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Caiazzo prima del ‘memorial Iovinelli’ e dopo S.Anna onora S.Pantaleone: si scioglierà (a+48°) il suo sangue?

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Messa vespertina (ore 19) e bacio della reliquia fungeranno, anche quest’anno, da “continuum” tra l’edizione forse più sgangherata della fiera (pardon: mercato) della Maddalena e quella forse meno ricca del festival (pardon mero memorial: “ricordando”) Jovinelli, dedicato al famoso impresario teatrale, di origini caiatine, cui fra l’altro si deve l’esistenza dell’attuale teatro romano “Ambra Jovinelli” (secondo la leggenda Ambra potrebbe essere stato il nome della sua “spasimata” ma per conoscere la storia dell’impresario caiatino sarebbe opportuno leggere il libro di Teresa Di Sorbo)

Continuità negli anni passati assicurata da festeggiamenti liturgici anche solenni in onore di san Pantaleone – patrono di medici e ostetriche – in Caiazzo, città in cui tuttora è venerato il frate, poi santificato grazie a una vita mistica quanto esemplare, ricordato dalla chiesa proprio il 27 luglio. 

Giorno del suo trapasso, nel quale storicamente alcune stille di sangue del santo, preziosamente custodite nel duomo caiatino (nella storica foto in alto il rito del bacio) come in quello di Ravello, in provincia di Salerno, e in altri templi sparsi per il mondo, soprattutto in Spagna, accennano alla liquefazione, fino allo scioglimento, come testimoniato da alcuni rispettabili caiatini, peraltro laici, sulla falsariga di quanto si verifica per il sangue di San Gennaro, sempre in ricorrenze cicliche, nel duomo di Napoli.

E ci sono ottime ragioni, quest’anno, con la temperatura schizzata anche oltre 48 gradi centigradi, pari a circa 120 Fahrenheit, per auspicare anche in Caiazzo l’evento miracoloso della liquefazione: se non ora, quando?!

In attesa del “memorial” Jovinelli, dunque, riflettori concentrati sui festeggiamenti liturgici in onore di San Pantaleone, del quale delineiamo la proba figura attingendo al sito web settoriale “Santi e Beati“:

Pantaleone Martire, santo (sec. IV). Uno di quei santi la cui popolarità fu tanto grande in Occidente quanto in Oriente.

La sua Passione greca, che non ha purtroppo nessun valore storico, ebbe numerose versioni latine, oltre a traduzioni nelle diverse lingue orientali.

Il racconto ci riferisce che Pantaleone era nato da madre cristiana, ma non era stato battezzato; aveva iniziato una brillante carriera medica quando un prete gli rivelò la potenza di Cristo, medico dell’anima e del corpo.

Convertitosi alla fede cristiana e fiducioso da allora nell’efficacia della preghiera, compì parecchi miracoli, guarendo in particolare un giovane morso da un serpente e ridando la vista a un cieco.

Denunciato probabilmente da alcuni colleghi invidiosi dei suoi successi, comparve dinanzi all’imperatore (Galerio), che lo sottopose a un’ordalia per verificare i suoi doni di taumaturgo; poco convinto, a quanto pare, dal buon esito della prova, l’imperatore consegnò il santo ai carnefici.

Dopo torture tanto numerose quanto “raffinate”, Pantaleone fu infine decapitato un 27 luglio (forse dell’anno 305).

Quando il martire ebbe terminato la sua ultima preghiera, i testimoni dell’esecuzione udirono venire dal cielo una voce che diceva: «Il suo nome non sarà più Pantaleone, ma Pantaleemone (dal greco Pantaleémon, cioè ‘colui che è misericordioso verso tutti‘)“.

Il culto di Pantaleone è molto antico; il santo compare sia nel gruppo greco dei medici “anargiri” sia nel gruppo occidentale dei Quattordici Intercessori (o Quattordici Ausiliatori).

A Costantinopoli gli fu dedicata una chiesa da Giustiniano nel VI secolo; nella medesima epoca gli furono intitolati un monastero di Gerusalemme e un altro nel deserto del Giordano.

Dall’Oriente il culto passò in Italia; a Roma, Pantaleone era il patrono di tre chiese. È inoltre patrono della diocesi di Crema.

Venezia si mostrò ancora più ospitale verso il martire di Nicomedia: sulla laguna, Pantaleone era così popolare e il suo nome così diffuso che fini con designare il veneziano tipo nella commedia italiana.

A tale circostanziata descrizione aggiungiamo che da alcuni lustri, grazie all’interessamento e alla generosità di alcuni caiatini particolarmente fedeli al santo, nonché al fervido impegno del parroco pro tempore monsignor Antonio Chichierchia – cui intanto è subentrato don Antonio Di Lorenzo, le spoglie del santo, espressamente traslate da un monastero partenopeo, giacciono nella cappella dedicata al Santissimo Sacramento, internamente al duomo, intanto assurto al titolo di basilica minore, ove sono molto venerate dai devoti, spesso provenienti da fuori Regione e talvolta anche da oltre gli italici confini.

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