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Attualità

PIANA DI MONTE VERNA. Anche il Consiglio di Stato boccia il ricorso della Nabav Costruzioni srl: “Troppi intrecci con appartenenti ai clan della camorra!”

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La ditta aveva avuto un appalto con il Comune pianese. Poi accadde che subentrò l’interdittiva antimafia e Nabav si appellò al Tar che respinse il ricorso, ed ora arriva la seconda bollatura anche dal Consiglio di Stato. La storia da leggere tutta d’un fiato… 
La ditta NABAV Costruzione srl è stata colpita da interdittiva Antimafia dall’Ufficio Territoriale del Governo, cioè la Prefettura di Caserta, per una serie di episodi emersi durante il ricorso al Tar prodotto dalla stessa NABAV contro quel provvedimento che è stato respinto dai giudici amministrativi. In particolare è emerso che il 19 luglio 2013, il Prefetto di Caserta ha comunicato la sussistenza di cause interdittive antimafia nei confronti della NABAV Costruzioni s.r.l., ai sensi dell’art. 84, comma 4, e dell’art.91, comma 6, del d. lgs. n. 159/2011, e dei conseguente atti, in epigrafe specificati, con cui i comuni di Piana di Monte Verna, di Pollica e di Cervinara hanno risolto i rapporti contrattuali intrattenuti con la società ricorrente successivamente al Tar. Il punto nodale della controversia che approdò davanti ai Giudici del Tribunale amministrativo della Campania si focalizzò sulla congruità degli elementi posti a sostegno dell’informativa prefettizia e, i magistrati del Tar, al riguardo, ritennero opportuno premettere, in punto di fatto, che nel provvedimento e negli atti allo stesso allegati sono anzitutto evidenziati gli stretti rapporti e le cointeressenze economiche che legano la società ricorrente con altre due società, la Ktesis s.r.l. e Le Ceneri Paestum (L.C.P.) s.r.l. 
Dopo aver evidenziato i rapporti familiari tra soci ed amministratori delle tre società in questione, l’informativa prefettizia in discussione poggia essenzialmente sulle seguenti circostanze reputate significative del pericolo di infiltrazioni mafiose: 
1) Con sentenza del 21.2.2012 del Tribunale di Napoli Giovanni Caterino è stato condannato ad anni tre di reclusione per violazione dell’art. 353 c.p. (turbata libertà degli incanti), aggravato dall’art. 7 della L. N. 203/1991 (nell’ambito del procedimento Normandia 2) per aver agito al fine di favorire il clan camorristico dei Casalesi; 
2) Arturo Noviello è stato controllato (in data 13.5.2007) in compagnia di D. L., soggetto che “annovera pregiudizi di polizia per associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti”; 
3) Vincenzo Noviello è stato controllato in due occasioni (il 4.12.2008 e il 23.7.2008) in compagnia del già citato Giovanni Caterino.  
A sostegno della domanda giudiziale, l’instante assumeva che il mero rapporto di parentela ed i segnalati controlli di polizia, in difetto di ulteriori elementi, non sarebbero di per sé sufficienti a giustificare la misura antimafia, tenuto anche conto che la Ktesis s.r.l., a seguito di sequestro, dall’inizio del 2011 è gestita da un custode giudiziario e che la L.C.P. è inattiva. 
Il Tar però rigettò il ricorso della Nabav che si appellò al Consiglio di Stato. 
L’APPRODO AL CONSIGLIO DI STATO. – A sua volta l’organo superiore della magistratura amministrativa ha evidenziato che: 
1) Si può prescindere dalle preliminari eccezioni d’inammissibilità del ricorso di primo grado sollevate dall’Amministrazione, essendo l’appello infondato. 
2) L’appellante Società lamenta il difetto di motivazione della sentenza impugnata muovendo due ordini di rilievi: Il TAR avrebbe omesso di tenere in debito conto il fatto che: 
A) la Ktesis srl è stata sottoposta a sequestro in data 12.1.2001 e lo è tuttora in esecuzione dell’ordinanza n. 39197/04 R.G. P.M. e n. 34706/05 R.G. GIP del Tribunale di Napoli; da allora è gestita da un custode giudiziario (verbale di sequestro del 15.2.2011); -B) la L.C.P. Srl ( Le Ceneri Paestum) è inattiva ( cfr. lo stesso verbale di sequestro). L’informativa difetterebbe, perciò, di “attualità e concretezza”: non si vede come una società inattiva possa influenzare la ricorrente; né come possa svolgere tale influenza Caterino Giacomo, titolare di quote societarie sequestrate (Ktesis). 
B) le condanne rilevanti a fini “antimafia” devono riguardare solo i “soggetti sottoposti alla verifica antimafia”, tassativamente elencati dall’art. 85; né Giovanni Caterino, né Vincenzo Noviello rientrano nel novero dei soggetti la cui posizione è sottoponibile a verifica antimafia, in quanto, il primo non è familiare convivente dei soggetti sottoposti a verifica, né ricopre alcun ruolo nella NABAV Costruzioni srl; il secondo non è socio di maggioranza. 
C) il Collegio osserva che dagli atti istruttori emerge: – quanto al punto 1), che i rapporti di parentela tra i soci della Nabav Costruzioni s.r.l. (Noviello Arturo, amministratore; Noviello Bernardino, Noviello Vincenzo e Maisto Annamaria) e Rosa Noviello (moglie di Paolo Caterino e madre di Giovanni Caterino condannato per il reato di turbativa d’asta a tre anni di reclusione con l’aggravante di aver agito al fine di favorire un sodalizio criminale nel casertano) dimostrano l’esistenza di stretti rapporti di parentela, anche se non di convivenza, tra il nucleo familiare dei Novello e i Caterino; – quanto all’intreccio delle società, su cui rileva l’intreccio familiare, la Società “Le Ceneri Paestum” è controllata al 50% dalla Nabav Costruzioni s.r.l. e al 50% da Ktesis s.r.l. ed è stata amministrata fino al 2013 da Vincenzo Noviello unitamente a Marino Rossella, coniugata con Giacomo Caterino, col quale Vincenzo Noviello è stato controllato in due circostanze nel 2008; – le quote della Ktesis s.r.l. appartengono a Giacomo Caterino ( 2/3) e a Rosa Noviello ( 1/3), madre del primo e sorella di Arturo Noviello, socio e amministratore della società appellante. La Ktesis, nel momento in cui è stata oggetto di sequestro, era amministrata da Paolo Caterino, anch’esso coinvolto nell’ambito della operazione di polizia “Normandia 2” per turbativa d’asta, con l’aggravante del fine di favorire un disegno criminoso, e indagato per il reato di cui al 416 bis c.p.. Tutti tali elementi di fatto non sono oggetto di contestazione da parte dell’appellante, che ne censura solo l’apprezzamento e la valutazione fattane dalla Prefettura ai fini del giudizio di sussistenza del rischio di condizionamento nella gestione degli affari della Società appellante da parte di consorterie criminali. Essendo emersa in sede penale la rilevanza di condotte penali a carico dei Caterino e la loro vicinanza a gruppi criminali mafiosi, ad avviso del Collegio, tutte le circostanze di fatto richiamate nelle indagini divengono determinanti al fine di dimostrare il rischio di infiltrazione che rappresenta presupposto dell’interdittiva. L’esistenza di cointeressenze economiche tra il nucleo familiare dei Noviello, soci e amministratori dell’appellante società, e i Caterino, completa il quadro di quelli che non sono solo vincoli familiari. I due nuclei familiari hanno costituito e controllano il capitale della Società “Le Ceneri Paestum”; la circostanza che quest’ultima società sia attualmente inattiva non elimina il rischio, perché non risulta che la società sia stata sciolta. In ogni caso, l’operatività delle dette società nel passato è indicativa della solidità di legami di interesse tra i soggetti individuati, atti ad esprimersi anche sotto altre forme; per es., nel condizionamento della società Nabav Costruzioni s.r.l., tuttora operativa, e operante nello stesso settore merceologico della altre due richiamate società ora inattive, delle quali potrebbe ben rappresentare uno strumento per la continuazione di attività economiche oggi non più consentite dal sequestro intervenuto. E’ appena il caso di ricordare che l’interdittiva antimafia ha una funzione preventiva e che, essendo il potere esercitato espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata, la misura interdittiva non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certi sull’esistenza della contiguità dell’impresa con organizzazione malavitose, e quindi del condizionamento in atto dell’attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa verificarsi il tentativo di ingerenza nell’attività imprenditoriale della criminalità organizzata ( da ultimo, cfr. C.d.S., III, 15.1.2015, n. 455). 
D) Quanto all’altro ordine di censure, secondo cui le condanne dovrebbero riguardare i soggetti di cui all’art. 85 del D.Lvo n. 159/2011 sottoposti a verifica, il Collegio osserva che nella fattispecie il provvedimento è stato adottato ai sensi dell’art. 91, commi 5 e 6, in forza dei quali “Il prefetto competente estende gli accertamenti pure ai soggetti che risultano poter determinare in qualsiasi modo le scelte o gli indirizzi dell’impresa” e “Il prefetto può, altresì, desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa da provvedimenti di condanna anche non definitiva per reati strumentali all’attività delle organizzazioni criminali unitamente a concreti elementi da cui risulti che l’attività d’impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata. In tali casi, entro il termine di cui all’articolo 92, rilascia l’informazione antimafia interdittiva”. 
Da qui la legittimità del provvedimento impugnato. In conclusione, l’appello va respinto e le spese di giudizio si compensano tra le parti per giusti motivi. Per questi motivi, il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

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