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Attualità

I MEDICI CHE HANNO SALVATO IL MONDO DAL COVID

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testata
Mercoledì 16 dicembre
editorialista Gianluca Mercuri

Bentrovati. Di Uigur Sahin e Oslem Tureci forse avete già letto, perché quello che hanno fatto è sensazionale. Se invece questi nomi vi dicono poco, o avete voglia di sapere tutto su di loro, questa è l’occasione giusta: il Financial Times li ha scelti come persone dell’anno e racconta tutta la loro meravigliosa storia di outsider, migranti turchi in Germania e scienziati in minoranza, che hanno dato al mondo il primo vaccino anti Covid avallato da autorità sanitarie universalmente affidabili. È una storia di passione ed etica, che concilia ricchezza e salvezza.

Con Luca si va in Ungheria e in Francia, con l’ultima incursione illiberale di un governo, quello di Budapest, che di questo passo chiameremo prima o poi regime, e l’ultima escursione riformista di una presidenza, quella di Macron, che né chi la ama né chi la detesta può tacciare di immobilismo. Poi, un punto un po’ dolente sull’Argentina, una nota di Olimpio su un’arma dall’inquietante diffusione e un divertissement di plastica, ma molto artistico.

Buona lettura!

Siamo la redazione Digital del Corriere della Sera: se vi va scriveteci a gmercuri@rcs.itlangelini@rcs.it, ed etebano@rcs.it

Financial Times

Sahin und Tureci: storia, passione ed etica dei due medici che hanno salvato il mondo

(Gianluca Mercuri) La tipica saccenteria maschile, quel «ti spiego io come va a finire» che tormenta le donne da qualche millennio, ha tratti noiosi anche nel dottor Sahin, racconta ridendo la dottoressa Tureci, ma lui, ammette lei, «ha un tasso di previsioni azzeccate molto alto». La più importante è datata gennaio 2020: Sahin legge su Lancet un articolo che racconta l’epidemia esplosa nella provincia cinese dello Hubei e, due mesi prima che l’Organizzazione mondiale della sanità la dichiari pandemia, convince la moglie e i soci a dedicare ogni sforzo della loro azienda alla ricerca di una cura per quel male ancora misterioso. Probabilmente, se non ci fosse un’intesa di ferro tra queste due persone eccezionali, il dottor Ugur Sahin, 55 anni, e la dottoressa Oslem Tureci, 53, coppia nella vita e nel lavoro in una vita e un lavoro talmente intrecciati da non essere distinguibili, non avremmo mai avuto il più incredibile risultato mai raggiunto dalla medicina, che salverà la vita a milioni di persone e restituirà stabilità all’intero pianeta.

Alla tenacia di questi due medici tedeschi figli di migranti turchi dobbiamo il vaccino Pfizer-BioNTech, il primo a ottenere il via libera dalle autorità sanitarie più credibili (americane e britanniche). Presi dai mille impegni, non hanno potuto nemmeno assistere alla storica iniezione del 9 dicembre alla 90enne nordirlandese Margaret Keenan, che ha sancito ufficialmente l’inizio della fine dell’incubo Covid-19. A soli 11 mesi dalla descrizione della sequenza genetica del virus, si è arrivati al vaccino più veloce di sempre da quando Edward Jenner inoculò nel figlio del suo giardiniere quello del vaiolo bovino. Era il 1796. Il record in epoca moderna riguardava il vaccino per gli orecchioni: erano gli anni ’60 e ci volle un quadriennio di studi.

Se Sahin e Tureci hanno bruciato i tempi non è solo perché negli ultimi 11 mesi non hanno pensato ad altro, con l’eccezione di qualche corsetta nelle strade deserte di Magonza, ascoltando solo playlist con i successi degli anni ’80. La storia che racconta il FT – nello spiegare perché le ha scelte come persone dell’anno – è una storia avvincente che, potete starne certi, ispirerà libri e film e, potete starne ragionevolmente certi, finirà con l’assegnazione del Nobel. È una storia di talento, passione e tenacia, iniziata quando si conobbero, negli anni ’90. Ma anche una storia di riscatto, perché la loro insistenza sull’importanza della tecnologia in campo medico inizialmente era considerata fantascienza, e alle loro prime conferenze si affacciavano poche decine di colleghi. Uno scetticismo che ha accompagnato la coppia fino a quest’anno, sottolinea il giornale inglese, nonostante abbia prodotto centinaia di studi accademici e brevetti e fondato due aziende miliardarie. Oltre che due organizzazioni non-profit.

Ma lo slancio di questi due studiosi era irrefrenabile, altrimenti non si spiega come abbiano potuto svolgere con successo il triplice ruolo di «educatori, imprenditori ed evangelisti». A guidarli è il fatto che si sentano anzitutto medici, che siano più interessati alla scienza applicata che all’accademia, che ritengano che la medicina sia «produrre cure per i pazienti, non lo studio fine a sé stesso dei meccanismi di una malattia». E in questo è stata decisiva lei, perché se all’inizio lui era distratto «dalla bellezza della matematica e della biologia», insieme si sono dati interamente alla ricerca anticancro. L’utopia iniziale – una cura universale a base di antigeni naturali – ha lasciato presto spazio alla consapevolezza che ogni forma di tumore richiede un trattamento specifico. «Abbiamo capito che ci serviva una tecnologia versatile per arrivare a vaccini personalizzati». Da qui un andirivieni durato anni tra i letti dei pazienti e i laboratori – «anche nel giorno del matrimonio» – in cui testare il molteplice uso dell’mRNA, l’RNA messaggero, trattato come il «vigile urbano del sistema immunitario», che indirizza le risorse dell’organismo contro specifici agenti patogeni. Poi la virata verso gli anticorpi monoclonali e la constatazione della loro efficacia contro i tumori a stomaco, pancreas e ovaie. Ma senza mai abbandonare la “fede” nell’mRNA.

Qui c’è però anche un’altra svolta importante: è il 2001 quando i due giovani turcotedeschi fondano la loro prima azienda, Ganymed. Lo fanno senza sapere un’acca di economia e studiandosi un manuale di Business Plan for Dummies che campeggia ancora nei loro scaffali. È un rarissimo esempio di scienziati che diventano imprenditori, un’esperienza che, spiega il FT, ha pagato eccome in questo anno frenetico, quando il loro secondo gioiello aziendale, BioNTech, ha potuto lavorare con un’agilità da startup che l’ha portata a sviluppare in poche settimane un candidato vaccino, dopo i primi test su scimmie e topi. «Niente di quella velocità, innovazione, rapidità decisionale, disponibilità al rischio, assenza di retropensieri politici sarebbe stato possibile in una multinazionale farmaceutica», dice oggi Matthias Kromeyer del fondo Mig, uno dei loro soci entusiasti.

Ganymed l’hanno venduta nel 2016 per 1,4 miliardi di dollari, un successo senza precedenti nel settore. Nel frattempo hanno portato avanti all’Università di Magonza la ricerca sull’mRNA, ottenendo «un aumento esponenziale della sua stabilità». E il fondo Mig li ha presentati ai miliardari gemelli Andreas e Thomas Strüngmann, due tra i più ricchi uomini di Germania. «Un anno fa nessuno conosceva BioNTech, oggi tutti dicono che la conoscevano già», sottolineano con soddisfazione i due fratelli. Con simili soci, il contributo di 40 milioni del governo tedesco Sahin e Tureci l’hanno potuto usare per creare la non profit Tron, che attrae decine di giovani ricercatori.

Insomma, il vaccino in meno di un anno non è un miracolo ma il frutto della perseveranza di due scienziati che hanno fatto fruttare i loro decenni di studio dell’mRNA, e la conseguente capacità di produrre in pochi giorni versioni multiple della molecola, senza le classiche colture cellulari nelle piastre di Petri che stanno alla base dei «soliti» vaccini. «L’insistenza sui trattamenti anticancro individuali ci ha costretti a sviluppare test e processi produttivi molto veloci e adattabili», racconta Tureci. La partnership con Pfizer e il nuovo, massiccio intervento del governo di Berlino hanno portato così all’arrivo di centinaia di milioni di fiale negli ospedali americani, britannici e mediorentali, in attesa del prossimo via libero europeo e in vista della più grande campagna di vaccinazione della storia. Ma non finisce lì: il fatto che miliardi di persone saranno immunizzate con un’iniezione intramuscolare di RNA spalanca nuove strade alla scienza: i prossimi coronavirus potranno essere fronteggiati anche più velocemente, «basterà riprogrammare la sintesi chimica dei vaccini all’mRNA già esistenti», dice Peter Openshaw dell’Imperial College di Londra. Non solo: svariate cure per il cancro, l’HIV, la tubercolosi e malattie immunitarie rare potrebbero essere tracciate rapidamente grazie alla pioggia di finanziamenti in arrivo in questo campo. Trovare una cura anticancro basata sull’mRNA non sarà rapidissimo, ma intanto le aziende potranno beneficiare dell’immenso database sviluppato nella ricerca sul Covid. Sempre più ricercatori saranno attratti dalla molecola, e c’è chi dice che nella medicina siamo al passaggio dall’epoca del DNA a quella dell’RNA.

Tutto questo grazie al genio del dottor Ugur Sahin e della dottoressa Oslem Tureci, due benefattori dell’umanità che confermano come non ci sia vero genio senza etica, che regalano giochi di parole in inglese per raccomandare ai giovani colleghi di pensare a esplorare (explore) prima che a sfruttare (exploit); che in mente hanno sempre il motto della scuola di Colonia in cui Sahin fu paracadutato da bambino, Es gibt nichts Gutes, außer man tut es, «nulla di buono succede se non lo si fa succedere»; che si prestano perfettamente alla più sacrosanta retorica pro-migranti, ma quando qualche politico di governo prova a usarli contro l’estrema destra giustamente si ritraggono, perché il loro campo da gioco è più ampio. È il progresso dell’umanità, tutta intera.



(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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