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L’angolo letterario/ Vincenzo Restivo consiglia “Il Disagio della sera” di M. L. Rijneveld

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La redazione di Belvederenews è lieta di presentare la rubrica mensile “L’angolo letterario/Vincenzo Restivo consiglia…”

Nel difficile momento che stiamo vivendo, la letteratura può rappresentare un cantuccio a partire dal quale riflettere su noi stessi e la realtà che viviamo. In questo senso, leggere vuol dire “leggersi”,trovando in sè le risorse per resistere, sperare e immaginare altri scenari.

Vincenzo Restivo è nato a Caserta nel 1982. Docente di lingue e letterature straniere, mediatore linguistico e culturale, interprete e traduttore. Vincitore del Premio “B. Miselli” 2018 per la letteratura. Attivista per i diritti degli omosessuali, già consigliere delegato alla cultura per l’associazione RAIN arcigay Caserta. L’autore esordisce con la “Trilogia degli insetti”, per la Watson edizioni, serie di romanzi di formazione a tematica LGBT che comprende: “L’abitudine del coleottero” (2013), “Quando le cavallette vennero in città” (2014) e “Il tempo caldo delle mosche” (2015). Nel 2016 pubblica “Storia di Lou” (Watson edizioni), opera sulla perdita dell’innocenza e sull’identità di genere; e il romanzo breve “La Santa Piccola” (Milena edizioni), storia «cruda e tenera» sui temi della prostituzione minorile e l’omosessualità. Di quest’ultimo è in progetto un adattamento cinematografico con la casa di produzione RainDogs di Roma. Quest’anno, sempre per Milena Edizioni è uscito il Romanzo “Maregrigio” premiato al “Napoli Cultura Clussic 2020” nella sezione Narrativa. Restivo attualmente vive e insegna a Firenze

Per il mese di novembre ci presenta il “Disagio della sera” di M.L. Rjineveld, Nutrimenti editore

Una storia triste che scivola lenta e adagio nelle pieghe più nascoste dell’infanzia dove la violenza è un espediente di sopravvivenza.
Rijneveld ha soli 29 anni, al suo debutto narrativo e scrive un romanzo straziante, che puzza di letame e sangue, dove i bambini imparano dalla morte, costretti dalla cappa occlusiva di una religione troppo persistente, dove l’occhio di Dio scruta in modo inopportuno e dove la scoperta del sesso si sporca di incesto. Straordinarie le analogie fantasiose del personaggio di Jas, omodiegetico e voce narrante. Congeniali anche le analessi che ricostruiscono istanti indispensabili sia prima che dopo la morte, per ipotermia, del fratellino della protagonista.
Questa di Rijneveld è una storia formativa e di formazione, un viaggio atroce dal sapore ingenuo, dove anche la lingua, depurata da artifizi lessicali ( e non è certo indice di immaturità stilistica), si muove libera e volutamente maldestra.
Aver a che fare con l’infanzia non è mai semplice, si rischia di incappare in artifici ridondanti, preclusivi, che potrebbero trasmettere messaggi risaputi e stantii, spesso per il rischio di osare e intaccare stereotipi che, in certi casi, fanno ancora troppo comodo. Qui l’infanzia è addirittura elemento frastornante, strumentalizza il regolare processo di crescita, distorce la naturale prassi della sessualità e del desiderio. Il romanzo della Rijneveld rimanda inevitabilmente ad altre testualità che confermano quasi ad hoc come certe narrazioni si contaminano, o come certe storie si somiglino. E che è davvero blando il divario tra finzione e realtà nei contesti narrativi.
Ian McEwan, ad esempio, nel suo romanzo “The Cement garden” (1978), ne parla a tinte ancora più fosche. I protagonisti qui sono ragazzini il cui universo è circondato da morte e dolore. Dopo l’improvvisa scomparsa dei genitori, dovranno fare i conti solo con loro stessi e il doveroso compito di emanciparsi come adulti. Ma non lo sono ancora, adulti. Tuttavia, quasi costretti a emulare i grandi, il sesso anche in questo caso diventa elemento di disordine, sfiora il blasfemo e l’incesto insano.
Anche Simona Vinci, nel suo “Dei bambini non si sa niente” 1997, adotta lo stesso registro. In questo caso i bambini si fanno protagonisti di atti macabri e violenti. A dimostrazione del fatto che c’è un filo sottilissimo che separa l’innocenza dalla colpa, quando è la curiosità che si fa alibi.
E, si sa, da che mondo è mondo, la curiosità sta ai bambini come un vestito che calza sempre a pennello.

Copertina

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