Cosmogonia/ co-smo-go-nì-a/ SIGNIFICATO Mito, leggenda, dottrina che spiega l’origine del mondo; parte della scienza cosmologica che studia l’origine dell’universo, ma anche la formazione dei corpi celesti/ ETIMOLOGIA voce dotta recuperata dal greco kosmogonía, composta da kósmos ‘universo’ e dal secondo elemento -gonía, derivato di gónos ‘nascita, generazione’./ «È una rappresentazione della cosmogonia egizia eliopolitana, col dio sole Atum che…» «Non mi interessa che cosa hai disegnato, mi devi riverniciare il muro ora.»
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Cosmogonia/ co-smo-go-nì-a/ SIGNIFICATO Mito, leggenda, dottrina che spiega l’origine del mondo; parte della scienza cosmologica che studia l’origine dell’universo, ma anche la formazione dei corpi celesti/ ETIMOLOGIA voce dotta recuperata dal greco kosmogonía, composta da kósmos ‘universo’ e dal secondo elemento -gonía, derivato di gónos ‘nascita, generazione’./ «È una rappresentazione della cosmogonia egizia eliopolitana, col dio sole Atum che…» «Non mi interessa che cosa hai disegnato, mi devi riverniciare il muro ora.»
FONTE:
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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La lingua greca sa essere una grande agorà di concetti. Così prestigiosa e accogliente insieme che per esempio sulla panca della stessa parola possiamo trovare seduti accanto scienza e mito.
La cosmogonia è alla lettera la nascita del cosmo. Ma precisiamo: è il racconto della sua nascita.
L’antropologia culturale ci presenta un carosello fantasmagorico di narrazioni mitiche che tentano il terreno del mistero più semplice e abissale del mondo: com’è che qualcosa c’è, al posto del nulla
Oggi purtroppo non daremo una risposta a questo mistero (forse domani), punto di fuga dove s’incontrano mistica e scienza. Ma possiamo leggere qualche linea di tensione, nelle cosmogonie.
Abbiamo quelle ben note delle religioni rivelate — più complesse e forse meno pittoresche, con un attore solitario nella creazione. Prima però abbiamo batterie sterminate di divinità che (come, poi?) emergono dal caos primigenio o da sonnacchiosi oceani primigeni, divinità che battagliano, divinità che sacrificano il proprio corpo nell’atto della creazione usandolo per dare consistenza e forma alle parti varie del mondo (o anche divinità perdenti il cui corpo serve allo scopo). Abbiamo diadi celesti e terrene che si uniscono, varie declinazioni dell’uovo cosmico che si rompe finalmente dall’interno. O anche finezze filosofiche in cui il caos non è un abisso ma un disordine eterno increato su cui interviene una mente ordinatrice (finezze soprattutto democritee, platoniche, epicuree, lucreziane, che già, con certe intuizioni sugli atomi, iniziano a usare categorie più echeggianti nel sapere scientifico seriore).
La cosmogonia oggi però è anche una branca della cosmologia astronomica — quella che più precisamente investe l’origine dell’universo, l’indagine sulla sua nascita (anche se in certi casi è inteso come studio della formazione dei corpi celesti). Purtroppo è un campo su cui gli stivali della scienza tendono ad affondare, perché l’evento non è direttamente osservabile (tardi, gente) né (pare!) ripetibile, ed è necessario continuare ad approfondire le leggi del mondo e a interpretare gli universali avanzi archeologi di questa nascita che, evidentemente, c’è stata.
Così la cosmogonia continua ad abitare la nostra cultura. Lo fa nei nostri studi che cercano di comprendere ciò che altri prima di noi hanno immaginato e creduto — e che quindi cercano di comprendere pensieri e vite di altri tempi e luoghi. Ciò che hanno messo nero su bianco o rappresentato al fine di dare spiegazione all’assurdo, ineludibile problema della nascita dell’ordine del mondo — ricordiamo che il greco kósmos, prima di essere ‘mondo, universo’, ha il significato proprio di ‘ordine’. Lo facciamo in quelli, più superficiali e incerti, sullo stato dell’arte della cosmologia su questa particolare domanda. Una domanda sull’origine primigenia che peraltro è essa stessa perennemente primigenia — condivisa con parenti di epoche semplicemente remote, e fra le prime con cui le menti bambine ci mettono in difficoltà.