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Attualità

*La damnatio memoriae di Bergoglio* di Vincenzo D’Anna*

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*La damnatio memoriae di Bergoglio*

di Vincenzo D’Anna*

Ci risiamo. Oltre Tevere cala nuovamente la mannaia del dittatore: il Papa gesuita. Quello con l’aspetto del “piacione”, della semplicità sorridente e pacifica, che si offre compiaciuto alla stampa, facendo cadere ogni impronta ieratica e di santità, ha mostrato il suo volto arcigno e vendicativo. Dopo aver punito a dovere vari cardinali, colpevoli di essere considerati “conservatori”, ossia non in linea con la linea pastorale e dottrinale bergogliana, eccolo proseguire nell’opera persecutoria alzando il tiro contro il suo predecessore Ratzinger. Francesco promuove una chiesa sì “accogliente”, ma solo a coloro che accettano  passivamente le sue svolte “progressiste”. Poca compassione, invece, mostra nei confronti di quanti hanno sollevato forti perplessità sulla comunione ai divorziati, sulla rivalutazione delle tesi luterane, sulla carenza di spiritualità della pastorale, sulla benedizione alle coppie omosessuali. Insomma il Pontefice argentino si sbarazza di coloro che nella curia non si mostrano muti astanti innanzi agli strappi ed alle devianze dottrinali. Alcuni sono stati addirittura rimossi dagli incarichi ricoperti e sostituiti con quelli più in sintonia con la linea papalina. Ecco allora cadere le teste di Antonio Cañizares, Mauro Piacenza, Tarcisio Bertone, Sean O’Malley, dell’olandese Eijk e del cinese Zen. Altri sono stati sospesi dallo stipendio e dai benefici connessi allo status di  porporato, come accaduto con i cardinali Burke e Becciu, quest’ultimo processato e condannato, per la prima volta nella storia, da un tribunale laico. Ma il vero capolavoro di astuzia politica  di Francesco è stato l’uso che egli ha fatto del Concistoro, il Collegio entro il quale il Papa può nominare, motu proprio, i nuovi cardinali e che poi è chiamato ad eleggere il nuovo Papa sotto le volte dei maestosi affreschi di Michelangelo della Cappella Sistina. Quella specie di parlamentino porporato è composto da ben 242 cardinali dei quali solo 137 votano, non avendo ancora raggiunto “l’ingravescente aetate” il limite di età, cioè, che impedisce loro di essere elettori. I numeri stessi sono eloquenti per affermare che Bergoglio – scegliendone 142!! – ha posto una ipoteca numerica per decidere il nome del futuro Vescovo di Roma, che abbia il compito di continuare a seguire nella Chiesa la sua impostazione ideologica. Sissignore, ideologica più che teologica, per un Papa che ha sacrificato e circoscritto il proprio ruolo,  al pauperismo, alla multireligiosità, al progressivo allentamento della dottrina ed alla secolarizzazione, alla teoria socialista della liberazione nel campo della dottrina sociale, alla spoliazione di ogni sacralità nella figura del pontefice romano. Insomma: un continuo modernismo, una revisione “emancipante” e relativistica del credo dei cattolici e della secolare missione ecumenica dei discendenti di Pietro. Sentendosi vecchio e vicino al traguardo della vita, Francesco, con tipica astuzia gesuitica, cerca di garantire ai posteri la continuazione di una destabilizzazione lenta e costante di quella che fu la Chiesa nei secoli. Quella Chiesa che pure nei suoi momenti più bui della simonia, della santa inquisizione, delle lotte tra le famiglie nobili che aspiravano al sacro soglio, mai aveva scarnificato precetti e tradizioni e che pure aveva saputo conservare ed affermare le radici cristiane alla nazione europea e da questa a quelle dei mondi nuovi che sarebbero sorti in seguito. Inutile rimarcare che di cardinali elettori italiani, francesi, irlandesi, statunitensi, tedeschi e canadesi, in Concistoro sia rimasta una sparuta rappresentanza per diminuire l’importanza ed il peso di questi sulle future scelte in conclave. Ma al peggio in Vaticano non sembra esserci mai limite. E così dalle purghe e dalle liste di  proscrizioni, si è passati ad un altra pratica in uso nella antica Roma quando le lotte per il potere raggiungevano l’apice della vendetta. Parliamo della cosiddetta “damnatio memoriae” l’usanza che taluni imperatori oppure il Senato stesso utilizzava per cancellare dalla storia e dal ricordo coloro che venivano ritenuti, anche postumamente, indegni per la gloria dell’Urbe e che per questo dovevano semplicemente sparire. Venivano quindi rimosse le teste delle statue erette in loro onore e sostituite con l’effige dei nuovi imperatori, cancellati i segni materiali che potessero perpetrare nella storia l’esistenza di queste persone. L’ordine in questione è partito ad un anno dalla scomparsa di Benedetto XVI: «Via gli stemmi di Ratzinger dalle casule!». Le casule sono gli abiti che il sacerdote indossa per celebrare i vari riti religiosi. A foggia di mantello, con una sola apertura alla sommità per introdurvi il capo, il loro colore indica la circostanza della celebrazione stessa: il viola per esempio indica i funerali. Insomma un repulisti gratuito ed offensivo per quel grande teologo e Papa tedesco. Un Papa al quale Bergoglio non arriva ai garretti.

*già parlamentare

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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