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‘L’occasione Mancata’: libro su B., le sue ‘bugie’ sui processi e l’ingiustizia che assolve

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Nel libro “L’occasione mancata”, Davigo racconta l’era di Mani Pulite e le inchieste su Silvio Berlusconi:

che così si salvò su tangenti alla Guardia di Finanza, Sme-Ariosto e Mondadori:

Guardia di Finanza. Erano state acquisite (dal pool Mani Pulite nell’estate del ’94, poco dopo la nascita del Berlusconi-1,ndr) le seguenti risultanze: il gruppo Fininvest, in persona di Sciascia (Salvatore, capo dei servizi fiscali, ndr), aveva pagato in almeno tre occasioni militari della Guardia di finanza; la decisione era stata presa, a dire di Sciascia, dai vertici del gruppo; l’indicazione di Paolo Berlusconi quale soggetto che aveva disposto il pagamento appariva in contrasto con altri elementi.

Mercoledì 8 giugno 1994 alle ore 20.45 Berruti si recò a Palazzo Chigi per conferire con Silvio Berlusconi; quella sera vi era il Consiglio dei ministri che si concluse alle 21; alle 21.28 (quando verosimilmente si trovava a colloquio col presidente del Consiglio) dal cellulare di Berruti partì una chiamata al servizio abbonati Sip e in rapida sequenza, alle 21.29, fu effettuata una chiamata all’abitazione di Corrado (maresciallo della Gdf, suo ex commilitone e amico, ndr); secondo quanto riferito da Corrado, rispose la moglie dicendo che era fuori; l’indomani, 9 giugno 1994, Berruti chiamò l’utenza di Corrado alle 15.11, dandogli appuntamento alle 18.30; il giorno successivo Corrado si recò alla Dia e disse a Tanca (colonnello della Gdf, coinvolto in molte tangenti, ndr) che se avesse taciuto sulla vicenda Mondadori gliene sarebbero stati grati. La sequenza indiziaria rendeva ragionevole ritenere che la necessità di contattare Corrado per mandare un messaggio a Tanca fosse sorta mentre Berruti era a colloquio con Berlusconi (…). Era necessario interrogare presto Silvio Berlusconi e Berruti contemporaneamente: gli arresti di Corrado e Berruti non potevano che aver creato allarme ed era da evitare che vi fossero contatti fra i due.

Vi erano però le elezioni regionali e saremmo stati accusati di interferire nella campagna elettorale se ci fossimo mossi prima. Attendemmo quindi la chiusura dei seggi e inviammo un invito a presentarsi a Silvio Berlusconi, contestandogli il concorso in tre episodi di corruzione. Quotidiani e televisioni di Silvio Berlusconi per anni ci hanno accusato di aver deliberatamente compiuto un atto volto a delegittimare il presidente del Consiglio inviando un’informazione di garanzia a Napoli mentre presiedeva il G7.

̀È un esempio di straordinarie capacità di mentire. Si trattava di tre falsità l’atto inviato non era una informazione di garanzia (atto a tutela dell’indagato) ma un invito a presentarsi con la contestazione di tre specifici reati; la notifica non venne effettuata a Napoli ma a Roma; Berlusconi non presiedeva il G7 ma una conferenza contro la corruzione (…).

Il 21 novembre 1994, dopo aver iscritto Silvio Berlusconi nel registro generale delle notizie di reato dal mio computer (con l’assistenza di un ingegnere perché non era abilitato, ma usai tale cautela per evitare che troppe persone vedessero il provvedimento di iscrizione e la notizia potesse trapelare), firmai con i colleghi l’invito a presentarsi (…). Il tenente colonnello Emanuele Garelli e il maggiore Paolo La Forgia partirono per Roma (…). Ma a Palazzo Chigi appresero che, contrariamente a quanto previsto nel programma, Berlusconi era rimasto a Napoli. Dissi loro di contattare il destinatario, tramite un funzionario della Presidenza del Consiglio, per concordare un appuntamento al suo rientro a Roma (…). Finalmente Berlusconi chiamò ̀Garelli: chiese perché lo stavano cercando e, saputo che dovevano notificargli un atto, chiese anche di cosa si trattasse; alla risposta che era in busta chiusa, disse di aprirla. Dalla relazione di servizio di Garelli risulta che gli furono lette le prime due imputazioni, ma non la terza perché Berlusconi aveva detto di aver capito.

Per quanto mi fu dato di comprendere, Berlusconi si mise in contatto anche con altre persone. Nel frattempo, i giornalisti del Corriere della Sera erano in allarme e telefonarono sia al procuratore Borrelli sia a me, senza ottenere conferme di alcunché. La sera, dopo le 22, il Corriere della Sera, che evidentemente solo poco prima aveva avuto la conferma che i suoi giornalisti cercavano, cambiò la prima pagina e diede notizia che il presidente del Consiglio era indagato per corruzione, con riferimento a due episodi (quelli letti da Garelli a Berlusconi).

L’indomani mattina, Berlusconi presiedette (fuori programma) la conferenza internazionale sulla corruzione a Napoli e solo nel pomeriggio rientrò a Roma dove finalmente fu possibile notificargli l’invito a presentarsi.

Il 13 dicembre 1994 (…) Berlusconi fu interrogato dal procuratore Borrelli, da Gherardo Colombo e da me, nell’anticamera del procuratore. È una sala ampia con un tavolo a ferro di cavallo, dove si tengono le riunioni dell’ufficio. Alle pareti vi sono scaffali con porte a vetri che contengono libri, tranne una in cui sono esposte le coppe vinte dalla squadra di calcio della Procura nel torneo del palazzo di giustizia. Quando Berlusconi entrò, guardò le coppe e disse che lui ne aveva vinte di più (era presidente di una squadra di Serie A: il Milan). Colombo e io ci guardammo sconcertati. Nell’interrogatorio sostenne di non sapere nulla dei fatti a lui contestati, ma che si trattava di concussione. Quanto all’incontro con Berruti, disse di averlo ricevuto, ma perché questi voleva chiedergli di andare a chiudere la campagna elettorale in Sicilia. La versione era scarsamente credibile poiché la campagna elettorale si sarebbe chiusa venerdì 10 giugno e (…) appariva singolare che Berruti potesse chiedergli di andare a concluderla l’indomani (giovedì) o il giorno successivo (venerdì).

Contemporaneamente, Francesco Greco interrogò Berruti, il quale ammise di essersi recato a Palazzo Chigi ma sostenne che Berlusconi non lo aveva ricevuto. Il contrasto fra le due versioni era stridente. Il giorno successivo Berlusconi mi telefonò (dopo aver cercato il procuratore senza trovarlo) e mi disse di essersi sbagliato nell’interrogatorio: non aveva visto Berruti mercoledì 8 giugno 1994, si era confuso con un’altra visita. La nuova versione era all’evidenza falsa: avevamo acquisito il registro dei “passi” e non c’era mai stato un altro accesso di Berruti a Palazzo Chigi. Aggiunse poi che non era vero quello che sostenevamo e cioè che il Consiglio dei ministri quella sera si era concluso alle 21, ma era proseguito fino alle 22.

Lo invitai a scrivere una lettera con cui rettificava le sue dichiarazioni e a inviare copia del verbale della riunione del Consiglio dei ministri (…) Ci mandò un comunicato stampa in cui si affermava che la riunione era finita alle 22. Acquisimmo il verbale della seduta in cui la conclusione dei lavori era indicata alle 21.

Su questa base fu richiesto il rinvio a giudizio anche di Silvio Berlusconi per le tangenti alla Guardia di finanza. In primo grado fu condannato a 2 anni e 9 mesi (il fratello Paolo fu assolto). In appello fu dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione. La Corte di cassazione annullò senza rinvio la sentenza di appello per non aver commesso il fatto: “Nessun rilievo a fini probatori nei confronti di Berlusconi è stato attribuito dalla Corte di merito alla vicenda del ‘passi’ per Palazzo Chigi sequestrato al Berruti e al connesso incontro da quest’ultimo con Berlusconi nel giugno del 1994”.

La giurisprudenza consolidata della Corte di cassazione era invece nel senso che, “allorché le sentenze di primo e secondo grado concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo”. Habent sua sidera lites.

Lodo Mondadori. Il copione si ripete nei processi Mondadori (Berlusconi prosciolto, i suoi avvocati Previti, Pacifico, Acampora e il giudice Metta condannati) e Mills (Mills condannato in primo e secondo grado e prescritto in Cassazione, Berlusconi assolto, ndr). A fronte dell’esistenza di prove documentali quali i movimenti bancari, il proscioglimento per la vicenda Lodo Mondadori in sede di udienza preliminare e poi nel primo giudizio d’appello mi parve sorprendente. Ricordo una frase del generale Carlo Alberto dalla Chiesa che, a proposito di certe decisioni, parlò di “ingiustizia che assolve”.

Sme-Ariosto. (Stesso copione nel caso Previti e Squillante condannati in primo e secondo grado e poi prescritti, Berlusconi prescritto in primo grado e assolto in appello, ndr). La cosa che più mi ha sorpreso nelle vicende riguardanti Silvio Berlusconi e i suoi coimputati è stata la continua lamentazione di una persecuzione giudiziaria.

I fatti inoppugnabili sono che le accuse erano sorte a seguito di dichiarazioni di soggetti quali il vicebrigadiere Di Giovanni e Stefania Ariosto, ampiamente riscontrati e integrati da prove documentali indiscutibili.

L’atteggiamento dei giudici, all’esito dei vari gradi di giudizio, alla luce delle prove raccolte, del riconoscimento delle attenuanti generiche pur a fronte delle condotte volte a impedire o rallentare i processi e della straordinaria gravità dei fatti, non può che essere definito di grande benevolenza.

Ma su questo si pronunzieranno gli storici quando le passioni saranno spente.

Certamente, vi è stato un sistematico ricorso ai mezzi di informazione televisivi e non di cui il gruppo Fininvest dispone con effetti sull’orientamento della pubblica opinione, ed è curioso sentire provenire proprio da quelle parti la critica ai processi mediatici.

Silvio Berlusconi riuscì nell’impresa di far credere di essere vittima di accanimento giudiziario contro l’evidenza dei fatti.

(DI PIERCAMILLO DAVIGO – Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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