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Lago Patria (NA). Migranti violenti si accoltellano per… un bicchiere di vetro

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Rissa e coltellate per un bicchiere di vetro: due feriti nel centro di accoglienza di via Staffetta a Lago Patria, dove hanno preso alloggio tredici migranti. Gli ospiti della struttura condividono una consuetudine: si usano i bicchieri di plastica per bere le bibite mentre quelli di vetro sono riservati all’acqua. Ma durante la cena di mercoledì sera qualcuno ha infranto le regole e la situazione è precipitata. Omore e Samuel, rispettivamente di 32 e 22 anni ed entrambi della Nigeria, erano a tavola quando Omore prende la bibita e la versa nel bicchiere di plastica, il suo connazionale, invece,ne prende uno di vetro, infrangendo le norme della comunità, e viene richiamato all’ordine. Nasce un’animata discussione. Il 22enne non accetta il rimprovero e sferra uno schiaffo ad Omore che reagisce. Prima parole forti, poi si finisce a colpi di coltello e bottigliate. Solo grazie al tempestivo intervento dei poliziotti del commissariato di Giugliano, coordinati dal primo dirigente Pasquale Trocino, si è evitato il peggio. I due africani, medicati all’ospedale San Giuliano, sono stati denunciati a piedi libero. E adesso è a rischio la loro richiesta dello status di rifugiato politico: si dovrà decidere, dopo quanto accaduto, se accertarla o respingerla. Per ora i due sono stati divisi: Samuel è stato trasferito in un altro centro, mentre Omore è rimasto nella struttura di Lago Patria. Spazi limitati, servizi ridotti allo stretto necessario, clima di tensione per l’appartenenza a etnìe diverse. La convivenza tra immigrati, stipati a decine quando non a centinaia nei centri d’accoglienza, diventa sempre più difficile. L’ultima esplosione di violenza si è verificata in un contesto che tutto sommato si può definire a misura d’uomo, una villetta a due piani dove ci vivono tredici migranti originari della Nigeria, tutti giunti in Italia un mese fa. Al primo piano c’è il televisore, un tavolo, una poltrona e la cucina; al secondo le stanze da letto. “Qui studiano, imparano la lingua italiana e la matematica – racconta uno degli operatori – molti di loro sanno scrivere, hanno una bella grafia. Ci sono ragazzi che nella loro nazione erano fabbri o carrozzieri, altri che invece studiavano. Qui cerchiamo di farli stare a loro agio, ma i tempi per documenti sono lunghi”. Omore e Samuel erano amici. Hanno attraversato insieme il Mediterraneo dalla Libia a bordo di uno dei tanti barconi della speranza. “Ho speso mille dinari (circa 800 euro, ndr) per venire in Italia – racconta Omore -. Io e Samuel abbiamo viaggiato insieme e siamo diventati amici. Ora lui è andato via, in Italia ha la moglie che già diversi mesi fa è arrivata qui e vuole incontrarla”. I ragazzi qui vivono in discrete condizioni. Hanno imparato a cucinarsi da soli, amano gli spaghetti italiani. Tengono puliti la villetta. A controllarli ci sono gli operatori della cooperativa ma anche un 21enne del Senegal, si chiama Oumar. Anche lui è arrivato su un barcone, nel 2011. Ora è mediatore culturale. Nel giuglianese la situazione è ormai esplosiva. Oltre a quella di via Staffetta, ci sono altre dieci strutture che ospitano i migranti: un centinaio per ogni centro. Ex alberghi o addirittura ristoranti che sono diventati dei veri e propri dormitori. Le proteste sono diventate all’ordine del giorno: una vera e propria polveriera, tra le richieste dei migranti e quella dei residenti che non vogliono altri extracomunitari sul territorio. Appena una settimana fa l’ultima clamorosa manifestazione inscenata da oltre 200 extracomunitari all’interno della struttura Di Francia sulla Domiziana per le carenze igieniche, di vivibilità e per il mancato pagamento dei pocket money.

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