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Attualità

Al Ricciardi “Stranizza d’amuri”: il resoconto

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Ieri sera presso il Teatro Ricciardi (sempre impegnato su temi sociali) è stato proiettato Stranizza d’amuri, l’ esordio alla regia di Giuseppe Fiorello. Il film è ispirato a un fatto di cronaca degli anni Ottanta avvenuto a Giarre, paese siciliano in cui persero la vita Giorgio e Antonio rei solo di amarsi. Per l’occasione, Francesco Massarelli ha scelto di invitare il Presidente dell’Arcigay di Caserta, il quale ha sottolineato come dai fatti di Giarre sia poi sorto il movimento Lgbt. Alla proiezione del film era presente anche Rocco Damiano, un componente dell’associazione, che ha ricordato cosa significasse per un omosessuale vivere nel casertano negli anni ‘80. Parliamo degli anni del riflusso, del ripiegamento individualistico di un popolo che si stava allontanando sempre di più dalla politica e dai temi più scottanti dell’epoca. È il periodo del terremoto in  Irpinia, dell’attentato al papa e dei mondiali del 1982. Proprio il calcio diverrà il diversivo più potente di quei “Ragazzi di stadio”, per parafrasare il titolo del cortometraggio in bianco e nero di Daniele Segre, che dopo gli anni del terrorismo cercano disimpegno e ambiscono ad una vita sicura e abitudinaria.  Nel 1980 Damiano aveva solo sette anni e già a partire da quell’età registra episodi di insensibilità e insofferenza da parte di un contesto sociale che respinge il diverso come un problema. Le difficoltà che l’ospite del Teatro Ricciardi ha dovuto affrontare in Campania sono in parte simili a quelli dei due ragazzi di Giarre (in Sicilia), alla cui memoria il film di Giuseppe Fiorello è dedicato. Siamo nel 1982, nell’Italia dei mondiali, Nino (Gabriele Pizzurro) accompagna il padre in giro per vari paesini siciliani ad illuminare con i fuochi d’artificio le notti di un’estate italiana, quelle che nel 1990 Gianna Nanni ed Edoardo Bennato definiranno “magiche”. Quella di Nino è una vita fatta di esplosioni di colori, che lui non manca mai di disegnare su un quaderno che porta sempre con sé, nella convinzione, forse, che la vita sia fatta di sfumature e che ogni colore abbia un suo senso e una sua ragion d’essere. Non molto distante dalla famiglia,piena di premure e di affetto di Nino, abita Gianni (Samuele Segreto), che vive  con sua madre e un patrigno che lo disprezza per il suo orientamento. Per questa ragione ,Gianni vorrebbe fuggire dal clima di oppressione reso ancora più insopportabile dai ragazzi del bar situato nei pressi di casa sua. I destini così apparentemente distanti dei due protagonisti si incrociano e subiscono una svolta che, però, non riscatta la misura tragica del loro amore, che esplode come un fuoco di artificio. Alla fine del film alcuni spettatori (fra cui alcuni amici di chi scrive) hanno sottolineato come aspetto negativo la lunghezza del film, ma in verità si tratta di una lunghezza che non ha mai annoiato, perché ha consentito allo spettatore di cogliere le sfumature psicologiche di tutti i personaggi, dei luoghi, delle fiere, dei tuffi, della visceralità della Sicilia. Lo scenario appare incontaminato ed è reso reso ancora più suggestivo grazie alla fotografia di Ramiro Civita e alle musiche composte da Giovanni Caccamo e Leonardo Milani e a brani come “Il Mio Mondo” di Umberto Bindi  e l’omonima Stranizza d’amuri di Franco Battiato. La bellezza del luogo mette in risalto la naturalezza e il candore dell’ l’amore fra i due ragazzi protagonisti del film. Per rappresentare un’unione alimentata da sentimenti gentili e delicati, Fiorello sceglie di non mostrare nessun amplesso, che è lasciato all’immaginazione dello spettatore attraverso, ad esempio, una porta che si chiude. A sporcare quell’idillio sono i pregiudizi, l’ignoranza, la brutalità, la grettezza e la meschinità di chi sente minacciate le proprie sicurezze e la propria normalità fatta di stereotipi e luoghi comuni. I genitori di entrambi i ragazzi sono ossessionati dal chiacchiericcio al punto da indurre la madre di Gianni a fare in modo che il figlio non incontri più Nino e genitori di quest’ultimo a ordire una spedizione punitiva nei confronti di Gianni, che viene letteralmente massacrato di botte. Una scena, quest’ultima, che induce nello spettatore una rabbia tale che quasi diventa commozione. C’è da aggiungere che Fiorello non tende a porre in una luce negativa i familiari di Nino e Gianni, il cui amore possessivo si trasforma, però, per i figli in una trappola, la stessa di cui loro e gli avventori del bar sono vittime: il pregiudizio più becero.

L’articolo Al Ricciardi “Stranizza d’amuri”: il resoconto proviene da BelvedereNews.

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