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CRISI MITICHE – Don Chisciotte è un maniaco disforico, Orlando uno psicotico. Il saggio di Garofalo analizza le cartelle cliniche dei “big” di mitologia e letteratura

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MATTI DISPERATI

Roba da pazzi questi eroi: manuale di epica bipolare

CRISI MITICHE – Don Chisciotte è un maniaco disforico, Orlando uno psicotico. Il saggio di Garofalo analizza le cartelle cliniche dei “big” di mitologia e letteratura

DI FRANCESCO FERASIN
21 AGOSTO 2023

Sarà che l’hanno sempre scampata, ma se i grandi protagonisti della letteratura epica (sacra o profana che sia) finissero sul lettino dello strizzacervelli, uno di quelli bravi, non ne verrebbe fuori niente di buono. Tanto per dire: Adamo è un maniaco-depressivo. Mentre Eva è “caratterialmente orientata a una tensione maniacale di onnipotenza”. Anche il Vangelo è stracolmo di dialoghi che mettono in risalto il parterre maniaco-depressivo in cui sguazzano i discepoli. Insomma, non proprio il massimo della redenzione. Ma nemmeno gli eroi “profani” scherzano. Don Chisciotte, frustrato per non riuscire a raggiungere i propri ideali, è un maniaco disforico. Sancio Panza ha invece qualche tendenza morbosa alla sottomissione (oltre che a un incalzante senso di inferiorità). Due estremi contropolari.

Ecco allora che combattere contro i mulini a vento non è poi la cosa più stramba che Cervantes ha immaginato per questi due loschi figuri da manuale di psichiatria (e molto spesso l’autore è parte in causa).

A sfogliare la cartella clinica dei pazienti più illustri della letteratura è Antonella Garofalo, medico psichiatra e psicoterapeuta, nel suo saggio appena uscito per Edizioni ETS, L’“epica” bipolare. Titolo, appunto, scritto tra virgolette. Perché di epico non c’è granché; almeno dal punto di vista clinico. Di patologico, invece, c’è tantissimo. Il primo nella lista è Aiace, il più forte dei guerrieri tra i Greci. Per punire la sua hybris, Atena gli soffia contro il seme della follia: almeno non è colpa di qualche trauma infantile. “Sofocle ricostruisce così nella tragedia di Aiace lo sviluppo di uno scompenso psicotico in forma di stato misto, mettendo in scena una successione di vissuti che seguono, di pari passo, lo svolgersi della giornata”. Deliri notturni come reazione estrema al disonore di aver abbandonato le armi; allucinazioni mattutine con voci interlocutorie fittizie. La vergogna, infine, che assale l’eroe durante il giorno (“Ahi derisione: quale oltraggio subii!”), tanto da portarlo al suicidio. Caratteristiche tipiche di una “personalità premorbosa”, “a tratti disforica”, con comportamenti tipici del “temperamento ipertimico”.

Pure l’Orlando furioso, uscito dai versi dell’Ariosto, è uno psicotico di prima categoria. Una nobil deveggenza che ha sdoganato la pazzia più apocalittica della letteratura epica. A differenza del compare Aiace, Orlando quel “senno” riuscirà a recuperarlo grazie all’amico Astolfo, anche se pur sempre sulla Luna è dovuto andare. Gli sarebbe invece bastata una visita, anche sommaria, per capire che il nostro eroe ha qualche problema di autolesionismo, se non vero e proprio masochismo. Orlando legge e rilegge morbosamente le lettere ardenti di passione che Medoro indirizza all’amata Angelica. Ne segue “la chiusura della postura e dell’eloquio che intrappola ogni lamento”, agitazioni psicomotorie, intervallate da lunghe pause melanconiche, fino a sfociare in “una vera e propria crisi pantoplastica”. Il resto della devastazione mentale e fisica è cosa nota (“In tanta rabbia, in tanto furor venne/ che rimase offuscato in ogni senso”, Canto XXIII). Seneca, ad esempio, nel De ira scriveva che “le altre passioni si possono nascondere o nutrire in segreto, l’ira invece si evidenzia chiaramente dell’aspetto, e ribolle in maniera tanto più evidente quanto più grande è”.

Decisamente meno tragica è invece la figura di Don Chisciotte, vorace consumatore di fantasie cavalleresche. In altre parole: un personaggio “emerso direttamente dallo sbadiglio dei libri”, annotava sapido Foucault. Obnubilato dalla volontà di emulare i modelli sociali del passato, lo sgangherato cavaliere della Mancia “è l’eroe di un’etica oggi obsoleta, che si sforza di mostrare secondo i canoni della cavalleria”, osserva l’autrice. Un perfetto portatore di DDC: Distrurbi Deliranti Cronici. Ecco il patatrac: “Non perdeva la testa che quando si toccava il tasto della cavalleria, e negli altri discorsi dimostrava una mente lucida e sveglia”.

Letteratura e grandi imprese a parte, Antonella Garofalo nell’ultimo capitolo sveste i panni di appassionata lettrice e rimette il camice da medico per riportare l’esperienza autobiografica di Mr. Month, un 18enne dei nostri giorni. Un bipolare in piene regola che usa lo pseudonimo Dr. Jekyll quando è in fase depressiva. L’analisi è meticolosa (“Esordio della malattia: 25 giugno 2005. Durante l’esame di anatomia, di colpo Month si sente strano”; “Prima fase maniacale: luglio 2005”).

A differenza delle tragedie greche, la storia di Month finisce bene.Ma attenzione a liquidare gli esempi sugli eroi epici come “divagazioni letterarie”, avverte l’autrice, perché in realtà tutto lo studio scientifico parte da lì. Nessuna statistica batterà mai le mille sfaccettature della psiche umana che l’arte riesce a restituire. E i suoi eroi sono lì a dimostrarlo. Certo, sono solo un po’ matti. Anzi, decisamente pazzi da legare.

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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