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Quando finirà la guerra…

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Il quadro “Perché?”, raffigurante una coppia ucraina che fugge disperata dai bombardamenti con il bimbo morente tra le braccia – donato dal pittore chioggiotto Amedeo Signoretto il 22 febbraio 2023, nel primo anniversario dell’assurda tragica invasione russa, perché quando fosse finito il conflitto venisse trasferito definitivamente al Museo diocesano – è invece ancora lì, appeso alla parete nord della chiesa quattrocentesca di San Pieretto (SS. Pietro e Paolo, proprio di fronte alla cattedrale di Chioggia), davanti al grande crocifisso che accoglie in sé tutti i dolori e le croci del mondo, quelle della guerra, soprattutto, in questa epoca buia in cui le armi crepitano troppo forte e micidiali in troppe zone del mondo. Fino a quando vi resterà quel quadro eloquente, commovente e inquietante? Vi sono rappresentati anche tutti gli altri drammi dell’est e dell’ovest, del sud e del nord, poiché ovunque si consuma la tragedia della guerra con il dolore lancinante di madri e di padri che perdono i figli o di figli che perdono i genitori, e di quanti continuano a sperare – purtroppo ancora spesso inutilmente – in un mondo di serenità e di pace. Dovrebbe restarvi sempre, quel quadro, accanto al crocifisso perché chissà quando cesseranno le violenze fratricide nei popoli e tra i popoli del mondo. Eppure speriamo che possa finalmente riposare in un Museo, per essere solo contemplato da visitatori e non per dover essere motivo di supplica accorata a Colui che, solo, può salvare dalla morte, Colui che adoriamo, in questa Ottava di Pasqua, Risorto per sempre: il Crocifisso risorto, che nella nostra chiesa-santuario di San Domenico – dove per molti mesi fu ospitata la straordinaria Mostra internazionale tridimensionale e iperrealista sulla Sindone, documento eccezionale di morte-risurrezione – veneriamo da sempre nella “domenica in albis”, denominata solo di recente da papa Giovanni Paolo II “Domenica della Divina Misericordia”, ma a Chioggia sempre vissuta come il trionfo della Vita sulla Morte, il trionfo del Perdono sul peccato, della Misericordia sulla umana miseria, sulle povertà di ogni genere, ancor più su quelle morali che macchiano dolorosamente la convivenza degli uomini e dei popoli; della Speranza, appunto, sulla disperazione che affligge ora – come non mai, si direbbe; ma la storia dell’umanità è sempre piena di queste miserie – tanti lontano da noi e tanti così vicini.
Come finirà la guerra di aggressione di Putin contro Kiev (ora finalmente anche lui si onora di chiamarla “guerra”!…)? Me lo chiedeva anche un nostro bambino qualche giorno fa, egli pure angosciato dalle continue notizie di morte e distruzione. Si profila una conclusione in qualche modo scontata fin dall’inizio, nonostante l’eroicità del popolo aggredito: con i ritardi (calcolati?) dei rifornimenti dell’Occidente e con l’attrito (calcolato!) dell’Orso rosso, la resistenza rischia di ridursi ad accettare le inaccettabili condizioni dell’aggressore. E come finirà la guerra Israele-Hamas? Ce lo chiediamo tutti poiché nessuno sa ancora rispondere. Purtroppo, occorre dire, come si è intuito da subito, che il popolo d’Israele ha avuto in sorte – in questa fatale circostanza – di avere a capo il peggiore comandante che si potesse pensare, poiché – anche gli ultimi episodi (l’attacco mirato all’ambasciata iraniana in Siria; l’”errore” dell’uccisione dei volontari a Gaza, ecc., lo dimostrano) – Netanyhau sembra non volersi fermare mai, nonostante sia sempre più isolato da masse crescenti della sua stessa popolazione che lo vuole deporre, oltre che a livello internazionale. Altri venti di morte soffiano violenti in tante altre parti del mondo – lo sappiamo – ma questi ci colpiscono più da vicino, tanto che ormai ci si prepara ad un possibile precipitare della situazione anche a casa nostra. Anche noi siamo coinvolti: le prossime elezioni europee – condizionate certamente dalle vicende internazionali, oltre che subdolamente dalla guerra cibernetica già avviata dalle potenze ostili – potranno offrire un quadro migliore? Anche questo fa parte della speranza che deve continuare ad animarci perché possiamo essere portatori di speranza anche altrove, dove già si soffre troppo senza prospettive.

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