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Attacchi su Odessa. Don Krat (diocesi): “Ogni notte bambini strappati al sonno e portati nei rifugi”

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“La gente ha paura. Lo dico sinceramente, specialmente quelli che hanno bambini”. Raggiunto telefonicamente ad Odessa, don Roman Krat, portavoce del vescovo cattolico della città racconta al Sir come la popolazione sta vivendo questi giorni di attacchi continui sulla città. “Quando io sento gli allarmi o le esplosioni, non mi muovo. Rimango dove sono. Ma se le famiglie hanno bambini e sentono gli allarmi, sapendo che i missili cadono purtroppo anche sui condomini, vanno a rifugiarsi in posti sicuri. Sono spesso le cantine sotto i palazzi. Sono buie, fredde, sporche, certamente non pensate per accogliere come rifugi le persone. E tutto accade sempre durante la notte. Le mamme sono costrette a svegliare i bambini, a prenderli e scendere nelle cantine. Si può solo immaginare la percezione di questi bimbi, in questa situazione di oscurità allarmi ed esplosioni”. Odessa è sotto il fuoco russo. Ieri mattina, c’è stata una forte esplosione mentre era in corso in città un incontro tra il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il premier greco Kyriakos Mitsotakis. L’esplosione è avvenuta vicino al porto ed è stata preceduta da un allarme aereo. La delegazione greca si trovava a circa 200 metri dal luogo dell’esplosione. Non hanno avuto il tempo di andare nei rifugi ma in un post su X il ministro greco ha confermato che per fortuna non ci sono stati feriti tra la delegazione greca.

Mykolaiv (Foto Biagioni/sir)

E’ invece altissimo il bilancio delle vittime dell’attacco russo su Odessa avvenuto sabato scorso, 2 marzo. Dieci civili sono rimasti uccisi e tra questi due bambini che avevano meno di un anno. Ieri è stato recuperato dalle macerie il corpo di una donna che aveva accanto il corpo di un bambino. “La madre ha cercato di coprire il bambino di otto mesi con il suo corpo. Sono stati trovati abbracciati”, hanno riferito i Servizi statali di emergenza che nei giorni scorsi, avevano recuperato i corpi di una donna con il suo bambino di quattro mesi e quello di un bimbo di due anni. L’attacco russo, realizzato con droni kamikaze di fabbricazione iraniana, ha distrutto diversi condomini nella città costiera dell’Ucraina meridionale nella notte tra venerdì e sabato.

Odessa, la “cucina” della curia (Foto Biagioni/Sir)

“Negli ultimi giorni si sono intensificati gli attacchi. Siamo sbalorditi”, racconta don Krat. “Non riusciamo a capire che cosa vogliono attaccare e perché colpiscono condomini dove abitano civili e perché uccidono donne e bambini. Vediamo che succede ogni volta che viene attaccata una nave russa nel Mar Nero. Ma perché prendersela con i civili? Questo è il problema”. E sull’attacco alla delegazione greca, il sacerdote osserva: “è chiaro che è stato un segnale a Zelensky. Gli attacchi avvengono quasi sempre di notte, dalle 23 alle 2. L’attacco di mercoledì è avvenuto di mattina”. Sempre più instabile è la sicurezza nelle città di Mykolaiv e di Kherson che si trova a pochissimi chilometri dal fronte. “I bombardamenti sono ogni giorno e di tutti i tipi, droni, missili, artiglieria. Spesso la gente muore. Hanno colpito e distrutto anche le chiese”. “Noi preghiamo”, prosegue il portavoce della diocesi. “Preghiamo specialmente per le vittime perché è questa la missione primaria che abbiamo. Stare vicino alla nostra gente, accompagnarla in questo tempo di prova e aiutarla a guardare anche con occhi di fede questi orribili fatti”. Ad Odessa, poi, hanno trovato rifugio anche moltissimi rifugiati in fuga dalle città occupate dai russi. Da sempre la Chiesa cattolica, grazie anche alla presenza e al lavoro delle Caritas, è impegnata in prima linea nell’accoglienza di queste persone. Due giorni alla settimana, in cattedrale, vengono distribuiti pacchi con alimenti vari alle famiglie. E sono stati avviati progetti di accompagnamento e aiuto rivolti ai rifugiati. “Siamo stanchi”, confida don Krat. “Sono due anni che questa guerra ci ha strappato dalla vita normale. Chiediamo che il mondo e l’Europa non si stanchino di noi. Abbiamo bisogno del vostro supporto, spirituale e materiale. Chiediamo che questa guerra possa finire ma non a costo di consegnare questo territorio alla Russia e di ritrovarci dall’altra parte. Abbiamo sofferto due anni di guerra, non può finire così. Speriamo che questo non accada e non accadrà mai. Non abbandonateci”.

 

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