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Da Napoli a Venezia Renato Paolucci (Novacoltura) vince ‘Oscar Green’ Coldiretti con la tecnica dell’acquaponica

Sono stati assegnati al Villaggio contadino di Venezia gli Oscar Green della Coldiretti, i premi ai giovani che fanno innovazione con idee che salvano il clima, rivoluzionano i consumi, creano lavoro e riportano sulle tavole specialità quasi estinte.
Il trentenne napoletano Renato Paolucci conquista la vittoria nella categoria “Impresa digitale”. Il giovane imprenditore del quartiere di Chiaiano, laureato in economia, con una specializzazione in finanza e strategia d’impresa, è il fondatore di Novacoltura, azienda agricola che utilizza tecniche innovative come l’acquaponica.
“È stato bello ricevere -spiega- un premio dalla Coldiretti, un’organizzazione che vanta un’antica tradizione e che allo stesso tempo abbraccia anche tecniche innovative del reparto agricolo che di discostano dalla tradizione”.
Renato Paolucci ha messo insieme allevamento di pesci e coltivazione di vegetali con la coltivazione di aromatiche e micro green con la tecnica dell’acquaponica. Tutti i micro e macronutrienti vengono forniti dagli scarti dell’allevamento di pesci, mentre le piante, garantiscono loro l’acqua pura, con un risparmio di acqua del 95%.
Appresi i rudimenti della tecnica fra Australia e Olanda è tornato in Italia a Torino e poi a Chiaiano. Si è candidato al concorso Oscar Green 2023, fortemente voluto da Coldiretti per consentire alle nuove leve del mondo agricolo di portare le proprie ambizioni sulla ribalta nazionale. Un’attività che da tre anni regala le prime soddisfazioni:
“Abbiamo due serre a Chiaiano dove produciamo erbe aromatiche, verdure a foglia e microgreen, che vendiamo al mercato ortofrutticolo e ai ristoranti. Ne produciamo 600 o 700 a settimana, siamo ancora molto piccoli”.
 L’Acquaponica è una tecnica agricola innovativa che ha le sue radici in una tradizione antichissima. “In questo sistema, i nutrienti necessari sono forniti dagli scarti dell’allevamento delle carpe alimentari, mentre le piante purificano l’acqua per i pesci. Questa sinergia tra acquacoltura e coltivazione vegetale consente un risparmio idrico del 95%. Le piante aromatiche e il microgreen sono rese uniche dal loro stesso nutrimento, ricco, naturale, privo di fertilizzanti chimici. Inoltre, la lotta biologica, che utilizza insetti antagonisti, combatte i patogeni esterni, garantendo piante sane e robuste. Le piante crescono sull’acqua, con radici immerse nei nutrienti. Inoltre, coltivando fuori dal suolo non solo non lo danneggia ma consente anche di adattarsi a qualsiasi situazione. La coltivazione in acquaponica è realizzabile anche in aree contaminate o inadatte all’agricoltura. Il tutto con l’ulteriore vantaggio di prevenire l’inquinamento delle falde acquifere grazie all’assenza di pesticidi e fitofarmaci. Il prossimo obiettivo è quello di espandere le coltivazioni in acquaponica su più ettari e creare comunità di consumatori consapevoli, desiderosi di prodotti salutari e rispettosi dell’ambiente. Questo metodo rappresenta una rivoluzione sostenibile per l’agricoltura del domani”.
Novacoltura è un’impresa agricola nata dall’esigenza di dover agire per promuovere strategie imprenditoriali sostenibili da un punto di vista economico e ambientale. Già pronta per un futuro in cui diventerà normale acquistare un prodotto coltivato in acquaponica, grazie all’impatto positivo che questo sistema ha sull’ambiente.
“Abbiamo in fase di partenza il bando Campania Startup e dovremmo ricevere un finanziamento che ci consente di far crescere un po’ la nostra attività e di estendere l’allevamento anche alle anguille”.
Per accedere al video della manifestazione, cliccare sulla foto oppure sul seguente link:
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(Roberto Esse – Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)
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Alice Rohrwacher, dagli Oscar a Cannes76: “Il cinema insegna a guardare con gli occhi dell’altro”

L’avventura straordinaria di Alice Rohrwacher, regista e sceneggiatrice che in poco più di dieci anni di carriera – esordio folgorante nel 2011 con “Corpo celeste”, seguito dai pluripremiati “Le meraviglie” (2014) e “Lazzaro felice” (2018) – si è imposta nel panorama italiano e internazionale con una chiara identità visiva e narrativa, con una poetica intensa e riconoscibile, dai più accostata allo sguardo dolce di Ermanno Olmi. Nel maggio 2022 la Rohrwacher presentava al 75° Festival di Cannes il suo cortometraggio “Le Pupille”, prodotto dal Premio Oscar Alfonso Cuarón, da Carlo Cresto-Dina con la sua Tempesta e dalla Disney. Un piccolo gioiello che parla dell’Italia di ieri, un racconto uscito dalla penna di Elsa Morante, che grazie allo sguardo ironico e poetico della regista è diventato una deliziosa favola sul Natale ma anche un arioso messaggio di libertà declinato al femminile. Il film è uscito lo scorso 16 dicembre su Disney+ e a gennaio 2023 è giunta la notizia della corsa ai 95mi Academy Award, i Premi Oscar. Da Hollywood poi di nuovo sulla Croisette: a maggio la Rohrwacher è stata invitata in concorso al 76° Festival di Cannes con il suo ultimo film “La chimera””. Con lei abbiamo parlato di questo anno speciale, in occasione della presentazione de “Le Pupille” a Orvieto, al XVII Festival Arte e Fede diretto da Alessandro Lardani, un prezioso avamposto culturale per il territorio umbro.

(Foto Mauro Luca Baffo)

Un anno straordinario, dagli Oscar a Cannes76 con “La chimera”. Che avventura è stata
Un anno impegnativo… infatti adesso mi fermo un po’. Il film “Le Pupille” è nato quasi come un “gioco”: inaspettatamente Alfonso Cuarón mi ha contattato tempo fa per dirigere un piccolo film sul Natale. In verità la sua prima domanda è stata: “Ti piace il Natale?”. Alla mia risposta affermativa, mi ha proposto un lavoro all’interno di una serie di cortometraggi dedicati alle festività di fine anno, affidando a me la riflessione sul momento del Natale. Così mi sono ricordata di una lettera che Elsa Morante aveva scritto a Goffredo Fofi, due persone che stimo e ammiro molto. In questa lettera parlava di una torta. Sono partita da lì. E poi inaspettatamente la Disney è entrata nel progetto e ha prodotto il film. Dico “inaspettatamente” perché Goffredo Fofi, da sempre critico, anarchico, contro il sistema, mai si sarebbe immaginato che questa lettera sarebbe stata prodotta dalla Disney e poi finita persino all’Oscar. E questa cosa è stata così strabiliante al punto da farci dire che davvero tutto è possibile.

“Le Pupille” racconta un’Italia povera, in guerra, con richiami al neorealismo, ma ci offre anche suggestioni per il nostro presente: è un inno alla libertà. È così?
“Le Pupille” è un nome cui ho pensato da subito per questo film. Da quando ho scoperta che la parola “pupilla” vuol dire “bambina”, sono rimasta incantata dal fatto che tutti noi negli occhi abbiamo delle bambine. E che a prescindere da chi siamo, se uomo o donna, giovane o anziano, comunque negli occhi custodiamo delle bambine, che hanno un potere.

Gli occhi, infatti, hanno un potere: come guardare le cose, che sguardo dare alle cose, e persino la possibilità di cambiare le cose.

Quindi ho deciso di ambientare tale storia in un collegio femminile – la vicenda raccontata da Elsa Morante è in un collegio maschile –, perché volevo mettere al centro queste bambine, in particolare una di loro, Serafina, che suo malgrado diventa “ribelle”: in lei in verità non c’è nessuna ribellione, ma semplicemente coerenza. È proprio la sua coerenza che rompe l’equilibrio. Pensando poi al mondo contemporaneo, la torta rappresenta probabilmente le risorse, la ricchezza, il potere, che tutti vogliono per sé. La coerenza però fa sì che questa torta venga rotta e che tutti possano mangiarne un po’, anche chi non sa che la torta esiste.

Nel suo cinema spesso le protagoniste sono bambine o ragazze. Penso a Marta (“Corpo celeste”), a Gelsomina (“Le meraviglie”) e Serafina (“Le Pupille”), senza dimenticare Lila e Lenù nella serie “L’amica geniale”. Segue una prospettiva precisa
Non lo so se si può dire questo. A parte che nell’ultimo film, “La chimera”, troviamo una banda di uomini “cattivissimi”, di tombaroli; anzi, c’è una tenerezza verso il “maschilismo”, nel senso che sono uomini che devono essere “maschi” loro malgrado. E poi c’è Lazzaro (“Lazzaro felice”) che è sì un santo, ma anche un uomo. È difficile dunque generalizzare. Forse, se penso al primo film, “Corpo celeste”, è facile cercare la vicinanza allo sguardo della protagonista, una ragazza adolescente: pensavo di conoscerla, magari meglio di come avrei potuto conoscere un ragazzo.

Fare questo lavoro, il cinema, è capire l’altro, guardare con gli occhi dell’altro. Crescendo si ha voglia di raccontare la storia di qualcuno che mai avresti potuto incontrare nella tua vita.

Parlando allora del film “La chimera”, in uscita in autunno, com’è nata la scelta degli attori Josh O’Connor e Isabella Rossellini?
È un film dove ci sono molte persone del territorio. Per “Le Pupille”, ad esempio, abbiamo girato a Bologna, dopo aver cercato tanto anche a Orvieto, ma i vicini di casa sono venuti lo stesso fin lì, per fare delle parti. E così è stato anche per “La chimera”, dove c’è un’unione tra attori internazionali e volti del territorio.

In questo lavoro la cosa più bella è far incontrare persone che altrimenti nella vita non si troverebbero: riuscire a mettere insieme un agricoltore del posto con Josh O’Connor o Isabella Rossellini. È creare dei legami, delle pozioni magiche, tra ingredienti che diversamente non starebbero insieme.

Questa è una grande possibilità, perché è proprio conoscendo chi è diverso da noi che il nostro sguardo può crescere. A ogni mio cast c’è il tentativo di trovare queste combinazioni molto strampalate, che insieme formano un’alchimia…

(Foto Simona Pampallona)

Tra le sue linee di racconto c’è la dimensione popolare, la natura, il sogno, le fiabe, la ricerca della spiritualità. Possiede una marca stilistica puntuale, originalissima, con richiami a Ermanno Olmi. Quali sono stati i suoi maestri?
Sicuramente Ermanno Olmi è stato un grande maestro, ma anche una grandissima persona che ho avuto la possibilità di conoscere e frequentare. Mi diceva sempre che siamo artigiani, non artisti. Un modo per sottrarsi da un pericolo, e al contempo ricondurre tutto a una dolcezza, a una semplicità, nel rapporto con la troupe: è importante creare un affiatamento con la troupe, un coinvolgimento di tutti nel progetto. I rimandi cinematografici comunque sono tanti, anche se a dire il vero i miei riferimenti sono per lo più letterari.

Il cinema è stato da sempre una grande passione, ma essendo cresciuta qui nei dintorni di Orvieto da ragazza vedevo soprattutto un cinema convenzionale. Il cinema di poesia è arrivato dopo, andando in città, nei festival.

La poesia, dunque, nel mio percorso formativo l’ho trovata sempre nella natura e nei libri, nelle letture che facevo. Non a caso questo film, “Le Pupille”, è tratto da una lettera di Elsa Morante. Vorrei aggiungere una cosa: la lettera della Morante termina con le parole “le vie del Signore sono infinite”. Con un po’ di pudore ho preferito indicare “le vie del destino sono infinite”, desiderando aprire un orizzonte più largo ed ecumenico. Ho fatto solo questo piccolo cambiamento alla storia, chiedendo il permesso all’anima di Elsa Morante.

In ultimo, è vero che sta lavorando a una serie sulle fiabe?
Sto lavorando da tanto a un progetto, che è però un po’ troppo grande. Ho una certa paura di iniziarlo. È un’antologia sulla fiaba italiana, che ho già scritto. Ora devo trovare le forze. Credo che si tratti di un “servizio pubblico” che posso fare, perché trovo importante che le nuove generazioni conoscano la fiaba italiana, che non ha né principi né principesse. Ha come protagonista la gente normale, da mugnai a pescatori, dove il magico esce da un fiore che si mette a sanguinare più che da un mostro marino o alato. Il magico, un altro livello della conoscenza, esce dalle cose e mai cala dall’alto, e questo si lega a una forma di spiritualità molto bella che abbiamo ancora: saper vedere l’anima nelle cose. Mi piacerebbe molto lavorare su queste fiabe, ma si tratta di un progetto grande… Quindi adesso mi riposo.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Attualità

All’ombra di un nome perché «spesso una maschera ci dice più cose di un volto» secondo Oscar Wilde.





Pseudonimi di Roberto Cicala Avvenire

«Scrivere è sempre nascondere qualcosa che venga scoperto» è l’idea di Italo Calv plume, Fumettibrutti) ai nomi di copertura dei supereroi dei fumetti fino all’arte con lo street artist Banksy. La casistica delle motivazioni è ampia, come dimostra una ricerca-antologia del Laboratorio di editoria della Cattolica dal titolo All’ombra di un nome perché «spesso una maschera ci dice più cose di un volto» secondo Oscar Wilde.

Il superamento del pregiudizio verso la scrittura delle donne è la causa più frequente nell’800 per salvaguardare la rispettabilità. Louisa May Alcott sceglie per Piccole donne un nome maschile, A.M. Barnard, così come i capolavori delle sorelle Brontë hanno in copertina i maschili Ellis, Currer e Acton Bell: «non ci dichiariamo donne perché ciò che scriviamo non vogliamo che venga fatto rientrare sotto un’etichetta. Vogliamo evitare i pregiudizi». Ma lo pseudonimo può servire anche a denunciare una situazione, attraverso la maschera, come fa Eric Arthur Blair diventando George Orwell, sebbene la scelta sia dettata anche dal desiderio di non far vergognare la famiglia in caso di insuccesso.

Mentre Daniel Pennacchioni diventa famoso come Pennac perché vuole che il suo pamphlet antimilitarista d’esordio non intacchi la reputazione del padre, militare di carriera. Appare invece la scelta di svincolarsi dai meccanismi del mercato editoriale o di alleggerire la pressione della fama quella dell’ideatrice di Harry Potter. La Rowling, che già all’uscita della saga è invitata dall’editore a indicare il suo nome con solo due iniziali per non mostrarsi donna, quando scrive il primo poliziesco si vuol mettere alla prova lasciandosi alla spalle la fama del maghetto e firmandosi Robert Galbraith: tuttavia riceve rifiuti, ma tutto cambia quando svela l’identità effettiva con sette milioni e mezzo di copie in una settimana. Anche il premio Nobel Doris Lessing ci prova e non sono soltanto grattacapi femminili. Stephen King, determinato a superare l’opinione degli editori che il pubblico non smaltirebbe più di un suo libro all’anno, fa uscire quattro romanzi, di buon successo, firmati Richard Bachman. E Agatha Christie usa il nome Mary Westmacott per alcuni romanzi rosa. Il suo segreto durerà quindici anni, mentre quello dell’autrice dello scandaloso Histoire d’O ben quaranta. La poetica talvolta è espressa proprio attraverso un’identità plurima: Stendhal sembra abbia utilizzato 350 pseudonimi nelle lettere e sono 27 quelli del padre del commissario Maigret, per gestire la sua bulimìa di scrittura, forse per quel «tratto profondo di isteria» che ammetteva Pessoa, con vari eteronimi. Ci sono poi pseudonimi come atto di omaggio: alla propria bàlia (Saba) o alla nonna (Moravia) o alle proprie origini (Italo Svevo, che rende ossequio all’Italia e alla Germania insieme) o a un poeta (Neruda) o a un patrigno per dispetto alla madre (Truman Capote). Aveva ragione la Austen. Nel 1813, scrivendo al fratello, l’autrice di Orgoglio e pregiudizio riflette sul suo pseudonimo avendo in mente un fine non secondario della sua scrittura e di ogni professione, ammettendo: «Cercherò piuttosto di trarne, invece che tutto il mistero, tutto il denaro che posso»

FONTE:

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Attualità

CONFINDUSTRIA CASERTA: IL 3 MAGGIO L’ASSEMBLEA PUBBLICA ALLO STABILIMENTO COCA-COLA HBC ITALIA DI MARCIANISE. OSPITE IL FONDATORE DI “EATALY”, OSCAR FARINETTI





CONFINDUSTRIA CASERTA: IL 3 MAGGIO L’ASSEMBLEA PUBBLICA ALLO STABILIMENTO COCA-COLA HBC ITALIA DI MARCIANISE. OSPITE IL FONDATORE DI “EATALY”, OSCAR FARINETTI

Si terrà mercoledì 3 maggio, a partire dalle ore 9,30, l’Assemblea pubblica di Confindustria Caserta. La sede scelta per questo importante appuntamento è lo stabilimento della Coca-Cola HBC Italia di Marcianise, a testimonianza della volontà, da parte dei vertici degli imprenditori casertani, di coinvolgere in maniera diretta le aziende nei momenti associativi più significativi.

“Insieme – Per far crescere il territorio”: è questo il titolo dell’Assemblea. L’intento è quello di rappresentare il valore aggiunto che le imprese generano per il territorio ed è con questo scopo che sarà presentato il primo Bilancio di Sostenibilità di Confindustria Caserta, realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”. Un elemento di grande innovazione, che descriverà in maniera analitica la responsabilità sociale d’impresa, un modo diverso di raccontare l’identità e i valori delle aziende casertane.

I lavori dell’Assemblea, che saranno moderati dalla giornalista di “Sky Tg24”, Ketty Riga, partiranno con i saluti del Direttore Corporate Affairs & Sostenibilità di Coca-Cola HBC Italia e Presidente di ASSOBIBE, Giangiacomo Pierini, del Presidente di Confindustria Campania, Luigi Traettino, e del Rettore dell’Università degli Studi della Campania, Gianfranco Nicoletti. A seguire, ci sarà la relazione del Presidente di Confindustria Caserta, Beniamino Schiavone, e, successivamente, i docenti del Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, Riccardo Macchioni e Clelia Fiondella, presenteranno il Bilancio di sostenibilità di Confindustria Caserta.

Dopo questo momento, sarà la volta dello speech di Oscar Farinetti, imprenditore e fondatore della catena “Eataly”, al quale seguirà l’intervento del Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca. Le conclusioni dei lavori saranno affidate al Vicepresidente Nazionale di Confindustria con delega all’Organizzazione, allo Sviluppo e al Marketing, Alberto Marenghi.

“Stiamo vivendo un momento di cruciale importanza, – ha spiegato il Presidente di Confindustria Caserta, Beniamino Schiavone – caratterizzato da oggettive difficoltà ma anche da grandi opportunità. Abbiamo scelto coesione e condivisione come tema fondamentale attorno al quale organizzare i lavori dell’Assemblea, in quanto crediamo fortemente che solo attraverso valide sinergie tra i principali attori del territorio sarà possibile avviare un concreto rilancio della provincia di Caserta.”.

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)