Piedimonte Matese. Toccanti parole del vescovo ai funerali dell’operaio morto sul cantiere ‘ecclesiastico’

sono queste le parole usate dal vescovo della diocesi di Alife-Caiazzo Valentino Di Cerbo in apertura della sua omelia ai funerali del povero operaio 48enne rimasto ucciso sabato scorso dal crollo del ponteggio dinanzi la basilica di Santa Maria Maggiore, insieme al collega Antonio Atzeri, 56enne di Casoria.

Due funerali celebrati in contemporanea a diversi chilometri di distanza ma uniti dagli stessi sentimenti di dolore, cordoglio e costernazione che hanno accomunato le diverse comunità di Gioia Sannitica e di Casoria, ma anche di Piedimonte Matese e di San Potito Sannitico dove le due vittime non solo erano nate ma vivevano con le rispettive famiglie e lavoravano fino a quel drammatico pomeriggio di sabato quando una tragica fatalità ne ha reciso il filo della vita che li teneva legati al mondo terreno.

Tantissimi gli amici ed i semplici conoscenti che si sono voluti stringere intorno alla moglie Maria Antonietta Palmieri, ai figli Denise e Manuel, al papà Liberato, alle sorelle Vittoria e Rosalba, al fratello Carlo, alla suocera Marcella e ai parenti tutti per testimoniare loro la vicinanza e per rendere l’estremo saluto ad Albino Tammaro, il cui feretro era giunto poche ore prima in un santuario di San Liberato, nella frazione Calvisi, gremito fino all’inverosimile di persone tanto che in parecchi sono stati costretti a seguire le esequie dal sagrato e dalla strada antistante la chiesa.

In prima fila i sindaci di Gioia, Michelangelo Raccio, e di San Potito, Francesco Imperadore, che hanno partecipato, in rappresentanza delle rispettive comunità a lutto, al rito funebre celebrato dal vescovo affiancato dai parroci gioiesi don Ferdinando Stocchetti e don Giuseppe Oropallo e piedimontesi don Andrea De Vico e don Emilio Meola.

Il pastore diocesano, nel corso dell’orazione, ha definito la giornata dei funerali come quella di sabato, quando è accaduta la tragedia, come “un lungo giorno di dolore intenso“, soffermandosi sul concerto della “morte che è un mistero grande, essa ha un senso guardando Gesù, la vita ha un senso come la morte per noi cristiani, la morte è una nuova nascita.

Cammina con noi e tra noi, in una vita così difficile è vicino alle nostre domande, alla nostra disperazione Ci invita ad andare oltre“.

Quindi Di Cerbo ha rivolto un messaggio ai familiari dell’operaio della ditta Alma Service morto sul lavoro:

“Albino è qui, è presente, ci ascolta, anche se il suo corpo adesso è senza vita. Non chiudetevi in voi stessi e nel vostro dolore, non lasciatevi alla nostalgia.

Maria vi incoraggi a no chiudervi nel dolore. Ogni vita che muore è una vita che risorge“.

Infine, un passaggio inevitabile sullo stillicidio di accuse e veleni che da giorni sta subendo la curia, “polemiche inutili e di cattivo gusto -ha tuonato il Vescovo- per noi sono stati giorni di lacrime, lacrime che si aggiungono a quelle di Dio“.

Al termine della messa, la bara portata a spalla del 48enne è uscita dal santuario tra due ali di folla in un silenzio mesto rotto solo da lacrime e singhiozzi, dirigendosi verso il cimitero in un paese listato a lutto.