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Devastato il carcere per un permesso negato Caos a Santa Maria Il recluso voleva visitare il fratello ferito da un proiettile a Capodanno / Servizi di Biagio Salvati

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Devastato il carcere per un permesso negato Caos a Santa Maria
Il recluso voleva visitare il fratello ferito da un proiettile a Capodanno

di Biagio Salvati

 

Forti momenti di tensioni e proteste, diversi danneggiamenti di suppellettili e arredi ma senza aggressioni fisiche. Nella tarda mattinata di ieri, nel reparto Volturno della casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere «Francesco Uccella», per quasi tre ore si è tornati a quel 6 aprile del 2020, quando nel periodo Covid scoppiò una rivolta dei detenuti sfociata con pestaggi e aggressioni ai danni dei reclusi da parte degli agenti penitenziari. Per quei fatti oltre cento, divise finirono sotto processo che riprenderà davanti alla Corte di Assise l’8 gennaio. Fortunatamente, questa volta, l’azione tumultuosa è rientrata nel primo pomeriggio grazie anche alla gestione degli agenti penitenziari e all’intervento sul posto del magistrato Marco Puglia. È stato proprio un permesso negato dal giudice di Sorveglianza a un detenuto, che aveva chiesto di andare a trovare il fratello in gravi condizioni all’ospedale di Caserta, a provocare l’agitazione da parte di alcune decine di reclusi, che hanno voluto «solidarizzare» con il loro compagno di reparto inscenando la protesta, a quanto pare neanche richiesta dal detenuto che si è visto negare il permesso.

LE BARRICATE

Una quindicina di reclusi, che poi sono diventati poco più di cinquanta, si sono prima barricati al terzo piano del reparto, poi danneggiando oggetti e arredi al piano terra: sono state distrutte scrivanie, alcuni computer, assaltata l’infermeria e svuotata la cassetta dei medicinali. La protesta è rientrata solo dopo l’arrivo del magistrato di Sorveglianza e la successiva trattativa. La richiesta di permesso era stata avanzata dal detenuto Luigi Nebbia, il cui fratello Emanuele è stato ferito alla tempia da un colpo di pistola, esploso la notte di Capodanno: non un colpo vagante, dicono gli investigatori, ma un agguato legato agli ambienti della droga sul quale sta indagando la Dda per tentato omicidio aggravato. Il ferito è in gravissime condizioni al nosocomio ma fino a ieri non era stata ufficialmente dichiarata la morte cerebrale. Il magistrato aveva chiesto del tempo per valutare la richiesta, il detenuto non voleva invece attendere e ha iniziato a protestare da solo; quindi, intorno alle 13, avrebbe riferito la circostanza ad altri detenuti e tutti insieme si sarebbero asserragliati al terzo piano del reparto, chiudendo le porte e impedendo agli agenti penitenziari di entrare. Il gruppo ha provocato parecchi danni, fin quando verso le 15.30 è giunto il magistrato di sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere Marco Puglia, che con il vicedirettore del carcere Marco Casale (la direttrice Donatella Rotundo in questo periodo è in ferie) ha iniziato la trattativa con i detenuti; dopo alcune decine di minuti la protesta è rientrata. Nelle prossime ore si valuterà il possibile trasferimento del detenuto e degli altri reclusi che si sono barricati in sezione. Alcune sigle sindacali come Uilpa, Sappe e Fp Cgil, hanno riferito l’accaduto chiedendo un «approccio concreto per affrontare le criticità del sistema carcerario» sottolineando le difficoltà dell’esiguo numero di agenti in un carcere che conta 950 persone recluse.
Per Lucia Castellano, Provveditore generale delle carceri campane, «una volta individuati i facinorosi, non solo andranno puniti ma dovranno anche risarcire i danni all’Amministrazione penitenziaria. Si tratta di azioni ha aggiunto che danneggiano gli stessi detenuti le cui esternazioni emotive e anche in stile quasi camorristico penalizzano future richieste di permessi, licenze e altro». Sulla vicenda è intervenuto anche il Garante regionale dei detenuti, Samuele Ciambriello: «Una protesta di un singolo che ha avuto la solidarietà di un paio di compagni di cella ma nessun ferito e nessun agente sequestrato o aggredito. La situazione è rientrata grazie a un’importante mediazione del magistrato Puglia – sottolinea mentre la vicenda è rimasta circoscritta a un reparto, il Volturno, dove una cinquantina di detenuti sono coinvolti in progetti avanzati di trattamento e di inclusione socio-lavorativa». Ciambriello ha parlato anche di «procurato allarme che non aiuta la comunità penitenziaria» in quanto all’inizio i sindacati parlavano di 250 persone coinvolte. Un altro fratello di Nebbia, Diamante è ai domiciliari per aver tentato di introdurre un drone con 1 chilo e trecento grammi di droga e dei telefonini lo scorso luglio ed è stato condannato a dicembre a 6 anni.

 

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“Rivolta” con danni per permesso negato «Interventi urgenti»
Disordini nel reparto “Volturno” del carcere di S. Maria Capua Vetere

LE TENSIONI

A tre giorni dalla ripresa del processo d’Assise sui pestaggi nel carcere di Santa Maria Capua Vetere – avvenuti 3 anni e nove mesi fa e per i quali sono imputati oltre cento agenti penitenziari – ieri, nel penitenziario sammaritano, si sono vissuti momenti di tensione per una protesta innescata all’inizio da una quindicina di detenuti. L’azione tumultuosa è culminata con diversi danneggiamenti agli arredi ma non si sono registrate aggressioni fisiche, dopo una gestione professionale degli interventi da parte della Polpen e l’intervento sul posto del magistrato di sorveglianza, Marco Puglia. All’origine della “rivolta” la richiesta di un permesso negata a un detenuto, Luigi Nebbia, che aveva chiesto al giudice un permesso per fare una visita in ospedale al fratello Emanuele, il 26enne colpito da un colpo di pistola alla tempia la notte di Capodanno per un presunto regolamento di conti negli ambienti dello spaccio di droga, che ha una piazza molto attiva a Santa Maria Capua Vetere. Sono stati comunque momenti di tensione altissima che hanno riportato alla mente gli episodi del 2020 alimentando una serie di interventi di diverse sigle sindacali della polizia penitenziaria che lamentano sia il sottodimensionamento degli agenti nel carcere sammaritano, che la necessità di interventi legislativi mirati, anche con strumentazione adatta, a tutela del corpo penitenziario e per scongiurare episodi come quelli che sono accaduti ieri. Nel carcere sammaritano, terza in Campania per numero di detenuti, ad oggi sono ospitati 950 detenuti su 818 posti regolamentari. Un numero alto e spesso difficile da gestire per i poco meno 500 agenti penitenziari che prestano servizio in numero sottodimensionato come hanno sottolineato ieri i sindacati di Uilpa, Sappe e Fp Cgil tra le sigle che hanno anche diffuso le prime notizie sulla rivolta. L’episodio riporta alla ribalta della cronaca ancora una volta il carcere già tristemente noto per le violenze degli agenti penitenziari ai danni di detenuti il 6 aprile 2020, ora al vaglio di un maxi-processo con 105 imputati (quasi tutti poliziotti, funzionari del Dap e qualche medico Asl in servizio al carcere). Processo che si celebra peraltro nella vicina aula bunker del penitenziario e che riprenderà l’8 gennaio. Rispetto a quasi quattro anni fa oggi agenti e detenuti non sono entrati in contatto. Come allora però è stato ancora il magistrato di sorveglianza Puglia a intervenire: nel 2020 fu tra i primi a scoprire le violenze. Ieri è stato decisivo nel farle rientrare. Questa volta il magistrato ha chiesto del tempo al detenuto per valutare la richiesta ma Nebbia non voleva attendere e ha iniziato a protestare.

LE REAZIONI

Per i rappresentati dell’Uspp «è giunto il momento di inasprire le pene e di togliere i benefici di legge ai detenuti che si rendono protagonisti di aggressioni e rivolte», mentre As.p.pe-con.si.pe a nome di Claudio Marcangeli e Luigi Castaldo sottolinea che «i tanti progetti messi in campo per i detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere non hanno frenato gli atteggiamenti violenti e aggressivi nei confronti degli agenti che dal 2021 sono oggetto di attacchi e di processi per aver sedato le rivolte dell’epoca e alcuni ancora sospesi dal servizio».
Il segretario generale della Uilpa Gennarino De Fazio, invece, sottolinea che «bisogna passare ai provvedimenti concreti; servono subito un decreto carceri che affronti l’emergenza deflazionando la densità detentiva e rinforzando tangibilmente gli organici mancanti di oltre 18mila unità». Per Donato Capece del Sappe, si tratta di «eventi comunque già ampiamente da noi preannunciati a testimonianza della tensione che da mesi si vive nelle carceri: chiediamo un sopralluogo tecnico da parte del Provveditorato e una visita ispettiva da parte dell’Asl per valutarne l’idoneità sotto il profilo dell’igiene e della sicurezza dei luoghi di lavoro».
Le sigle sindacali, allargando l’argomento, avanzano anche una richiesta per «un intervento del Governo finalizzato all’allontanamento dei ristretti psichiatrici presso strutture idonee con trattamento sanitari appropriati e contestualmente adottare misure alternative premiali per quei ristretti che hanno dimostrato un adattamento al percorso rieducativo in carcere». «Per i restanti reclusi promotori di rivolte – chiedono ancora Marcangeli e Castaldo – si proceda con l’allontanamento dalla vita in comune e con la chiusura dal regime aperto, visti i gravi rischi che incorre il personale di Polpen in prima linea non munito di strumentazione idonea alla difesa, a tal proposito sarebbe auspicabile dotare i poliziotti del taser»

 

 

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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