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Giustizia, la stretta: meno carcere preventivo e atti più segreti ENTRO UN MESE IN CDM – Il ministro in aula: “Custodia cautelare sarà eccezione”. Divieti sulla pubblicazione di carte e intercettazioni

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APPROVATO IL “SALVA-LADRI”

Meloni copia Cartabia: (in)giustizia criminogena

M5S – Scarpinato stronca il ddl sulla procedibilità d’ufficio: “È insufficiente, abbandona i più fragili”

 

Ha votato a favore, insieme alla maggioranza di FdI, Lega, FI e Udc anche il Pd perché, ha detto il senatore Alfredo Bazoli, capogruppo in Commissione Giustizia, “è un provvedimento equilibrato, che introduce la procedibilità di ufficio per i reati commessi con l’aggravante del metodo mafioso (pure terroristico, ndr) e interviene con equilibrio sulla vexata quaestio dell’arresto in flagranza di reato anche in assenza della persona offesa per i reati procedibili a querela”. Poi la frecciata a M5S e Sinistra, anche loro con il governo Draghi: “Condividiamo questi principi che non mettono in discussione la riforma Cartabia che, lo ricordo, è stata approvata quasi all’unanimità, con l’eccezione di FdI”.

In realtà, il ddl governativo appena approvato sana solo in minima parte i danni della norma Cartabia in termini di giustizia giusta, di protezione delle vittime. Resta una sorta di amnistia mascherata. Declassa da procedibili d’ufficio a procedibili a querela una serie di reati gravi, non solo sequestro e lesioni, pure tutte le specie di furto, la minaccia, la truffa, la frode informatica, la violazione di domicilio. Non include questi reati tra quelli che, in base al codice penale, fanno scattare la procedibilità d’ufficio in caso di “aggravanti speciali”. Quindi, aggravanti di mafia e terrorismo a parte, se avviene un furto, per esempio, in un capannone industriale o in un negozio, senza querela resterà impunito, anche con questa legge.

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Sarà così pure in caso di lesioni, minacce, sequestri “semplici” o violenza privata che non avvengono in un contesto di criminalità organizzata. Viene ignorato che quei tipi di reati sono commessi comunque in un contesto di violenza psicologica e fisica della vittima che può non avere la forza di presentare la querela oppure può essere indotta a ritirarla, con le stesse conseguenze: non si può procedere. Quanto all’arresto in flagrante, non è questione risolta, come sostiene invece il dem Bazoli: saranno in realtà concesse alle vittime 48 ore di tempo per presentare querela, altrimenti sempre impunità per i criminali.

Il senatore Roberto Scarpinato, M5S, nell’annunciare l’astensione dei pentastellati elenca le “storture” rimaste nella legge “che avrebbero potuto essere eliminate o ridimensionate se fossero stati accolti in tutto o in parte i nostri emendamenti”. L’ex Pg antimafia di Palermo, prima di tutto, evidenzia un vulnus della democrazia parlamentare: “Con il suo decreto legislativo di ottobre, che il Movimento 5 Stelle ha contestato con un parere alternativo, il governo Draghi ha travalicato la ratio della legge delega Cartabia, ricevuta dal Parlamento, declassando al rango di reati procedibili a querela anche delitti gravi come sequestro di persona aggravato, lesioni personali con oltre 20 giorni di prognosi, danneggiamento con violenza alla persona”. Scarpinato “per dare contezza della gravità delle scelte politiche del governo” fa un esempio che inchioda chi si accontenta della modifica per l’aggravante di mafia e terrorismo: “Un pregiudicato per reati contro la persona e il patrimonio, dichiarato delinquente professionale, sfonda a spallate e calci la porta di una abitazione privata. Aggredisce e pesta a sangue il proprietario e la moglie, provocando loro lesioni sino a 40 giorni, distrugge il mobilio dell’abitazione e sega tutti gli alberi del giardino, tiene sotto sequestro i due coniugi per due settimane, adoperando sevizie e agendo con crudeltà verso i sequestrati. Ebbene, nel film dell’orrore che vi ho appena esemplificato, la data del 10 ottobre 2022 nella quale è stato approvato il decreto legislativo attuativo della cosiddetta riforma Cartabia, segna uno spartiacque storico nel rapporto Stato-cittadino. Reati come il sequestro di persona e altri ancora che ledono beni di rilevanza costituzionale sono stati considerati dal governo non più eventi di rilevanza sociale e pubblica tali da imporre allo Stato di intervenire autonomamente (con la procedibilità d’ufficio, ndr), ma sono stati declassati a vicende interindividuali tra aggressore e vittima”.

C’è stata, prosegue Scarpinato, “una sorta di privatizzazione della giustizia penale realizzata mediante un arretramento progressivo dello Stato nella regolazione dei rapporti sociali. Si tagliano i costi della sanità tagliando la sanità, si tagliano i costi della giustizia tagliando la giustizia”. Ed è “falso”, conclude, dire che tutte le vittime sono libere di presentare querela: “Oltre alle vittime di mafia, vi sono tanti altri casi di vittime vulnerabili che per paura o timore di ritorsioni non sono libere di scegliere. Così su di loro si scarica un altro onere. Sono scelte criminogene che si risolvono nell’abbandono dei fragili e in un premio ai violenti. L’intervento correttivo del governo Meloni ricalca una nostra proposta, ma è parziale e del tutto insufficiente. Ne prendiamo atto e insieme a noi ne prenderanno atto i cittadini ogni volta che subiranno violenza e sentiranno tutto il peso della loro fragilità”.

La modifica, minima, della norma Cartabia sulla procedibilità d’ufficio avrà efficacia solamente dopo la pubblicazione della legge sulla Gazzetta ufficiale.

Ma il governo Meloni, se avesse voluto, avrebbe potuto scongiurare da subito l’impunità almeno per criminali che agiscono con l’aggravante di mafia, approvando a gennaio un decreto di urgenza che avrebbe avuto effetto immediato. Invece, il Consiglio dei ministri ha scelto la via del disegno di legge, per di più con tutti i limiti che abbiamo spiegato. Ha vinto Forza Italia, che detta legge, è il caso di dirlo, in tema di giustizia e che ha ottenuto “un intervento chirurgico” con tempi lunghi. Il governo non ha ravvisato alcuna “emergenza” come per i rave, che si sono guadagnati l’anno scorso un decreto, il primo di Giorgia Meloni.

Giustizia, la stretta: meno carcere preventivo e atti più segreti

ENTRO UN MESE IN CDM – Il ministro in aula: “Custodia cautelare sarà eccezione”. Divieti sulla pubblicazione di carte e intercettazioni

DI VALERIA PACELLI 
18 MAGGIO 2023

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La carcerazione preventiva Deve diventare l’eccezione dell’eccezione. E il governo non trascurerà neanche un altro “settore fondamentale”. La carenza di personale nei tribunali? Le aule di giustizia a pezzi? Il carico di fascicoli e i processi lumaca No. La pubblicazione di atti di indagine segreti, problema che evidentemente attanaglia il Paese intero. Il ministro Carlo Nordio, ieri nel corso di un question time alla Camera, ha annunciato che il pacchetto di riforme sul tema giustizia sarà presentato entro fine mese al Consiglio dei ministri. Si comincia dunque da quello che per Tommaso Calderone (Forza Italia) rappresenta un “danno per migliaia di cittadini”, ma che in realtà sembra preoccupare di più politici e potenti. Ossia la pubblicazione di intercettazioni e atti segreti, fatto già disciplinato dall’articolo 114 del Codice di procedura penale e dal 684 del Codice penale che prevede la sanzione dell’ammenda. Ma non basta. E ora potrebbero essere previste pene più dure per il giornalista che – per diritto di cronaca – pubblica quegli atti e per le fonti. “Abbiamo posto in rilievo la fondamentale necessità di rivedere completamente la disciplina della segretezza degli atti istruttori, e in particolare delle intercettazioni”, ha detto ieri Nordio. Il quale ha spiegato di aver constatato “durante i 40 anni di esercizio della magistratura, che la violazione risiede in parte nella ambiguità delle norme stesse, sulla differenza tra la segretezza e la non pubblicazione, e in parte dal fatto che non si è mai individuato l’autore della diffusione di questi atti coperti da segreto”.

La riforma riguarderà poi anche la carcerazione preventiva che, ha detto chiaramente il ministro, deve diventare “l’eccezione dell’eccezione” “non solo perché ce lo richiede la normativa comunitaria, ma perché ce lo chiede l’etica, la razionalità e la Costituzione”. In brevissimo tempo, dunque, verrà presentato un “progetto di rimodulazione procedurale sulla competenza all’emanazione dell’ordinanza di custodia cautelare che fissa la custodia preventiva”. L’idea è di far valutare le richieste di custodia cautelare non più al singolo giudice (tranne per alcuni casi come l’arresto in flagranza), ma a un organo collegiale come il Tribunale del Riesame. Una richiesta che mal si concilia con il problema della carenza di personale nei tribunali.

Vedremo il pacchetto che verrà presentato in Cdm. Di certo gli interventi anticipati dal ministro non vanno nella stessa direzione delle richieste delle toghe, che invece puntano a ottenere maggiori investimenti economici per far funzionale la macchina della giustizia. Come è emerso anche nel corso delle verifiche dei membri della Commissione Giustizia alla Camera, che nelle scorse settimane hanno visitato le sale intercettazioni delle Procure di Roma e Milano: nel capoluogo lombardo è stata rilevata qualche criticità nei server che raccolgono le conversazioni; in quello laziale non sono pochi i problemi strutturali della sala intercettazioni e che possono essere risolti solo con maggiori fondi.

Intanto allo studio del ministero della Giustizia c’è anche un progetto di revisione delle circoscrizioni giudiziarie: l’indirizzo è riaprire alcuni uffici giudiziari soppressi, mentre è già stato prorogato al 1º gennaio 2025 il rinvio della soppressione dei tribunali dell’Abruzzo. E se il pacchetto con le misure arriverà entro fine mese, molto più tempo ci vorrà invece per la realizzazione della piattaforma digitale per la raccolta firme per i referendum. Sarà “costituito un gruppo di lavoro misto”, ha spiegato Nordio, con rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei ministri, della Sogei Spa (attuale gestore della piattaforma), del ministero della Giustizia che la gestirà in futuro e della Corte di Cassazione. Le tempistiche lasciano allibito Riccardo Magi (+Europa): “È una piccola infrastruttura digitale” mica “il ponte sullo Stretto…”.

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FONTE: DI ANTONELLA MASCALI

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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