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AttualitàPolitica, economia, giustizia

*Il governo fotocopia di super Mario* di Vincenzo D’Anna*

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*Il governo fotocopia di super Mario*

di Vincenzo D’Anna*

Corsi e ricorsi storici diceva Giambattista Vico, ovvero la storia della umanità si ripete ciclicamente sia pure in altri contesti e per mano di altri uomini. Uno storicismo ante litteram quello del filosofo napoletano che, a differenza di quello di Karl Marx, non affondava nei presupposti di una teoria politica ed economica che aveva la pretesa di prevedere ed incanalare il corso degli eventi sociali. Per la verità furono molti i filosofi che commisero questo tragico errore coltivando la fatale presunzione di immaginare che la storia potesse essere qualcosa di diverso dalla sommatoria di fatti non intenzionali, il frutto di scelte, spesso inconsapevoli, dei singoli individui e della loro innata capacità di organizzarsi secondo i desideri e le ambizioni per ricercare la propria felicità. Una differenza tra modi di pensare diversi nell’intendere l’organizzazione politica della società che non resta entra i limiti della libera speculazione filosofica ma che, al contrario, si traduce in modelli profondamente differenti dell’organizzazione sia della società che dello stato. Da Platone e la sua Repubblica, passando per Tommaso Moro e l’Utopia, Tommaso Campanella e la Città del Sole, fino a Marx ed Engels e la loro società socialista, il rimedio per realizzare la società perfetta degli uguali, del vivere in ordinata felicità, è via via transitato nell’idea di uno stato liberticida e tirannico. L’uguaglianza concepita come presupposto indispensabile per la giustizia sociale è l’errore di fondo che accomuna questi modelli teorici di organizzazione socio economica di società perfette, dirette o dai più sapienti o da blocchi sociali composti dai più forti o dai più numerosi. Alla fine, all’atto pratico, sono società massificate, che si piegano al bene superiore, concepito apoditticamente come tale ed in cui a tutti gli individui sono preclusi gli spazi di autodeterminazione e di libertà d’espressione. E’ l’idea stessa di un mondo immaginato e costruito come comunità di soggetti identici, che godono della stessa aliquota di felicità e di soddisfazione delle proprie legittime aspirazioni, ad imporre regole ferree ed inderogabili, capaci di orientare il corso stesso della storia come evento previsto e prevedibile. Ora, se la Storia può essere incanalata secondo i desideri degli assunti teorici dei pensatori, anche le libertà ed i diritti naturali degli individui opossono esserlo e quindi c’è necessità di controllare che ogni uomo agisca secondo le finalità collettive senza alcuno spazio per i talenti naturali, le inclinazioni personali, la capacità ed il merito dei medesimi. Se ne deduce che ogni qualvolta che lo Stato e’ concepito perfetto ecco che sono pronte le catene della servitù volontaria e degli obblighi per cittadino. A coloro che si dicono e si credono liberali questi concetti dovrebbero essere chiari e permanenti. Tuttavia per quanto elementari siano, essi sono costantemente disattesi, soprattutto in un’epoca nella quale è stato possibile fare l’apologia dell’ignoranza, affermando che per poter fare politica e governare lo Stato occorresse solo il buon senso e l’onestà. Se il parlamento italiano ha una maggioranza relativa di onorevoli che, per assunto, coltivano queste idee, non deve essere strano che la classe politica sia scadente ed incolta. Lo stesso dicasi per quei parlamentari scelti da pseudo partiti che si identificano con i propri leader, laddove la scelta avviene per cooptazione degli stessi, tra la gente devota più che capace. Se questo è il contesto, il parlamento non può che essere quello incapace ed arruffone che ha dato plastica evidenza di se stesso nel corso dell’elezione bis di Mattarella. Lo stesso che in questa legislatura ha dato la fiducia a governi composti da forze politiche che si caratterizzano per l’aperta divergenza di visione sociale e di programmi. Se così stanno le cose, non si poteva che invocare un tecnocrate a capo del governo, un “grand commis de l’état” come Mario Draghi per tappare il buco dell’ingovernabilità. Un sigillo sull’impotenza di una classe politica raccogliticcia ed incompetente. La gente più avveduta ed erudita s’interroga sul perché dello sfascio e dell’approssimazione che connota la Seconda Repubblica ma, non interessandosi di politica e non avendo memoria storica, poco o niente comprende. Un burocrate di alto rango, un banchiere, peraltro prodigo nell’elargizione dei soldi pubblici come governatore della Bce, la banca europea, estraneo al pathos politico e sociale. Ne consegue che tutto si esaurisca nella gestione tecnico amministrativa dell’esistente. Questi i presupposti che trasfigurano Draghi nell’emulo dei governati che l’hanno preceduto nel mettere pezze a colore ovunque. Il rango e l’autorevolezza di super Mario è certo alto ma i risultati non sono dissimili, come fotocopia, da quelli dei suoi predecessori.

*già parlamentare

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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