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Mafia: Forza Italia vuole limitare sequestri e confische per i boss: c’è la proposta di legge

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La proposta di legge dei berlusconiani sulle misure preventive punterebbe ad “annacquare” i criteri della legislazione del 2011.

Modificare le regole delle misure preventive, rendendo più difficili sequestri e confische per chi finisce in inchieste per reati di mafia. È l’ultimo progetto di Forza Italia, che con l’onorevole Pietro Pittalis ha preparato una proposta di legge che interviene sul Codice Antimafia del 2011. Un messaggio magari non condiviso in maggioranza, ma comunque rilevante per l’elettorato, in un partito che peraltro vede Marcello Dell’Utri, uno dei suoi fondatori, alle prese da anni con un procedimento per confisca di beni.

I principi su cui si muovono i berlusconiani sono esplicitati nella relazione che accompagna il testo della legge: “Non si può più parlare delle misure di prevenzione quali sanzioni amministrative, ma di vere e proprie sanzioni penali. Tale collocazione consente la violazione di fondamentali principi costituzionali, tramite utilizzo di scorciatoie”. Secondo Forza Italia, quello attuale è “un sistema gravemente afflittivo dei diritti fondamentali della persona”. Il Codice Antimafia “ha compromesso il sistema delle garanzie e delle tutele della persona”, perché ad esempio ­ “la confisca ha un contenuto fortemente punitivo-afflittivo” dal momento che “prescinde dalla attuale pericolosità sociale della persona”.

E dunque la ratio della proposta di legge di Forza Italia è l’esatto opposto: basta confische e sequestri “facili”, più tutele per chi viene coinvolto, magari marginalmente, in inchieste per reati mafiosi.

Il concetto di fondo che si trova nella relazione – ma che non è stato esplicitato nell’articolato e tornerà più avanti – è quello di definire confische e sequestri come misure penali. Quindi possono essere attuate solo in caso di condanna definitiva e non più, come funziona oggi, anche in caso di assoluzione durante il processo. “Una misura di garanzia per cui ci batteremo”, spiega il deputato Pittalis. Per Davide Mattiello, già presidente di Libera Piemonte e relatore del Codice Antimafia 2017 nella commissione Bindi, in questo modo si smonterebbe “la legislazione antimafia che esiste dai tempi di Pio La Torre: da tempo la destra, l’avvocatura e una parte della giurisprudenza vogliono agganciare le misure di prevenzione al processo penale, ma in questo modo si crea un rischio per il contrasto alle mafie”.

Nella proposta di FI ci sono norme per provare a introdurre altre garanzie. Per esempio, vengono modificati i “i soggetti destinatari delle misure di prevenzione”. Nell’attuale Codice, le misure si applicano “agli indiziati di appartenere alle associazioni di cui all’articolo 416-bis del codice penale”, ovvero quello che descrive le associazioni mafiose. Troppo vago, secondo FI. Non basta la generica “appartenenza” alle associazioni, si deve essere “indiziati del reato di cui all’articolo 416 bis del codice penale” e gli indizi a carico della persona devono essere “gravi, precisi e concordanti”.

Non solo: se oggi il Tribunale può decidere la confisca di beni di cui il sospettato “non possa giustificare la legittima provenienza”, nella proposta di FI l’onere della prova è a favore dell’indiziato. Non basta che sia in possesso di beni “in valore sproporzionato al proprio reddito”, bisogna che il giudice dimostri “sulla base di elementi certi, precisi e concordanti” che provengono da “attività delittuose o ne costituiscano il reimpiego”.

Poi c’è la “vigilanza prescrittiva”. I forzisti descrivono l’attuale legge: “Nel caso di contatto episodico tra imprenditore e associazione criminale di stampo mafioso, l’autorità giudiziaria interviene nominando un commissario che non si sostituisce all’imprenditore, ma lo affianca e lo controlla per risolvere le criticità riscontrate. Nel caso della risoluzione delle problematiche, l’imprenditore può procedere da solo nella conduzione della sua attività; se così non è, si passa al sequestro e alla confisca”. Sbagliato, sostiene FI, perché così “si lascia sempre un ampissimo spazio di discrezionalità al magistrato” ed è “difficile stabilire ex ante se si tratti di contatto continuo o occasionale”. E allora vengono rinforzati i criteri per fare scattare il controllo giudiziario, da disporre non più in caso di “contatti episodici” tra l’imprenditore e la criminalità organizzata, ma in casi molto più precisi, come quando la persona è sospettata coi soliti “gravi, precisi e concordanti” indizi del reato di associazione mafiosa.

(Lorenzo Giarelli – Giacomo Salvini – Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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