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Attualità

Anche la pizza ha il suo santo è Sant’Antonio Abate, protettore dei pizzaioli e dei fornai di Antonio Niola ( la Repubblica)

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Porcello

di Antonio Niola

la Repubblica

Anche la pizza ha il suo santo e adesso anche il santo ha la sua pizza. Il Pizza Day che si sta celebrando in tutto il mondo quest’anno è doppiamente dedicato a Sant’Antonio Abate, protettore dei pizzaioli e dei fornai. Infatti, per celebrare il comfort food più amato del pianeta, è stato scelto il 17 gennaio che nel calendario cristiano coincide con il giorno di questo patrono popolarissimo fra tutti i lavoratori che hanno a che fare con il calore delle fiamme e delle braci. Ma la novità è che da oggi in molte pizzerie sarà possibile ordinare la Sant’Antonio. L’iniziativa è dell’Associazione Verace Pizza napoletana, fondata quaranta anni fa, presieduta da Antonio Pace, che ha deciso di solennizzare il patrono della margherita e della marinara intitolandogli una pizza che richiama la figura di questo singolare asceta, che col fuoco ha un legame antichissimo. Perché il simpatico eremita dalla lunga barba bianca, vissuto nel deserto egiziano nel terzo secolo dopo Cristo, ha compiuto un’impresa da benefattore dell’umanità. Secondo la leggenda un giorno è andato in visita all’inferno, dove ha rubato una scintilla del fuoco eterno e l’ha nascosta nel cavo spugnoso del suo bastone. Poi, una volta tornato a riveder le stelle, l’ha regalata agli uomini. Che da quel giorno hanno cominciato a cuocere il cibo e a scaldarsi, uscendo dall’ancestrale povertà cavernicola. Una prodezza che ne fa il Prometeo cristiano.

Tuttavia, Antonio non sarebbe mai riuscito nell’intento, senza l’aiuto decisivo del suo inseparabile maiale, che lo segue ovunque come un cagnolino fedele. Il furbissimo porcellino, infatti, semina lo scompiglio tra i diavoli scorrazzando tra i falò infernali e li distrae smarcando l’Abate, che in questo modo riesce a portare a casa il risultato. Trasformando così il fuoco dell’inferno in fuoco amico. Ecco perché il santo viene rappresentato con in mano una fiammella e con accanto il devoto suino. Ed ecco perché è anche il patrono dei salumieri. Per la stessa ragione, la sua festa viene celebrata in tutta Italia accendendo giganteschi falò che ricordano il furto leggendario e con grandi scorpacciate di salsicce e costolette, cibi grassi, che scaldano. Non a caso il calendario fissa al 17 gennaio l’inizio del Carnevale. Che fa rima con maiale. Perché è il momento del grasso, della licenza e della trasgressione, alimentare e non solo. Ma Antonio non è solo un benefattore e un patrono gourmet. È anche un guaritore. E il suo culto è legato da sempre all’assistenza e alla cura dei poveri, dei diseredati, dei non garantiti.

Sin dal Medioevo, i frati dell’ordine antonita detti anche Cavalieri del fuoco sacro, fondano in tutta Europa ospedali specializzati nella cura delle ustioni e di malattie che hanno a che fare con il bruciore. Come l’herpes zoster, che gergalmente si chiama fuoco di Sant’Antonio.

Oltretutto l’amico del porcello è anche un difensore dei diritti animali, dell’antispecismo e della sostenibilità. Nell’Europa contadina si credeva che la notte del sedici gennaio, alla vigilia della sua festa, il santo passasse per le stalle chiedendo agli animali come fossero stati trattati nel corso dell’anno dai padroni. Il taumaturgo avrebbe benedetto i buoni e maledetto quelli che avevano maltrattato senza pietà le povere bestie.

In realtà la gustosissima Sant’Antonio che da oggi potremo ordinare nelle tantissime pizzerie che hanno aderito all’iniziativa dell’Associazione, che ha soci da New York a Seul, da Tokyo a Toronto, è una sintesi di duemila anni di storia religiosa e sociale in pochi centimetri quadrati di pasta lievitata. Gli ingredienti parlano chiaro. Sulla pizza ci sono tutti gli attributi del patrono. Il rosso acceso del pomodoro, simbolo del fuoco della fede. Il gusto bruciante del peperoncino. La salsiccia o il salame piccante che assicurano al maiale il posto d’onore che gli spetta. Apparentemente sembra una diavola, che comunque non sarebbe fuori luogo visti i trascorsi infernali della storia. Ma a fare la differenza è il Provolone del Monaco, celebre specialità della penisola sorrentina, per ricordare che l’Abate è stato il fondatore del monachesimo cristiano. Il che fa di lui il monaco per antonomasia. Insomma, una ricetta fusion che mette insieme sacro e profano. E fa della Sant’Antonio una pizza come Dio comanda.

Antonio Niola

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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