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Assistenza anziani: la riforma ora c’è, il cambiamento meno

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IL DECRETO

Assistenza anziani: la riforma ora c’è, il cambiamento meno

DOPO 25 ANNI DI ATTESA – È stato approvato il nuovo sistema che semplificherà gli interventi. Molte delle misure attese, però, non sono nel testo: manca la progettualità

DI CRISTIANO GORI

8 APRILE 2024

Non partiamo dai fondi, per favore. Il dibattito sulla riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti recentemente introdotta, invece, si concentra su di essi. Le opposizioni puntano il dito verso l’assenza di nuove risorse strutturali, mentre la maggioranza risponde che non ha margini di movimento a causa degli impegni di spesa ereditati dai predecessori. Ciò che conta, però, è innanzitutto il progetto per il welfare futuro: solo se questo è solido ha senso discutere di finanziamenti. Il governo ha approvato in via definitiva il decreto attuativo (29/2024) della Legge delega (33/2023) di riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti, prevista nel Pnrr. La riforma era attesa da un quarto di secolo e doveva colmare il nostro ritardo rispetto a quelle già introdotte nei Paesi vicini (ad esempio in Germania nel 1995, in Francia nel 2002, in Spagna nel 2006). Per discuterla, chiediamoci che cosa cambia per anziani e famiglie.

Innanzitutto, è stata soppressa la prevista innovazione dell’assistenza fornita a casa. Si sarebbe dovuto introdurre un modello di servizi domiciliari specifico per la non autosufficienza, oggi assente nel nostro Paese. Invece, si stabilisce unicamente il coordinamento tra gli interventi sociali e sanitari erogati dagli attuali servizi domiciliari, senza però prendere in considerazione aspetti decisivi quali la durata dell’assistenza fornita (la non autosufficienza è abitualmente una condizione a lungo termine) e i diversi professionisti da coinvolgere (questa condizione tocca una molteplicità di dimensioni della vita quotidiana). L’Italia continuerà così ad essere priva di un servizio domiciliare rivolto agli anziani non autosufficienti: un esito che colpisce, in particolare se si pensa con quale forza, dalla pandemia in avanti, l’opinione pubblica, i media e i politici abbiano insistito sulla necessità di potenziare le cure a casa degli anziani.

Positiva, invece, è la revisione delle valutazioni della condizione di non autosufficienza, che determinano gli interventi da ricevere. Oggi ce ne sono troppe (5-6), non collegate tra loro, che moltiplicano gli sforzi degli operatori e rendono molto complesso l’iter per gli interessati. Invece, le valutazioni si ridurranno a due soltanto: una di responsabilità statale e una di competenza delle Regioni. Inoltre, i due momenti valutativi previsti saranno in stretta correlazione, a garanzia della continuità. Il decreto rimanda il disegno della sua concreta realizzazione ad atti successivi ma la razionalizzazione di procedure e passaggi è ben impostata in tutti gli aspetti chiave.

Per quanto riguarda i servizi residenziali, a loro volta, la legge delega contiene alcune indicazioni per un’opportuna dotazione di personale nelle strutture, la garanzia delle sue competenze e la qualità degli ambienti di vita, cioè gli aspetti principali da affrontare in una prospettiva riformatrice. La situazione, tuttavia, è interlocutoria. Il decreto attuativo, infatti, non contiene indicazioni sostantive e rimanda ad un successivo ulteriore Decreto.

La legge 33/2023 comprendeva anche la riforma dell’indennità di accompagnamento, un contributo monetario in somma fissa (531 euro mensili) senza vincoli d’uso. Era stato previsto un intervento ispirato alle migliori esperienze internazionali, in particolare: 1) mantenimento dell’accesso solo in base al bisogno di assistenza (universalismo); 2) graduazione dell’ammontare secondo tale bisogno, 3) possibilità di utilizzare l’indennità per avvalersi di servizi alla persona regolari e di qualità (badanti o organizzazioni del terzo settore), in questo caso ricevendo un importo maggiore. Di nuovo, è tutto immutato.

La prestazione universale (o “bonus anziani”) varata per il biennio 2025-2026, su cui si è concentrata l’attenzione pubblica, è costruita sull’assunto che l’indennità non debba essere riformata. Di conseguenza la misura resta tale e quale ma per alcuni beneficiari si prevedono ulteriori risorse (850 euro mensili). La prestazione si colloca nell’antica tradizione italiana di non riformare ma di aggiungere qualcosa all’esistente, lasciandolo così com’è e stratificando il nuovo sopra il vecchio. In ogni modo, questa provvidenza sarà fruita da una platea assai ridotta, 30mila persone con almeno 80 anni che ricevono l’indennità (sul totale di un milione).

In conclusione, il solo cambiamento strutturale introdotto consiste nella revisione delle valutazioni della non autosufficienza, operativa nel 2025, che dovrebbe rendere più facile la vita alle persone interessate. Si tratta di una novità di grande portata, ma è una sola. Per tutto il resto, non esiste – al momento – alcun progetto di cambiamento.

FONTE:

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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