L’INTERVISTA

Philip Willan (Times): “Non è sano avere editori con interessi in politica. Il bavaglio? È pericoloso”

GIORNALISTA – “L’ex portavoce della premier la incorona come ‘uomo dell’anno’: è cortocircuito”

DI LORENZO GIARELLI

31 DICEMBRE 2023

Philip Willan lavora da Roma per il Times, storico quotidiano britannico tra i più noti al mondo. Gli ultimi giorni hanno offerto più volte a lui e ai colleghi corrispondenti l’occasione per riflettere sugli intrecci tra politica e giornalismo: il nuovo bavaglio alla stampa, la copertura mediatica del caso Verdini-Salvini e persino l’esaltazione di Giorgia Meloni sulla prima pagina del giornale (Libero) diretto dal suo ex capo ufficio stampa, Mario Sechi.

Philip Willan, che idea si è fatto del divieto di pubblicare le ordinanze di custodia cautelare?

Mi sembra piuttosto preoccupante limitare la possibilità per i giornalisti di coprire la cronaca giudiziaria. È ancora più evidente se ci sono reati che incidono sul mondo politico, perché da una parte c’è il sistema giudiziario, ma dobbiamo tenere presente che c’è anche il diritto del cittadino a essere informato per poter formare un giudizio politico completo. Se le inchieste producono informazioni utili, il cittadino deve avere la possibilità di conoscere i fatti. È molto negativo e pericoloso limitare il flusso di informazioni verso il pubblico.

Il messaggio che si manda è che la politica tutela se stessa

Sì, e l’inchiesta che ha riguardato Verdini è un caso molto illustrativo perché riguarda il mondo politico. Se tutto quello che è emerso finora fosse stato seppellito per altri mesi, fino al processo, sarebbe stata una menomazione di un diritto. Invece di intervenire sui tempi della pubblicazione, ci sarebbero questioni più urgenti, come per esempio la velocità della giustizia oppure, sempre per stare al giornalismo, l’antico tema delle querele temerarie.

Ne ha avuto esperienza

Sì, ho sperimentato l’inadeguatezza del sistema attuale nel proteggere i giornalisti che fanno il proprio lavoro e che troppo spesso possono essere intimiditi da chi minaccia querele. Oggi può capitare di essere querelati e vincere in primo grado, con la controparte condannata a pagare le spese che però non paga e fa appello. E si va avanti così per anni. Da tempo c’è una proposta in Parlamento che però non fa progressi, invece sarebbe fondamentale.

Uno dei problemi è il groviglio tra informazione e politica Antonio Angelucci, deputato della Lega, è proprietario di tre quotidiani di destra.

Non è sano avere una persona che è contemporaneamente deputato e proprietario non di un giornale, ma di un gruppo. E lo si è visto con il caso Verdini, perché la notizia è stata praticamente nascosta dai suoi giornali perché imbarazzante per il suo partito. Non è facile avere un buon rapporto tra stampa, potere e opinione pubblica, ma mi sembra che gli istinti di chi governa in questo momento non promettano molto di meglio.

Retaggi berlusconiani.

È indubbio che Berlusconi abbia falsato il gioco, potendo contare su un’enorme potenza mediatica. Lo si è visto non solo quando ha vinto le elezioni, ma anche quando le ha perse, perché il centrosinistra ha sempre comunque avuto margini piccolissimi e maggioranze fragili.

Non a caso Libero, diretto da Sechi, premia Meloni “uomo del- l’anno”.

Ho visto la prima pagina di Libero e la cosa mi ha anche divertito, perché capisco la volontà di rappresentare Meloni come un fenomeno straordinario in grado di fare carriera in un mondo molto maschilista. Certo è che se a fare questo tributo è il suo ex portavoce, allora diventa un cortocircuito.

LEGGI – Angelucci vuole tutto: tratta con Eni e con Elkann