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Agrigento, recuperato altorilievo marmoreo: il video del reperto in 3D realizzato da BCsicilia nel 2022

L’altorilievo marmoreo recuperato un paio di giorni fa nel mare di Agrigento potrebbe essere un eccezionale reperto destinato a segnare la storia archeologica dell’antica città di Agrigento. Secondo una ipotesi si tratterebbe molto probabilmente di un decoro frontale appartenente al celebre Tempio di Zeus, in  particolare un cavallo rampante, elemento iconico nelle rappresentazioni artistiche del periodo greco. A questo proposito può apparire utile il rilievo tridimensionale realizzato nell’ottobre del 2022 dal Gruppo Subacqueo di BCsicilia.

La “vasca litica”

In località San Leone, nel mare antistante la foce del fiume Akragas a circa 300 metri dalla costa e a 9 metri di profondità, era stata segnalata, intorno all’anno 2000, alla Soprintendenza di Agrigento, probabilmente da componenti la Lega Navale (un ruolo importante ha avuto il funzionario della Soprintendenza Daniele Valenti), la presenza di una “vasca litica” di rilevante dimensione. La stessa è stata più volte documentata con foto e video, anche se sempre in condizioni di scarsa visibilità, molto comune nell’area, da personale dello S.C.R.A.S. e successivamente da funzionari della Soprintendenza del Mare, ma è stata da sempre considerata, così come dichiarato sin dal rinvenimento, una “vasca” probabilmente semi lavorata. La rilevante dimensione del reperto (m. 2 per m. 1,6 e 35 cm di spessore), ha indotto l’Amministrazione competente a non ritenere urgente il recupero. Con il trascorrere degli anni la stessa idea è andata sempre più scemando visto che la stessa risultava ben protetta: sia perché conosciuta da pochi, sia perché probabilmente ritenuta di non rilevante interesse.

Il rilievo in 3D

Con l’intento di offrire una collaborazione alla Soprintendenza del Mare, con l’impiego di volontari e mezzi dell’Associazione, il Gruppo Subacqueo di BCsicilia, guidato dall’ing. Gaetano Lino, ha pensato, all’inizio del 2022, che poteva essere utile la realizzazione di un rilievo tridimensionale misurabile della presunta “vasca”, in modo tale di poterla osservare nella sua interezza, già prima del recupero, senza la velatura data dalla torbidità dell’acqua e dalla presenza di un significativo strato di vegetazione, condizioni che appiattiscono le eventuali minute forme della superficie. Alla metà di ottobre, quando finalmente le previsioni davano la speranza di acque calme e con un minimo di visibilità, poi rivelatasi abbastanza ridotta (2 metri) ma sufficiente per la realizzazione del rilievo per la determinazione di un modello digitale 3D misurabile, è iniziata l’operazione. Con l’ausilio di un piccolo gommone portato con carrello a San Leone, l’ing. Gaetano Lino e il dott. Salvatore Ferrara, del Gruppo Subacqueo di BCsicilia, e grazie anche al contributo esterno di Francesco Urso, della sede BCsicilia di Agrigento, è stato effettuato il rilievo tridimensionale. Sono state scattate oltre 200 fotografie, necessarie per la ridotta visibilità data dalla presenza di considerevole sospensione. Nei giorni successivi si è provveduto a processare con il computer i dati raccolti in situ e si è riusciti ad ottenere una sufficientemente chiara nuvola densa di punti (circa 10 milioni) che ha dato origine al modello digitale 3D misurabile. La movimentazione della nuvola di punti fino alla vista zenitale e le elaborazioni utili alla evidenziazione delle pur minime depressioni o sporgenze della superficie hanno permesso di capire quale fosse l’effettiva forma di quella che da tantissimi anni si è pensato trattarsi di un “vasca litica”.

La straordinaria scoperta

Con grande stupore è apparso in maniera inequivocabile la forma di un cavallo rampante. Si tratta, come è stato scritto alla Soprintendenza, quasi certamente di un “altorilievo” probabilmente funzionale ai vari templi che sorgono nella “Valle”. L’eccezionale notizia è stata tenuta in assoluto riserbo per la salvaguardia del bene culturale e immediatamente comunicata direttamente al Soprintendente del Mare, al fine di programmare il recupero di questo importantissimo rinvenimento insieme alla disponibilità dell’Associazione ad essere parte attiva, nel lavoro di verifica e di trasporto a terra dello stesso e ciò nello spirito di collaborazione per il raggiungimento del comune obiettivo della salvaguardia dei beni culturali sommersi.

Dopo 16 mesi dalla segnalazione del nostro Gruppo subacqueo finalmente l’eccezionale reperto marmoreo è stato recuperato – afferma Alfonso Lo Cascio, Presidente regionale BCsicilia – Adesso auspichiamo nel più breve tempo possibile la pulitura, l’analisi e tutte le indagini necessarie per determinare natura, epoca e destinazione della grande scultura. Se l’ipotesi del particolare di un fregio del timpano del tempio di Zeus fosse confermata sarebbe uno straordinario regalo per Agrigento capitale della cultura 2025”.

Per accedere al video, cliccare su una delle foto opure sul seguente link:  [video_player file=”https://www.teleradio-news.it/wp-content/uploads/2024/02/Altorilievo-video-modello-tridimensionale-realizzato-da-BCsicilia.mp4″]

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(Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)

Kokono: la culla che salva i neonati in Uganda

Una culla innovativa, progettata e brevettata in Italia da De-Lab – società benefit specializzata in consulenza nel settore della cooperazione allo sviluppo e dell’economia di scopo, con base a Milano – e realizzata e distribuita localmente in Uganda, in grado di proteggere i neonati dalla malaria e da altre potenziali cause di morte, costruita in plastica biodegradabile e multifunzione: è Kokono, progetto di imprenditoria sostenibile e ad impatto unico nel suo genere, che proprio nel paese dell’Africa sub-sahariana ha le sue radici. Ad oggi sono 1.500 le culle prodotte e distribuite nei contesti più poveri dell’Uganda, dagli slum di Kampala alle aree rurali. Un numero destinato presto a raddoppiare grazie a una strategia di scale-up promossa da De-Lab e dalla Ong Amref Health Africa e vincitrice nei giorni scorsi di un contributo nell’ambito della call “Sprint. Consolidamento di soluzioni sostenute nell’ambito del Progetto Innovazione per lo sviluppo” promossa da Fondazione Cariplo e Fondazione Compagnia di San Paolo. Ora la fondatrice di De-Lab, Lucia Dal Negro, punta ad attrarre anche nuovi partner finanziari per far crescere ulteriormente il progetto.

Come funziona Kokono
Kokono, grazie a una zanzariera “di serie”, difende i bambini da 0 a 12 mesi dalle malattie infettive – tra cui la malaria che incide ancora per il 20% sulla mortalità nel continente – ma anche da altre minacce come gli incidenti domestici o il soffocamento dovuti all’assenza di un riparo specifico per i neonati e gli attacchi degli animali come insetti, rettili e roditori. Queste sono le principali cause della mortalità infantile che in Uganda colpisce ogni anno 200mila bambini sotto i 5 anni, di cui 45mila muoiono entro il primo mese di vita. Oltre ad essere un riparo per i neonati, Kokono è anche sostenibile nei confronti dell’ambiente: grazie ad un polimero organico che rende la plastica di cui è composta biodegradabile, la culla si trasforma in compost dopo una decina di anni trascorsi in ambiente aerobico.
“Kokono è un modello replicabile in tutti i contesti vulnerabili del continente africano e del mondo, grazie a un modello che nasce dal basso, a partire dall’ascolto delle necessità delle famiglie più povere”, sottolinea la fondatrice di De-Lab Lucia Dal Negro. “Una soluzione che unisce alla sostenibilità sociale e ambientale anche quella economica – prosegue Dal Negro –, visto che permette di creare un circuito virtuoso di produzione e vendita in Uganda, con grandi potenzialità in termini di ricadute economiche e occupazionali sulla popolazione locale. Per questo De-LAB è alla ricerca di nuovi partner anche finanziari che credano e investano in Kokono”. Ogni dollaro investito in Kokono, è stato calcolato, genera 2,88 dollari in termini di ritorno sociale dell’investimento e questo senza ancora calcolare gli impatti ambientali positivi.

La storia e le partnership
La storia di Kokono – che in un dialetto ugandese significa “zucca vuota” – ha inizio nel 2018 quando l’idea viene perfezionata insieme ai suoi utilizzatori finali durante una serie di focus-group che coinvolgono quasi 200 persone in quattro distretti dell’Uganda: la capitale Kampala, Hoima, Fort Portal e Gulu. Un percorso di ricerca che ha fatto emergere la necessità di un design multi-funzione – Kokono si utilizza come culla portatile, come letto, come vasca per il bagno e come spazio per il gioco –, e un prezzo accessibile per una fascia di popolazione a medio-basso reddito.

Dopo la prima fase di ideazione, prototipazione e sviluppo, De-LAB ha acquistato, grazie alla vittoria di un grant dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics), lo stampo industriale per produrre la culla in modo seriale. In seguito alla sospensione dovuta alla pandemia, nel 2021 si completano il design del prodotto e la definizione della catena di fornitura locale, e avviene la registrazione da parte di De-LAB del brevetto di invenzione e del trademark “Kokono” sia in Italia che all’estero. L’anno seguente iniziano la produzione e la vendita, promossa in loco grazie alla collaborazione con l’ambasciata d’Italia in Uganda, e viene aperto un negozio a Muyenga, quartiere di Kampala, anche grazie ai fondi del bando Coopen di Fondazione Cariplo. Nel frattempo, grazie alla collaborazione tra De-Lab e le Ong Amref Health Africa Italia e Uganda, le culle vengono distribuite in contesti in difficoltà, tra cui lo slum di Kawempe.
Più di recente è stata attivata una collaborazione con Unfpa – United Nations Population Fund, l’agenzia dell’Onu per la salute sessuale e riproduttiva, grazie a cui è stata avviata la distribuzione di alcuni esemplari di Kokono nei campi profughi dell’Uganda, che conta oltre 1,5 milioni di rifugiati su una popolazione di 45 milioni di abitanti, una delle quote più alte al mondo.

 

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Dramma a Montefalcione: usa il cellulare nella vasca da bagno, giovane muore fulminata

Maria Antonietta Cutillo è morta a soli 16 anni.
Morire folgorati mentre si utilizza lo smartphone in carica durante un bagno nella vasca. È l’ennesima terribile tragedia riportata dalla cronaca che si è verificata il 3 maggio, a Montefalcione, provincia di Avellino in Campania. Maria Antonietta Cutillo, una ragazza appena 16enne, è morta folgorata per aver fatto cadere il cellulare nella vasca da bagno. Una morte avvenuta in diretta video durante la chiamata con l’amica. Secondo le prime ricostruzioni la caduta accidentale nell’acqua del telefonino, attaccato alla corrente, avrebbe innescato la scossa fatale. «Quella scena non la dimenticherò mai e poi mai, si sfoga l’amica del cuore suoi social rievocando quegli istanti. L’ultima chiamata, l’ultima risata insieme, l’ultima scemenza insieme. Ho la tua voce che mi rimbomba in testa, ho i tuoi occhioni verdi davanti, ho la tua risata in mente». La sua amica per la pelle, con la quale condivideva anche il banco di scuola, non c’è più. Resta, per ora, la sua memoria digitale, affidata appunto ai social e fatta di selfie, qualche video. Fatta dei sogni di un’adolescente che voleva diventare grande e fare la chef. Anche la sua scuola ha scelto i social per postare una foto del banco di Mary (come la chiamavano gli amici) con sopra un mazzo di fiori bianchi e la scritta: «A te, dolce angelo, va il nostro pensiero e il nostro affetto, un bene tanto naturale da provare per una ragazza seria, solare e benvoluta da tutti, come te». Ogni anno si registrano diverse morti per folgorazione e numerose elettrificazioni (scosse elettriche senza conseguenze mortali) legate all’uso del telefono in bagno, secondo i dati dell’Osservatorio nazionale per la sicurezza elettrica. Gli esperti, spiegano che: «L’acqua è un conduttore di corrente ed è il motivo che ha scatenato la tragedia. Se il telefono non fosse stato collegato a una fonte di energia da 220 volt non sarebbe successo nulla». La spiegazione è corretta, almeno in parte. All’interno dei telefonini odierni c’è una batteria che non rilascia corrente verso l’esterno anche quando il dispositivo è acceso. Non a caso, cresce sempre più il numero di smartphone con certificazione IP67 o IP68, capaci di resistere a cadute accidentali in acqua o a immersioni più profonde e durature, fino a 3 metri e a 60 minuti. Il problema qui è la connessione del cellulare ad una sorgente elettrica, che porterebbe a seri incidenti solo in determinate situazioni. C’è un però: la potenza da 220 volt di cui parla l’esperto non viene trasferita, totalmente, al cellulare perché ridotta e canalizzata dal trasformatore inserito nel caricabatterie. Al contrario, avremmo smartphone bruciati al primo caricamento. Le cause vanno allora ricercate altrove. Lo smartphone di per sé non veicola elettricità. Anche se fosse agganciato alla presa a muro e da questa si staccasse per finire in acqua, la quantità di corrente che dalla porta di alimentazione passa per il cavetto non sarebbe tale da causare una folgorazione.

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(Fonte: DeaNotizie – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)