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Attualità

PIEDIMONTE MATESE. Parla il Vescovo Mons. Valentino Di Cerbo, intervistato dal mensile ufficiale della Diocesi Alife – Caiazzo “Clarus”

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Il Pastore della Diocesi, racconta attraverso l’organo ufficiale di comunicazione le sue impressioni dopo la visita pastorale alle Foranie di Caiazzo e di Alife…
Questa l’intervista rilasciata dal Vescovo della Diocesi di Alife – Caiazzo, Mons. Valentino Di Cerbo, attraverso l’organo di stampa ufficiale, ovvero il mensile “Clarus”. Ve la proponiamo integralmente.
La Visita pastorale alle Foranie di Caiazzo e di Alife, appena conclusa, che esperienza è stata per il Vescovo? Quali novità ha rivelato agli occhi del Pastore? Un’esperienza molto positiva che mi ha notevolmente arricchito permettendomi di conoscere meglio la realtà diocesana e di cogliere in essa molteplici segni della presenza del Signore. Nei momenti di preghiera e di incontro e nei tanti gesti di ospitalità, generosità, semplicità, umiltà, dialogo, ho potuto scorgere frutti promettenti di una fede antica e premesse importanti per un annuncio evangelico più incisivo e adeguato al nostro tempo. Sono stato particolarmente colpito dalle famiglie e dai giovani: dalle prime perché custodiscono saldamente fondamentali valori umani e cristiani e guardano con positività e fiducia alla vita e anche alla Chiesa, che sentono parte del loro mondo e dalla quale attendono risposte e vicinanza; dai giovani, che ho trovato disponibili e attenti al dialogo e partecipi della propria tradizione religioso-culturale, che non temono però di giudicare e di rifiutare quando si rivela poco coerente e chiusa. Ho spesso pensato che la nostra pastorale è calibrata più sugli adulti di un’età medio alta e dà poco spazio alle nuove generazioni, ma anche al grande apporto che la Chiesa può offrire alla crescita umana e spirituale dei giovani ed alla qualità del loro futuro. 
La Visita Pastorale è l’occasione per ravvivare le energie degli operai evangelici, lodarli, incoraggiarli e consolarli, è anche l’occasione per richiamare tutti i fedeli al rinnovamento della propria vita cristiana e ad un’azione apostolica più intensa (Apostolorum successores, 221). Quali “operai evangelici” ha trovato il Vescovo nella sua Chiesa?Gli operatori pastorali sono la grande ricchezza delle nostre comunità, “nucleo portante” di esse. Alla loro qualità è legata la vivacità delle nostre parrocchie, che crescono e vivono, a partire dalla fede e dalla dedizione di persone semplici che hanno sposato la causa del Vangelo e amano la Chiesa. È commovente notare che in molti casi non si tratta di gesti momentanei o sporadici di collaborazione, ma di un servizio che dura da anni. Ho colto tanta generosità tra quanti sono impegnati in parrocchia e si dedicano ad essa attraverso vari ministeri come la catechesi, la Caritas o il canto liturgico. Ritengo invece che dobbiamo fare qualche sforzo in più per promuovere nelle nostre parrocchie la presenza di ministranti, lettori e ministeri ordinati. Auspico da parte di tutti un maggiore collegamento con la Diocesi e un salto di qualità nella formazione personale, al fine di servire meglio il Vangelo. Molte volte la buona volontà non basta. La Scuola per operatori pastorali, avviata circa quattro anni fa, è stata una grande occasione di formazione e di abilitazione ai vari ministeri, anche se non tutti gli operatori pastorali impegnati nelle parrocchie hanno risposto a questo invito al rinnovamento 
I centri di ascolto si sono rivelati, un forte momento aggregativo e partecipativo, ma soprattutto laboratorio di una fede, che chiede di maturare e di crescere. I cristiani del nostro territorio vivono una fede che spesso prescinde dalla Parola di Dio e si alimenta sovente alla pietà popolare e a nozioni catechistiche apprese nell’infanzia. Manca, invece, il rapporto costante e maturo con la Parola, fonte della vita di fede di ogni comunità. L’esperienza dei centri di ascolto ha confermato la possibilità per una parrocchia di entrare nelle case, promuovere l’incontro con le famiglie e condurle per mano alla scoperta di Dio che parla all’uomo di oggi. Essi devono diventare un vero e proprio laboratorio di fede in cui i sacerdoti – talvolta lodevolmente interscambiandosi con i Confratelli – affiancati da un’equipe di laici, possono aiutare i fratelli ad accedere al grande patrimonio delle Scritture, crescere nella fede e diventare testimoni credibili di quella “chiesa in uscita”, cui ci richiama Papa Francesco. Tuttavia, perché tale metodo pastorale risulti efficace, occorre affiancarlo con altre occasioni di aggregazione e di formazione i Consigli pastorali e degli affari economici; la formazione permanente per i genitori dei bambini del catechismo e il catecumenato crismale 
Quali nuove attenzioni ed emergenze pastorali ha suscitato la Visita?Anche se emergono vari segni di rinnovamento, appariamo una chiesa ancora chiusa nei propri templi, che vive normalmente una fede legata alle celebrazioni religiose dei grandi momenti della vita. Manca la tensione verso una fede adulta e matura, incarnata nella vita privata e pubblica, e la dimensione missionaria, che porta ad aprirsi ai “lontani”, a coloro ai quali la fede sta stretta, ai giovani, a tanti professionisti praticamente agnostici e alle frange anticlericali. Come Chiesa dobbiamo metterci nella posizione umile di ascolto e imparare da loro senza temere il confronto sui grandi temi che interrogano la vita come la fede, l’etica, la politica. Forse andrebbe trovata qualche occasione per metterci in ascolto di queste realtà, sulla scia della “Cattedra dei non credenti” avviata a Milano dal Card. Martini, che invitava le persone di fede ad “andare a scuola” dai non credenti per ritrovare le ragioni di una fede più trasparente e più appassionata di Dio e dell’uomo. 
Chiesa locale e realtà civile. Quale tipo di rapporto possono avere queste due realtà alla luce dei confronti avuti nei Convegni di Forania o nelle Assemblee parrocchiali?Abbiamo ridotto il rapporto con il mondo laico ad incontri di circostanza tra istituzioni, ecclesiali e civili. Eppure, il bene comune per gli uomini e le donne della nostra terra si edifica progettando insieme; non basta enunciare propositi, ma farli confluire in confronti serrati ed orientarli verso obiettivi e progetti comuni. Per esempio, il lavoro della Caritas spesso colma un vuoto generato dall’assenza delle istituzioni, che talora la contattano non per progettare insieme, ma per dirottare occasionalmente alcuni bisogni. È lo sguardo oltre i muri delle chiese, il rapporto quotidiano con la gente, a renderci chiesa credibile. Percorrendo talora le strade delle nostre cittadine a volte mi chiedo quanto conosco la mia gente e quanto la gente riconosce il ruolo del Vescovo. Spesso mi viene da pensare che i Pastori devono stare più tra la gente e che paradossalmente si evangelizza di più percorrendo le strade di un paese, che moltiplicando le celebrazioni delle Messe. 
In che modo una Visita Pastorale incide, poco o molto, sul cammino della Chiesa locale? Essa rivela il senso della comunione, della partecipazione, dell’unità, dell’identificazione nella Chiesa, che si manifestano attraverso gli incontri tra il vescovo e i fedeli, o nel confronto assiduo tra il vescovo e il parroco. Quest’ultimo aspetto permette al Pastore della Diocesi di cogliere le difficoltà, le ansie o le gioie pastorali dei suoi preti, o quelle che i fedeli vivono nell’esperienza parrocchiale o civile.
Intervista tratta dal mensile “Clarus”

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Original article: PIEDIMONTE MATESE. Parla il Vescovo Mons. Valentino Di Cerbo, intervistato dal mensile ufficiale della Diocesi Alife – Caiazzo “Clarus”.

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