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Teano. Anche i romani interravano ‘monnezza’: preziosa però per i nostri archeologi!

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 Scoperto in località Gradavola, porta sud di Teano, un singolare sversatoio di basoli di epoca romana.

Quello che è apparso, seminascosto dalla vegetazione, l’altro giorno, sotto gli occhi di alcuni esterrefatti esploratori che si erano avventurati lungo l’alveo di Rio Misseri (affluente, ridotto a discarica di liquami, di quello che fu l’imponente fiume Savone) è stata una vera e propria “discarica di storia”, costituita da un numero imprecisato di grosse pietre di origine vulcanica, anticamente impiegate per le pavimentazioni stradali. Dall’ubicazione della scoperta e dalle forme di alcune pietre ciclopiche di “leucite”, comunemente chiamata selce, lisce da un lato e cuneiformi sul verso del letto di posa, si è portati a pensare che possa trattarsi di un altro segmento della misteriosa via Adriana, l’anello mancante; del resto, un tratto della stessa strada, fu rinvenuto un anno fa, a meno di cento metri di distanza dal ponte Misseri. La ricercatissima bretella collegava Teano, sorta già nel IV secolo a.C., con l’Appia, in direzione Sessa Aurunca. Nessuno sapeva, probabilmente, fino a questo momento, che fine avesse fatto l’importante diverticolo che legava Teanum Sidicinum al cuore dell’Impero grazie all’Adriana e all’Appia. È fin troppo facile immaginare, invece, dato il luogo del rinvenimento, la Gradavola, due ettari di terreno ancora a rischio di speculazione edilizia (si coverebbe l’idea, in un gruppo di cementificatori, di realizzarvi un ammasso di case) che copre come una coltre troppo leggera un numero non definibile di segni e simboli del glorioso passato romano di Teano, che a “liberarsi” dall’antico basolato possa essere stato un agricoltore del circondario più interessato ad avere sul proprio fondo dissodato alberi da frutto che un relitto di strada, benché romana. L’altra ipotesi, meglio sostenuta dagli esperti di archeologia interpellati per l’occasione, riguarderebbe la possibilità che le pietre da pavimentazione stradale possano essere saltate fuori durante lo scavo delle fondamenta di una delle abitazioni, pure costruite o ampliate, sul tratto viario detto via Seconda Macchina. La cosa sicura è che ha dovuto faticare non poco,impiegando mezzi di notevole forza, l’inquinatore archeologico, per spostare e liberarsi del basolato. A segnalare per primo l’eccezionale scoperta è stato Francesco Zanni, pittore, infermiere, ma soprattutto appassionato di storia antica e che altre volte in passato inseguito a personalissimi rinvenimenti ha avuto modo di consegnare alla Soprintendenza oggetti di eccezionale valore, persino monili in oro, poi esposti nel museo archeologico di via Nicola Gigli a Teano.

(Comunicato Stampa – Archiviato in @TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)

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