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Caiazzo 78 anni dopo onora la prima vittima dei soldati tedeschi: testimonianza della fucilazione

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Domenica 3 ottobre, su iniziativa della locale sezione dell’associazione “Combattenti e Reducidi Guerra”, nella piazza della frazione SS. Giovanni e Paolo sarà deposto un serto per onorare la memoria di Angelo De Masi (nella foto qui accanto), prima vittima civile dei soldati tedeschi in ritirata, freddata esattamente 78 anni fa.

Grazie al medesimo sodalizio presieduto da Enrico D’Agostino, siamo in grado di divulgare i dettagli di sì efferato eccidio grazie alla testimonianza diretta, in gran parte acquisita dal figlio che lo accompagnava:

Testimonianza diretta (acquisita nel 69° anniversario)

Nelle nostre zone, una delle prime vittime a pagare il tributo di guerra è stato Angelo De Masi, artigiano di anni 45, di Caiazzo.

Si era nei primi di ottobre del ’43 quando i soldati tedeschi in ritirata, a seguito dell’armistizio dell’Italia, continuavano a rastrellare uomini validi, onde servirsene sulla linea difensiva di Cassino ove si stavano arroccando per ritardare il più possibile l’avanzata alleata, già sbarcata a Salerno prima (09-09-1943), e a Napoli, poi (01-10-1943).

Era esattamente il 3 ottobre quando Angelo De Masi, rifugiato in quei giorni, per sfuggire alla cattura dei tedeschi presso la famiglia Rossetti, imparentata coi nonni paterni, in una masseria nelle vicinanze del Convento di Alvignanello, dove ancora oggi si festeggia il Lunedì dopo Pasqua, volle recarsi per un controllo, presso la sua dimora ove abitualmente lavorava e che si trovava presso Caiazzo.

E così di buon mattino, in quella tiepida domenica di ottobre, accompagnato dal figlioletto di anni dodici (che tutti chiamavano Stefano, avendo avuto questo secondo nome in omaggio ad uno zio materno emigrato negli Stati Uniti nel 1925 e lì, poi, deceduto nel 1970), attraverso il Bosco Calai, tra viuzze, sentieri e scorciatoie, raggiunse la località alla periferia di Caiazzo, denominata, secondo la toponomastica cittadina, ancora oggi in uso, Via Cozzi che trovasi esattamente, venendo da Caiazzo, tra l’incrocio per SS. Giovanni e Paolo e la Nazionale (oggi provinciale, ndr.) Sannitica che conduce a Ruviano, Amorosi, Telese.

Le strade erano deserte completamente. Non c’era anima viva.

Trovò l’abitazione, come altre volte, in disordine; un’ala della stessa che tuttora affaccia su Caiazzo, diventata sporadica sosta di soldati tedeschi, prima, e degli Alleati, poi, era già in buona parte crollata; l’altra ala che affaccia verso la contrada S. Lucia – Ruviano, era in uno stato precario, ma ancora abitabile in parte.

Angelo De Masi prelevò dallo scantinato un boccione di vino e, prima di far ritorno al rifugio presso Alvignanello dalla famiglia Rossetti, volle passare per il borgo di S. Giovanni e Paolo per salutare la sua famiglia (la moglie Mariuccia, le tre figlie ormai grandicelle Giovanna, Ersilia ed Angela, che erano
presso le Suore “Pie Venerini”, a pochi metri di distanza dai nonni paterni, e l’ultimo figlioletto Gigino di appena cinque anni) rifugiata presso i suoi genitori anziani.

Giunto nelle vicinanze della piazzetta antistante l’ingresso della borgata, circa 300 metri prima della curva dopo la masseria denominata “Frumale”, allora di proprietà della distinta famiglia Puorto che abitava a Caiazzo, oggi appartenente al signor Antonio Sangiovanni, una donna improvvisamente sbucò da una siepe avvertendo che poco più avanti, nella piazzetta, c’era un camion dei tedeschi con un gruppetto di uomini catturati, e sorvegliati da un soldato armato, ed altri soldati in giro in cerca di uomini.

Cambiammo strada; e tra sentieri, viottoli e cespugli, ci trovammo dopo circa mezz’ora (erano le 15,15 circa) nelle vicinanze di un’aia di una masseria alla periferia della frazione che affaccia su Caiazzo, proprio mentre erano arrivati qualche istante prima e dal lato opposto due soldati tedeschi armati i quali, senza scomporsi, liberarono me e catturarono mio padre, conducendolo subito nella piazzetta dove era il camion con un altro gruppetto di uomini già raccolti.

E fu proprio lì che si consumò la tragedia.

Ad un certo momento uno del gruppo, approfittando di un attimo di distrazione della sentinella, saltò il limite della strada, a destra guardando l’ingresso al borgo, e trovò subito riparo dietro il muro della casa che per anni è stata adibita ad Ufficio Postale.

Non fu così per mio padre che, eludendo la sorveglianza del soldato, fuggì dal lato opposto, a sinistra guardando l’ingresso al borgo, ma purtroppo in salita; avrebbe anch’egli trovato riparo dietro il muro dopo qualche metro, ma non riuscì in quanto fu freddato con il fucile mitragliatore cadendo sul selciato, una stradina, allora mulattiera che si inerpica su un’altura circostante.

Ciò avvenne a pochi metri di distanza (circa cinquanta) dalla Chiesetta delle Suore “Pie Venerini”.

Questo è quanto è stato raccolto, poco dopo, da credibili testimonianze.

Erano le 16,45 circa. Rimase alcune ore a terra finché la pietà delle suore e di qualche volontaria non provvidero a far deporre il corpo in una bara di fortuna che un anziano falegname del posto riuscì a completare.

Fu poi trasportato nella vicina Cappella delle Suore e da noi familiari sorvegliato fino a notte inoltrata.

L’indomani, 4 ottobre, espletate le pratiche, sempre ad opera delle brave suore e di qualche volontaria, la bara fu trasportata da sole 4 donne dalla Cappellina delle suore al cimitero di Caiazzo distante circa 3 Km.

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