zone dello spaccio. Salvatore ha poi frequentato il paese di San Giuseppe Vesuviano. Ha una storia dolorosa alle spalle, che ha voluto condividere con i 660 delegati delle Caritas diocesane di tutta Italia riuniti in questi giorni a Salerno per il 43° Convegno nazionale. Dalla droga conosciuta ad 11 anni fino al carcere napoletano di Poggioreale, dove ha trascorso cinque anni, in periodi diversi. È stato denunciato dalla madre, in un tentativo disperato per cercare di sottrarlo ad ambienti pericolosi. Poi un paio di storie familiare andate male e un figlio che non vede da 22 anni. La perdita del lavoro e la caduta inesorabile: la strada. “Ho iniziato a dormire in macchina, non avevo più niente, neanche la forza per ricominciare”. Ha avuto però il coraggio di entrare alla mensa della Caritas diocesana di Nola+++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++. Lì è iniziato il suo cammino di rinascita.

“Da piccolo ho fatto a pezzi i miei sogni crescendo troppo in fretta e prendendo strade sbagliate

– racconta Salvatore -. Ho girato tanto, viaggiando da città a città, percorrendo chilometri e chilometri di asfalto dove spesso mi sono perso, ma non ho mai abbandonato il sogno di diventare un uomo normale. Sono stato giù all’inferno e quando dico inferno parlo di fuoco e di fiamme che hanno lasciato segni indelebili sul mio corpo ma più di tutto dentro di esso, dentro di me”.

Salvatore Ferrigno – foto. D. Angelelli/Caritas italiana

Quando è uscito dal carcere di Poggioreale la vita non è migliorata, tutt’altro: “Quando esci per la gente sei una sorta di virus infettivo da allontanare. Nessuno ti dà più fiducia”. Ha chiesto aiuto ai genitori e dopo la loro morte ha cercato di creare una famiglia. Un matrimonio, un figlio e poi la separazione. Una nuova compagna con quattro figli, ma anche questa storia, dopo sei anni di convivenza, è andata male.

“Con la perdita del lavoro ho perso di nuovo tutto: casa, famiglia e amicizie”.

Salvatore era diventato di fatto un senza fissa dimora. “Avevo perso ogni speranza, ero diventato come un morto che cammina. Ricordo quel giorno come se fosse ieri, quel mio camminare senza una meta, all’improvviso mi sono ritrovato sotto ad un portone, sono entrato, la porta era aperta, c’erano tante persone, era la mensa della Caritas”.

La Caritas di Nola inizialmente per lui era solo il luogo “dove danno il pacco viveri”. È stato accolto e rifocillato. Gli hanno dato un letto per dormire. Ha raccontato la sua vita agli operatori del Centro di ascolto.

“Da quel giorno ho deciso di ricominciare, di ritentare. Sono stato accolto in questa grande casa dove è iniziata per me una nuova vita.

Ed è così che ho iniziato a credere che non tutto era finito, che mi ero perso e che Dio mi avevo ritrovato”.

Salvatore si è impegnato ma non sono mancati momenti difficili. “Un momento forte è stato quando ho dovuto accogliere la mia ex compagna e i suoi figli nel nostro condominio solidale – ricorda -. Un giorno me li sono ritrovati sotto il portone, erano stati sfrattati. Mi trovavo davanti proprio le persone che mi avevano cacciato fuori tempo addietro. Non ero arrabbiato, mi sono sentito triste. Ho cercato di rincuorarli nonostante il male che mi avevano fatto e la ferita che ancora ho nel cuore. Ecco, in quel momento ho sentito che l’esperienza di accoglienza che stavo vivendo in Caritas mi aveva aiutato ad andare oltre”. Salvatore ha compreso che l’errore era servito a dargli una nuova opportunità ed ha iniziato a riprendere in mano la propria vita. “Mi sono sentito come a casa mia ed era tutto così nuovo, avevo trovato una nuova famiglia, fatta di colori diversi, di idee e opinioni altrettanto diverse, ma uniti da un unico amore, l’amore verso gli altri, l’amore di Dio. Ed è così che ho ripreso a sognare, con la sola differenza che questa volta non ero più da solo, insieme a me in questo nuovo viaggio avevo trovato amici nuovi”.

Ci sono voluti cinque anni per uscirne del tutto. Quando gli è stato annunciato che la sua permanenza in Caritas era terminata e doveva lasciare la struttura si è arrabbiato. Ha discusso con il suo educatore. “Mi dicevo: perché vogliono mandarmi via La mia era solo paura della normalità”. Poi ha capito che non era una espulsione o una punizione e si è fidato. Doveva diventare di nuovo protagonista della propria vita.

Ora Salvatore lavora come educatore alla pari a “Mondominio”, una struttura della Caritas di Nola a San Giuseppe Vesuviano: “Se venite a trovarmi vi offro una sfogliatella”. Ha preso in affitto una casa ed è membro dell’equipe della Caritas diocesana. “Cerco solo di restituire agli altri ciò che mi è stato donato. Cerco di mettere a frutto la mia esperienza a servizio di chi vive un momento brutto della propria vita”. “Mi piace pensare che la felicità non è uno stato di cose duraturo, ma un susseguirsi di attimi e che, se non ti riconosci in almeno uno di essi, non potrai mai dire di essere stato felice”, conclude.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

De Maria (Univ. Cattolica): “2030 traguardo fattibile. Ma non ci sarà una terapia per tutti i tumori”

Le speranze ci sono e riguardano in particolare la lotta al melanoma. La notizia che i vaccini a mRNA contro i tumori possano essere disponibili già nel 2030 ha regalato una scossa di entusiasmo. A indicare il traguardo è stato Paul Burton, lo chief medical officer della casa farmaceutica Moderna, la stessa che ha prodotto il vaccino anti Covid basandosi sulla tecnologia a mRNA, che in un’intervista al Guardian ha parlato della possibilità entro cinque anni di offrire dei trattamenti per “tutti i tipi di aree patologiche”. Per ora, Moderna svilupperà un vaccino a mRNA, terapeutico e personalizzato, contro il melanoma e per il quale l’Agenzia del farmaco europea (Ema) ha da poco concesso una procedura prioritaria. “Non è un caso che abbiano scelto il melanoma per ora perché è il tumore contro cui l’immunoterapia ha dato gli effetti maggiori”, suggerisce Ruggero De Maria, direttore dell’Istituto di Patologia Generale dell’Università Cattolica di Roma, vice direttore scientifico del Policlinico Gemelli e presidente di Alleanza contro il cancro, ossia la rete degli Istituti di ricerca a carattere scientifico oncologici. E specifica: “Quello che vedremo nei prossimi anni è un aumento significativo dell’efficacia delle immunoterapie, grazie alla combinazione dei vaccini con gli anticorpi terapeutici”.

Professore, gli studi sui vaccini contro i tumori sono una novità?
Non del tutto. I vaccini contro i tumori sono studiati da moltissimi anni, ma quelli a mRNA sono nuovi e hanno il vantaggio di essere più agevoli, versatili, cioè si possono manipolare e preparare più rapidamente e in maniera complessa. Anche il vaccino contro il Covid, sviluppato dalla BioNTech e distribuito dalla Pfizer, era basato su una tecnologia che era stata studiata per preparare dei vaccini contro il melanoma. In questo caso, invece di inserire l’mRNA degli antigeni tumorali, i ricercatori avevano messo l’mRNA della proteina spike del coronavirus.

Già a dicembre Moderna aveva presentato i primi risultati per il vaccino anti melanoma.
Moderna ha fatto un trial arrivato alla fase II in cui dimostra che i pazienti con melanoma metastatico operabile, una volta aggiunto il vaccino all’anticorpo che stimola i linfociti killer, registrano una riduzione del 44% del rischio di nuove metastasi. Sulla base dei risultati presentati, l’Agenzia del farmaco europea (Ema) ha permesso una sorta di procedura prioritaria che prevede anche l’affiancamento all’azienda per lo sviluppo regolatorio al fine di permettere che i benefici per i pazienti arrivino il più rapidamente possibile. Moderna e BioNTech, che stanno affinando la tecnologia e accorciato i tempi di preparazione, stanno programmando altri trial per curare altri tipi di tumore. Quello che vedremo nei prossimi anni è un aumento significativo dell’efficacia delle immunoterapie grazie alla combinazione dei vaccini con gli anticorpi terapeutici.

Entro il 2030 dovrebbero essere pronti dei vaccini contro altri tipi di tumore. Quali?
Non sono ancora noti ma possiamo dedurli. Potrebbe essere il tumore al polmone o alla mammella per i quali va ricordato che l’immunoterapia offre un effetto positivo ma spesso è temporaneo e non è allargato a tutti i pazienti. L’obiettivo sarà aumentare l’efficacia delle terapie per cui c’è già attività, ma ci sono anche grandi margini di miglioramento. Non è un caso che abbiano scelto in prima istanza il melanoma perché è il tumore contro cui la immunoterapia ha dato gli effetti maggiori.

Il 2030 è un traguardo fattibile?
Sì. Ma dobbiamo ricordare che non ci sarà per quella data una terapia per tutti i tumori. Ci sono dei percorsi da rispettare. L’aspetto regolatorio è molto importante e bisogna fare in modo che le terapie siano sicure ed efficaci per i pazienti. Per ora in base ai dati presentati non c’è molta differenza fra gli effetti collaterali fra l’anticorpo da solo e l’anticorpo abbinato al vaccino.

Secondo lei saranno cure accessibili a tutti?
Saranno cure costose, ma lo sono già le cure antitumorali applicate adesso. Le terapie sui pazienti con il melanoma inseriti in questo primo studio puntano a ridurre le recidive e hanno quindi come obiettivo quello di ottenere la guarigione. In questo caso si potrebbe addirittura abbattere i costi delle terapie immunologiche antitumorali che durano diversi anni.

Si parla anche di un vaccino anti infarto, cosa si sa al riguardo?
Sono stati fatti due trial, uno da Moderna e da Astrazeneca, usando un fattore di crescita delle cellule endoteliali per aumentare la vascolarizzazione. Si parlava di risultati promettenti ma credo che Astrazeneca abbia abbandonato il programma. C’è poi un trial con un mRNA che produce relaxina, una proteina vasodilatatrice che aumenta l’afflusso di sangue. Credo però siano studi che debbano provare l’efficacia. Un’altra possibilità è quella di modificare la risposta immunitaria per curare le malattie cardiovascolari ma ancora non ci sono evidenze cliniche sui vaccini.

La prevenzione non andrà comunque in vacanza
Quella mai. I vaccini allo studio sono terapeutici e non preventivi. Credo che valga sempre il detto: la prevenzione è la migliore cura!

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Residents of Khartoum grappling with fear, food shortages and bomb threats

After a fairly calm yet sleepless night, the army’s “heavy artillery shelling resumed” in Khartoum this morning, the Sudanese airspace was closed, as the death toll reached almost one hundred. “It appears that the paramilitary groups have lost control of several outposts in the area surrounding the capital, while the army units loyal to General Abdel Fattah al-Burhan have recaptured their air bases.” Father Diego Dalle Carbonare, a Comboni missionary who served in the Horn of Africa country for years, currently in Egypt, gave a first-hand account with constant updates on the conflict that has been raging in Sudan since last Saturday.

Violent race for power. Fr Dalle Carbonare, who has been in touch with his confreres in Khartoum, denounced an internal conflict between the army and paramilitary groups for the strategic control of Africa’s third largest country. The civil war that was expected already a year and a half ago, holding an entire people hostage, is being fought between the regular army loyal to General Abdel Fattah al-Burhan (head of head of Sudan’s transitional governing Sovereign Council), and RSF- Rapid Support Forces – paramilitary groups led by Mohamed Hamdan Degalo. “The population is divided between those who support the paramilitary groups, in the belief that the latter will eventually hand over the power to civilians, and those who maintain that all they want is to act in their own interests and seize control,” said Father Diego, pointing out that the paramilitary forces were originally mercenaries. At any rate, in the coming days, “we expect fighting to continue in and around the capital, with aerial bombing,” said Father Diego. “We are praying for the civilian population. Many areas were left with no electricity since Saturday, affecting drinking water and food supply.”

Risk of starvation. The Comboni priest pointed out that the East African region bordering Egypt to the north, Eritrea and Ethiopia to the east, is currently facing the year’s hottest season, “with maximum temperatures well above 40 degrees Celsius – exacerbating the suffering of the people who were left without food for the past two days.” Moreover, last Saturday, and until Sunday afternoon, two hundred pupils of the Comboni school (primary and secondary school run by the Comboni missionaries in Khartoum) – between the ages of six and 18 – were stuck in the basement of the building, “unable to go outside because there was gunfire all around, even in the area adjacent to the school.” Fortunately, on Sunday, came the good news: “our children managed to return to their homes, far from the city centre where the shootings were ongoing,” Father Diego explained.

A tragic outcome in the making. The missionary reassured us that his confreres are safe, at least for now, but the situation is fraught with uncertainty and changing rapidly. “We had feared this outcome for some time – he said – the clashes between the army and the paramilitary groups broke out a few days ago, but the tension was high since January 2022.” At exactly that time, between January and February 2022, the missionary told Popoli e Missione, “there were at least two or three protests a week and the military responded by blocking roads and bridges so as to block access to government buildings. It was the exacting resistance of Sudanese civil society against the military coup that ousted the legitimate premier, Abdalla Hamdok, on October 25, 2021. On October 25, 2021, the army seized Prime Minister Hamdok from his home and detained him at the residence of General Buran. They eventually arrested other ministers and attempted to form a new executive. Buran declared a state of emergency across the country while dissolving its transitional cabinet, plunging the country into utter chaos. The military had repeatedly attempted ‘secret’ negotiations with the minister held in captivity: weeks of waiting, anarchy and violence ensued nationwide. It should be noted that weapons supplied by European countries are circulating across the country. And that the destabilising situation in Sudan risks dragging in countries in the entire region. The international community has made appeals – unheeded so far – to put down their weapons, stop fighting and start negotiations for a ceasefire and for the restoration of democracy.

 

(*) “Popoli e Missione”

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Khartoum vive nel terrore, popolazione senza cibo e rischio bombardamenti

Dopo una notte relativamente calma ma insonne, a Khartoum stamani “l’artiglieria pesante dell’esercito ha ripreso a bombardare”, lo spazio aereo è stato chiuso e i morti sono quasi un centinaio. “Sembra che i paramilitari abbiano perso il controllo di diversi avamposti fuori dalla capitale, mentre l’esercito fedele al generale Abdel Fattah al-Burhan è tornato in possesso delle sue basi aeree”. A parlarcene, fornendo aggiornamenti costanti sul conflitto in corso da sabato scorso in Sudan, è padre Diego Dalle Carbonare, comboniano in missione da anni nel Paese del Corno d’Africa, ma al momento in Egitto.

Padre Diego Dalle Carbonare (Foto profilo FB)

Corsa violenza al potere. Padre Dalle Carbonare, in contatto con i confratelli a Khartoum, parla di un conflitto interno tra esercito e paramilitari per il controllo strategico del terzo Paese più grande d’Africa. Attesa e preannunciata da almeno un anno e mezzo, la guerra civile tiene in ostaggio un intero popolo, e si combatte tra l’esercito regolare fedele al generale Abdel Fattah al-Burhan (a capo del Consiglio Sovranazionale che guida il governo di transizione), e i paramilitari delle Rsf, le Rapid Support Forces, guidate da Mohamed Hamdan Degalo. “Il popolo è diviso tra chi sostiene i paramilitari, pensando che possano poi cedere il potere ai civili, e quanti ritengono invece che essi vogliano soltanto fare i propri interessi e prendersi tutto il potere”, spiega padre Diego, aggiungendo che i paramilitari sono nati come mercenari. In ogni caso nei prossimi giorni “ci si attende una prosecuzione degli scontri nella capitale, con bombardamenti aerei – dice padre Diego –. Preghiamo per la popolazione civile. Molte zone non hanno elettricità da sabato, con problemi di acqua e cibo”.

Si rischia anche la fame. Il comboniano fa notare che in questo momento nella regione dell’Africa orientale che confina con l’Egitto a nord, Eritrea ed Etiopia ad est, si è nel periodo più caldo dell’anno: “con temperature massime ben al di sopra dei 40 gradi, circostanza che acuisce la sofferenza della popolazione senza cibo da due giorni”. Sabato scorso e fino a domenica pomeriggio, inoltre, duecento studenti tra i sei e 18 anni del Comboni college (la scuola primaria e secondaria gestita dai comboniani a Khartoum), erano rimasti nel seminterrato dell’edificio, “impossibilitati ad uscire perché si sparava ovunque, anche nella zona adiacente alla scuola”. Poi domenica fortunatamente la buona notizia: “i nostri ragazzi sono riusciti a dirigersi verso le loro case, lontane dal centro città dove si continua a sparare”, spiega padre Diego.

Epilogo annunciato. Il missionario assicura che i padri suoi confratelli sono in salvo, almeno per ora, ma la situazione è molto fluida e in rapida evoluzione. “Temevamo da tempo questo epilogo – spiega –; l’esercito e i paramilitari hanno cominciato a farsi la guerra da pochi giorni ma c’è una forte tensione da gennaio del 2022”. Esattamente in quel periodo, tra gennaio e febbraio del 2022, il missionario raccontava a Popoli e Missione: “ci sono almeno due o tre manifestazioni a settimana e i militari rispondono bloccando strade e ponti, affinché la gente non raggiunga i palazzi del potere”. Era la sfiancante resistenza della società civile sudanese contro il golpe militare che il 25 ottobre 2021 aveva deposto il premier legittimo, Abdalla Hamdok. I militari il 25 ottobre del 2021 avevano prelevato dalla sua abitazione il primo ministro Hamdok, portandolo nella residenza del generale Buran. Poi avevano arrestato altri ministri e tentato di formare un nuovo esecutivo. Buran aveva dichiarato lo stato di emergenza e sciolto il governo di transizione, gettando il Paese nel caos più totale. I militari avevano più volte tentato di negoziare “segretamente” col ministro tenuto in cattività: sono state settimane di attesa, anarchia e violenza in tutto il Paese. Va fra l’altro notato che nel Paese circolano armi fornite anche dai Paesi europei. E che la destabilizzante situazione del Sudan rischia di coinvolgere gli Stati dell’intera regione. Dalla Comunità internazionale arrivano appelli – finora inascoltati – ad abbandonare le armi e a intavolare negoziati per la tregua e la ricostruzione della democrazia.

(*) “Popoli e Missione”

 

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

ACI News. Gallerie poco sicure: 595 incidenti con 18 morti e 901 feriti nel 2021

Sticchi Damiani (ACI): “In galleria deve aumentare la prudenza perché le operazioni di soccorso sono molto più complesse.

Inoltre, servono più informazioni sullo stato delle strade, più investimenti per la sicurezza e una semplificazione normativa”.

Gli incidenti stradali in galleria, sebbene numericamente inferiori a quelli che avvengono all’aperto, registrano il più alto tasso di mortalità. In galleria aumenta, infatti, del 50% la pericolosità degli incidenti: i sinistri risultano più gravi a causa della mancanza di adeguati spazi di fuga, oltre che per la criticità gestionale delle emergenze. È quanto emerso oggi durante l’evento “Incidenti in galleria. La risposta dello Stato”, che si è svolto presso l’Istituto Superiore Antincendi, con la collaborazione istituzionale dell’ACI e nel corso del quale è stato fatto il punto sui sistemi di sicurezza, prevenzione e monitoraggio.

Nel 2021 si sono verificati 595 incidenti stradali in galleria rispetto ai 151.875 incidenti totali registrati in Italia nello stesso anno. Di questi 114 sono avvenuti in gallerie autostradali, 272 in quelle urbane e 209 nelle extraurbane, 18 il numero di morti in galleria a fronte di 2.875 decessi sulle strade italiane, 901 i feriti totali in galleria, 359 in quelle urbane, 197 nelle autostradali e 345 su extraurbane. Il tasso di mortalità in galleria, pertanto, è stato pari al 3% contro l’1,9% totale: è, quindi, evidente il maggiore rischio.

La sicurezza sulle strade, e in galleria in particolare, è un tema che ha sempre visto impegnato l’Automobile Club d’Italia” – ha affermato Angelo Sticchi Damiani, presidente ACI, intervenendo al convegno al quale hanno partecipato le Istituzioni competenti e tecnici esperti della materia. In galleria è richiesta la massima attenzione proprio perché sono più difficili le operazioni di soccorso. Dai dati si evince, infatti, che gli incidenti sono dovuti soprattutto a errori umani, in primis la distrazione”.

Sul fronte della prevenzione, in collaborazione con altri Automobile Club europei sono stati eseguiti dei test di sicurezza su gallerie della rete TEN – Trans-europea, la metà delle quali situate proprio nel nostro Paese. Nell’ambito del programma EuroTAP (Euro Tunnel Assessment Programme), sono state evidenziate carenze significative in tema di sicurezza. Il programma aveva, inoltre, l’obiettivo di fornire consigli agli automobilisti sui comportamenti da osservare nelle condizioni di emergenza.

(Rubrica a cura del direttore Marino PerrettaFonte: CasertaSette Blog – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Filosofia. Cicchese (Adif): “L’autoreferenzialità non è la soluzione, la sinergia è la nostra forza motrice”

La tre giorni del convegno “Identità e relazione: sguardi concentrici sulla persona”, promosso dall’Associazione docenti italiani di filosofia (Adif) per il 50° di fondazione, si chiude questa mattina, 15 aprile, con un bilancio “più che positivo”. A tracciarlo è padre Gennaro Cicchese, sacerdote dei Missionari oblati di Maria Immacolata, dal 2016 presidente nazionale di Adif, nata da un’intuizione di Gustavo Bontadini, filosofo italiano e docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Il sacerdote si dice “contento” dello svolgimento dell’assise congressuale svoltasi nell’aula Volpi del Dipartimento di Scienze della formazione dell’Università Roma Tre.

Tre giornate “molto positive”, sia per il clima creatosi, sia per la notevole partecipazione di pubblico tanto in termini numerici quanto di interesse espresso durante i dibattiti e i tre laboratori di approfondimento svoltisi venerdì pomeriggio.

Punti di forza dell’incontro sono stati “il livello accademico molto alto dei relatori, la familiarità tra i professori, la vicinanza e l’interazione con gli studenti e i docenti in sala. Nel convegno – ha sottolineato padre Cicchese – si è pienamente realizzata quell’idea di sinergia che è la forza motrice dell’associazione” che quest’anno festeggia il suo giubileo.

Nata per mettersi a servizio dei docenti di filosofia di tutta Italia, per sostenerli, prepararli all’insegnamento e guidarli nell’approfondimento delle materie, il ruolo riconosciuto oggi all’Adif è quello di “fare da collante con le istituzioni accademiche, con le scuole superiori e con gli studenti”.

Un compito che gli oltre cento associati, “zoccolo duro” dell’Adif, svolgono anche grazie alla rivista “Per la filosofia – Filosofia e insegnamento”. Si tratta, aggiunge padre Gennaro, di un “importante strumento di arricchimento contenutistico e aggiornamento metodologico-didattico rivolto ai docenti di filosofia e che viene distribuito in tante biblioteche, scuole, università e istituzioni accademiche”. Oggi, in ambito accademico, all’associazione “viene riconosciuta questa capacità sinergica e di interazione con tutte le realtà. Una capacità che si è maggiormente concretizzata in queste giornate”, ha proseguito il presidente Cicchese per il quale il convegno è stato anche un “importante momento di sinodalità”. Al tavolo dei relatori si sono alternati esponenti del mondo ecclesiastico come il card. José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione, vari accademici ed esperti di comunicazione come Andrea Monda e Marco Tarquinio, direttori rispettivamente de L’Osservatore Romano e di Avvenire. Fin dalle prime battute dell’evento – organizzato in sinergia con l’Università degli studi Roma Tre e patrocinato da diverse Università e associazioni filosofiche e culturali – è emerso che “insieme è più bello” e che “l’autoreferenzialità” è una strada da abbandonare, ha detto il sacerdote sintetizzando la tre giorni che ha visto al centro una riflessione filosofica, teologica, sociologica sull’uomo, sulla persona nella sua globalità. “Sicuramente l’autoreferenzialità non è la soluzione – le parole di padre Cicchese –, la soluzione è l’apertura, la disponibilità, l’accoglienza dell’altro. Non è un caso che anche la metafisica si apre alla relazione. Bisogna accogliere a tutto tondo,

l’impegno filosofico ci invita a pensare l’altro non come altro ‘da’ me, ma ‘di’ me, vale a dire che il mio prossimo, la persona che ho di fronte, è un altro me. Quando neghiamo l’altro ci esponiamo ad essere negati dagli altri”.

Facendo un breve accenno sul fenomeno migratorio e sullo stato di emergenza varato dal Consiglio dei ministri per i prossimi sei mesi sul territorio nazionale in seguito all’incremento degli sbarchi in Italia, padre Cicchese ha affermato che “bisogna trovare soluzioni pratiche e politiche tenendo ben presente che l’equilibrio del mondo è cambiato. Le guerre, gli attacchi, le forzature, i conflitti e gli interessi che prevalgono sulle persone hanno creato squilibri in tanti Paesi come la Siria, la Libia, l’Iraq. Chi fugge dalla propria terra conosce bene i rischi che corre ma lo fa perché dove vive non ha una vita. In un discorso ideale, che deve diventare anche pratico, bisogna comprendere che

se neghiamo l’altro neghiamo l’umanità di noi stessi”.

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Aspettando che torni la colomba

La Pasqua, nelle stucchevoli cartoline d’un tempo, veniva rappresentata come una colomba con il ramoscello d’olivo tra il becco. Immagine proveniente dalla Ge- nesi: Noè alla fine del diluvio la mandò fuori dall’arca per capire se le acque si fossero riti- rate, se il pericolo fosse davvero passato. Lo fece due volte: la prima non andò a buon fine ma la seconda sì. Come vorremmo che così fosse anche per la guerra in corso e che, no- nostante i tentavi finora falliti, una trattativa seria e convinta della necessità urgente della fine del conflitto potesse nuovamente far vo- lare la colomba della pace sulla nostra Euro- pa e non solo.

Sono questi i giorni in cui si ricorda anche il sessantesimo anniversario della Pacem in ter- ris, scritta dal papa santo Giovanni XXIII. Un’enciclica che celebrò quello che, prima del 24 febbraio 2022, era stato il momento più cri- tico del secondo dopoguerra, quando per la crisi di Cuba la minaccia nucleare si era fatta tanto reale da indurre il papa ad un estremo appello, allora fortunatamente accolto da Kennedy e da Kruscev. Le navi cariche di mis- sili nucleari rientrarono e, salvati da una fine più che annunciata, gli uomini si sentirono spronati a quell’impegno permanente alla pa- ce e alla fratellanza che l’enciclica suggeriva. Un testo così potente da essere definito da Giorgio La Pira il “manifesto del mondo nuo- vo”; un testo a cui lavorò anche il trevigiano mons. Pietro Pavan, rettore della Pontificia Università Lateranense, che il papa volle co- me consulente.

La Pacem in terris sostiene la necessità e l’ur- genza di un cambio di passo, invita all’ab- bandono del modello di pace armata che na- sce dall’equilibrio tra potenze in continua rin- corsa agli armamenti, anche nucleari, ed espone gli uomini “all’incubo di un uragano che potrebbe scatenarsi ad ogni istante con una travolgenza inimmaginabile” (59). Il pa- pa constatava che “giustizia, saggezza ed umanità domandano” che si ponga fine alla folle corsa e che si riducano “simultanea- mente e reciprocamente gli armamenti già esistenti” (auspicio concretizzato nel trattato di non proliferazione nucleare che Usa, Re- gno Unito e Unione Sovietica sottoscrissero il 1° luglio 1968 ma che la guerra in corso sem- bra aver reso vano col succedersi delle mi- nacce russe).

Papa Giovanni definiva la pace: “Un obiettivo reclamato dalla ragione… un obiettivo desi- deratissimo… un obiettivo della più alta uti- lità… l’anelito più profondo dell’intera fami- glia umana” (62). Come dargli torto?

Certo il disegno da lui indicato necessita di uomini capaci di portarlo nel mondo, di dar- gli modi, metodi, parole e fatti, capaci di so- stenerlo con una volontà instancabile che agli occhi dei più rischia d’apparire illusione e bo- nomìa. Ma non è raro che così si giudichino i profeti. Tanto è vero che anche papa France- sco, instancabile difensore della pace ad ogni angelus domenicale – Pasqua compresa -, nel Messaggio per la prossima Giornata delle co- municazioni sociali (domenica 21 maggio) ha voluto ribadire la necessità di simili uomini: “Abbiamo bisogno – scrive – di comunicatori disponibili a dialogare, coinvolti nel favorire un disarmo integrale e impegnati a smontare la psicosi bellica che si annida nei nostri cuo- ri”. A quasi quattordici mesi di diluvio di armi e di morti, auguriamoci di vedere tornare a noi la colomba con il ramo d’olivo nel becco

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El Salvador, mired in repression and suspended rights. Card. Rosa Chávez: “No dialogue with the government, the exception became the rule”

Does the crackdown on criminal activity in the country of the Maras – the violent criminal gangs operating at international level – justify the suspension of fundamental democratic rights and detention without charge of thousands of young people? It does for the majority of the population of El Salvador. It does not in the opinion of numerous civil society organisations and the Salvadoran Catholic Church. This past 27 March, a peculiar anniversary was ‘celebrated’ in the country: namely, the institution of the State of Exception, twelve months ago, (although the Constitution stipulates a one-month limit) by controversial President Najib Bukele who negotiated “under-the-counter” agreements with the Maras and Pandillas criminal gangs to stem the tide of murders, and who declared war against criminal groups.

Restrictions on human rights. Measures that restrict freedoms of peaceful assembly and association have been in place for more than a year, inviolability of correspondence and telecommunications rights have been abolished, guarantees to exercise defence rights have been denied. The government likewise imposed indefinite detention, arrest without an order of a magistrate, and it can take 72 hours for a person under arrest to find out what he is being charged with.

Over one hundred inmates have died in the country’s prisons in the past few months, in circumstances yet to be determined. Two per cent of the Salvadoran population is in prison, mostly young people. By way of comparison, this figure is twenty times higher compared to the Italian situation. Moreover, it’s the highest in the world.

President Bukele enjoys a high approval rate, also thanks to his ‘iron fist’ against criminal groups. The Academic Institute for Public Opinion (‘IUDOP’) of the ‘José Simeón Cañas’ University of Central America, conducted a comprehensive survey among the Salvadoran population one year after the institution of the State of Exception. The findings suggest a widespread degree of ignorance, since roughly three out of four citizens are unaware of the suspension of certain rights. Respondents approved the government provision with a flattering vote (7.92 out of a maximum of 10). The greatest endorsement rate was found among respondents with the lowest level of education and among the rural population.

The ‘price’ of security. Contacted by SIR in San Salvador where he is based, Card. Gregorio Rosa Chávez, auxiliary bishop emeritus of the archdiocese and former secretary of the martyred Archbishop Oscar Romero, gave an extremely critical opinion. “The IUDOP survey is serious and upsetting. In practical terms, people are hardly aware of what the State of Exception entails, they are not informed and they do not realise that the rule of law is at stake. In fact, freedoms are being suppressed in the name of security, the rationale being that this is the price for citizens’ serenity.” The cardinal, a critical conscience in the country, whose views are held in high regard by the population, spoke out against the government’s measures at a highly solemn moment last March 24, during the Mass marking the anniversary of the martyrdom of Archbishop Romero. On that occasion the Cardinal posed the same questions that had been asked by the Saint Archbishop, namely: “How can you sleep peacefully, knowing that the exception has become the rule, that is, the norm? How can you accept as normal the fact that people who suffer cannot express themselves publicly? How can you consider it normal that all avenues for dialogue are being barred?” Referring to the situation in prisons, he added: “I like to picture the Pope suddenly arriving in El Salvador and asking to visit Mariona or Tecoluca (the names of the main prisons, Ed.’s note), it would be interesting, it is worth dreaming.”

The homily’s words of denunciation ring true: “There is no rule of law in the country right now, nor is there a judicial system that would ensure a fair trial. Granted, the government continues to enjoy a high level of popularity. People are just concerned about being safe in their homes. In the meantime, young people living in at-risk areas, in areas of vulnerability, are being put in prison, without a specific reason for their detention, their sole fault is if they come from areas where the Pandillas, the criminal gangs, are actively operating.” A solution to the quagmire the country plunged into is hard to find: “Education is key. However, for now, there is no dialogue with the government, not even on the part of the Church. Questions on ‘habeas corpus’ – to know the charges brought against persons arrested – remain unanswered. Under the existing laws, any pretext is good to arrest someone, whoever is under suspicion. This in turn makes prevention and human promotion initiatives difficult to implement – given the risk of being imprisoned.”

The Church’s concern for young people. While the situation in the capital and its hinterland is characterised by this iron fist, the situation in the suburban or mountainous areas is not much different either. Monsignor Oswaldo Escobar Aguilar, bishop of Chalatelango, remarked: “Under our Constitution, the State of Exception can last for a month, but it has been in effect for a whole year. The government’s sole intervention is repression, with no room for other options. The result is that young people are leaving, as we have seen in a frontier diocese: criminal delinquency, the economic crisis, and now the risk of being arrested for no reason… Increasing numbers of people are emigrating, with 300,000 Salvadorans having emigrated over the past few years.”  The Church, in synergy with civil society – however fragile – is doing its utmost to foster youth empowerment: “We have implemented seven projects in the diocese, ranging from farming to incentives for entrepreneurship, including through microcredit. We try to provide stable jobs, as opposed to informal employment, which is growing. But young people are attracted by the mirage of an easy life in the United States, they see luxury, large houses… Here they are left with uncertainties.” In contrast, the Church, and not only, has a hard time trying to reintegrate into society young people implicated in criminal gangs, especially in the Maras, the most organised and widespread of these groups: “They are virtually mafia-like groups, extremely powerful. There have been a few attempts, but only sporadic. The ringleaders of these criminal groups kill whoever tries to thwart their plans.”

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

ACI News: in Italia un patrimonio da 4,3 milioni di auto storiche per 104 miliardi di euro

Il motorismo storico in Italia: primo rapporto sul mondo delle auto storiche.

 

Rapporto ACI: su 40,2 milioni di auto in circolazione, 10 milioni hanno più di 20 anni.

Le auto storiche sono 4,3 milioni (43,9% delle “over 20”) di cui 388mila nella lista di salvaguardia ACI.

Nel complesso, il patrimonio delle auto storiche è stimato in circa 104 miliardi di euro.

Sticchi Damiani (ACI): “Serve normativa nazionale che distingua le auto storiche da quelle vecchie.
Le prime rappresentano un patrimonio dell’ingegno umano, del design e della tecnica e vanno salvaguardate, le seconde, invece – che vengono usate tutti i giorni – sono insicure e inquinanti e devono essere sostituite.
Il primo Rapporto sul motorismo storico conferma la necessità di regole che tutelino il valore storico delle automobili, consentano alle Amministrazioni comunali di sapere, con certezza, a quali auto consentire e a quali negare l’accesso ai centri storici, e favoriscano il rinnovamento di un parco circolante vetusto, in linea con le politiche europee per la transizione ecologica”.
Su 40,2 milioni di auto in circolazione, 10 milioni hanno più di 20 anni d’età. 5,9 milioni sono auto che hanno un’età compresa tra 20 e 29 anni, di cui la “Lista di Salvaguardia” ACI ne riconosce – per qualità, specifiche tecniche e di design- soltanto 388mila: il 7%. Sommando alle 388mila della Lista ACI i 3,9 milioni di auto “over 30” – auto che la normativa considera, automaticamente, auto storiche – il totale delle auto di valore storico e collezionistico raggiunge i 4,3 milioni di unità.
Con un valore medio per auto pari a 24.200 euro, il patrimonio complessivo delle auto storiche sfiora i 104 miliardi di euro (il 5,4% del PIL) ed è distribuito per il 57% nelle Regioni del Nord Italia, per il 27% in quelle del Centro e per il 16% nel Sud e nelle Isole.

(rubrica a cura del direttore Marino Perretta – Fonte: CasertaSette Blog – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Migrants and refugees. Centro Astalli, “Italy has not learned from experience with Ukrainians and fails to move beyond the emergency approach”

The number of people forced to flee their homes surpassed 100 million this year for the first time, but only a small fraction sought a better life in Europe. A total of 105,129 migrants arrived in Italy by sea, including 13,386 unaccompanied minors. At the end of the year, 107,677 migrants were included in the reception network. An additional 170,000 arrived from Ukraine, only 20% of whom were hosted in reception facilities; the majority were taken in by family members and fellow nationals. However, the positive experience of the Ukrainian refugees – who benefited from temporary protection, financial support and the possibility of entering the labour market immediately – has not been replicated for all the other refugees arriving via the Mediterranean or the Balkan route: Afghans, Syrians, Somalis, Nigerians, also fleeing armed conflicts.

“Taking in refugees in a humane manner is possible”, but it is “a lesson that Italy refuses to learn”:

“It failed to capitalise on the Ukrainian experience and to move beyond the emergency rationale.” In fact, “there appeared to be two parallel paths: one for the Ukrainians and one for everyone else, while in actual fact these are people facing the same plight” – reads the 2023 Annual Report released by the Jesuit Refugee Service in Italy ‘Centro Astalli’, presented today in Rome, in the presence of Cardinal Matteo Maria Zuppi, Archbishop of Bologna and President of the Italian Bishops’ Conference.

“The first steps of the new government, after yet another tug-of-war that took place while the refugees were on the vessels awaiting a safe port,” says Centro Astalli,

were focused on a renewed effort against the NGOs involved in rescue at sea.

Nor did the victims of the shipwreck in Cutro give rise to humane responses from political leaders, despite the fact that civil society had vigorously requested a different course of action.”

As many as 18,000 persons benefited from the 8 organisations that form part of the Centro Astalli network in 2022, 10,000 of them in Rome. There were over 700 volunteer workers, with 46,313 distributed meals, and meetings with a total of 27,855 students in the framework of educational projects on the right to asylum and inter-religious dialogue, carried out in 18 Italian cities.

Centro Astalli runs special Reception Centres (in Trento, Vicenza, Padua) as well as centres under the Reception and Integration Service – SAI (in Bologna, Palermo, Rome, Trento), which housed a total of only 33,848 persons at the end of 2022. The report suggests that the SAI network should be “extended and invested in, in order to guarantee effective integration support for all, in accordance with national standards.” Many religious congregations in Rome, Trento, Vicenza and Padua have opened their doors to accommodate the refugees.

On a total of 1,308 people taken in by the Centro Astalli network, 240 refugees were integrated into  community-based semi-independent programmes in cooperation with religious congregations,

where co-housing arrangements involving university students from refugee backgrounds and Italian university students were successfully implemented.

The vulnerability of refugees is growing. The Report shows an increase in the physical and psychological vulnerability of refugees, caused by violence and torture in their countries of origin and transit (Libya and the Balkans): 50% of the persons accommodated in the Centro Astalli centres in Rome suffer from these conditions. Many residents have serious pathologies. For this reason, the Jesuit service calls for “new ways of reception and care that will envisage customised programmes and time frames, including specialised professional staff.”

Housing emergency and cost of living. As for the weaker segments of the population, resettled refugees find it hard to obtain affordable housing and pay utility bills due to the rising cost of living. “Refugees with stable job contracts and advanced integration processes face the lack of affordable housing, unless they turn to straitjacket contracts, illegal lodgings, sublets or makeshift solutions.” From Trento to Catania, from Bologna to Palermo, the cry of alarm is the same:

“Refugees in Italy still have no right to housing”,

underlines the report. Families and unaccompanied women with children (one third of the refugees assisted by the social accompaniment service in Rome) have suffered the most from the negative impact of the economic crisis, as have refugees applying for family reunification: “At the end of long and costly procedures, the reunited families are left alone to face a new situation, with available tools.”

Italian bureaucracy and digital divide. In order to access international protection and integration paths, migrants and asylum seekers in Italy face considerable obstacles and bureaucratic hurdles. A third of the Centro Astalli’s users of low-threshold services fall into the “pending residence permit” category. In 2022, thanks to the support of the Apostolic Almsgiving Office, Centro Astalli allocated funds to pay the fees related to the issuance of residence permits and travel documents for 586 identified refugees. Those who lost their jobs also faced difficulties in obtaining a valid residence address – a precondition for social entitlements and integration pathways. Moreover,

the digitalisation of numerous public and private service platforms is causing a digital divide that risks increasing social inequalities and marginalisation.

Centro Astalli noted that the voluntary sector cannot coordinate social inclusion and job integration processes alone: what is needed is “a governmental regulatory body tasked with developing accessible and practical solutions.” Even the National Integration Plan drawn up by the Asylum and Immigration Panel last year, “to date, has been to no avail.”

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Abandoned newborn Aeneas; baby girl born in a warehouse on the outskirts of Milan. May the whole of society become a great cradle of life

Newborn Aeneas, left by his mother at Milan’s Mangianalli Polyclinic ‘Cradle for Life’ a few days ago, has been attracting loving, passionate and prolonged attention. Another baby girl born in a warehouse in the Milan suburb of Quarto Oggiaro, was abandoned by her mother after the latter had made sure that the baby, still nameless, had received all the appropriate care. These both tragic and beautiful stories, evoke the astonishment enshrined in the renowned Talmud verses: “Whoever saves a single life saves the whole world”, while simultaneously serving as a reminder that each “child, born or not yet born, was created for one great thing: to love and be loved”. When reflecting on these two beautiful messages, one realises with shock how tragically different Aeneas’s fate might have been had that cradle not been there.

The cradles are a blessing, because they show that it is possible to go from loneliness to togetherness, from despair to hope: “If you, mother, are unable or cannot cope, we will take care of your baby. Do not fear. Your newborn child is precious to us. He or she will be welcomed and loved!”

This is the meaning of the Cradles. Goodness knows what the mothers of these little ones have been through, or what drove them to part with their babies. Who knows the conditions under which they gave birth and why they did not give birth anonymously. The one sure fact is that they loved their children: they brought them into the world. Aeneas’ mother has given him a name, and left a note near him saying “my mother loves me but she cannot take care of me.” The mother from Quarto Oggiaro, while allowing her identification, refused to recognise her newborn baby girl. Still, neither case was a ‘child abandonment’. However dramatic, theirs were not acts of ‘refusal’ but of ‘reliance’, of trust in other people’s solidarity, a request for protection and care. “Cradles for life. Happy to be born” is Rosa Rao’s new book, published by the Pro-Life Movement. This thoroughly researched volume chronicles the story of Cradles – a modern version of what were once the so-called ‘Foundling wheels’ – with updated numbers and data. For example, it reports that the Cradles, found in various sites in Italy, have welcomed 13 newborn babies to date.

But the importance of the Cradles extends beyond the numbers. Their very presence, their silent visibility, symbolises hope and acceptance, they represent society’s welcoming embrace, and have probably given mothers the courage to accept their babies in their wombs.

The Cradles, these monuments to life, serve as a reminder to reflect on the multitude of children who are denied birth! Children that society does not want to see, discarded in the name of spurious rights and a tainted idea of freedom. Yet society exists also for them and for their mothers. These unborn babies “are children of the whole of society. Their killing in huge numbers, with the endorsement of States, is a serious problem that undermines the foundations of the construction of justice, compromising the proper solution of any other human and social issue.” (Pope Francis, February 2, 2019). Aeneas and all the other newborns who, like him, were placed in their cradles, were they not – in their unrepeatable uniqueness – in their mother’s womb just a few hours earlier? And, a long time before, were they not the same ones whose existence began in that big bang called conception? The Cradle for Life is a silent plea for the whole of society to become one big cradle of life also prior to birth. Life Help Centres, “SOS Vita”, the Gemma Project, and the Shelter Homes have paved the way, and they keep it wide open. It would be a beautiful thing if the whole of society, including the world of politics, were to follow this path, to ensure that the caring, passionate and prolonged attention rightly poured out to baby Aeneas today may become a welcoming gaze permanently directed towards unborn children and their mothers.

 

(*) President of Italy’s Pro-Life Movement

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Enea abbandonato a Milano e la bimba di Quarto Oggiaro: tutta la società diventi una grande culla della vita

C’è un’amorevole, vivace e prolungata attenzione in questi giorni sul piccolo Enea, appena nato, deposto dalla madre nella culla per la vita della clinica Mangiagalli. Da ieri poi a Enea si è unita una bimba nata in un capannone di Quarto Oggiaro, quartiere periferico di Milano, e poi abbandonata dalla mamma dopo essersi assicurata che la piccola, ancora senza nome, avesse ricevuto tutte le cure del caso. Storie drammatiche e belle al tempo stesso, che sembrano sprigionare lo stupore racchiuso nel celebre verso del Talmud: “Chi salva una vita salva il mondo intero” e, nello stesso tempo, ricorda a tutti che ogni “bambino nato o non ancora nato è stato creato per una grande cosa: amare ed essere amato”. Due straordinari messaggi che fanno sobbalzare al solo pensiero di come avrebbe potuto essere tragicamente diversa la sorte di Enea se quella culla non ci fosse stata.

Le culle sono una benedizione, perché dicono che si può passare dalla solitudine alla condivisione, dalla disperazione alla speranza: “Se tu, mamma, non ce la fai o non puoi, pensiamo noi al tuo bimbo o alla tua bimba. Non temere. Il tuo piccolo è prezioso per noi. Sarà accolto e amato!”.

Questo dicono le culle. Chissà cosa hanno vissuto le mamme di questi piccoli! Chissà cosa le ha spinte a separarsi dalle loro creature. Chissà come hanno partorito e perché non hanno fatto ricorso al parto in anonimato. È certo però che hanno voluto bene ai loro figli: li hanno dati alla luce. La mamma di Enea gli ha dato un nome, ha lasciato accanto a lui un biglietto “la mamma mi ama, ma non può occuparsi di me”. Quella di Quarto Oggiaro pur lasciandosi identificare non l’ha riconosciuta. In entrambi i casi non è stato comunque un “abbandono”. Nei loro gesti, seppur estremi, non “rifiuto” ma  “affidamento”, fiducia nella solidarietà di altri, richiesta di protezione e cura. “Le culle per la vita. Felici di essere nati” è la nuova edizione del libro di Rosa Rao, ora in stampa a cura del Movimento per la Vita. Un testo documentato che racconta la storia delle culle, versione moderna delle antiche “ruote”, e aggiorna numeri e dati. Per esempio, risulta, che le culle, presenti in vari luoghi d’Italia, hanno ospitato ad oggi 13 neonati.

Ma l’importanza delle culle va oltre i numeri: per il fatto stesso di esserci con la loro silenziosa visibilità parlano di speranza e accoglienza, simboleggiano le braccia aperte della società e per questo hanno probabilmente rafforzato il coraggio delle madri all’accoglienza dei figli in grembo.

Le culle, questi monumenti alla vita, sono anche un monito che invita a pensare e a riflettere su quella moltitudine di bambini ai quali viene impedito di nascere! Bambini che la società non vuole vedere, scartati in nome di falsi diritti e di un’idea corrotta di libertà. Eppure la società esiste anche per loro e per le loro mamme. Anche questi bambini non nati, anche loro, “sono figli di tutta la società, e la loro uccisione in numero enorme, con l’avallo degli Stati, costituisce un grave problema che mina alle basi la costruzione della giustizia, compromettendo la corretta soluzione di ogni altra questione umana e sociale” (Papa Francesco, 2 febbraio 2019). Enea e tutti gli altri neonati che come lui sono stati messi nelle culle, non erano – nella loro irripetibile unicità – forse gli stessi che poche ore prima si trovavano nel seno della mamma E, andando ancor più a ritroso, non erano forse gli stessi che hanno iniziato ad esistere in quel big bang chiamato concepimento? La culla per la vita invoca con il suo silenzioso linguaggio che tutta la società diventi una grande culla della vita anche prima della nascita. I Centri di Aiuto alla Vita, SOS Vita, Progetto Gemma, le Case di Accoglienza hanno aperto la strada e la tengono aperta. Come sarebbe bello se su questa strada camminasse tutta la società compresa la politica, affinché l’amorevole, vivace e prolungata attenzione oggi riversata giustamente verso il piccolo Enea diventi accogliente sguardo permanente di tutti rivolto anche ai bambini non nati e alle loro mamme.

(*) presidente del Movimento per la Vita italiano

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

RnS. Contaldo: “Cuore, mani e piedi per servire il Signore e la Chiesa nelle sfide di oggi”

“Un incarico inaspettato, era previsto che potessi essere in un ruolo apicale del Movimento, ma non pensavo il presidente, la volontà di Dio mi ha sorpreso. Di fronte a questo grande impegno che il Signore mi chiede mi sento piccolo”. Con semplicità e umiltà, il nuovo presidente di Rinnovamento nello Spirito Santo (RnS), Giuseppe Contaldo, racconta al Sir i sentimenti che prova di fronte al nuovo servizio a cui è stato chiamato. Infatti, è stato eletto durante l’Assemblea nazionale a Sacrofano (24-26 marzo), per il rinnovo degli organismi pastorali di servizio del livello nazionale, succedendo a Salvatore Martinez, alla guida del Movimento dal 1997. Nato a Pagani (provincia di Salerno e diocesi di Nocera Inferiore-Sarno) il 6 luglio 1970, nel 1986 ha ricevuto la preghiera di effusione. È componente della Consulta delle aggregazioni laicali e del Forum regionale delle famiglie della Campania. Segretario della Consulta diocesana delle aggregazioni laicali della diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, nel 2021 è stato nominato notaio aggiunto del Tribunale per le cause dei santi della stessa diocesi. È stato coordinatore di RnS per la diocesi di Nocera Inferiore-Sarno dal 2005 al 2010 e, dal 2015, è stato il coordinatore regionale della Campania, dove “c’è una vivace realtà carismatica con 220 gruppi”. È dirigente di risorse umane presso aziende di rilievo nazionale con un elevato numero di dipendenti (300/500) e consulente abilitato iscritto presso l’Ordine dei consulenti del lavoro di Salerno.

(Foto Paolo Zunino e Antonella Di Coste)

Come è iniziato il suo cammino con RnS?

Mi sono avvicinato all’esperienza di RnS a livello parrocchiale nel 1986, da adolescente, grazie a un padre redentorista presso la basilica di Sant’Alfonso Maria de Liguori a Pagani. Per diversi anni sono stato responsabile dei giovani nella mia comunità. Successivamente sono stato eletto coordinatore diocesano di Nocera Inferiore-Sarno. La diocesi conta circa 18 gruppi presenti su tutto il suo territorio. A una Convocazione diocesana invitai padre Raniero Cantalamessa, che accolse l’invito, per me fu una grande gioia. All’epoca padre Raniero teneva una rubrica nella trasmissione “A Sua immagine” e venne con tutta la troupe della Rai. Parteciparono oltre 2mila persone. Poi sono diventato coordinatore regionale e alla scadenza del mandato sono stato rieletto. Nel primo mandato invitai il card. Angelo Comastri in una Convocazione posta sotto il segno di Maria, era la prima domenica di ottobre, quando si recita la supplica alla beata Vergine del Rosario di Pompei. Facemmo un collegamento in simultanea tra il santuario di Pompei e la nostra Convocazione, che ebbe più di 10mila partecipanti. Alla fine del primo mandato, prima di tornare nella quotidianità e nel silenzio della vita comunitaria, mi ero fatto la promessa di andare in pellegrinaggio in Terra Santa. Ma il Signore mi ha sorpreso ancora una volta quando sono stato riconfermato nel coordinamento regionale. Intanto, avevo un invito sospeso rivolto al card. Pietro Parolin a venire in Campania. Mentre ero in Terra Santa, sulla spianata del tempio a Gerusalemme, sono stato contattato dal card. Parolin, che chiedeva di questo incontro regionale, che si è realizzato in occasione della nostra Convocazione a ottobre 2019, che ha contato una presenza di oltre 12mila partecipanti. Dopo due mandati da coordinatore regionale ringraziavo il Signore per quanto mi ha permesso di vivere con la gioia in questo servizio offerto, convinto che il mio impegno fosse finito e disponendomi a un ritorno alla vita quotidiana e comunitaria all’interno del mio gruppo. Invece è arrivata dal Signore questa nuova richiesta di mettermi a disposizione. In prossimità dei rinnovi a livello diocesano, regionale e nazionale ci sono delle segnalazioni, che esprimono la volontà dal basso e che restano segrete se non al Comitato nazionale. In Italia sono presenti 1.600 gruppi. Il Comitato nazionale, dopo che ha raccolto le segnalazioni, subito prima del voto, raccoglie la disponibilità dei segnalati a un servizio nazionale. Per me è stata una sorpresa ma il Comitato mi ha invitato a porre ancora una volta la mia vita nelle mani di Dio, ma non avrei immaginato mai la presidenza.

Quando con l’elezione è venuto fuori il mio nome, l’ho accolto con stupore,

ma il Comitato mi ha fatto osservare che questa era la volontà di Dio, manifestata anche in modo palese, e mi ha incoraggiato.

La sua è stata un’esperienza ricca ecclesialmente…

Giunto alla fine del mio secondo mandato come coordinatore regionale, mi ero pacificato nel cuore ringraziando il Signore, per quanto i miei occhi hanno visto, quanta bellezza, ma anche quanto sacrificio e fatica hanno richiesto i momenti organizzativi, ma ho sempre pensato che anche se ci fosse stata una persona sola sarebbe valsa la pena. Voglio ricordare un’immagine straordinaria quando è venuto il card. Parolin: un anziano, con un foglietto in mano e le lacrime agli occhi, si avvicinò chiedendo una preghiera per la moglie. Gli uomini della sicurezza cercarono di allontanare il vecchietto, ma il cardinale disse di lasciar avvicinare l’anziano e, in risposta alla richiesta di una preghiera per la moglie, scrisse sul foglio: “Il Signore provvederà a ogni tuo bisogno, ascolta la preghiera”. Riconsegnò il foglietto e abbracciò il vecchietto. È stato un momento molto emozionante e ho pensato quanto è bella la Chiesa. Tante volte noi pensiamo a queste persone in ruoli istituzionali forti, ma poi vediamo il cuore di padre. Quando ci siamo congedati, ho ringraziato il card. Parolin per questa sua bellezza fraterna attraverso la quale mi ha fatto vedere la bellezza della Chiesa, che sa manifestare la tenerezza di una madre verso i suoi figli.

Lei ha anche impegni a livello diocesano…

Ho frequentato un corso teologico triennale a livello diocesano per operatori pastorali e ho fatto una tesi sullo Spirito Santo nella vita della Chiesa, il cui relatore è stato l’attuale arcivescovo di Sorrento-Castellammare di Stabia, mons. Franco Alfano. Quando nella mia diocesi stava per fare il suo ingresso il nuovo vescovo, mons. Giuseppe Giudice, la segreteria che preparava l’ingresso mi ha chiamato a coordinare, accogliere, salutare il vescovo come laico. Lì è iniziata l’esperienza a livello diocesano fino alla richiesta di costituire insieme ai sacerdoti la Consulta delle aggregazioni laicali. Io considero per me tre realtà come “madre”: la diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, la parrocchia Sant’Alfonso Maria de Liguori e il gruppo Sant’Alfonso Maria de Liguori; tutte e tre queste realtà infatti mi hanno generato alla fede in Cristo Gesù. Il tutto dentro un’esperienza sinodale, di comunione, di condivisione.

Quando è stato eletto presidente di RnS cos’ha provato?

Dopo l’elezione a presidente di RnS, ho chiesto al Signore: perché proprio a me? Coloro che mi hanno preceduto, sono padri nella fede che hanno dato al Movimento di RnS una crescita straordinaria. Ho pensato anche all’imprevedibilità di Dio, quanto sono imperscrutabili le Sue vie.

Di fronte a questo mistero io non posso fare altro che chinare il mio capo e dire avvenga in me la volontà del Signore.

Il mio “eccomi” l’ho messo non solo nelle mani di Dio e di Maria, ma della comunità che mi ha eletto. Mi affaccio a questo servizio con sentimenti di timore e tremore, per quella che è l’opera di Dio che va portata ai fratelli con delicatezza, ma c’è anche tanta speranza perché sono certo che Dio condurrà il Suo popolo, la Sua Chiesa e sarà Lui a sostenermi e guidarmi nel servizio. Da parte mia l’impegno ci sarà proprio come segno di assunzione di responsabilità davanti a Dio e ai fratelli. Il mio sì, il mio sacrificio, con la presenza laddove è chiesta, ci sarà a tutti i costi. Al Signore che mi ha voluto in questo, dico grazie, come alla Sua Sposa, la Chiesa: mi metto al servizio di questa meravigliosa opera di Dio.

(Foto Paolo Zunino e Antonella Di Coste)

Qual è l’eredità di Martinez?

Da Martinez prendo un’eredità “pesante”. Dico al Signore: “Di fronte a questi giganti della fede, hai chiamato proprio il più piccolo rispetto all’opera meravigliosa che è RnS”. Salvatore Martinez per tanti anni è stato profeta, ispiratore, apripista, alla guida del Rinnovamento abbiamo avuto un uomo ispirato da Dio e condotto con l’unzione forte dello Spirito Santo. Rispetto a questa eredità chiedo al Signore di mantenere quello che abbiamo, di non perdere nulla di questo tesoro, ma, come dice la Scrittura, dobbiamo attingere dal tesoro che abbiamo nuove ricchezze e nuove esperienze.

Di fronte alle sfide attuali RnS come si pone?

Dobbiamo rispondere facendo riferimento a tre dimensioni: cuore, mani e piedi.

Il cuore deve ridestare l’ardore e il desiderio di fare un’esperienza viva del Cristo e al tempo stesso il desiderio di servire il Signore nella Chiesa e attraverso i fratelli. Un cuore innamorato di Dio. Quindi riprendere l’ardore della prima ora nella vita dei gruppi, dei Cenacoli e delle comunità, ritornare al fervore carismatico della prima ora, guardando al contesto attuale odierno: sarà questa la nostra programmazione della nostra vita associativa futura. La seconda dimensione è quella della preghiera con le mani levate al cielo e penso alle mani levate al cielo di Mosè, sostenute da Aronne e Cur, e quindi i nostri gruppi e le nostre comunità devono tenere le mani alzate e pregare, rivolgendo lo sguardo in alto verso il Cielo, verso Cristo, affinché possa ritornare la forza dello Spirito in ogni cristiano.

Nessuno può riconoscere il Signore se non nello Spirito che lo grida in noi. Quindi rimettere al centro lo Spirito Santo.

L’ultima dimensione è quella dei piedi, intesi come missionarietà: dobbiamo metterci in cammino per raggiungere l’uomo, nei luoghi della sofferenza come nelle periferie esistenziali, ma anche l’uomo che vive la solitudine. Una delle sfide grandi che il nostro tempo vive è la grande solitudine, soprattutto dopo la pandemia l’uomo è ancora più solo. Sono le tre dimensioni che nel nostro impegno a livello nazionale vorremmo rimettere al centro. Se siamo cuore, mani e piedi emerge anche la dimensione del corpo e, quindi, la sinodalità. Ognuno con il proprio carisma, il proprio dono, si mette a servizio della Chiesa e dei gruppi, dei Cenacoli o delle comunità. Questa sinodalità entra anche in una comunione straordinaria con il Sinodo universale della Chiesa che ascolta e si fa strumento per raggiungere l’uomo nelle sue necessità. E continuerà l’impegno di RnS anche a livello sociale, a favore della famiglia, della natalità e della vita, anche grazie alla nostra partecipazione al Forum nazionale delle associazioni familiari. Siamo anche parte di Retinopera che ha uno sguardo sulle dimensioni economiche, finanziarie, sociali della vita. Su quelli che sono i bisogni sociali Rinnovamento è in prima linea.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Migranti e rifugiati. Centro Astalli, “Italia non impara da esperienza con ucraini e non esce da logica emergenza”

Nel 2022 il numero di persone in fuga nel mondo ha superato la soglia dei 100 milioni ma solo una piccola percentuale di questi cerca una vita migliore in Europa. In Italia sono arrivati via mare 105.129 migranti, di cui 13.386 minori non accompagnati. Alla fine dell’anno erano nel circuito dell’accoglienza 107.677 persone. Altri 170.000 sono arrivati dall’Ucraina, di cui solo il 20% ospitati in strutture d’accoglienza; la maggior parte è stata accolta da familiari e connazionali. L’esperienza positiva con i profughi ucraini, che hanno usufruito della protezione temporanea, di contributi economici e della possibilità di entrare da subito nel mondo del lavoro, non è stata però messa a frutto con tutti gli altri arrivati dal Mediterraneo o dalla rotta balcanica: afgani, siriani, somali, nigeriani, anche loro in fuga da conflitti.

“Accogliere i rifugiati con dignità è possibile” ma è “una lezione che l’Italia non vuole imparare”:

“Non capitalizza l’esperienza ucraina e non riesce a uscire dalla logica dell’emergenza”. Anzi, “è sembrato come se ci fossero due percorsi paralleli: uno per gli ucraini e uno per tutti gli altri. In realtà si tratta di persone che si trovano nella medesima condizione”. È la denuncia contenuta nel Rapporto annuale 2023 del Centro Astalli, il Servizio dei gesuiti per i rifugiati, presentato oggi a Roma al Teatro Argentina, con la presenza del cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei.

“I primi passi del nuovo governo, dopo l’ennesimo braccio di ferro compiuto mentre i migranti erano sulle imbarcazioni in attesa di un porto sicuro – afferma il Centro Astalli -,

si sono concentrati su una rinnovata lotta alle ong che si occupano del salvataggio in mare.

E neanche le vittime del naufragio di Cutro hanno sortito alcuna reazione politica di umanità, nonostante la società civile abbia chiesto con forza un cambiamento”.

Nel 2022 sono stati 18.000 gli utenti degli 8 enti della rete del Centro Astalli, di cui 10.000 a Roma. Oltre 700 i volontari, 46.313 i pasti distribuiti, 27.855 gli studenti incontrati nell’ambito dei progetti didattici sul diritto d’asilo e il dialogo interreligioso in 18 città italiane.

Il Centro Astalli gestisce sia Centri di accoglienza straordinaria (a Trento, Vicenza, Padova) che centri del Sistema accoglienza e integrazione – Sai (a Bologna, Palermo, Roma, Trento), che alla fine del 2022 accoglieva in totale solo 33.848 persone. È il Sai, suggerisce il rapporto, “il sistema da ampliare e su cui investire, affinché a tutti possa essere garantito un efficace supporto all’integrazione, secondo standard nazionali uniformi”. A Roma, Trento, Vicenza, Padova molte congregazioni religiose hanno aperto le porte all’accoglienza di rifugiati.

Delle 1.308 persone accolte in totale dalla rete del Centro Astalli, 240 rifugiati sono state inseriti in percorsi di semi-autonomia in comunità di ospitalità in collaborazione con ordini religiosi,

in cui si sono sperimentate, con buoni risultati, anche forme di co- housing tra studenti universitari rifugiati e italiani.

Aumentano le vulnerabilità dei rifugiati. Nel rapporto si evidenzia anche un aumento delle vulnerabilità fisiche e psicologiche dei rifugiati, a causa di violenze e torture nei Paesi di origine e transito (Libia e Balcani): il 50% delle persone accolte nei centri romani del Centro Astalli si trova in queste condizioni. Molti ospiti soffrono di patologie gravi. Per questo il servizio dei gesuiti auspica la progettazione di “nuove modalità di presa in carico e accoglienza che tengano conto di percorsi e tempi personalizzati e della necessità di professionalità dedicate”.

Emergenza casa e costo della vita. Per i rifugiati, come per le fasce più deboli della popolazione, è inoltre difficile trovare casa e pagare le bollette, a causa dell’aumento del costo della vita. “Persone rifugiate con contratti di lavoro stabili e processi di integrazione avanzati si trovano di fronte all’impossibilità di poter avere un’abitazione autonoma, senza dover ricorrere a contratti capestro, in nero, alloggi abusivi, subaffitti o soluzioni di fortuna”. Da Trento a Catania, da Bologna a Palermo, il grido d’allarme è lo stesso:

“la casa in Italia per i rifugiati è un diritto ancora non esigibile”

sottolinea il rapporto. Le famiglie e le donne sole con bambini (un terzo delle persone seguite dal servizio di accompagnamento sociale a Roma) hanno subìto maggiormente gli effetti negativi della crisi economica, come pure i rifugiati che chiedono il ricongiungimento familiare: “Al termine di iter lunghi e costosi, la famiglia ricongiunta si trova di fatto sola ad affrontare una situazione nuova, con pochi strumenti a disposizione”. 

Burocrazia italiana e digital divide. Per poter accedere alla protezione internazionale e ai percorsi di integrazione migranti e richiedenti asilo sono costretti a ritardi e percorsi ad ostacoli all’interno della burocrazia italiana. Un terzo degli utenti dei servizi a bassa soglia del Centro Astalli rientra nella categoria “permesso di soggiorno in via di definizione”. Nel 2022 il Centro Astalli, grazie al sostegno dell’Elemosineria Vaticana, ha erogato contributi per il pagamento delle tasse necessarie al rilascio del permesso di soggiorno e titolo di viaggio per 586 rifugiati riconosciuti. Chi ha perso il lavoro ha anche avuto difficoltà ad avere un indirizzo valido di residenza, un requisito fondamentale senza il quale non si può fruire dei diritti sociali e dei percorsi di integrazione.  Inoltre

l’informatizzazione di tante piattaforme di servizi pubblici e privati sta provocando un divario digitale che rischia di aumentare disuguaglianze sociali e marginalità.

Il Centro Astalli ricorda che il Terzo settore non può farsi carico da solo per percorsi di inclusione sociale e inserimento nel mondo del lavoro: serve “una cabina di regia pubblica in grado di costruire soluzioni concrete e accessibili”. Anche il Piano nazionale di integrazione scritto lo scorso anno dal Tavolo Asilo e Immigrazione, “ad oggi rimane lettera morta”.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

La pace che Andrea cercava e un’armonia da ritrovare

Andrea Papi ha commentato con una sola parola “Peace!” – in inglese, come fanno i giovani – il video inviato alla madre Franca con il panorama dei sentieri intorno a malga Grum. Ha immortalato quel suo ultimo giro di corsa, lasciando ai suoi cari un pensiero pacifico e gioioso. Vorremmo si sovrapponesse per sempre a quello del duello crudele con l’orsa JJ4 che pochi minuti dopo non gli ha lasciato scampo.

Come ha detto al funerale il parroco don Renato ci impegniamo a “vivere come nostro il dolore dei familiari di Andrea e offrire loro la nostra vicinanza colma di affetto, fatta non di parole di circostanza, ma di riflessione silenziosa e di impegno a costruire una società più fraterna“.

“Porteremo Andrea con noi”, come ha concluso il suo parroco, se ci impegniamo a coltivare il suo sogno di pace, che era anche d’impegno con gli amici e di stupore per il creato. Se avvertiamo insieme ai suoi genitori quell’umanissimo senso di “dignità offesa” – come hanno scritto nella loro sofferta lettera – che questa prima mortale aggressione trascina con sé.

“Almeno oggi un po’ di silenzio”, ha chiesto la fidanzata Alessia in un post nel giorno dei funerali, per mettere a tacere insulti e minacce, per lasciare liberi il pianto e gli abbracci.

La ricerca angosciata di Andrea nei boschi di casa, il ritrovamento del suo cadavere, ora l’individuazione di un’orsa, già ritenuta pericolosa, hanno segnato in questi giorni un trauma per tutta la comunità trentina. Per i tanti motivi – politici, gestionali, culturali… – che già erano affiorati nelle precedenti aggressioni ma ora esplodono davanti alla perdita di una vita umana e fanno pronunciare a tanti lo stesso doloroso aggettivo: tragedia “annunciata”. Vicinanza alla famiglia, in queste prime giornate di lutto parallele alla passione di Gesù, significa anche provare a individuare con la “giusta distanza” i criteri di riferimento.

Prima ancora del dibattito su un progetto che – lo hanno detto tutti – si è rivelato di gestione difficile e insufficiente, prima di valutarne quindi l’utilità in relazione agli obiettivi, ci preme sottolineare quanto talvolta rischiamo di dimenticare: il primato di una vita umana – meglio, della singola persona – rispetto a tutti gli altri esseri viventi; per chi crede, soltanto dell’uomo, si dice che Dio “lo ha fatto a sua immagine e somiglianza”, in una posizione che anche il pensiero umanistico laico talvolta condivide, con altre motivazioni. E la Sacra Scrittura, fin dalla Genesi e fino agli Atti degli Apostoli, ribadisce il piano di Dio sulla creazione e il posto speciale che l’uomo ha nella relazione con Dio, con il prossimo e con la terra: “Gloria di Dio è l’uomo vivente!”.

Anche Papa Francesco nelle pagine della Laudato Si’ in cui descrive l’equilibrio tra uomo e creato afferma: ”La capacità di riflessione, il ragionamento, la creatività, l’interpretazione, l’elaborazione artistica ed altre capacità originali mostrano una singolarità che trascende l’ambito fisico e biologico. La novità qualitativa implicata dal sorgere di un essere personale all’interno dell’universo materiale presuppone un’azione diretta di Dio, una peculiare chiamata alla vita e alla relazione di un Tu a un altro tu. A partire dai testi biblici, consideriamo la persona come soggetto, che non può mai essere ridotto alla categoria di oggetto”.

Attenzione, però, perché questa dignità riconosciuta all’uomo comporta una grande responsabilità: non solo nei confronti dei suoi simili, anche verso l’ambiente e quanti ne fanno parte, sempre più riconosciuto come manifestazione della bellezza creatrice di Dio. Ecco, l’uomo giardiniere del Creato: nella sua cura della casa comune talvolta deve fare anche scelte impegnative, sofferte. Improprio applicare direttamente questi principi in piani di trasferimento, strategie di dissuasione o campagne di comunicazione. È anche nel sogno di Dio che l’uomo possa godere del dono del Creato, conservandolo e valorizzandolo, rispettando i tempi e i ritmi, senza ergersi per questo a dominatore/soggiogatore come vorrebbe certo “antropocentrismo” che autorizza distruzione e prepara sottosviluppo.

“Life Ursus” – sul quale dovremo a lungo riflettere – non è forse soltanto il titolo di un progetto finanziato dall’Unione europea. Da oggi viene a indicare anche un esempio cruciale in cui – ben oltre la convivenza tra uomo e orsi – c’è un’armonia da ritrovare fra i criteri morali che sopra abbiamo richiamato in sintesi. Ben sapendo che essi vanno poi declinati in scelte politiche (non è un caso che tutti e quattro i responsabili provinciali ammettano ora delle perplessità), strategie amministrative e azioni culturali, anche pedagogiche.

Con una consapevolezza, confermata da tante storie d’impegno per un’ecologia integrale: che anche quest’armonia sarà comunque sempre delicata, sottoposta al limite che è insito nella natura umana. Un’armonia fragile, quindi continuamente da ritrovare. È anche questa la missione che dobbiamo assumerci per rincorrere il sogno di pace di Andrea.

(*) originariamente pubblicato su “Vita Trentina”

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

ACI, le news di aprile 2023 – rubrica aci a cura del direttore Marino Perretta

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Sicurezza stradale: rapporto sullo stato della sicurezza dei motociclisti in europa; rendere obbligatori i sistemi di frenata abs per tutti i veicoli a due ruote fino a 125 cc; minimo 16 anni e prova pratica per mettersi alla guida dei ciclomotori.

Italia: oltre 10 millioni di veicoli a due ruote a motore; decessi: 762 nel 2021, 94% maschi e per lo più giovani

Il Consiglio Europeo per la Sicurezza dei Trasporti (ETSC), sulla base dei risultati del nuovo rapporto sullo stato della sicurezza dei motociclisti in Europa https://etsc.eu/projects/pin/ chiede all’Unione Europea ed ai Governi degli Stati membri di rendere obbligatori i sistemi di frenata ABS, (anti lock braking system), su tutti i nuovi modelli di veicoli a due ruote fino a 125 cc.

Lo studio riporta che nella UE, nel 2021, 3.891 persone sono decedute in un incidente stradale alla guida di una motocicletta o di un ciclomotore, (circa il 90% uomini). Un dato inferiore del 25% rispetto al decennio precedente, ma, nello stesso periodo, le altre vittime della strada sono diminuite di un terzo.

L’Italia un Paese in cui i motocicli sono utilizzati di frequente, grazie anche al clima favorevole: sulle nostre strade si contano pi di 10 milioni di veicoli a due ruote a motore. Nel 2021 i decessi su motociclo sono stati 695 (-24,7% rispetto al 2011), cui si aggiungono 67 persone sul ciclomotore (-59,4% rispetto al 2011). In totale sono 762 le persone decedute su un veicolo a 2 ruote a motore, il 26% dei decessi totali a causa di un incidente stradale; 94% maschi e per lo pi giovani (29: 28%).

Le modifiche introdotte nel 2013 nell’UE riguardo ai requisiti per ottenere la Patente di guida, (accesso progressivo alle Patenti che abilitano a condurre moto pi potenti), hanno contribuito, senza dubbio, a ridurre il numero di decessi.

L’età minima nella UE – raccomandata – per guidare un ciclomotore di 16 anni ma, in diversi Paesi, ancora possibile farlo a partire da un’et di 14 anni, e senza superare una prova pratica. ETSC ritiene che un test pratico dovrebbe essere obbligatorio (nel nostro Paese cos), e tutti gli Stati dovrebbero applicare l’et minima raccomandata di 16 anni o superiore.

“Dobbiamo prestare molta attenzione al ‘food delivery’, una tendenza in crescita – ha commentato Jenny Carson, responsabile del programma PIN (Road Safety Performance Index) dell’ETSC – i riders, soprattutto uomini, consegnano alimenti caldi in contenitori isotermici, sotto pressione per gli orari, spesso utilizzano veicoli con scarsa manutenzione e sono distratti dalle varie App che gestiscono gli ordini”.

Tra le varie raccomandazioni contenute nello studio si suggerisce anche che:

• le ispezioni tecniche dovrebbero essere obbligatorie per tutti i motoveicoli e ciclomotori, (comprese quelle per verificare se sono stati modificati al fine di raggiungere velocit pi elevate). La Commissione Europea sta rivedendo le norme che regolano le ispezioni dei veicoli, la proposta prevista entro quest’anno;

• i controlli sul corretto uso del casco dovrebbero essere migliorati, specialmente nei Paesi con bassi livelli di utilizzo, (Grecia e Cipro, ad esempio). L’Unione Europea ed i Governi nazionali potrebbero farsi promotori di maggiori informazioni sulle prestazioni di sicurezza dei caschi e degli altri dispositivi di protezione, (come le giacche tecniche dotate di airbag);
• i produttori di autoveicoli dovrebbero migliorare i dispositivi che rilevano la presenza di motociclisti, grazie a tecnologie di sicurezza come la frenata automatica di emergenza.

TURISMO – STORIA – CULTURA – TERRITORIO

ACI E GESTIONE NAVIGAZIONE LAGHI: ACCORDO PER LA VALORIZZAZIONE DEI TERRITORI
DEI TRE PI IMPORTANTI LAGHI NAVIGABILI ITALIANI.

Sticchi Damiani (ACI):
“Primo passo per valorizzare il nostro territorio e offrire nuovi servizi per attrarre visitatori”
Liguori (Gestore Governativo):
“Rafforziamo – qualificandola ulteriormente – l’azione di promozione e valorizzazione territoriale
e di destagionalizzazione dell’offerta turistica”.

Valorizzare i territori dei tre pi importanti laghi navigabili italiani – il Lago Maggiore, il Lago di Garda e il Lago di Como – attraverso la promozione di iniziative comuni. l’obiettivo dell’accordo sottoscritto ieri dal Presidente dell’Automobile Club d’Italia, Angelo Sticchi Damiani e dal Gestore Governativo Donato Liguori, che disciplina e regolamenta la collaborazione su iniziative e servizi per la promozione dell’immagine e dell’identit dei territori che si affacciano sui tre laghi.

L’intesa raggiunta dalle parti – della durata di tre anni e a titolo non oneroso – comprende una serie di attivit volte a migliorare l’offerta di servizi per i cittadini, le comunit locali e i visitatori attraverso la ricerca e la divulgazione di percorsi turistici ed enogastronomici che offrano alle persone un’esperienza completa del territorio nazionale, la promozione del patrimonio culturale e storico anche attraverso la valorizzazione degli eventi sportivi automobilistici e del motorismo storico, lo sviluppo di piattaforme tecnologiche e informatiche a servizio di tali iniziative, la collaborazione per l’adesione ai progetti europei in ambito turistico e per l’accesso ai relativi fondi per lo sviluppo.

“Gli accordi, che definiscono concretamente una collaborazione tra le amministrazioni, sono il primo passo per valorizzare il nostro territorio e offrire nuovi servizi per attrarre visitatori”, ha dichiarato il Presidente dell’ACI, Angelo Sticchi Damiani. “L’ACI un ente sempre molto attento alle comunit locali, impegnato nella promozione a livello territoriale dello sport motoristico e nella sensibilizzazione della mobilit sicura e sostenibile. La partecipazione delle istituzioni pubbliche su temi di interesse comune rappresenta uno strumento operativo fondamentale per rendere l’azione amministrativa efficiente ed efficace, nel rispetto di quanto previsto dalla Costituzione e dal Diritto comunitario”.

Come ha sottolineato Donato Liguori, Gestore Governativo dell’Ente, “La nostra un’azienda impegnata nel trasporto pubblico lacustre e, grazie all’Accordo che abbiamo sottoscritto con ACI, e agli obiettivi rilevanti di un’alleanza virtuosa che si impone anche come best practice per intese future, rafforziamo – qualificandola ulteriormente – l’azione di promozione e valorizzazione territoriale e di destagionalizzazione dell’offerta turistica intrapresa dal mio insediamento nell’Ente Navigazione Laghi”. “D’altra parte – ha aggiunto Liguori – l’intesa raggiunta conferma, ancora di pi, il ruolo determinante delle interazioni e sinergie istituzionali per azioni finalizzate a coinvolgere l’intera rete degli attori pubblici e privati impegnati nello sviluppo territoriale per risultati e ricadute che durino nel tempo”.

MERCATO AUTOVEICOLI

ACI: IN CRESCITA A MARZO IL MERCATO DELL’USATO MA LE RADIAZIONI REGISTRANO UN ENNESIMO CALO (-7,7%).

Segno pi a marzo per il mercato italiano dell’usato. I passaggi di propriet delle autovetture al netto delle minivolture (trasferimenti temporanei a nome del concessionario in attesa della rivendita al cliente finale) hanno messo a bilancio un incremento dell’8,5% rispetto a marzo 2022. Per ogni 100 autovetture nuove ne sono state vendute 166 di seconda mano nel mese di marzo e 178 nel primo trimestre dell’anno. Il mercato dell’usato cede dunque progressivamente il passo a quello del nuovo, in netta crescita dallo scorso gennaio, dopo i notevoli risultati registrati nel corso del 2022.

Per quanto riguarda le motorizzazioni, a marzo sul mercato dell’usato sono ancora una volta le alimentazioni tradizionali (gasolio e benzina) a mantenere le prime posizioni, ma le vetture ibride a benzina, che sul mercato del nuovo si confermano al primo posto con una quota mensile del 34,2%, registrano un aumento del 42,2% conquistando una quota del 4,7%. Da segnalare il notevole incremento delle auto a metano (+91,2%) a fronte di una pesante flessione delle propulsioni elettriche (-30,9%), ancora allo 0,5% di quota. Nelle minivolture in vetta alla classifica si confermano invece le autovetture diesel (53,5% di quota a marzo 2023, in aumento rispetto a marzo 2022, quando era il 52,6%), mentre l’incidenza delle ibride a benzina raggiunge il 5,9% e quella delle alimentazioni a gpl il 7,1%. Vetture che con tutta evidenza hanno ancora mercato sia da parte dei concessionari sia dei privati.

Bilancio mensile positivo anche per i passaggi di propriet dei motocicli che, al netto delle minivolture, hanno messo a segno a marzo un incremento del 10,1% rispetto allo stesso mese del 2022.

Nei primi tre mesi del 2023 rispetto allo stesso periodo del 2022 i trasferimenti netti di propriet hanno archiviato incrementi del 6,1% per le autovetture, dell’1,4% per i motocicli e del 5,3% per tutti i veicoli.

I dati sono riportati nell’ultimo bollettino mensile “Auto-Trend”, l’analisi statistica realizzata dall’Automobile Club d’Italia sui dati del PRA, consultabile sul sito www.aci.it .

Nota dolente, anche per il mese di marzo, la costante frenata delle procedure di radiazione nel settore delle autovetture, cui corrisponde un’ennesima crescita del parco circolante italiano. Le radiazioni delle quattro ruote hanno evidenziato un calo del 7,7% rispetto a marzo 2022, con 92.170 pratiche (numero pi basso negli ultimi 20 anni per il mese di marzo, se si esclude marzo 2020). Il tasso unitario di sostituzione mensile si attesta pertanto a 0,54 (ogni 100 auto nuove ne sono state radiate 54), attestandosi complessivamente a 0,62 nel primo trimestre dell’anno. In terreno positivo, al contrario, le radiazioni di motocicli, che vantano a marzo un incremento del 3,7% rispetto all’analogo mese 2022.

Da gennaio a marzo 2023 rispetto allo stesso periodo del 2022 le radiazioni hanno archiviato decrementi del 12,2% per le autovetture e del 10,4% per tutti i veicoli, con un aumento del 6,1% solo per i motocicli.

SICUREZZA IN GALLERIA: ACI, 595 INCIDENTI CON 18 MORTI E 901 FERITI NEL 2021

Sticchi Damiani (ACI): “In galleria deve aumentare la prudenza perch le operazioni di soccorso sono molto pi complesse. Inoltre, servono pi informazioni sullo stato delle strade, pi investimenti per la sicurezza e una semplificazione normativa”.

Gli incidenti stradali in galleria, sebbene numericamente inferiori a quelli che avvengono all’aperto, registrano il pi alto tasso di mortalit. In galleria aumenta, infatti, del 50% la pericolosit degli incidenti: i sinistri risultano pi gravi a causa della mancanza di adeguati spazi di fuga, oltre che per la criticit gestionale delle emergenze. quanto emerso oggi durante l’evento “Incidenti in galleria. La risposta dello Stato”, che si svolto presso l’Istituto Superiore Antincendi, con la collaborazione istituzionale dell’ACI e nel corso del quale stato fatto il punto sui sistemi di sicurezza, prevenzione e monitoraggio.

Nel 2021 si sono verificati 595 incidenti stradali in galleria rispetto ai 151.875 incidenti totali registrati in Italia nello stesso anno. Di questi 114 sono avvenuti in gallerie autostradali, 272 in quelle urbane e 209 nelle extraurbane, 18 il numero di morti in galleria a fronte di 2.875 decessi sulle strade italiane, 901 i feriti totali in galleria, 359 in quelle urbane, 197 nelle autostradali e 345 su extraurbane. Il tasso di mortalit in galleria, pertanto, stato pari al 3% contro l’1,9% totale: , quindi, evidente il maggiore rischio.

“La sicurezza sulle strade, e in galleria in particolare, un tema che ha sempre visto impegnato l’Automobile Club d’Italia – ha affermato Angelo Sticchi Damiani, presidente ACI, intervenendo oggi al convegno al quale hanno partecipato le Istituzioni competenti e tecnici esperti della materia. “In galleria richiesta la massima attenzione proprio perch sono pi difficili le operazioni di soccorso. Dai dati si evince, infatti, che gli incidenti sono dovuti soprattutto a errori umani, in primis la distrazione”.

Sul fronte della prevenzione, in collaborazione con altri Automobile Club europei sono stati eseguiti dei test di sicurezza su gallerie della rete TEN – Trans-europea, la met delle quali situate proprio nel nostro Paese. Nell’ambito del programma EuroTAP (Euro Tunnel Assessment Programme), sono state evidenziate carenze significative in tema di sicurezza. Il programma aveva, inoltre, l’obiettivo di fornire consigli agli automobilisti sui comportamenti da osservare nelle condizioni di emergenza.

In Italia ci sono circa 840.000 km di strade, 8.006 km di autostrade e 27.259 km di strade statali (ANAS) con 2.179 gallerie, 21.072 ponti e viadotti, 6.320 cavalcavia. Tamponamento e urto contro ostacoli o contro veicoli in sosta le tipologie di incidenti pi frequenti (rispettivamente 33% e 21%). Una incongruenza del sistema che la mortalit pi alta si verifica nelle gallerie illuminate: 14 decessi rispetto ai 4 in gallerie prive di illuminazione.

“Servono maggiori informazioni sulle condizioni delle strade, pi risorse per investimenti e una semplificazione normativa – ha precisato Sticchi Damiani. Quando si parla di qualit e sicurezza delle infrastrutture, necessario un intervento deciso delle Autorit locali, nazionali e internazionali. Gli investimenti sulle strade, infatti, contribuiscono a ridurre gli incidenti alleggerendo i costi per lo Stato: solo quelli sulle strade provinciali costano, infatti, alla collettivit 3 miliardi di euro ogni anno”.

Per quanto riguarda la sicurezza, la macchina organizzativa del post-incidente complessa ed necessario coordinare al meglio le attivit di soccorso. Fondamentale la ‘golden hour’, prima ora dopo un incidente, cruciale per la sopravvivenza di una persona o per limitare l’entit delle lesioni. Anche su questo tema l’ACI impegnato con alcuni progetti pilota, come il numero unico europeo HeERO (Harmonised eCall European Pilot), cofinanziato dalla Commissione Europea, per realizzare un sistema automatico di chiamate di emergenza installato a bordo dei veicoli. Ricevere l’avviso immediato di un incidente e della sua esatta localizzazione, infatti, pu ridurre i tempi di risposta dei servizi di emergenza del 50% nelle aree rurali e del 40% in quelle urbane. Grazie a tale rapidit, l’eCall pu salvare fino a 2.500 vite ogni anno nell’Unione Europea e ridurre la gravit dei feriti in migliaia di casi.

In tema di interventi post incidente, Euro NCAP, il consorzio a cui ACI aderisce, in collaborazione con il CTIF, l’Associazione Internazionale dei Servizi Antincendio e di Soccorso, ha lanciato Euro Rescue, un’applicazione mobile per i primi soccorritori che intervengono in caso di incidenti stradali sulle strade europee. Questa app rende immediatamente disponibile ai soccorritori, in particolar modo ai Vigili del Fuoco, le schede di soccorso sviluppate dalle case automobilistiche per ogni modello di auto che identificano la posizione degli airbag, dei pretensionatori, delle batterie e dei cavi ad alta tensione, nonch i punti pi sicuri per tagliare la carrozzeria.

IL MOTORISMO STORICO IN ITALIA

RAPPORTO SUL MONDO DELLE AUTO STORICHE: RAPPORTO ACI SU 40,2 MILIONI DI AUTO IN CIRCOLAZIONE, 10 MILIONI HANNO PI DI 20 ANNI.

LE AUTO STORICHE SONO 4,3 MILIONI (43,9% DELLE “OVER 20”) DI CUI 388MILA NELLA LISTA DI SALVAGUARDIA ACI.

NEL COMPLESSO, IL PATRIMONIO DELLE AUTO STORICHE STIMATO IN CIRCA 104 MILIARDI DI EURO.

Sticchi Damiani (ACI): “Serve normativa nazionale che distingua le auto storiche da quelle vecchie.
Le prime rappresentano un patrimonio dell’ingegno umano, del design e della tecnica e vanno salvaguardate, le seconde, invece – che vengono usate tutti i giorni – sono insicure e inquinanti e devono essere sostituite.

Il primo Rapporto sul motorismo storico conferma la necessit di regole che tutelino il valore storico delle automobili, consentano alle Amministrazioni comunali di sapere, con certezza, a quali auto consentire e a quali negare l’accesso ai centri storici, e favoriscano il rinnovamento di un parco circolante vetusto, in linea con le politiche europee per la transizione ecologica”.

Roma, 4 aprile 2023 – Su 40,2 milioni di auto in circolazione, 10 milioni hanno pi di 20 anni d’et. 5,9 milioni sono auto che hanno un’et compresa tra 20 e 29 anni, di cui la “Lista di Salvaguardia” ACI ne riconosce – per qualit, specifiche tecniche e di design- soltanto 388mila: il 7%. Sommando alle 388mila della Lista ACI i 3,9 milioni di auto “over 30” – auto che la normativa considera, automaticamente, auto storiche – il totale delle auto di valore storico e collezionistico raggiunge i 4,3 milioni di unit.

Con un valore medio per auto pari a 24.200 euro, il patrimonio complessivo delle auto storiche sfiora i 104 miliardi di euro (il 5,4% del PIL) ed distribuito per il 57% nelle Regioni del Nord Italia, per il 27% in quelle del Centro e per il 16% nel Sud e nelle Isole.

Le auto storiche interessano e appassionano sempre pi gli italiani. Il 62% degli appassionati non ne possiede neppure una. Il mercato di questa tipologia di vetture si espande con positive ricadute su tutta la filiera, sul turismo e sull’indotto generato dalla manutenzione, dalle fiere, dalle mostre e dalle manifestazioni a cui partecipano proprietari ed estimatori, tra cui sempre pi i giovani, su tutto il territorio italiano. Sono 5,2 i miliardi spesi all’anno per il mantenimento delle auto storiche e quasi 2 i miliardi spesi annualmente per la partecipazione a manifestazioni ed eventi di motorismo storico. Un settore per il quale si richiede una regolamentazione normativa nazionale che distingua le auto storiche da quelle semplicemente vetuste.

quanto emerge dall’indagine “Il motorismo storico in Italia. 1 Rapporto sul mondo delle auto storiche”, realizzata dalla Fondazione Filippo Caracciolo, il centro studi dell’ACI, e presentata oggi al Senato. Per la prima volta viene analizzato il tema dal punto di vista normativo, economico e sociale, con dati ed elaborazioni che disegnano un fenomeno in crescita e un mercato che presenta notevoli prospettive di sviluppo.

“Per la prima volta – ha dichiarato il Presidente dell’Automobile Club d’Italia, Angelo Sticchi Damiani- abbiamo uno studio sul motorismo storico che offre un’analisi approfondita di un fenomeno che coinvolge milioni di italiani, tra proprietari e appassionati”.

“ un mercato non pi di nicchia – ha sottolineato il Presidente dell’ACI – che si sta espandendo con ricadute economiche significative, in termini di valore e indotto, e che appassiona sempre di pi anche le giovani generazioni. I dati presentati in questo Rapporto confermano l’urgenza di distinguere, a livello normativo, le auto storiche dalle auto vecchie, che sono insicure, fortemente inquinanti e non presentano alcun valore storico n collezionistico, anche per consentire alle Amministrazioni comunali di capire a quali consentire e a quali, invece, negare l’accesso ai centri storici”.

“Tutto questo – ha concluso Sticchi Damiani – non solo per tutelare il valore di veicoli unici, testimoni dell’evoluzione dell’ingegno umano, della tecnologia, dello stile e del design – ma anche per evitare la crescita di preoccupanti sacche di elusione fiscale. Le auto storiche devono essere tutelate, le auto vecchie, invece, sostituite, e, per il bene dell’intero sistema-mobilit, i loro proprietari devono essere messi in condizione di acquistare auto pi sicure, pi efficienti e pi rispettose dell’ambiente”.

4,3 MILIONI LE “AUTO STORICHE” (43,9% DELLE “OVER 20”): 388mila nella Lista di salvaguardia ACI

Le auto che presentano un reale interesse storico e collezionistico sono 4,3 milioni: il 43,9% del totale delle “over 20”. Di queste solo 388mila dei 5,9 milioni tra le auto di et compresa tra i 20 e i 29 anni hanno visto riconosciuto il loro valore storico e sono presenti nella Lista di Salvaguardia, redatta dagli esperti di ACI Storico, Stellantis Heritage, Registro Italiano Alfa Romeo (RIAR), Associazione Amatori Veicoli Storici (AAVS) e dal mensile specializzato Ruoteclassiche. Tra i modelli di auto pi diffusi nella Lista sono presenti alcune versioni di Fiat Panda (circa 35mila esemplari), di Autobianchi Y10 (poco meno di 21mila) e di Fiat Punto (circa 13.700). Nella Lista, tuttavia, sono presenti anche modelli pi rari. Per circa 400, infatti, si contano meno di 1.000 autovetture, per un totale di 36mila esemplari: circa un decimo delle auto in Lista.

“OVER 20”: IL 40% AL SUD, IL 35% AL NORD, IL 18% AL CENTRO Lo studio evidenzia che a livello territoriale esiste una correlazione tra la diffusione di auto storiche e reddito pro capite, laddove le auto del parco circolante ultraventennale sono diffuse soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, mentre le auto di maggiore pregio storico e valore economico sono concentrate quasi esclusivamente nelle aree del nord del Paese.

ADOTTEREMO SPECIFICI PROTOCOLLI PER LA VALUTAZIONE DEI MEZZI PESANTI

Sticchi Damiani (ACI): “In un’ottica di ‘zero incidenti’ sulle strade importante che le tecnologie per la sicurezza attiva vengano utilizzate anche sui veicoli commerciali”.

In Italia ed in Europa il trasporto delle merci avviene, prevalentemente, su strada, studi di settore, poi, indicano che la percentuale triplicher entro il 2050 (previsione ITF, 2019).

questa una delle motivazioni per le quali le collaudate valutazioni Euro NCAP per le autovetture, da oggi, saranno applicate – con opportuni adattamenti – anche ad autocarri ed autotreni utilizzati per il trasporto delle merci.

Un innovativo sistema di valutazione “Truck Safe City and Highway” consentir di valutare il livello di sicurezza dei mezzi pesanti in ambito urbano (City) ed in ambiente autostradale (Highway).

Sia i conducenti di mezzi pesanti che i gestori di flotte commerciali avranno a disposizione ulteriori elementi per valutare il livello di sicurezza dei propri mezzi. Anche i produttori di autocarri e autotreni potranno contare su ulteriori elementi e stimoli per innovare e migliorare l’offerta di tecnologie in tema di sicurezza.

“Le statistiche dell’incidentalit ci dicono che a fronte di un 1,5% di mezzi pesanti circolanti sulle strade europee, gli incidenti che vedono coinvolti gli autocarri e autotreni sono il 15% – ha affermato Angelo Sticchi Damiani, presidente dell’Automobile Club d’Italia. In un’ottica di ‘zero incidenti’ sulle strade importante che le tecnologie per la sicurezza attiva vengano utilizzate anche sui veicoli commerciali”.

(Fonte: CasertaSette – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Migranti: il Cdm dichiara lo stato d’emergenza. Via libera al Def

Il Consiglio dei ministri ha approvato il Documento di economia e finanza (Def) 2023, il testo che ad aprile traccia le coordinate generali, le stime e gli obiettivi, le “grandezze” entro cui si muoverà la futura legge di bilancio, insieme all’andamento previsto per gli anni successivi.

Per l’anno in corso il governo computa allo stato attuale una crescita dello 0,9% che diventa un punto pieno in virtù delle misure assunte. La nota di aggiornamento al Def dello scorso autunno stimava una crescita dello 0,6% e quindi nonostante tutto (nel 2022 il risultato era stato di tutt’altra dimensione: +3,7%) l’economia italiana mostra segnali di vitalità o, come si suol dire, di resilienza.

In prospettiva però la tendenza è meno buona del previsto. Per il 2024 la nota di aggiornamento di novembre indicava un incremento dell’1,9% mentre per il nuovo Def ci si attesterà sull’1,5%. Il contesto internazionale, del resto, è pieno di incertezze, non solo a livello geopolitico. L’inflazione, solo per citare un elemento tra i più significativi, è calcolata al 5,4%, vale a dire tre punti in più di quanto stimato un anno fa. E non si sa ancora con precisione in che termini avverrà nel 2024 il ritorno al patto di stabilità, con i suoi impegni e i suoi vincoli finanziari. Il governo ha scelto di conservare l’obiettivo di deficit esistente (4,5%), a fronte di quello stimato in via tendenziale per l’anno in corso (4,35%). Lo scarto tra i due valori vuol dire che si è deciso di fare un po’ di deficit in più, circa 3 miliardi di euro, che l’esecutivo intende destinare a ridurre il carico dei contributi sui lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi. Un taglio al “cuneo fiscale” (quindi più soldi in busta paga) che per Palazzo Chigi è orientato a “tutelare il potere d’acquisto dei lavoratori” e nel contempo a contribuire “alla moderazione salariale per prevenire una pericolosa spirale salari-prezzi”. Ne consegue che per quest’anno non ci sono margini ulteriori per finanziare in deficit interventi rilevanti sul fisco e sulle pensioni – per citare due settori cruciali nel programma del governo – e quindi ogni provvedimento dovrà trovare al suo interno le proprie coperture.

Il punto è che il vigoroso rimbalzo post-pandemia, in cui il nostro Paese ha primeggiato in Europa, ha praticamente esaurito la sua spinta propulsiva, anche a causa della guerra e della crisi energetica, e oggi l’unico fattore che appare realisticamente in grado di ridare slancio alla nostra economia è quel Pnrr intorno a cui ci affanna con alterni risultati e la cui attuazione merita ogni sforzo a tutti i livelli, come non cessa di ricordare il Presidente della Repubblica.

Tra le principali decisioni dell’ultimo Consiglio dei ministri c’è anche la dichiarazione dello stato d’emergenza “in relazione all’eccezionale incremento dei flussi di persone migranti in ingresso sul territorio nazionale attraverso le rotte migratorie del Mediterraneo”. La delibera riguarda tutto il Paese e avrà la durata di 6 mesi. C’è stato un precedente in questo senso nel 2011 (con Maroni ministro degli interni) al tempo delle cosiddette “primavere arabe” ma con numeri molto più elevati di quelli di oggi. Peraltro l’approccio “emergenziale” alla questione migratoria ha trovato costanti riscontri in questi ultimi anni e mesi.

Nella medesima riunione l’esecutivo ha inoltre varato un disegno di legge che introduce, oltre alle sanzioni penali già previste, una sanzione amministrativa tra i 20 mila e i 60 mila euro “per chi distrugge, disperde, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili o non fruibili beni culturali o paesaggistici propri o altrui”. Sarà tra i 10 mila e i 40 mila euro la sanzione “per chi deturpa, imbratta o destina i beni culturali a un uso pregiudizievole o incompatibile con il loro carattere storico o artistico”. I proventi, spiega Palazzo Chigi, saranno devoluti al ministero della Cultura, affinché siano impiegati prioritariamente al ripristino dei beni danneggiati.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)