Dai paragoni con l’Olocausto alle critiche a Netanyahu: la guerra raccontata dalla stampa israeliana
Al terzo giorno di scontri tra Hamas e Israele dopo l’attacco a sorpresa del braccio armato delle milizie palestinesi di Gaza, i media israeliani stanno seguendo con trasporto gli sviluppi del conflitto. La polarizzazione del discorso mediatico che sta caratterizzando i media internazionali passa anche attraverso il racconto delle testate locali e a un primo sguardo, al netto delle differenti linee editoriali, i media di Tel Aviv si presentano uniformi nel condannare i “terroristi di Hamas” e nel piangere le vittime israeliane. Ma non mancano le accuse al governo Netanyahu colpevole, secondo alcuni, di aver contribuito all’escalation con il popolo palestinese.
Nelle ultime 48 ore il sito del Jerusalem Post ha operato a singhiozzi, a causa di diversi attacchiinformatici che secondo quanto ha comunicato il caporedattore del quotidiano, AviMayer, arrivano da parte di “coloro che vogliono impedirci di fare uscire la verità”. Il tweet, ripostato dal profilo ufficiale del giornale, concludeva con Mayer sicuro che “non ci riusciranno”.
La maggior parte dei racconti accessibili in giornata sul JP è stata concentrata sulle storie dei sopravvissuti al Nova Festival, il rave di Be’eri nel quale hanno fatto incursione le milizie di Hamas. Diverse testimonianze si sono invece concentrate sugli attacchi ai kibbutz, le tipiche comunità egalitarie israeliane, dove gli estremisti hanno ucciso e rapito diversi civili. Prevalente è poi la copertura dell’operazione “Lamedi ferro“, risposta di Tel Aviv ai bombardamenti del weekend, con particolare attenzione “all’impatto emotivodevastante” dell’attacco di Hamas. Il media non manca di sottolineare in diversi articoli che il contrattacco israeliano, secondo fonti diplomatiche consultate dalla redazione, servirà a “prevenire un’ulteriore invasione da Gaza per almeno altri 50 anni”.
Sulla stessa linea anche il The Times of Israel che nella giornata di lunedì ha dedicato la sua apertura al nuovo fronte aperto a nord con il Libano e all’uccisione di alcuni membri di Hezbollah durante i bombardamenti dell’Idf, mentre i suoi pezzi di punta si concentrano su mortie feritiisraeliani nel confronto con Hamas. Oltre a editoriali e commenti di analisti che ritengono “inevitabile” la repressione armata di Israele nei confronti dei palestinesi di Gaza, diversi articoli sottolineano che l’8 ottobre passerà alla storia come l’11 settembre del Medio Oriente, mentre un titolo su tutti spicca per la domanda retorica: “L’attacco di Hamas è stato il giorno di sangue peggiore per gli ebrei dai tempi dell’Olocausto?”. Nello svolgimento l’autore risponde che sì, a suo avviso è un paragone appropriato.
Il quotidiano progressista Haaretz fornisce qualche nota di contesto in più, andando oltre la conta dei morti per spiegare le origini di Hamas e raccontare le reazioni internazionali allo scontro. Ampio spazio è anche dato ai risvolti politici interni al conflitto armato con i miliziani di Gaza, con l’amministrazione di Benjamin Bibi Netanyahu che affronta crescentipressioni da parte dell’opposizione che vorrebbe organizzare un Consiglio di guerra che escluda il premier. Diverse le analisi sul media in lingua inglese che puntano il dito sulla sconsideratezza delle politicheoppressive di Netanyahu, colpevoli di avere “portato la guerra su Israele”.
Storie di vittime e rapiti anche sull’Israel Hhayom, il quotidiano in lingua ebraica più venduto d’Israele che oltre alla cronaca si dilunga in pezzi di opinione che invitano il Paese a non lasciare scampo ai palestinesi. “Ecco come Israele potrebbe incanalare la propria rabbia“, “Una guerra nella nostra patria”, “Non è di nuovo il 1973, questo è l’11 settembre”, sono alcuni degli altisonanti titoli del media. Alla contestualizzazione degli anni di tensione con Gaza non è dedicata neanche una pagina, così come non compaiono mai dichiarazioni dell’Anp e reazioni dalla Cisgiordania occupata, mentre compaiono i profili di personaggi internazionali che si sono schierati a favore di Israele, tra cui la cantante Madonna.
Su Ynet infine, la linea progressista del media online in ebraico lascia spazio alle stime delle vittime, sempre all’interno del parallelismo con l’Olocausto. Tra le storie di riservisti che si affrettano a tornare in Israele per “difendere la patria” ed encomi di “eroi che sono morti per la Terra Santa”, presenti anche alcune stoccate al governo di Bibi, per il suo “totale fallimento” che ha portato alla guerra.
Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web per offrirti l'esperienza più pertinente ricordando le tue preferenze e ripetendo le visite. Cliccando su "Accetta tutto", acconsenti all'uso di TUTTI i cookie. Tuttavia, puoi visitare "Impostazioni cookie" per fornire un consenso controllato. Cliccando su "Accetta tutto", acconsenti all'uso di TUTTI i cookie. Tuttavia, puoi visitare "Impostazioni cookie" per fornire un consenso controllato ♥ We use cookies on our website to give you the most relevant experience by remembering your preferences and repeat visits. By clicking “Accept All”, you consent to the use of ALL the cookies. However, you may visit "Cookie Settings" to provide a controlled consent.
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. These cookies ensure basic functionalities and security features of the website, anonymously.
Cookie
Durata
Descrizione
cookielawinfo-checkbox-analytics
11 months
This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookie is used to store the user consent for the cookies in the category "Analytics".
cookielawinfo-checkbox-functional
11 months
The cookie is set by GDPR cookie consent to record the user consent for the cookies in the category "Functional".
cookielawinfo-checkbox-necessary
11 months
This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookies is used to store the user consent for the cookies in the category "Necessary".
cookielawinfo-checkbox-performance
11 months
This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookie is used to store the user consent for the cookies in the category "Performance".
viewed_cookie_policy
11 months
The cookie is set by the GDPR Cookie Consent plugin and is used to store whether or not user has consented to the use of cookies. It does not store any personal data.
Functional cookies help to perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collect feedbacks, and other third-party features.
Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.
Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.
Advertisement cookies are used to provide visitors with relevant ads and marketing campaigns. These cookies track visitors across websites and collect information to provide customized ads.
MONDO
Dai paragoni con l’Olocausto alle critiche a Netanyahu: la guerra raccontata dalla stampa israeliana
Al terzo giorno di scontri tra Hamas e Israele dopo l’attacco a sorpresa del braccio armato delle milizie palestinesi di Gaza, i media israeliani stanno seguendo con trasporto gli sviluppi del conflitto. La polarizzazione del discorso mediatico che sta caratterizzando i media internazionali passa anche attraverso il racconto delle testate locali e a un primo sguardo, al netto delle differenti linee editoriali, i media di Tel Aviv si presentano uniformi nel condannare i “terroristi di Hamas” e nel piangere le vittime israeliane. Ma non mancano le accuse al governo Netanyahu colpevole, secondo alcuni, di aver contribuito all’escalation con il popolo palestinese.
Nelle ultime 48 ore il sito del Jerusalem Post ha operato a singhiozzi, a causa di diversi attacchi informatici che secondo quanto ha comunicato il caporedattore del quotidiano, Avi Mayer, arrivano da parte di “coloro che vogliono impedirci di fare uscire la verità”. Il tweet, ripostato dal profilo ufficiale del giornale, concludeva con Mayer sicuro che “non ci riusciranno”.
La maggior parte dei racconti accessibili in giornata sul JP è stata concentrata sulle storie dei sopravvissuti al Nova Festival, il rave di Be’eri nel quale hanno fatto incursione le milizie di Hamas. Diverse testimonianze si sono invece concentrate sugli attacchi ai kibbutz, le tipiche comunità egalitarie israeliane, dove gli estremisti hanno ucciso e rapito diversi civili. Prevalente è poi la copertura dell’operazione “Lame di ferro“, risposta di Tel Aviv ai bombardamenti del weekend, con particolare attenzione “all’impatto emotivo devastante” dell’attacco di Hamas. Il media non manca di sottolineare in diversi articoli che il contrattacco israeliano, secondo fonti diplomatiche consultate dalla redazione, servirà a “prevenire un’ulteriore invasione da Gaza per almeno altri 50 anni”.
Sulla stessa linea anche il The Times of Israel che nella giornata di lunedì ha dedicato la sua apertura al nuovo fronte aperto a nord con il Libano e all’uccisione di alcuni membri di Hezbollah durante i bombardamenti dell’Idf, mentre i suoi pezzi di punta si concentrano su morti e feriti israeliani nel confronto con Hamas. Oltre a editoriali e commenti di analisti che ritengono “inevitabile” la repressione armata di Israele nei confronti dei palestinesi di Gaza, diversi articoli sottolineano che l’8 ottobre passerà alla storia come l’11 settembre del Medio Oriente, mentre un titolo su tutti spicca per la domanda retorica: “L’attacco di Hamas è stato il giorno di sangue peggiore per gli ebrei dai tempi dell’Olocausto?”. Nello svolgimento l’autore risponde che sì, a suo avviso è un paragone appropriato.
Il quotidiano progressista Haaretz fornisce qualche nota di contesto in più, andando oltre la conta dei morti per spiegare le origini di Hamas e raccontare le reazioni internazionali allo scontro. Ampio spazio è anche dato ai risvolti politici interni al conflitto armato con i miliziani di Gaza, con l’amministrazione di Benjamin Bibi Netanyahu che affronta crescenti pressioni da parte dell’opposizione che vorrebbe organizzare un Consiglio di guerra che escluda il premier. Diverse le analisi sul media in lingua inglese che puntano il dito sulla sconsideratezza delle politiche oppressive di Netanyahu, colpevoli di avere “portato la guerra su Israele”.
Storie di vittime e rapiti anche sull’Israel Hhayom, il quotidiano in lingua ebraica più venduto d’Israele che oltre alla cronaca si dilunga in pezzi di opinione che invitano il Paese a non lasciare scampo ai palestinesi. “Ecco come Israele potrebbe incanalare la propria rabbia“, “Una guerra nella nostra patria”, “Non è di nuovo il 1973, questo è l’11 settembre”, sono alcuni degli altisonanti titoli del media. Alla contestualizzazione degli anni di tensione con Gaza non è dedicata neanche una pagina, così come non compaiono mai dichiarazioni dell’Anp e reazioni dalla Cisgiordania occupata, mentre compaiono i profili di personaggi internazionali che si sono schierati a favore di Israele, tra cui la cantante Madonna.
Su Ynet infine, la linea progressista del media online in ebraico lascia spazio alle stime delle vittime, sempre all’interno del parallelismo con l’Olocausto. Tra le storie di riservisti che si affrettano a tornare in Israele per “difendere la patria” ed encomi di “eroi che sono morti per la Terra Santa”, presenti anche alcune stoccate al governo di Bibi, per il suo “totale fallimento” che ha portato alla guerra.