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La vita non ha padroni

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Nel loro incisivo messaggio per questa 46ª Giornata per la Vita, dal bel titolo “La forza della vita ci sorprende”, i vescovi italiani ci offrono una panoramica delle situazioni in cui la vita umana è messa in pericolo, sottostimata o addirittura disprezzata e violata, “vite negate”: dalla vita dei nemici in guerra a quella dei migranti, da quella dei lavoratori a quella delle donne o dei bambini. E contemporaneamente ci offrono esempi in cui proprio quelle vite emarginate o deprezzate diventano invece fonte di speranza. L’accento è posto soprattutto, come da sempre in questa circostanza avviata eminentemente con questo scopo primario, sull’inizio e sul fine vita, là dove la vita umana si manifesta nella sua maggiore fragilità e per questo è più vulnerabile. Senza giri di parole i vescovi prendono di mira, ad esempio, “gli sviluppi legislativi locali e nazionali sul tema dell’eutanasia” che “destano grande preoccupazione”.
Non è difficile intravvedere qui un riferimento ai pronunciamenti giuridici nazionali che avallano il “suicidio assistito” e al recente tentativo (per ora naufragato) di agevolarlo ulteriormente, esperito nel Consiglio regionale del Veneto. Ciò deriva dal “progressivo sbiadirsi della consapevolezza sulla intangibilità della vita”. Ce ne rendiamo conto anche nella vita quotidiana e nelle opinioni della gente, oltre che nei proclami politici di qualche “fazione”. Tanto da far ritenere che chi è più “progressista” deve dimostrare meno riguardi verso le vite fragili, accampando un “rispetto” dell’altrui volontà tutto da dimostrare. Per restare all’emblematico caso veneto, se il segretario del Pd definisce una “ferita” l’astensione della consigliera dem Anna Maria Bigon, che in tal modo ha “fermato” la proposta di legge in parola, significa, oltre a smentire la libertà di coscienza su temi etici sbandierata evidentemente solo per convenienza alternata, che per “progredire” occorre promuovere il “fine vita” come soluzione “finale”, anziché tutelare la vita fino all’ultimo con le necessarie cure palliative, sulle quali poi lo stesso Consiglio veneto, con un recupero di “umanità”, si è impegnato. Parimenti, sull’altro tema sempre scottante, quello dell’aborto – ritenuto a torto da una vulgata “incosciente” sempre più un diritto, superiore persino al diritto alla vita, pena la qualifica di “retrogradi” – i vescovi citano candidamente la crisi demografica che, già di per sé, dovrebbe porre tutti sull’attenti.
Una crisi che evidentemente va addebitata anche ad altri fattori – quali una certa disaffezione alla maternità (peraltro non sempre favorita dal legislatore, come pure dalla mentalità imperante), o la mancata cordiale accoglienza per i migranti (grandi e piccoli) -, ma che rivela comunque, questa sì, una “ferita” nell’equilibrio della nostra società. Tanto che, insieme a tutti gli altri “vulnus” citati, inferti alla vita, ci sottopone a quello che i vescovi chiamano “tribunale della storia”, che potrà essere molto severo nei riguardi del nostro tempo. Del resto, anche i più acuti dialettici si scontrano – grazie proprio ai progressi della scienza – con “l’impossibilità morale e razionale di negare il valore della vita”. La difesa o promozione della vita – ne siamo convinti – è un tema “non confessionale” poiché “ogni civiltà autenticamente umana guarda ad ogni vita con rispetto”. L’impegno a favore della vita, sempre, che dovrebbe ispirare ogni persona di buona volontà, è da ritenersi impegno particolare dei credenti, tema privilegiato a livello ecumenico e interreligioso, anche se, pure qui, sembra talora che i credenti più emancipati siano coloro che mettono in secondo piano il riconoscimento del valore intangibile di una vita che chiede di nascere o di una che (non) chiede di morire… Pretendere di essere padroni della propria vita o di quella altrui è un errore grave.

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