Sia chiaro: siamo ben lontani (ammesso che sia possibile) dall’avere un Wagner o un Leonardo Da Vinci robot. Certo, però, che le ultime notizie sulle capacità dell’intelligenza artificiale (IA) di “creare” opere artistiche dalla musica alla pittura hanno del sorprendente. Partiamodai Beatles: appena uscita una “nuova canzone” del leggendario gruppo britannico, sviluppata utilizzando proprio le rivoluzionare potenzialità del cosiddetto machine learning. Intitolata “Now and Then”, il pezzo si basa su di un provino casalingo registrato alla fine degli anni’70 da John Lennon, “sistemato” grazie alla tecnologia utilizzata per la docu-serie ‘The Beatles: Get Back’, diretta dal regista Peter Jackson, in grado di separare voce e piano.

Recuperata la voce di Lennon, come riportato dall’Ansa “nel 2022 Paul e Ringo hanno inserito la chitarra elettrica e acustica registrata nel 1995 da George, una nuova parte di batteria di Ringo e il basso, la chitarra e il piano di Paul, accordato alla suonata originale di John. Paul ha anche aggiunto un assolo di chitarra slide come tributo a George e realizzato i cori nel ritornello con Ringo.” Concentrandoci sul ruolo svolto dall’Intelligenza artificiale, questa avrebbe permesso appunto tramite il machine learning di districare le fonti nella registrazione originale, ricostruendo la sola voce di Lennon ed eliminando rumore di fondo e resto. Il machine learning, in buona sostanza è un computer che esamina i dati e identifica pattern (degli schemi ripetitivi) nei dati stessi per imitare una attività umana. Più dati validi ottiene, meglio riconosce lo schema: nel caso di specie la voce di Lennon. Quindi, quella che si ascolta nel nuovo pezzo è la voce di Lennon per come “interpretata” dal computer che in assenza della voce vera e propria, l’ha imitata partendo dai dati estrapolati dalla vecchia registrazione.

Qualcosa di simile (seppur con le dovute differenziazioni) è stato realizzato presso l’Università di Harvard negli USA dove un gruppo di studiosi ha imitato le tecniche artistiche di Jackson Pollock il quale compose i suoi famosi dipinti a goccia posizionando una tela sul pavimento e facendovi gocciolare sopra vernice dall’alto. Ad un occhio inesperto la sua tecnica può sembrare casuale, ma Pollock ha sempre affermato di avere il controllo completo sul flusso del colore. I ricercatori di Harvard hanno cercato di riprodurre questo stile utilizzando le stampanti 3D e appunto l’intelligenza artificiale. “Volevamo sviluppare una tecnica che potesse trarre vantaggio dalle instabilità di piegatura e avvolgimento, piuttosto che evitarle”, ha affermato Gaurav Chaudhary, membro del team di Harvard. “Le stampanti 3D tradizionali funzionano seguendo un percorso dal punto A al punto B, con l’ugello che deposita l’inchiostro lungo quel percorso specificato. Ma l’approccio di Pollock di lanciare vernice da un’altezza significava che anche se la sua mano si muoveva lungo una traiettoria specifica, la vernice non seguiva quella traiettoria a causa dell’accelerazione ottenuta dalla gravità. Un piccolo movimento potrebbe provocare grandi schizzi di vernice. Usando questa tecnica, puoi stampare lunghezze maggiori con piccoli movimenti dell’ugello perché ottieni questa accelerazione dalla gravità.” Per imparare come manipolare l’ugello per stampare a distanza e controllare l’avvolgimento del fluido gli studiosi hanno combinato la fisica dell’avvolgimento con l’intelligenza artificiale. Usando questa tecnica, i ricercatori hanno stampato una serie di forme complesse, dipingendo come Pollock. I ricercatori hanno utilizzato fluidi semplici per questa ricerca, ma l’approccio potrebbe essere ampliato per manipolare fluidi più complessi, come polimeri liquidi, paste e perfino vari tipi di alimenti.