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Attualità

Alife-Caiazzo. Natale ‘buio’ per il vescovo, ‘inquisito’ per circonvenzione di (prete) incapace

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A conclusione della fase propedeutica, il pubblico ministero del foro sammaritano ha iscritto ufficialmente nel registro delle notizie di reato, più (impropriamente) noto come registro degli indagati, per circonvenzione di incapace, la vicenda che all’inizio del mese ha visto coinvolto il vescovo pro tempore della diocesi Alife-Caiazzo per presunta appropriazione indebita di circa un milione di euro, somma che peraltro rappresenterebbe solo metà della controversa eredità del compianto sacerdote don Giuseppe Leone.

Quanto trapelato, nonostante il più rigoroso riserbo, dagli ambienti giudiziari, ovviamente non vuol dire che monsignor Valentino Di Cerbo sia stato riconosciuto, in alcun modo, colpevole di tale infamante reato, ma semplicemente che, pare su denuncia di alcuni congiunti, il pubblico ministero abbia inteso dare informazione dell’autorità giudiziaria di una “notitia criminis” ovvero una notizia di reato.

Il capo d’accusa appare davvero gravissimo, se è vero che il monsignore è indagato per circonvenzione di incapace, peraltro ai danni dell’ultra novantenne sacerdote don Giuseppe Leone dopo la morte del quale, avvenuta il primo settembre, sarebbe stata rilevato il possesso di circa due milioni di euro (proventi si vocifera, accumulati grazie alle tante messe in suffragio celebrate in oltre mezzo secolo di sacerdozio) che, per cause oggetto d’indagine, sarebbero stati riparti fra i conti del vescovo e quelli della perpetua, Maria Cristina D’Abrosca, la quale per tanti anni avrebbe amorevolmente assistito il vecchio sacerdote insieme al “co-erede” marito Giovanni Feola.

Soldi poi finiti in parte sui conti del vescovo, in parte su quelli della perpetua di don Leone e suo marito Giovanni Fevola.

 

 

Una definizione evidentemente non accettabile tacitamente da parte di alcuni congiunti che non avrebbero esitato a produrre un esposto-denuncia dal quale, appunto sarebbero scaturite le indagini che coinvolgono in prima persona il vescovo che però ha subito fatto sapere di sentirsi completamente immune da critiche anche perché per oltre mezzo secolo il sacerdote, molto malato, sarebbe stato assistito proprio a spese della diocesi, che pertanto avrebbe dovuto essere beneficiaria finale dell’ingente somma, solo parzialmente rinvenuta sul suo conto corrente poiché ancora non trasferita, per motvi burocratici, su quello diocesano.

Ma ora sarà l’autorità giudiziaria a far luce sull’intera vicenda “terrena” fermo restando il giudizio dell’Onnipotente al quale ovviamente non occorrono testimonianze, indagini, giudizi e sentenze…

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