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Palamara, Caivano e le nomine: Pinelli, l’uomo dei “deragliamenti”

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Palamara, Caivano e le nomine: Pinelli, l’uomo dei “deragliamenti”

DI ILARIA PROIETTI 
26 GENNAIO 2024

In principio fu lo scivolone sul caso Palamara con annessa sconfessione del Csm convinto, a differenza sua, che le condotte contestate all’ex pm abbiano causato, eccome, danni all’immagine della magistratura. Ma allora il mandato di Fabio Pinelli eletto in quota Lega sulla poltrona di vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura era solo all’inizio e il bello, diciamo così, doveva ancora venire: la scorsa settimana, le sue parole sul “deragliamento politico” di Palazzo dei Marescialli prima che iniziasse la sua gestione, hanno innescato un cortocircuito istituzionale mai visto prima: a fine giornata, dopo che mezzo plenum si era dissociato dalla sua uscita, è stato costretto a rimangiarsi tutto. Nel tentativo di placare Sergio Mattarella che, da capo dello Stato e dunque da presidente del Consiglio superiore della magistratura, era stato inevitabilmente tirato in ballo dal j’accuse di Pinelli, e chissà se consapevolmente o meno.

Ieri il dubbio si è in parte chiarito. Alla prima uscita pubblica dopo il patatrac di pochi giorni fa, il vicepresidente leghista ha rilanciato con un controcanto da manuale: “V’è da chiedersi se la legittimazione del magistrato non trovi più ragione, o almeno non solo e non tanto nella sua sottoposizione alla legge”, ma piuttosto “nel suo rapporto con i cittadini fondato sulla fiducia”. Come dire: i magistrati devono avere soprattutto la capacità di corrispondere al sentiment corrente nei loro comportamenti “dentro e fuori l’esercizio della funzione”. E pace per i principi fissati nella Costituzione evocati da Mattarella, che incontrando i magistrati di fresca nomina li aveva richiamati al loro compito “senza alcun timore di possibili reazioni di pubblica opinione o di interessi coinvolti”, chiarendo come “nel quadro degli equilibri costituzionali i giudici sono soggetti soltanto alla legge. Il che realizza l’unico collegamento possibile, in uno Stato di diritto, tra il giudice, non elettivo né politicamente responsabile, e la sovranità popolare, di cui la legge, opera di parlamentari eletti dal popolo e politicamente responsabili, è l’espressione prima”.

C’è che la questione del famigerato sentiment ha investito anche il Csm a proposito di talune nomine. Come quella di Filippo Spiezia come nuovo Procuratore di Firenze grazie al voto decisivo proprio di Pinelli: nomina ritenuta ossequiosa alla volontà di chi aveva criticato la gestione delle indagini da parte dei magistrati della città del Giglio (su Matteo Renzi da una parte e Silvio Berlusconi dall’altra) come fatto notare dall’Anm milanese che aveva sentenziato: “Non ci si deve fare carico di una classe politica in cerca di rassicurazioni”. Ma Pinelli insiste: sulle nomine del nuovo direttivo della Scuola superiore della magistratura ha annunciato la svolta che vale una denuncia di (presunti) peccati passati: “ai giovani magistrati (va garantita, ndr) un’offerta formativa che tenga conto delle diverse sensibilità”. E che dire quando lamentando uno sconfinamento del Csm dalla sue funzioni, aveva deciso di astenersi dalla votazione al plenum del parere sul decreto Caivano del governo? “Il parere non si limita ad analizzare l’impatto delle previsioni normative sull’organizzazione degli uffici giudiziari ma esprime una serie di perplessità e anche censure e critiche su vari punti dell’articolato normativo” aveva detto richiamando il Csm al rispetto del “principio della separazione dei poteri”. Questo nonostante si trattasse di un parere tutto sommato sobrio tal che lo avevano votato persino i laici in quota Fratelli d’Italia. Più realista del re.

FONTE:

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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