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Rifiuti: il grande business, trasparenza ‘off limits’ per volere di camorra e/o politica?

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rifiuti-15x10_montagna-1Il contrasto all’illegalità e le sue contraddizioni: ne parliamo con Alessandro Bratti.

Dal 2006 l’ISPRA (l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) si avvale di un importante strumento che consente di monitorare i dati inerenti alla produzione e alla gestione dei rifiuti sia urbani sia speciali: il Catasto dei rifiuti. I dati sui rifiuti urbani sono acquisiti, elaborati e raccolti dall’Isprain un rapporto annuale.

I rifiuti urbani, così come quelli speciali, si dividono in pericolosi e non pericolosi.

Sono rifiuti urbani non pericolosi, quelli che quotidianamente produciamo ad uso domestico o quelli provenienti dalle aree urbane della città (giardini pubblici, parchi, strade comunali, aree cimiteriali) e che finiscono direttamente nelle discariche comunali e intercomunali.

«I rifiuti urbani pericolosi (RUP)», invece, come si legge nella classificazione fornita dal Ministero dell’Ambiente, e consultabile sul sito del Ministero, «sono costituiti da tutta quella serie di rifiuti che, pur avendo un’origine civile, contengono al loro interno un’elevata dose di sostanze pericolose e che quindi devono essere gestiti diversamente dal flusso dei rifiuti urbani ‘normali’». Sono esempi concreti di rifiuti urbani pericolosi le batterie consumate, oppure i farmaci scaduti.

Ogni regione ha una sezione del Catasto che contribuisce assieme a tutti i soggetti possessori di informazioni utili alla stesura di questo rapporto, trasmettendo i dati dai territori alla sede centrale.
Un’importanza strategica assume, in termini di trasparenza, la banca dati nazionale che, realizzata grazie all’intervento dell’Ispra, è parte integrata nel catasto.

La banca dati dell’Ispra rende per la prima volta fruibili on line i dati sui rifiuti urbani e sulla differenziata, ai sensi del Dlgs 152/2006.
Di qui il ruolo dell’O.r.s.o. (Osservatorio Rifiuti sovraregionale) che si occupa della raccolta dei dati sulla produzione e sulla gestione dei rifiuti urbani (raccolta differenziata, diffusione del compostaggio domestico, pratiche di acquisti verdi), redigendo apposite schede Comuni; e acquisisce dati anche in merito ai quantitativi dei rifiuti ritirati e gestiti dagli impianti di trattamento e alle altre informazioni connesse, quali quantitativi di materia, prodotti ed energia recuperata, prezzi di conferimento, ecc., stilando la cosiddetta ‘scheda impianti’.

In termini concreti, come questo strumento può diventare funzionale per il cittadino? Ce lo spiega la responsabile del servizio rifiuti dell’ISPRA, Rosanna Laraia: “l’intento dell’Istituto è quello di arricchire il portale con la maggiore quantità possibile di informazioni. Pensiamo che divulgando le informazioni in nostro possesso il cittadino avrà a disposizione degli strumenti che gli consentiranno di valutare l’operato delle autonomie locali alle quali appartiene e chiedere riscontro del loro operato, sia in termini di efficienza della raccolta dei rifiuti, sia sui costi che derivano dalla loro gestione. La finalità è quella di operare un più attivo coinvolgimento e una maggiore responsabilizzazione dei cittadini verso le problematiche ambientali”.

Tale dispositivo è affiancato dal Modello Unico di Dichiarazione ambientale, fornito dalle Arpa regionali competenti. In parole povere, sono rifiuti pericolosi tutti quelli che possono provocare un danno alla salute e al territorio.

Questa premessa è importante per comprendere quanto sia necessaria la differenziazione tra rifiuti urbani e speciali, pericolosi e non pericolosi, e poter poi affrontare il discorso sull’importanza di un congegno che garantisca la tracciabilità del rifiuto, e che permetta con trasparenza non solo di identificare l’origine del rifiuto e le sue componenti ma di comprendere la destinazione di questi rifiuti, cioè occorre analizzare il ‘come’ e il ‘dove’ finiranno onde evitare infiltrazioni della malavita organizzata, fenomeni di abusivismo, discariche a cielo aperto, sotterramenti e scomparsa di enormi quantità di rifiuti che non si sa dove vanno a finire perché ritenuti non tracciabili.

Più complesso e farraginoso è il discorso in merito alla trasparenza sulla tracciabilità dei rifiuti speciali la cui competenza spetta al Ministero per l’Ambiente, il quale utilizza un altro particolare strumento, il Sistri. Esso, rientrando «in un quadro più ampio di innovazione e modernizzazione della Pubblica amministrazione», come si legge sul sito ufficiale del Sistri, oltre a consentire «l’informatizzazione dell’intera filiera dei rifiuti speciali a livello nazionale avrebbe dovuto garantire «maggiore trasparenza, conoscenza e prevenzione dell’illegalità».

Il Sistri che è lo strumento attraverso il quale vengono acquisiti e classificati i dati sulla produzione e gestione dei rifiuti speciali, quelli provenienti dagli scarti industriali, dalle attività commerciali, dalle attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti da trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi, nonché i rifiuti provenienti da attività sanitarie non assimilabili a quelle urbane, e dalla dismissione di macchinari vecchi considerati ‘pericolosi’ perché deteriorati.

Una situazione che non si è pienamente verificata, e le numerose incursioni della Guardia di Finanza che hanno scoperchiato un mondo sommerso di discariche a cielo aperto e sotterramenti di rifiuti tossici, farebbero pensare che lo strumento Sistri non abbia ottenuto gli effetti annunciati.
L’inchiesta della Procura di Napoli che ha coinvolto proprio il Gruppo Selex di Finmeccanica, e che ha coinvolto l’ex Presidente di Finmeccanica Pierfrancesco Guarguaglini, assieme ad altri indagati, per un sistema di corruttela intorno agli appalti legati al Sistri, ha quanto meno rallentato l’attivazione dello strumento, il quale sarebbe dovuto entrare in piena funzione già dal 2011.

Di questo e di molti altri problemi correlati all’utilizzo del Sistri, partendo dal Catasto dei Rifiuti ne parliamo con Alessandro Bratti, già componente della VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici) e della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti.

Il Catasto dei rifiuti esiste in tutte le regioni d’Italia oppure vi sono territori che non si avvalgono ancora di questo strumento?

I catasti ci sono, ma non funzionano allo stesso modo su tutto il territorio. Ci sono regioni, come la Sicilia e la Calabria dove i dati sono spesso solo formali, altre dove sono più certi e sicuri poiché vengono pubblicati dei rapporti annuali, come accade in Lombardia, in Veneto e in Emilia Romagna.

Da questa descrizione mi sembra di capire che dal punto di vista dell’efficienza catastale ci sia una discrepanza tra Nord e Sud Italia?

In realtà, nel mondo dei rifiuti l’Italia è spaccata in tre parti. Al Nord quasi tutte le regioni (tranne la Liguria) sono in linea con le normative europee sia dal punto di vista dell’impiantistica sia per quanto riguarda gli obiettivi della raccolta differenziata. Il centro ha delle buone performances con regioni più efficienti, come le Marche, e meno efficienti come Abruzzo e Lazio. Le regioni meridionali invece sono in grave criticità, si salva la Sardegna e, in parte, la Campania che sta attuando interventi sulla raccolta differenziata, anche se lì vi sono problemi di altra natura. Le situazioni più critiche sono in Sicilia e in Calabria. Se ci fosse un sistema di tracciabilità del rifiuto, e il Sistri era nato per questo motivo, la conoscenza dei dati sarebbe più precisa.

Perché il Sistri si è rivelato uno strumento inefficiente?

Il Sistri nasce come uno strumento per contrastare il traffico illecito dei rifiuti tossici. Dal Governo Prodi viene assegnato tramite procedura di secretazione, quindi per concessione diretta a una società, Selex, del gruppo Finmeccanica. Da allora sono passati diversi anni; è subentrato l’allora Ministro Prestigiacomo che pensava che il Sistri potesse sostituire il Mud. Questa fu un’idea del Governo Berlusconi.

Cosa non è andato a buon fine?

L’errore è stato nel trasformare uno strumento di intelligence in uno strumento elettronico per dare un servizio alle imprese. Nel frattempo, la procedura di assegnazione e la modalità con cui veniva applicato il Sistri è diventata oggetto di una indagine della Procura di Napoli che ha ipotizzato reati di corruzione associati a diversi appalti dati dal gruppo Selex di Finmeccanica.

Può essere più specifico, a cosa si riferisce quando dice che il Sistri nasceva come uno strumento per fare intelligence?

Doveva servire a controllare i traffici illeciti dei rifiuti. Ci sono due aspetti da considerare: le imprese hanno sempre contestato che questo sistema funzionasse, e questo è sicuramente vero. Nello stesso tempo, non erano disposte ad applicare uno strumento che di fatto avrebbe svolto anche un controllo più preciso dal punto di vista fiscale. Lo hanno considerato più “fastidioso” rispetto a uno strumento cartaceo.

Quali sono i vantaggi e gli svantaggi che possono derivare dall’utilizzo del Sistri?

Il vantaggio dall’utilizzo di questi strumenti può essere molteplice, dipende se si considera uno strumento per contrastare il traffico illecito di rifiuti oppure uno strumento a supporto delle imprese: sono due finalità completamente diverse. Vorrei capire quali siano le intenzioni del Ministero all’Ambiente, e come sta impostando questo strumento.

Parliamo ora del progetto Rifiuti Zero e del motivo per cui la politica, sebbene le migliori intenzioni, non sia riuscita ad attuarlo omogeneamente su tutti i territori. Di chi sono le responsabilità, più del governo o più degli amministratori locali che non realizzano una opportuna raccolta differenziata?

Il discorso è lungo e complicato. Rifiuti Zero tende di fatto ad eliminare il rifiuto, cercando di recuperarlo il più possibile. Francamente non ho conosciuto mai un luogo in cui questo progetto sia stato realizzato. Dopo di ché ci sono piccole e medie realtà virtuose che riescono a raggiungere quasi l’80 per cento di raccolta differenziata con il recupero quasi totale della materia. Ritengo che bisogna insistere su questa strada, ma credo che applicarla in un Paese in cui ci sono realtà emergenziali, sia un percorso molto complesso. Io mi accontenterei che in quelle regioni dove c’è il 5-10% di raccolta differenziata si arrivi al 50 o al 60%.

Per quanto riguarda le responsabilità, al 90% sono delle Regioni e degli Amministratori locali. Così come ci sono delle eccellenze, vi sono anche realtà amministrative poco virtuose. Al Governo centrale spettano poche responsabilità se non quelle di indirizzo, mentre quelle legislative sono in capo al Parlamento. Devo dire che il Paese nella sua globalità abbia recepito in pieno la normativa europea. Abbiamo una legislazione che necessita di essere semplificata o meglio si legifera troppo. A volte basterebbero direttive di carattere tecnico. Diciamo che in questo Paese da parte dei dirigenti della Pubblica amministrazione non vi è spesso assunzione di responsabilità e quindi tutto si mette in legge. Questo lo ritengo un serio problema.

Il Comune di Roma ha fatto un ulteriore passo avanti rispetto all’accatastamento e alla realizzazione della banca dati on line che contiene i dati nazionali. Ha realizzato un’anagrafe on line consultabile sul sito ufficiale del Comune. Insomma si è dotato di un proprio strumento. Che cosa ne pensa?

Tutto ciò che può essere oggetto di trasparenza è positivo. Il Comune di Roma, però, deve lavorare molto affinché vi sia una raccolta differenziata efficace. Credo che i problemi siano anche legati alla gestione degli impianti di smaltimento.

I risultati che derivano dallo strumento Sistri non sono stati così esaltanti come le premesse enunciavano.Mi riferisco al fatto che questo strumento non sia mai stato attivato del tutto e, laddove sia entrato in funzione, con ritardo, si sono verificate delle inefficienze che addirittura fanno riflettere su una sua possibile abolizione. Quali sono i rischi nel caso in cui mancasse uno strumento di tracciabilità dei rifiuti?

Il rischio è quello che capita oggi: migliaia di rifiuti speciali di cui non si ha contezza nelle quantità e non si sa che fine abbiano fatto. L’altro rischio è che dietro questa scomparsa vi sia la mano della criminalità organizzata, come di fatto accade, e non solo delle mafie; ed è questo il motivo per cui il settore rifiuti è sotto attenta osservazione delle forze dell’ordine e della magistratura. È vero che chi delinque non si ferma dinanzi a nulla, ma garantire uno strumento sulla trasparenza è sicuramente necessario. Chi va a smaltire i rifiuti deve sapere come e dove farlo.

(Marianna Ferrenti –  Articolista Politica – Fonte & Aggiornamenti: “L’Indro” -http://www.lindro.it/0-politica/2015-04-14/174200-trasparenza-sui-rifiuti/- See more at: http://www.lindro.it/0-politica/2015-04-14/174200-trasparenza-sui-rifiuti/#sthash.x46dRBXl.dpuf)

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