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San Bartolomeo in Tuto. Dopo le nozze il crollo e la paura. Don Stefano (parroco): “I feriti forti e fiduciosi”

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“Siamo feriti, ma fiduciosi”. Don Stefano Mantelli, parroco di San Bartolomeo in Tuto a Scandicci, descrive così lo stato d’animo dopo il crollo che sabato 13 gennaio ha trasformato in un incubo quella che era una gioiosa festa di nozze. Il cedimento di un solaio, nella struttura di Giaccherino, vicino a Pistoia, ha coinvolto gli sposi, Paolo e Valeria, che si erano uniti in matrimonio poche ore prima a Scandicci, e molti dei loro invitati. Sul posto sono arrivate 23 ambulanze e due automediche, le persone soccorse sono state 39, molte di loro poi ricoverate in diversi ospedali.

“Un trauma enorme – racconta don Stefano – per chi è stato coinvolto direttamente nella caduta, trascinato nel vuoto, ma anche per chi si è trovato ad assistere, in una situazione che mi hanno descritto come uno scenario di guerra, una situazione psicologicamente molto forte, polvere, urla. Noi all’inizio non capivamo bene, avevamo informazioni filtrate dalle emozioni del momento. L’impatto è stato duro. Pian piano abbiamo iniziato a prendere consapevolezza, parlando con i familiari, con chi era presente. La cosa più importante è stato capire che erano tutti vivi. Più ne parlo con i ragazzi, con le famiglie, più mi rendo conto del miracolo che è stato. Non era scontato, con una caduta da quell’altezza”.

Don Stefano ha trascorso le giornate successive in visita ai feriti: “Ho potuto incontrare diversi di loro, soprattutto nella giornata di lunedì, nei cinque ospedali che ho visitato. Mi sento di dire questo: ho visto in loro un mix di sentimenti, di gratitudine per il dono della vita, di paura, di choc per quello che hanno dovuto vivere. Li ho visti tutti forti, fiduciosi. Questo mi ha molto consolato, mi ha aiutato poterli vedere. Non tutti si reagisce alla stessa maniera, e questo vale anche per loro, ma la gratitudine per il dono della vita l’ho incontrata in tutti. Anzi, forse proprio in chi è stato ferito più gravemente”.

Un altro aspetto molto importante, dice ancora don Stefano, è stato fare comunità: “Domenica pomeriggio abbiamo fatto un momento di preghiera molto bello. La richiesta è venuta da loro, dai ragazzi che erano presenti: ritrovarsi nel nome del Signore. Così i ragazzi si sono potuti rivedere dopo quello che era accaduto: erano presenti anche gli sposi, Paolo e Valeria, alcuni parenti. Gli sposi erano usciti dall’ospedale quella mattina stessa, Paolo era ancora dolorante”. Un filo che si era interrotto e si è riallacciato: “La festa si era interrotta in modo così drammatico. Rivedersi dopo l’accaduto, nella stessa chiesa dove il matrimonio era stato celebrato, ancora addobbata con i fiori, è stato un momento molto significativo, molto bello per tutti e non c’era altro luogo dove potevamo farlo. Abbiamo sentito la presenza di Maria vicino. La vicinanza di Maria sotto la croce, personalmente l’ho percepita in maniera molto forte”.

Ovviamente, spiega ancora don Stefano, non manca neppure il dolore, lo sconcerto. “L’interrogativo che tutti noi abbiamo, che molti mi hanno ripetuto, è perché sia successo tutto questo. Fra l’altro, a una famiglia molto presente in parrocchia, che frequenta assiduamente il Cammino Neocatecumenale. Gli interrogativi da un punto di vista razionale ci sono, ma cercare risposte facili non serve, ora è più importante lasciare che le domande parlino. Però sappiamo che Maria era presente, come lo era sotto la croce del Figlio”.

Don Stefano non trascura neppure l’aspetto psicologico che un evento del genere può provocare. “Abbiamo chiesto un sostegno psicologico attraverso diversi canali. Uno è quello della Asl, per attivare interventi rivolti a chi è ricoverato in ospedale. Abbiamo richiesto anche l’intervento dell’associazione Emdr, che utilizza un metodo per il trattamento di problemi legati a eventi traumatici. È importante attivare questo tipo di aiuto, i ragazzi lo chiedono”.

E gli sposi, come vivono questa situazione? “Paolo e Valeria sono dispiaciuti per tutto quello che è successo ma anche fiduciosi. Ci siamo visti e sentiti più volte, loro stessi sono andati a visitare gli amici, a trovare le persone in ospedale. Certo gli ci vorrà del tempo anche per elaborare tutto questo. Quello che ho detto loro è che c’è un sacramento che li ha uniti. Anche se quello che avrebbe dovuto essere il giorno più bello si è trasformato in questo giorno difficilissimo per loro, il sacramento c’è, la presenza del Signore c’è”.

 

(Precedentemente pubblicato su Toscana Oggi)

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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