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Un documentario per raccontare la bellezza della famiglia Ulma

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Una famiglia normale, modesta ma unita dall’amore e dalla Scrittura, un esempio di vita per tutti i cristiani. È il ritratto di Giuseppe e Vittoria Ulma e dei loro sette figli, che emerge dalla proiezione del documentario “Il comandamento dell’amore. La storia della famiglia Ulma di Markowa” di Marta Pietrasiewicz e prodotto da TVP Polonia, e presentato ieri sera dell’Ambasciata polacca presso la Santa Sede. Un documento che, grazie alle immagini ricostruite, alle tante foto che lo stesso Józef scattava alla sua famiglia, unite alle testimonianze di vicini di casa della famiglia o figli dei superstiti, delinea un ritratto potente e tragico per i suoi esiti ma soprattutto la vita, il cuore, la straordinaria normalità del loro essere famiglia e in particolare, una famiglia cristiana.
Una famiglia beatificata domenica scorsa, 10 settembre, ricordata da Papa Francesco. “Oggi a Markowa, in Polonia – ha ribadito il Pontefice durante l’Angelus in Piazza San Pietro –, sono stati beatificati i martiri: un’intera famiglia sterminata dai nazisti il 24 marzo 1944 per aver dato rifugio ad alcuni ebrei che erano perseguitati. All’odio e alla violenza, che caratterizzarono quel tempo, essi opposero l’amore evangelico. Questa famiglia polacca, che rappresentò un raggio di luce nell’oscurità della seconda guerra mondiale, sia per tutti noi un modello da imitare nello slancio del bene e nel servizio di chi è nel bisogno”.

Ed è questo il messaggio più significativo emerso dalla proiezione. Messaggio peraltro contenuto e racchiuso nel titolo stesso del documentario, evocato dalle immagini di una Bibbia stropicciata dall’uso e dalla lettura quotidiana. Un modo semplice ed efficace per descrivere la vita della famiglia Ulma, capace di accogliere la forza della Parola, di farla propria, a cominciare da un brano che forse più di altri ne ha esaltato pregi e virtù: quello del “Buon Samaritano”, eletto a proprio modello di vita. Una famiglia che ha saputo prendersi cura del prossimo e che, di fronte alla possibilità di aiutare e salvare da persecuzione e morte certa amici e conoscenti ebrei, “perché essi – pur sapendo i rischi – non hanno esitato a esporsi mettendo a rischio la loro stessa vita”.

“Il valore dell’ospitalità è umano e profondamente cristiano – ha detto il card. Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, presente anche lui alla proiezione – ed è stato la bussola della famiglia Ulma. Nell’accoglienza dello straniero – ha proseguito – come ci insegna la Scrittura, spesso si trova l’occasione per ospitare degli angeli. In quel momento storico infatti, gli ebrei erano i poveri e loro li hanno accolti con amore, nonostante tutti i rischi rivelatisi poi concreti. A loro non è stato chiesto di rinnegare la fede, ma di rinnegare la radice di Cristo” ha sottolineato il cardinale, facendo chiaro riferimento agli assassini nazisti che uccisero la famiglia Ulma (moglie, marito e i cinque figli) insieme agli otto ebrei che nascondevano.

Il card. Semeraro ha quindi raccontato l’emozione provata durante il rito di beatificazione svoltosi sempre domenica scorsa in Polonia alla presenza di oltre 37mila persone. “Quando sono tornato a Roma – ha raccontato – ho ricevuto messaggi di amici, ammirati dalla grande partecipazione al rito di beatificazione. Si è percepito l’animo di un popolo, in un momento come questo, e la celebrazione del rito mi ha rivelato quanto la testimonianza di questa famiglia sia passata nel popolo. Abbiamo bisogno di testimonianze come quella della famiglia Ulma. Una testimonianza che viaggia su due aspetti: l’armonia della vita familiare e il valore dell’ospitalità, tratto umano e cristiano”. La proiezione è stata anche l’occasione per l’arcivescovo metropolita di Przemysl, mons. Adam Szal, di consegnare nelle mani del cardinale un reliquiario della famiglia Ulma.

Infine, a margine della presentazione, rispondendo a una domanda del Sir, il prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, ha spiegato che quella degli Ulma “è stata una famiglia unita, nella quale è chiara l’opera della ‘grazia’ presente nel sacramento del Matrimonio. Nel caso di canonizzazioni non sempre si mette in evidenza questo aspetto, anche quando si tratta di coniugi. La prassi della Chiesa, anche quando si tratta di coniugi, spesso è rivolta all’esplorazione delle virtù che sono sempre personali. In questo caso abbiamo a che fare con una famiglia che ha vissuto la ‘grazia’ del matrimonio in totale normalità. Così come raccontano le tante e belle foto scattate dallo stesso Józef, nelle quali – ha concluso Semeraro – ha fermato per sempre toccanti e significativi momenti di vita familiare”.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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