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Salute: Campania penalizzata più di altre Regioni perché si vive più a lungo?

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de+luca-15x10-sanità-tv-11sanità-15x9-de+luca-precari-no-3Il taglio ci sarà, ma non dovrebbe superare i 50 milioni di euro.

Si è chiusa con questa decisione la conferenza delle Regioni, riunita mercoledì Roma per discutere dei criteri di riparto del fondo sanitario nazionale.
Criteri che, ancora una volta, penalizzeranno la Campania.
A rimarcarlo, al tavolo con gli altri presidenti, è stato il governatore Vincenzo De Luca che non è riuscito a scongiurare il taglio, pur contenendo i danni.
Nella peggiore delle ipotesi, infatti, la Regione avrebbe dovuto rinunciare a 180 milioni.
Così non sarà, ma il tesoretto sottratto alla Campania, pari a -0,5% rispetto ai fondi dello scorso anno, pesa ugualmente come un macigno.
Anche perché per uscire dal commissariamento è indispensabile che la giunta De Luca presenti i conti in ordine.
Tutta colpa dei soliti parametri, quelli alla base della distribuzione delle risorse assegnate dallo Stato alle Regioni.
Il meccanismo attuale prevede che i fondi siano ripartiti secondo il criterio dell’età della popolazione: in questo modo alle Regioni in cui c’è una percentuale più alta di anziani vengono date più risorse.
Un sistema che favorisce soprattutto le Regioni settentrionali a danno di quelle del Mezzogiorno, dove l’età media degli abitanti è decisamente più bassa, che invocano da tempo l’introduzione di un sistema basato su quattro parametri, tra cui il tasso di mortalità della popolazione.
Per la revisione dei criteri se ne riparlerà nel 2016: almeno questo è l’impegno che hanno assunto i governatori accogliendo il pressing di De Luca e degli altri presidenti delle Regioni del Sud ma anche del governatore del Piemonte Sergio Chiamparino, che pure dovrà rinunciare a circa 45 milioni.
“C’è un impegno politico preciso  ha spiegato a tal proposito Chiamparino – nato dalla richiesta delle Regioni Campania, Veneto e altre per rivedere i vecchi parametri tenendo conto del criterio della popolazione, della sua anzianità ma anche di indici di deprivazione sociale e culturale che possono avere effetti sulla sanità.
Accanto a questo, l’obiettivo è intensificare la logica dei costi standard anche per premiare chi, oltre a garantire i livelli essenziali di assistenza, garantisce una spesa efficiente”.
Con la coperta ancora più corta non sarà semplice per De Luca garantire da un lato la tenuta dei conti e dall’altro la qualità dell’assistenza sanitaria.
Ecco perché da settimane l’ex sindaco di Salerno sta sollecitando il governo a nominare il commissario della sanità.
Chi sarà il prescelto? Ipotesi ne circolano diverse: da Massimo Russo, giudice di sorveglianza al Tribunale di Napoli ed ex assessore alla Sanità della Regione Sicilia, a Vincenzo Panella, salernitano di Atena Lucana con una laurea in Medicina alla Federico II, oggi direttore generale dell’Asl Roma D, fino a Norberto Cau, già consulente dell’assessorato alla Sanità nell’era Bassolino, e Giovanni Bissoni, attuale sub commissario alla sanità nel Lazio, mentre non si esclude la conferma di uno dei due subc ommissari, Mario Morlacco ed Ettore Cinque (quest’ultimo favorito).
Nelle ultime ore sull’asse Roma-Napoli gli sforzi si sono concentrati, prima che sul nome, sul profilo del candidato alla poltrona di commissario.
Si è così fatto strada l’orientamento a designare un tecnico della materia più che un magistrato, un prefetto o un esponente delle forze dell’ordine.
Questo perché il prescelto avrà una doppia missione da compiere: da un lato l’attenzione ai conti, dall’altro il rilancio dei servizi per ottenere il miglioramento della qualità dell’assistenza, che mostra livelli ancora preoccupanti e drammatici.
AGENAS: RECORD NEGATIVI. IN CAMPANIA SI RESTA IN CODA PER TAGLI CESAREI, CARDIOLOGIA E INTERVENTI AL FEMORE
Non solo di liste d’attesa e tetti al budget vive la qualità dell’assistenza sanitaria: per malati e famiglie nel percorso a ostacoli per ottenere le cure migliori: contano anche l’esito di ricoveri, terapie e interventi chirurgici.
Dati sensibili, che fanno la differenza quando si tratta di scegliere la struttura e l’operatore ai quali affidarsi.
A mettere in ordine i dati disponibili è il Programma nazionale esiti (Pne), sviluppato dall’Agenas per conto del ministero della Salute, che fornisce valutazioni comparative di efficacia, sicurezza, efficienza e qualità delle cure tra tutte le strutture pubbliche e private del Servizio sanitario nazionale.
Un lavoro di elaborazione di migliaia d’informazioni riguardo a ricoveri, mortalità, durata delle degenze, ed altri parametri salienti provenienti da tutte le regioni.
Dai dati 2014 viene fuori, per la Campania, una mappa luci e ombre con la conferma di storici record negativi – come l’eccessiva percentuale di cesarei sui parti annui e la bassa tempestività dell’intervento dopo frattura del femore, ovvero punte anomale come l’eccesso di mortalità a 30 giorni dopo interventi di valvulo plastica – e un lento recupero su altri indicatori.
In ogni caso è bene chiarire che, come si legge dal sito del ministero, il Pne “non fornisce graduatorie, pagelle o giudizi”.
Quel che è certo è che gli indicatori si concentrano su interventi sanitari di provata efficacia che dovrebbero essere offerti in maniera omogenea, a tutta la popolazione, in condizioni di equità ma documentano un’estrema eterogeneità nell’offerta e nell’accesso alle cure. I
l primo dato sotto i riflettori è l’intervento chirurgico per frattura del collo del femore entro due giorni dal ricovero in pazienti con più di 65 anni.
La tempestività -sottolinea Antonio De Falco, segretario regionale della Confederazione italiana medici ospedalieri (Cimo)- è un beneficio per il paziente ma anche un vantaggio perle casse della Regione.
La percentuale in Italia è passata dal 31% del 2010 al 50% del 2014, però ancora sotto lo standard internazionale (80%)“.
La Campania? Ha recuperato pochissimo: la media è inferiore al 10%.
Il “Santa Maria delle Grazie “di Pozzuoli è fanalino di coda in Italia seguito a ruota dall’ospedale “civile” di Maddaloni.
La migliore performance campana (61%) è del “Moscati” di Aversa, che comunque si colloca in basso nella classifica generale.
Altro record negativo è la percentuale di cesarei: “Un dato storico che non accenna a migliorare in maniera significativa – commenta Maria Triassi, ordinario di igiene alla Federico II che da anni stila il rapporto sulla natalità in Campania – il parto chirurgico rispetto al vaginale comporta maggiori rischi per donna e bambino e dovrebbe essere effettuato solo con indicazioni specifiche. L’Oms afferma che una percentuale superiore al 15% non è giustificata ma si ritiene accettabile il 25-30%“.
In Italia la media scende dal 28.3% del 2010 al 25.7% del 2014.
Standard ancora lontani in Campania pur a fronte di provvedimenti dissuasivi attuati negli anni dalla Regione (tariffe penalizzanti rispetto al parto naturale).
L’eccesso di cesarei – aggiunge Triassi – trova spiegazione anche in precise richieste delle mamme in attesa e nella tendenza degli operatori ad assecondare tali pretese”.
Sarà per questo che la maggiore percentuale di parti chirurgici si registra nelle cliniche private dove quasi mai si partorisce nei fine settimana.
Tra le strutture che effettuano meno di mille parti all’anno la percentuale maggiore di parti chirurgici è di Villa Cinzia (95%) a cui si contrappone l’ospedale San Leonardo di Castellammare che ottiene il dato migliore (14,8%).
Tra le poche strutture che raggiungono la soglia consigliata ci sono il Rummo di Benevento (18,14%) e l’ospedale di Caserta (20,21%) che sono anche poco sotto la soglia consigliata di mille parti l’anno.
Buone le percentuali a Vico Equense (25,33%) e alla Mediterranea (29,32%).
Ariano Irpino, Sapri e Boscotrecase sono poco sopra il 30% di cesarei ma a fronte di poche centinaia di parti l’anno laddove strutture con meno di 500 parti sono considerate poco sicure.
Tra i centri clinici che vantano più di 1000 parti l’anno ci sono la Federico II (44,9%), Villa Betania (23,62%) e Villa dei Platani di Avellino (migliore performance con 16,52% di cesarei).
Passiamo alle valvuloplastiche (sostituzione di valvole cardiache).
Qui c’è un’anomalia: la più alta mortalità d’Italia, a 30 giorni dall’intervento, la detiene la Cardiologia della Federico II (11,5% su 70 interventi) a fronte di una media nazionale di 2,84.
Il dato è falsato – chiarisce il direttore sanitario della cittadella universitaria Gaetano D’Onofrio – molti interventi non sono registrati e riguardano pazienti trasferiti da altri ospedali con cui abbiamo convenzioni (Aversa, Frattamaggiore).
Qui i pazienti poi tornano nella fase post-intervento. Trasmetteremo alla Regione e al Ministero un dossier con i numeri reali e la richiesta formale d’integrazione”.
In ogni caso la miglior casistica in Campania la conquistano l’ospedale di Salerno (1,98% su 462 casi) e la clinica San Michele di Maddaloni (2,38% su 109) seguiti dalla Mediterranea (3,33% su 397), Pineta Grande di Castelvolturno (3,95 su 265), Montevergine di Mercogliano (4,37% su 387).
Quindi il Monaldi (4,41% su 418), il Moscati di Avellino (5,3 su 163) e il San Sebastiano di Caserta (5,82 su 88).
Tra le decine di parametri sotto la lente significativa anche la mortalità a distanza di 30 giorni da un intervento di by-pass aorto-coronarico.
La media italiana è di 2,31%. Sotto l’unità molti ospedali del Nord (Pasquinucci di Pistoia, Lecce, Careggi di Firenze, San Raffaele di Milano, il civile di Brescia e San Matteo di Pavia).
I migliori campani (come per le valvulo-plastiche) sono la San Michele di Maddaloni (2,07% su 340 interventi) e il Ruggi di Salerno (2,24% su 632 casi).
Subito dietro il Monaldi (2,62%), la Montevergine di Mercogliano (2,75%), e il centro della Federico II diretto da Carlo Vosa (3,79% su 191 interventi).
La mia struttura – commenta quest’ultimo – ha il miglior dato grezzo (2,62%), corretto in maniera peggiorativa per lo scarso numero d’interventi.

Manca il personale per farne di più. Qui arrivano tutti pazienti in gravi condizioni, con infarti in atto, e non c’è la possibilità di scegliere”.

 

 

 

(Comunicato Stampa – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)

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