Teleradio-News ♥ qui mai spam o pubblicità molesta

'Se un uomo non ha il coraggio di difendere le proprie idee, o non valgono nulla le idee o non vale nulla l'uomo' (Ezra W.Pound)

Teleradio-News ♥ qui mai spam o pubblicità molesta

chiesa

Iraq. card. Sako (Baghdad): “Nuovo attacco ai cristiani e ai beni della Chiesa”

Il card. Louis Raphael Sako, patriarca caldeo di Baghdad, potrebbe lasciare la sua sede nella capitale irachena per stabilirsi in una “residenza” a Erbil, nel Kurdistan iracheno. È l’ultimo atto di uno scontro scoppiato nelle settimane scorse tra il massimo rappresentante della minoranza cristiana in Iraq e il presidente della Repubblica irachena, Abdul Latif Rashid. Oggetto del contendere la decisione del presidente iracheno di cancellare un decreto, il 147, emanato dal suo predecessore Jalal Talabani, il 10 luglio 2013. Il decreto, che rientra in una tradizione che risale al Califfato Abbaside e all’Era Ottomana, riconosce la nomina pontificia del patriarca a capo della Chiesa caldea “in Iraq e nel mondo” e lo rende di fatto “responsabile e custode delle proprietà della Chiesa”. Il problema è che secondo il presidente Latif Rashid il decreto di Talabani “non avrebbe una base costituzionale e legale” e questo poiché, si legge in una nota presidenziale, i “decreti presidenziali vengono emessi per nomine all’interno delle istituzioni, nelle presidenze, nei ministeri e negli organi governativi”. Inoltre, “l’istituzione religiosa non è un dipartimento governativo e il religioso responsabile non è considerato un dipendente statale”. Così chiarisce la nota che conferma comunque al patriarca Sako “rispetto e apprezzamento”.

Iraq, Qaraqosh (Foto Acs)

Decreto contestato. Di diverso avviso la componente cristiana, scesa in piazza ad Ankawa, sobborgo cristiano di Erbil (Kurdistan), per protestare contro la decisione di Rashid, percepita come un attacco non solo al patriarca Sako ma a tutti i cristiani iracheni. Dure critiche sono giunte anche dalle associazioni irachene della diaspora che si dicono “sconcertate ancora di più dal fatto che l’attuale presidente Rashid fosse addirittura consigliere di Talabani quando, nel 2013, il decreto veniva emanato ufficialmente. Lascia perplessi quindi che la contestazione non sia stata fatta all’epoca ma solo adesso”. Secondo il Movimento democratico iracheno all’estero, la pressione sul card. Sako sarebbe volta a depotenziare l’autorità religiosa cristiana per aumentare quella di Ryan al-Kildani, meglio noto come Ryan il Caldeo, capo delle Brigate Babilonia, milizie armate filo iraniane nate per combattere l’Isis, di stanza nella Piana di Ninive, e rappresentate in Parlamento da quattro deputati (sui cinque totali concessi alla minoranza cristiana, ndr). Non a caso si accenna ad un incontro, avvenuto giorni fa tra Rashid e al-Kildani, prima dell’emanazione del decreto. Incontro che, sempre secondo il Movimento, farebbe ipotizzare che Ryan il Caldeo mirerebbe “ad avere il controllo dei beni ecclesiastici”, con il placet della politica.

Presenza cristiana a rischio. “Come sempre in gioco c’è la presenza cristiana e come Chiesa caldea – spiega al Sir il card. Sako – siamo sempre stati contrari alla formazione di una milizia cristiana e ne abbiamo sempre denunciato la corruzione e il malaffare. Ci sono famiglie cristiane che ancora oggi non riescono a tornare nei loro villaggi della Piana di Ninive, come Qaraqosh e Tel Keif, a causa della presenza della Brigata Babilonia”. “Sul decreto del presidente Latif Rashid – prosegue il patriarca caldeo – credo pesi anche l’influenza della Brigata Babilonia. È un decreto che a mio avviso non ha nessuna validità giuridica e canonica. Da secoli, infatti, il patriarca nominato viene riconosciuto dalle autorità irachene responsabile e custode delle proprietà della Chiesa. Il presidente Rashid questo lo sa bene, nel 2013 infatti era il capo dei consiglieri di Talabani. Non riusciamo a capire quindi perché non abbia agito all’epoca per contrastare il decreto 147 ma lo faccia solamente oggi emanandone un altro col quale di fatto ritira il riconoscimento istituzionale della carica patriarcale. Dopo Talabani ci sono stati altri due presidenti Fuʾād Maʿṣūm e Barham Ṣāliḥ che non hanno avuto nulla da ridire. È chiaro che si tratta di una mossa politica che, se non fermata, potrebbe consentire a questa milizia di allungare le mani sui beni che appartengono alla comunità cristiana della Chiesa che è in Iraq. Ci stiamo muovendo con tutti i mezzi a nostra disposizione”. Oggi “il nostro avvocato ha provato a presentare ricorso ma non è stato possibile in quanto il decreto – ci è stato detto dagli uffici competenti – è già stato emanato”. “Sempre oggi – aggiunge il patriarca – abbiamo saputo che il segretario della nunziatura ha incontrato il presidente Rashid e, al di là delle dichiarazioni di quest’ultimo, attendiamo di confrontarci con la Santa Sede. Ripeto: qui è in gioco la vita e la presenza dei cristiani in Iraq”. Mar Sako ne è convinto: “Non si tratta di un attacco alla mia persona, io non posseggo nulla, ma a tutti i cristiani del nostro Paese. Ho l’impressione che qui si voglia creare un clima di paura e di tensione per questioni di potere. Ecco perché i cristiani stanno rispondendo con proteste ovunque, a Erbil, Al Qosh, nella Piana di Ninive, a Kirkuk, a Baghdad”. “Chiediamo quindi al governo di ritirare il decreto”, rimarca il cardinale annunciando che “come cristiani continueremo a batterci contro questo provvedimento in ogni modo legale possibile. Da parte mia non smetterò di lavorare per il bene della Chiesa da Erbil. Chiedo aiuto a tutti, Vaticano compreso, per trovare una soluzione”.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Al via la Festa Patronale della Chiesa dei SS. Apostoli Pietro e Paolo al Don Paolo

Busto Arsizio (Varese) – Al via i festeggiamenti patronali della comunità parrocchiale dei Santi Apostoli Pietro e Paolo di piazza Don Paolo Cairoli. Il quartiere del “Don Paolo” come ogni anno, contemporaneamente all’oratorio estivo e alle attività liturgiche pastorali, organizza la festa patronale parrocchiale.
La ricca programmazione ha avuto l’avvio domenica 11 giugno con la partecipazione della comunità alla processione cittadina del Corpus Domini.
Proseguirà sabato 17 giugno allorquando alle ore 19.00 ci sarà l’apertura dello stand gastronomico e dalle ore 20.30 un evento di musica POP anni 60-70 dal vivo con i LIGERA. Passando a domenica 18 giugno dalle ore 18.00 ci sarà la Santa Messa nel 50° di ordinazione sacerdotale di Don Franco Colino (Parroco dal 1997 al 2009 della Chiesa) al termine si continuano i festeggiamenti cenando insieme allo stand gastronomico e dalle ore 20.30 ci sarà il Talent Musicale “CANTA con DON PAOLO”. Sempre durante le giornate di sabato 17 e domenica 18 giugno si terrà la Pesca di Beneficenza. Appuntamento infrasettimanale è quello di mercoledì 21 giugno allorquando alle ore 19.30 ci sarà la SERATA AMERICANA animata dai giovani che parteciperanno alla GMG di Lisbona (è richiesta l’iscrizione “obbligatoria”). Passando a sabato 24 giugno alle ore 18 ci sarà la Santa messa nel 30esimo anniversario dell’Ordinazione sacerdotale del Parroco Don Maurizio Bianchi e alle ore 19.00 ci sarà l’apertura dello stand gastronomico e alle ore 21.00 canti, balli e… tanto divertimento con i bambini e i ragazzi dell’Oratorio estivo. Passando a domenica 25 giugno alle ore 11.00 ci sarà la Santa Messa nella quale si festeggeranno gli Anniversari di Matrimonio e al termine gioioso aperitivo. In effetti con la Festa degli anniversari di matrimonio di domenica 25 giugno si ringrazierà il Signore per gli anni vissuti insieme. Da qui al termine per tutte le coppie un ricordo della giornata accompagnato da un cordiale aperitivo e per permettere uno svolgimento bello e ordinato della festa, è necessario segnalare la propria presenza in sacrestia o a Don Maurizio.
Sempre domenica 25 giugno alle ore 19.00 ci sarà l’apertura stand gastronomico e alle ore 19.30 musica live con i MOODS mentre alle ore 20.45 ci sarà lo spettacolo di giocoleria e fuoco con la Banda del Sogno Perduto. Infine, giovedì 29 giugno alle ore 21.00 ci sarà la Santa Messa in onore dei nostri Santi Patroni e la Benedizione del Quartiere.
Nel corso dei festeggiamenti, anteprima delle celebrazioni del 100° anniversario della posa della Prima pietra della nostra parrocchia.
Per altre info si rimanda al portale https://www.santiapostolibusto.it/

Condividi questo articolo qui:

(Fonte: DeaNotizie – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Caserta. Venerdì all’Ateneo presentazione del libro ‘La chiesa di San Giovanni Evangelista’

Nell’ambito delle attività formative del Master universitario di I livello in Turismo sostenibile e Comunicazione della bellezza Esperienze Euro-mediterranee A.A. 2022/23, verrà illustrato il saggio storico artistico che fa luce su un inedito ciclo di affreschi del Trecento presenti nella città di Aversa.

Presentazione del saggio storico artistico dal titolo “La chiesa di San Giovanni Evangelista”, venerdì 16 giugno, al dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”.

Scritto da Anna Grimaldi e pubblicato da Paparo Editori, il testo che porta alla ribalta un inedito ciclo di affreschi del Trecento, presenti nella città normanna di Aversa, sarà illustrato, alla presenza dell’autrice, nell’aula 8 del polo universitario di viale Ellittico, nel corso di un’iniziativa prevista alle ore 10.30 e promossa dai dipartimenti di Scienze Politiche e di Lettere e Beni Culturali dell’UniVanvitelli.

Proprio ai rispettivi direttori Francesco Eriberto d’Ippolito e Giulio Sodano toccherà rivolgere i saluti istituzionali di benvenuto ai presenti, unitamente a Vincenzo Pepe, direttore del Master in Turismo sostenibile dell’UniVanvitelli; seguiranno, moderati da Luigi Colella, ricercatore dell’UniCampania, gli interventi dei docenti universitari Antimo Cesaro del dipartimento di Scienze Politiche, e Giuseppe Pignatelli Spinazzola del dipartimento di Lettere e Beni Culturali sempre dalla Università Vanvitelli.

Questo libro intende porre all’attenzione dei lettori, anche non specialisti, un ciclo pittorico che merita un certo rilievo nella storia dell’arte medievale del Mezzogiorno e fornire l’opportunità di ricontestualizzare la storia della chiesa di San Giovanni Evangelista, ad Aversa. Un edificio di culto anch’esso di origine normanna, nel tessuto urbano di appartenenza, ricco di monasteri, chiese e palazzi, espressione straordinaria di quell’intreccio millenario tra avvenimenti politici e religiosi, interventi architettonici e sviluppi rurali”, spiega l’autrice Anna Grimaldi.

(Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)

Serata di festa alla Chiesa di Lourdes . Mega festa organizzata dal gruppo Agesci Caserta 3 Scoot in collaborazione con Don Antonello ( FOTO)

Caserta.  Quella organizzata Venerdi ‘ 9 Giugno 2023 alla Chiesa di lourdes è stata una fantastica serata di festa . E’  innegabile che l’ arrivo di Don Antonello Giannotti nella Parrocchia di via Kennedy ha portato un’ ondata di vento nuovo che è stato accolto dagli abitanti della zona con molto entusiasmo .

Venerdi sera il gruppo di  Agesci Caserta 3 Scoot hanno organizzato , in collaborazione con il noto Parroco Casertano , una mega festa proprio nello spazio antistante la Chiesa. C’era di tutto , dai giochi per bambini alla musica passando per la gastronomia.  Tantissima la gente presente a testimonianza dell’ amore che i residenti provano per Don Antonello .

L’articolo Serata di festa alla Chiesa di Lourdes . Mega festa organizzata dal gruppo Agesci Caserta 3 Scoot in collaborazione con Don Antonello ( FOTO) proviene da BelvedereNews.

La Chiesa colombiana parte attiva del processo di pace: “Assicuriamo accompagnamento, aiuto nel discernimento e nell’ascolto paziente e sincero”

Un passo fondamentale, forse storico (lo si vedrà nei prossimi mesi) verso un’autentica pace per la Colombia. Ma in ogni caso insufficiente, se una pace integrale, dentro un’autentica giustizia sociale, non sarà perseguita nei territori più periferici e abbandonati del Paese, affrontando le cause profonde di una violenza che dura da decenni. Mentre all’Avana, venerdì 9 giugno, il presidente della Colombia Gustavo Petro e i capi dell’Esercito di liberazione nazionale, ultima guerriglia di matrice marxista attiva in America Latina, firmavano l’accordo per un cessate-il-fuoco di sei mesi, necessaria premessa per un’intesa definitiva, a Cartagena, su iniziativa della Conferenza episcopale colombiana e del segretariato di Pastorale sociale, si incontravano i vescovi delle zone ancora coinvolte in conflitti e violenze, causati da molteplici soggetti: non solo l’Eln, ma anche i dissidenti delle Farc, i paramilitari del Clan del Golfo, bande criminali e narcotrafficanti di ogni tipo.

Una coincidenza che ha il merito di mettere a fuoco che la pace si costruisce, certo, ai tavoli delle trattative, ma anche e soprattutto sui territori. Di questo cessate-il -fuoco aveva certamente bisogno, come l’ossigeno, il presidente Petro: l’obiettivo della “pace totale”, sbandierato lo scorso anno a inizio mandato, rischiava di essere un vuoto slogan, in un Paese dove, dall’inizio dell’anno alla prima decade di giugno, secondo l’ong Indepaz, ci sono stati 44 massacri e sono stati uccisi 72 leader sociali e ambientali, dove le popolazioni continuano a vivere nel terrore e i minori continuano a essere reclutati dai gruppi armati. E il precedente del 2016, l’accordo di pace con le Farc, che ha avuto un impatto certo importantissimo, ma non decisivo, sul conflitto colombiano, deve servire da lezione.

L’accompagnamento della Chiesa. Ha le idee, chiare, su questo padre Rafael Castillo, dinamico direttore del segretariato di Pastorale sociale della Chiesa colombiana. “Le notizie che giungono dall’Avana sono positive – dichiara al Sir -. Il messaggio è che nella ricerca di pace non ci possono essere rinvii, ma che si deve andare avanti con tutte le forze, e parlando con tutti gli attori. Rispetto all’Eln, come Chiesa colombiana confermiamo il nostro appoggio perché il cessate-il-fuoco si mantenga nel tempo. Noi abbiamo la nostra identità e finalità, assicuriamo accompagnamento, aiuto nel discernimento e nell’ascolto paziente e sincero”.

Secondo il sacerdote, particolare attenzione dev’essere posta sui territori: “La pace duratura può nascere solo dal basso. Non è sufficiente il dialogo con i vertici. È un cammino complesso. Per esempio, è da mettere in conto, rispetto all’Eln, che non tutti i capi locali recepiscano immediatamente le direttive. E poi non dobbiamo dimenticare gli altri attori. Il contesto generale, poi, dev’essere di giustizia riparativa e comunitaria, e di attenzione agli incubatori di violenza e ingiustizia, come il narcotraffico, l’attività mineraria illegale, i sequestri e le estorsioni. La cosiddetta ‘pace totale’ si deve cercare con tutti gli attori, e i tavoli di pace devono essere anche territoriali”. L’importanza della dimensione territoriale è emersa con forza all’incontro dei vescovi a Cartagena, i cui si sono state “numerose testimonianze di una missione portata avanti in mazzo al sangue e alle minacce”.

Le voci dalle diocesi. L’opera di accompagnamento, in sinergia con molti soggetti, da parte della Chiesa, viene sottolineata da due vescovi presenti a Cartagena e intervistati dal Sir. Parlando con mons. Israel Bravo, vescovo di Tibú. Nel suo territorio, nel nordest della Colombia (dipartimento di Norte de Santander), ai confini con il Venezuela, si trova la regione del Catatumbo, uno dei luoghi al mondo con la più alta concentrazione di piantagioni di coca e di gruppi armati e criminali. E’, tra l’altro, uno dei “feudi” dell’Eln. “Le notizie sul cessate-il-fuoco che arrivano dall’Avana – afferma – danno certamente speranza. La situazione, però. Nel territorio, resta di grande tensione. È presente una grande varietà di gruppi armati, insieme a numerose attività illegali: il narcotraffico, estrazione illegale di petrolio, miniere clandestine”. Non aiuta, evidentemente, la vicinanza con il confinante Venezuela. “Accanto a questa situazione – prosegue il vescovo – spiccano l’assenza cronica dello Stato e la mancanza di opportunità di sviluppo, soprattutto per i giovani. In pratica, da anni il Catatumbo è terra di nessuno”.

La Chiesa fa tutto il possibile per dare speranza e appoggio alla popolazione: “Cerchiamo di consolidare la nostra presenza, privilegiando l’attività educativa verso bambini e giovani, oltre l’accoglienza dei migranti. Non mancano progetti di carattere sanitario e di sostegno ai campesinos, ai piccoli agricoltori, con l’obiettivo di sostituire la coca con altre attività agricole. La gente di queste zone vuole bene alla sua terra, va accompagnata in iniziative di sviluppo e rafforzamento della democrazia. Ma condizione ineludibile è una presenza reale e continua dello Stato e delle sue istituzioni”.

Altro “epicentro” della coltivazione di coca è il dipartimento del Putumayo, nel sud del Paese, ai confini con Ecuador e Perù. “Nel nostro territorio – spiega mons. mons. Joaquín Humberto Pinzón, vescovo del vicariato apostolico di Puerto Leguízamo-Solano e missionario della Consolata – l’Eln non è presente, visto che questa guerriglia è forte soprattutto nel Nordest e lungo il Pacifico, a ovest, anche se, naturalmente, la notizia del cessate-il-fuoco ci rende felici. Ma abbiamo vari gruppi della dissidenza Farc (Emc, Iván Mordisco e Nueva Marquetalia), i paramilitari del Clan del Golfo, nel sud della regione un’altra banda criminale, il Commando de la frontiera. In pratica, siamo una delle centrali del narcotraffico, a partire dalla produzione della coca, anche se, per ragioni che non conosco, negli ultimi mesi il mercato della cocaina ha subito un brusco rallentamento”.

Ha destato scalpore, nel Putumayo, quanto accaduto lo scorso 14 maggio: l’assassinio di quattro minori indigeni di etnia murui, che cercavano di sfuggire a un reclutamento forzato da parte della dissidenza Emc-Farc. “Sì, quanto è accaduto fa parte di una realtà che purtroppo è abituale nella nostra realtà così difficile, una pratica che coinvolge tutti i gruppi armati. Si tratta di ragazzi abituati a crescere tra le armi, diventano ‘grandi’ presto, ma con una condizione psicologica che è appunto quella relativa a dei minori. I reclutamenti sono forzati e la diserzione equivale al tradimento. È quanto accaduto le scorse settimane, nonostante la comunità si fosse attivata in difesa di questi ragazzi”. Anche in questo caso, la Chiesa è una delle poche realtà a dare speranza. “I nostri criteri guida sono tre – spiega mons. Pinzón -: anzitutto essere presenti, condividere la vita dei ragazzi, dei giovani, degli indigeni, dei campesinos; quindi, ascoltare; infine dare risposte. Abbiamo in atto alcuni progetti, soprattutto di carattere educativo. Abbiamo anche una scuola per formare leader indigeni e campesinos, oltre a delle mense per andare incontro alle famiglie più povere”.

(*) giornalista de “La vita del popolo”

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

In Nicaragua il regime vuole soffocare la Chiesa cattolica: la stretta passa attraverso il blocco dei conti correnti

L’accusa, in tutta evidenza pretestuosa, è quella di “riciclaggio”. L’intenzione, come appare in modo sempre più evidente, è quella di soffocare in modo “definitivo” la Chiesa cattolica in Nicaragua, di prenderla “per fame”, con l’obiettivo di silenziarla completamente, e di impedirle qualsiasi attività nel Paese. Il regime di Daniel Ortega, ormai da oltre due settimane, ha bloccato i conti bancari di numerose diocesi del Paese, della Conferenza episcopale, di altre realtà associative, formative, educative. Una decisione arrivata al termine di una settimana durante la quale si era assistito all’arresto di altri tre sacerdoti e al divieto di qualsiasi processione in occasione della festività di Santa Maria Ausiliatrice, il 24 maggio; una ricorrenza molto sentita, dato il ruolo molto importante dei salesiani nel Paese.
La conferma del blocco dei conti (pur senza precisare quali e quanti) è arrivata dalla stessa polizia di Ortega, che in una nota ufficiale comunica di aver avviato un’indagine su diverse diocesi cattoliche per presunto riciclaggio di denaro, che avrebbe gestito illegalmente “fondi e risorse provenienti da conti bancari” di oppositori condannati”. Sempre secondo la polizia, le indagini “hanno portato alla scoperta di centinaia di migliaia di dollari”, nascosti in strutture appartenenti a diocesi del Paese”. Le indagini, comunica la forza dell’ordine, “ha confermato la sottrazione illegale di risorse da conti bancari di cui la legge aveva ordinato il congelamento, oltre ad altre attività illecite che sono ancora in corso di investigazione come parte di una rete di riciclaggio di denaro che è stata scoperta nelle diocesi di diversi dipartimenti”.

Le parole del cardinale Brenes. Si legge inoltre che la Sovrintendenza bancaria ha chiesto alla Conferenza episcopale del Nicaragua e a quello che viene definito il “capo della Chiesa cattolica nicaraguense”, il cardinale Leopoldo Brenes (che in questo momento, in realtà, è primate del Nicaragua, in quanto arcivescovo di Managua, ma non presidente della Conferenza episcopale), di “presentare i documenti che mostrano i movimenti dei conti bancari delle diocesi”. Il card. Brenes, ancora durante l’omelia della messa di Pentecoste, il porporato ha invitato i fedeli “a non avere paura” e “alla calma”, senza “prestare fede a notizie esagerate”. Un’ulteriore conferma sul blocco dei conti èarrivato dalla Pastorale educativa dell’arcidiocesi di Managua, la quale ha annunciato che dal 7 giugno il Governo di Daniel Ortega paga, attraverso il Ministero dell’Educazione (Mined), gli stipendi degli insegnanti sovvenzionati che lavorano nelle scuole cattoliche che ricevono fondi dallo Stato.

In cinque anni un crescendo di persecuzioni. “Questa è l’ultima azione di un lunghissimo elenco – dice al Sir Martha Patricia Molina, ricercatrice, avvocata, componente del comitato di redazione della testata indipendente ‘La Prensa’, dal suo esilio statunitense -. Già da venerdì ho iniziato ad avere delle segnalazioni riservate da fonti ecclesiali, rispetto al blocco dei conti. Inizialmente tutti avevano pensato a dei problemi tecnici, poi si è capito che era stato messo in atto un vero e proprio blocco generalizzato. Il provvedimento, infatti, non riguarda solo la Conferenza episcopale e le diocesi, ma singole parrocchie, case di formazione, scuole. Questi sono giorni in cui in Nicaragua si pagano gli stipendi. Non so proprio come tutte queste realtà potranno andare avanti”.
Martha Patricia Molina è considerata un punto di riferimento per quanto riguarda le persecuzioni del regime contro la Chiesa nicaraguense. E’, infatti, la curatrice di un rapporto, “Nicaragua, una Chiesa perseguitata”, la cui terza edizione è stata presentata all’inizio di maggio. Sono ben 529 gli episodi di ostilità, e in molti casi di vera e propria persecuzione, che la Chiesa cattolica in Nicaragua ha subito negli ultimi 5 anni per mano del Governo guidato da Daniel Ortega, a partire dalle proteste popolari dell’aprile 2018. Il lungo elenco riferisce di un vescovo incarcerato, mons. Rolando Álvarez, vescovo di Matagalpa, 37 religiosi esiliati – tra cui un altro vescovo (mons. Silvio José Báez, ausiliare di Managua) e 32 religiose di varie congregazioni espulse. Nel Paese, inoltre è stato chiuso l’ufficio della Nunziatura vaticana. Lo studio descrive in dettaglio tutti i 529 attacchi avvenuti in questo arco di tempo: non solo arresti ed espulsioni, ma anche confische di beni ed edifici, chiusura di media e università, vere e proprie profanazioni, intimidazioni.

Sacerdoti sotto attacco. “Sto già lavorando alla quarta edizione del rapporto – spiega la ricercatrice -, visto che i dati riportati meno di un mese fa sono già ampiamente superati. Nell’ultima settimana, sono stati arrestati tre sacerdoti. Uno, padre Jaime Iván Montesinos, della diocesi di Matagalpa, si trova in carcere, nel famigerato ‘Chipote’, due sono a disposizione delle autorità in una struttura ecclesiale, padre Eugenio Rodríguez Benavides e padre Leonardo Guevara, della diocesi di Estelí. L’attenzione del regime è puntata soprattutto su coloro che hanno prestato servizio nelle Caritas, importante braccio operativo della Chiesa. In questo momento, in Nicaragua ci sono tre sacerdoti in carcere, compreso il vescovo Álvarez, e tre agli arresti domiciliari, oltre agli esiliati. Ai 37 si è aggiunto un sacerdote spagnolo che presta servizio a León. Recentemente, c’è stato un grave episodio di profanazione, mentre il 24 maggio la festa di Maria Ausiliatrice è stata celebrata solo dentro le chiese, senza processioni, come del resto era avvenuto durante la Settimana Santa, quando sono stati firmati addirittura 3.176 provvedimenti che proibivano processioni e manifestazioni pubbliche di fede al di fuori delle chiese. Una delle situazioni più paradossali è stata vissuta a Nindirí, dove è tradizione che i ragazzi di vestano da ‘cirenei’ in occasione del Venerdì Santo, per ‘aiutare Gesù a portare la croce’. La Polizia quel giorno ha impedito la processione e ha portato in carcere dei ragazzi, solo perché non avevano voluto rinunciare a questa bella tradizione”.
Conclude Martha Patricia Molina: “La Chiesa è perseguitata perché nel 2018 si è schierata con la gente, ha detto la verità. Ogni giorno, però, la situazione è sempre più complessa. In questo momento possiamo pregare, e parlare. È importante far conoscere in tutto il mondo questa situazione, che interpella anche la testimonianza dei laici, in un momento in cui, per le nuove imputazioni, tutti i vescovi del Paese potrebbero andare sotto processo e magari finire in carcere”.

 

*giornalista de “La vita del popolo”

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

“Anatomia del putinismo”: si presenta a Marcianise l’ultimo libro del prof. Bartolomeo Valentino: venerdì 16 giugno all’Auditorium chiesa San Giuliano





“Anatomia del putinismo”: si presenta a Marcianise l’ultimo libro del prof. Bartolomeo Valentino: venerdì 16 giugno all’Auditorium chiesa San Giuliano

 

La Valle del Tempo Edizioni organizza per venerdì 16 giugno 2023, alle ore 18.00, presso l’Auditorium della Chiesa S. Giuliano Martire sita in via Clanio 114, Marcianise (Caserta), la presentazione del libro “Anatomia del putinismo” di Bartolomeo Valentino. Ne discuteranno con l’autore: il prof. Salvatore Brillantino e la prof.ssa Giuseppina Scognamiglio. Introduce e modera il giornalista Alessandro Tartaglione.La finalità del lavoro è stata quella di individuare un gruppo di studiosi (filosofi, sociologi, ecc.) che si potessero configurare quali ispiratori di Vladimir Putin, ma, anche, del Putinismo in generale. Ciò allo scopo di risalire ai moventi dell’attuale conflitto russo-ucraino scoppiato il 24 febbraio del 2022, lungi da un giudizio sull’operato di Putin, piuttosto cercando di dare una spiegazione razionale su talune decisioni. Per raggiungere tale scopo è stata condotta anche un’analisi morfopsicologica sul Presidente Putin in alcuni momenti significativi della sua vita, come il periodo del “ragazzo di strada”, del Servizio nel Kgb, dell’esperienza politica a S. Pietroburgo nel ruolo di Vice Sindaco di quella città ed in quello di Presidente della Federazione Russa negli ultimi anni. La Morfopsicologia, infatti, che si occupa di inquadrare la personalità attraverso l’esame del volto, ormai è considerata un utile strumento di indagine nella Storia.

 

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Giovanni Paolo II: Navarro Valls, “un gigante della storia della Chiesa”

“Sono stato un privilegiato”. Così Joaquin Navarro Valls, per oltre vent’anni direttore della Sala Stampa della Santa Sede al tempo di Giovanni II, nel libro “I miei anni con Giovanni Paolo II” (Mondadori) –  pubblicato dopo la sua morte per volere dell’autore – descrive la sua esperienza di portavoce accanto ad un santo. Fin dagli esordi, rivelano i suoi appunti personali, aveva ben chiaro quale dovesse essere il nuovo della sala stampa vaticana, per riuscire a tenere il passo di un papa comunicatore e globetrotter. “Avevo chiesto a Dziwisz se fosse possibile discutere con il Santo Padre di alcune questioni riguardanti al sala stampa”, scrive l’11 settembre 1986: “le esperienze positive degli ultimi due anni, alcuni problemi dovuti all’assenza di coordinamento, l’allargamento del nostro campo di azione oltre quello della stampa italiana, i risultati concreti derivanti dagli sforzi per incidere in misura maggiore sull’opinione pubblica e la possibilità per la sala stampa di fare un passo in avanti e commentare le attività del papa e della Santa Sede, senza limitarsi alla trasmissione di discorsi e documenti”.  La sua capacità propositiva e innovativa, propria di un portavoce a 36o° che intende in primo luogo  governare il flusso informativo, si scontra però  con i tentativi di frenata degli ambienti curiali.

“Il problema – annota nell’agosto del 1990 – sta in queste complicazioni della Curia, che derivano – in larga misura – dalla mancanza di una metodologia di lavoro. Non è chiaro che abbia l’ultima parola e i problemi passano da un ufficio all’altro senza che nessuno si assuma la responsabilità di decidere”.

Il piglio decisionista di Navarro, che per noi giornalisti che l’abbiamo conosciuto aveva a che fare con l’autorevolezza e il carisma, comportava il coraggio di “metterci la faccia” su operazioni comunicative allora inedite, come quelle di superare il “tabu’” della salute di un Pontefice informando in tempo reale sull’insorgere e l’evoluzione delle malattie, fino all’annuncio rotto dalla commozione, in sala stampa, della morte di Karol Wojtyla. Audace, per allora, anche la decisione di creare il sito Internet, vatican.va, che al momento del lancio ha registrato in pochissimi giorni milioni di accessi alla home page.

“Nonostante il successo – commenta Navarro il 29 gennaio 1996 – molti in Vaticano guardano al progetto con disinteresse: non è malizia, è mancanza di sensibilità nel dare valore alla dimensione delle cose che non rientrano nella propria esperienza diretta”.

I toni più intimi del libro li troviamo nella narrazione ricca di particolari inediti delle vacanze con il Papa, costellate dell’ammirazione del suo portavoce per la resistenza tenace, anche quando le condizioni di salute non glielo permetterebbero.

“Ogni volta – scrive narrando il soggiorno ad Aosta nel luglio 1997, quando il Parkinson era ormai conclamato – vedo sempre più chiaramente quanto siamo insignificanti, di fianco a questo Santo Padre che nonostante i suoi limiti fisici è sempre, palesemente, un gigante della storia della Chiesa”.

Man mano che trascorrono gli anni, tuttavia, gli ostacoli alla sua strategia informativa, fatta di un sapiente rapporto con i giornalisti e dell’abilità a rintuzzare con gli argomenti giusti quelle che oggi si chiamano “fake news”, si moltiplicano:

“Ottenere informazioni – si legge in un appunto del 14 marzo 1999 – è sempre più complicato. I responsabili della Segreteria di Stato hanno la tendenza a chiudersi, a moltiplicare la ‘prudenza’, a diventare più cauti. Stanno sempre sulla difensiva e non sono mai propositivi. Il loro leitmotiv è: ‘Non dica niente, ma se domandano…’. In questo modo l’iniziativa è sempre di altri, di chi mette in circolazione delle voci, mai nostra”.

Ci sono poi momenti topici, quando per veicolare informazioni importanti non si può contare neanche sull’aiuto delle tecnologie. E’ il caso dell’apertura del Giubileo del 2000 o di uno degli ultimi ricoveri al Gemelli, quando non riesce a diffondere via Internet i relativi testi. Di grande attualità la linea informativa scelta per comunicare i casi di abusi:

“Non possiamo dare l’impressione, come qualcuno vorrebbe – sostiene Navarro il 10 marzo 2002 – che la Santa Sede voglia ‘insabbiare’ questa faccenda. D’altra parte, bisogna rispettare i diritti di ciascuno, compresi quelli del presunto colpevole e delle presunte vittime di violenze sessuali”.

Ricorrente, via via che la salute di Giovanni Paolo II peggiora, è nel libro il tema delle dimissioni. “Chiedete che io possa condurre fino alla fine il mio ministero”, la volontà del Papa polacco, che come in un ritornello esorta i suoi collaboratori a pregare per lui in questi termini. Quando scoppia la guerra in Iraq – anche questo un monito per l’oggi – è Navarro a farsi portavoce della posizione della Santa Sede:

“Chi decide che si sono esaurite le vie pacifiche messe a disposizione dal diritto internazionale, si assume una grande responsabilità di fronte a Dio, alla propria coscienza e alla storia”.

Magistrale è il modo in cui, negli ultimi mesi di vita del Papa a cui è stato accanto per oltre vent’anni, descrive il proprio modo di comunicare:

“La nostra linea informativa continua a essere quella di fornire dati oggettivi di carattere clinico, aggiungere qualche particolare personale di questi giorni e, ogni tanto, un pizzico di umorismo, come quando dico che il papa segue l’evoluzione delle sue malattie attraverso i giornali”.

E quando, il 21 marzo 2005, si diffonde la falsa notizia della morte del Papa, Navarro dice ai giornalisti: “Non voglio smentire niente. Semplicemente ribadisco che, ogni volta che c’è stata una novità sullo stato di salute del Santo Padre, lo abbiamo comunicato. E così sarà anche in futuro”. Il resto, è storia.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Chiesa e disabilità. È ora di fare il salto: dall’inclusione all’appartenenza

Come in famiglia, la persona con disabilità dovrebbe sentirsi parte del resto della cittadinanza. Un membro strettamente collegato agli altri, proprio come in una famiglia. È sul senso dell’appartenenza alla comunità che si è concentrato il secondo convegno nazionale promosso a Roma, dal 1° al 3 giugno, dal Servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità della Cei, dal titolo “Noi, non loro” .

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Per i relatori che si sono avvicendati nella tre giorni, l’inclusione sociale non basta più: è necessario porsi l’obiettivo di raggiungere per tutti la partecipazione. A invitare a compiere il grande salto è suor Veronica Amata Donatello, responsabile del Servizio della Cei e organizzatrice dell’evento. “Abbiamo lavorato tanto – spiega – sul cammino di iniziazione cristiana delle persone con disabilità. A volte però credo che dovremmo anche accompagnarle. A volte, infatti, finito il cammino, la persona viene delegata alle associazioni e ai movimenti, invece, la spiritualità fa parte della vita, è l’humus, è il respiro. Non è vero che basta la salute. Se non hai una vita nello spirito, se non hai una vita spirituale, non hai la pienezza. A volte, alle persone con disabilità non viene data questa possibilità”.

Per mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano all’Jonio e vice presidente della Cei, intervenuto in videocollegamento, coloro che hanno altre abilità sono coprotagonisti e corresponsabili. “Dobbiamo riconoscere . afferma – che sono soggetti attivi nella missione evangelizzatrice. Non sono solo destinatari ma anche soggetti della missione. Lo dico con convinzione profonda:

lo Spirito chiama queste sorelle e fratelli a realizzare una particolare opera per la vita della Chiesa”.

Fra i principali fautori della partecipazione delle persone con disabilità nelle comunità di fede, il fondatore e direttore emerito dell’Istituto di teologia e disabilità, il Disability Ministry Network (Stati Uniti), Bill Gaventa, rammenta come la spiritualità sia presente in tutti gli aspetti della persona. “Ai professionisti suggerisco di reinterpretare ciò che significa esserlo, aumentare il rapporto con le persone con disabilità, assicurare che continuino ad avere dei legami, dei collegamenti, che siano persone che costruiscono comunità e infine riconoscere la spiritualità come una dimensione importante nella vita delle persone che sosteniamo”.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Nella seconda giornata del convegno che si è tenuta presso la sede della Fondazione Santa Lucia di Roma, sono intervenuti l’arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, il card. Matteo Zuppi, e la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli. “Non so cosa sia peggio, se il paternalismo o il rifiuto. Abbiamo ancora molto da fare, soprattutto perché è proprio roba nostra. Il ‘noi’ è costitutivo del cristiano, perché l’altro è tuo fratello”, osserva il porporato. A proposito della legge delega sulla disabilità, che si concentra sulla necessità di costruire un progetto di vita per ciascuna persona con disabilità, il cardinale aggiunge: “Il progetto di vita non è elemosina, né un progetto altalenante sulla base delle risorse. Nemmeno però deve essere una camicia di forza. Deve essere un progetto che ha la capacità dell’adattamento, che dia la sicurezza e l’impegno che la debolezza è aiutata non a spot o in base a qualche giro di ruota. È un progetto individuale, mirato a capire cosa serve a ciascuno, che aiuta anche il noi”.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Riguardo all’applicazione in Italia della legge 68 del 1999, che promuove l’inserimento delle persone con disabilità nelle aziende, la titolare del dicastero afferma che presto verrà istituito un tavolo interministeriale. “La legge 68 – dichiara Locatelli – non è stata in grado di rispondere a pieno per raccordare le competenze con le necessità delle aziende. Serve un accompagnamento. Non possiamo andare avanti con le borse lavoro. Qualcosa si sta muovendo nel privato rendendo legittimo questo sforzo”.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Chiesa e disabilità. Bill Gaventa: “Le comunità possono fare la differenza, puntare sulla spiritualità”

“Le comunità di fede possono fare la differenza. A fronte di numerosi pregiudizi e paure nei confronti delle persone con disabilità, la Chiesa può offrire uno spazio sicuro e accogliente, trasmettendo al resto della comunità il messaggio che le persone con disabilità meritano lo stesso rispetto e la stessa dignità di chiunque altro”. Bill Gaventa è uno dei maggiori esperti di disabilità e spiritualità. Fondatore del Summer Institute on Theology and Disability e direttore della Collaborative on Faith and Disability, Gaventa terrà la lectio magistralis al convegno nazionale “Noi, non loro. Il progetto di vita” promosso dal Servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità della Cei (Roma, 1-3 giugno).

Quando si è avvicinato al tema della disabilità?
Finito il seminario, ho seguito un corso annuale di formazione pastorale clinica presso un ospedale della Carolina del Nord, dove mi fu data la possibilità di svolgere un breve tirocinio in una nuova clinica per famiglie con bambini disabili. Il ruolo del cappellano non era predefinito, pertanto dovetti iniziare a parlare con le famiglie mentre si trovavano lì, e ascoltare le loro esperienze di Chiesa e di fede.

La maggior parte delle testimonianze evidenziavano situazioni di indifferenza o di esclusione da parte delle loro comunità di fede. Questi racconti mi colpirono nel profondo e segnarono l’inizio del mio cammino nella pastorale delle persone con disabilità e delle loro famiglie, per favorire una maggiore accoglienza, inclusione e sostegno da parte delle comunità.

In questi anni si è fatta molta strada per una maggiore accoglienza e inclusione. Eppure spesso si è attenti ai bisogni delle persone con disabilità e delle famiglie, mentre il ruolo della spiritualità è sottovalutato…
Mi domando se la maggior parte delle volte le persone con disabilità non siano considerate persone che hanno bisogno di aiuto, preghiere e sostegno, piuttosto che credenti a loro volta, persone che desiderano partecipare e contribuire alla vita della Chiesa alla pari di altri. In altre parole, Gesù chiama anche loro a essere discepoli, non solo destinatari di assistenza. La disabilità ha altresì sollecitato domande di natura spirituale e teologica nella maggior parte dei fedeli, domande non facili da affrontare e a cui trovare una risposta. La maggior parte delle persone con disabilità che conosco, e le loro famiglie, non desiderano essere viste e trattate come “persone speciali”.

E cosa desiderano?
Vogliono sentirsi incluse, avere le stesse opportunità di imparare e di servire, poter dare e ricevere, ricoprire ruoli utili nei contesti religiosi, possibilmente con funzioni di responsabilità, e finanche come capi religiosi. In altre parole, le loro domande, necessità e desideri spirituali sono gli stessi di chiunque altro.

La comunità di fede può essere sensibile ai “bisogni delle persone disabili e delle loro famiglie”, ma è anche sensibile ai loro “punti di forza e doni”.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Dunque, le comunità di fede hanno un ruolo importante?
Il ruolo delle comunità dovrebbe rimanere lo stesso, sia che si tratti di persone con disabilità e delle loro famiglie, sia che si tratti di chiunque altro: offrire accoglienza, inclusione, insegnare, battezzare, sostenere, evangelizzare. La maggior parte delle comunità non si rendono conto che ciò che le persone con disabilità e le loro famiglie apprezzano di più è sentirsi inclusi e trattati come chiunque altro. Questo significa che

le comunità di fede possono davvero fare la differenza nelle loro vite.

A fronte di numerosi pregiudizi, paure e stigma sociale nei confronti delle persone con disabilità, la Chiesa può fare davvero la differenza offrendo uno spazio sicuro e accogliente, al contempo trasmettendo al resto della comunità il messaggio che le persone con disabilità meritano lo stesso rispetto e la stessa dignità di chiunque altro.

C’è anche un problema di solitudine…
Molte persone con disabilità hanno pochissimi amici al di fuori della famiglia e degli operatori del settore. La solitudine è un problema enorme. Esistono anche forme di aiuto concreto, ad esempio, luoghi di incontro per i gruppi che si occupano di disabilità, eventualmente sostenendo le famiglie per dare un po’ di tregua a chi se ne prende cura, e altre modalità concrete di sostegno da parte delle comunità religiose.

Perché il concetto di disabilità e quello di spiritualità sono vicini?
Quando si cerca di capire cosa sia e cosa significhi la disabilità, si finisce per scoprire che molte dimensioni della disabilità sono influenzate da atteggiamenti e convinzioni sociali e culturali che riguardano la disabilità e ciò che rappresenta, ovvero si entra nel mondo della spiritualità, dove le questioni relative al valore, alla fede e alle domande di senso sono di primaria importanza. Al contrario, se si parte dal tentativo di comprendere la spiritualità, ci si ritrova in situazioni in cui le questioni spirituali si fanno strada nella nostra consapevolezza, emergendo con maggiore intensità, ed è in quei momenti che ci sentiamo più vulnerabili, in cui percepiamo la nostra finitudine, le nostre limitazioni e molto altro ancora.

La morte, la sofferenza, le malattie, la guerra, la povertà, l’ingiustizia sono tutti contesti in cui le domande spirituali emergono in primo piano, dove ciò che è “normale” e “abituale” non basta. La disabilità è uno di questi.


Talvolta si tende a vedere la fede come una realtà che deve essere compresa intellettualmente. Dunque esclusa alle persone con disabilità intellettiva. È davvero così?
Assolutamente no. Non teniamo i bambini lontani dalla Chiesa perché non hanno la capacità cognitiva per capire l’oggetto e il significato dell’annuncio. La fede è più strettamente legata a una relazione autentica con Gesù e con Dio che alla capacità di comprensione teologica. Ciò che la Chiesa può fare è offrire un insegnamento conforme al livello di capacità di apprendimento della persona, per poi cercare di capire il significato che quest’ultima attribuisce all’andare in chiesa, a Dio e ad altro ancora. Questo può essere fatto con immagini, azioni, gesti. La classica domanda relativa alla fede come realtà compresa intellettualmente riguarda l’opportunità o meno di ricevere la Comunione da parte di persone con disabilità intellettive.

E, a chi si domanda “Capiscono cosa significa”, che risponde?
La maggior parte delle persone non saprebbe dare una risposta teologica coerente a questa domanda. Da un sondaggio condotto negli Stati Uniti tra i credenti cattolici è emerso che oltre la metà ha un’interpretazione errata della dottrina cattolica.

Per definizione, il sacramento è racchiuso nella concezione di mistero, e la partecipazione all’Eucaristia porta alla comunione col Signore, è un atto di inclusione, afferma che siamo tutti membra dello stesso Corpo, e altro ancora.

Quindi, nessuna preclusione?
Molte persone con disabilità intellettive e dello sviluppo possono avere intuizioni straordinarie sulla fede se diamo loro l’opportunità di partecipare, dando per scontato che possano apprendere in base al loro specifico livello, se ascoltiamo le loro domande e se chiediamo loro perché, ad esempio, ritengono importante andare in chiesa. Nel mio lavoro in questo campo ho vissuto centinaia di momenti di rivelazione.

È il momento di puntare sulla spiritualità anche nell’ambito del progetto di vita
Il settore sanitario e delle scienze umane dedica scarsa attenzione all’importanza della spiritualità, perdendo così una grande risorsa per trattare le persone in modo olistico. Questo è dovuto a diversi motivi, quali, ad esempio, il fatto di non avere una formazione che consenta di comprendere o chiedere informazioni sulla spiritualità, e ritenere che la spiritualità sia sinonimo di capacità cognitiva e quindi non accessibile, e sentire storie di maltrattamento delle persone con disabilità da parte delle comunità religiose. È ora di superare tutto questo e di collaborare tutti insieme.

Aiutando le persone con disabilità intellettiva e di sviluppo a gestire tutte i momenti della vita.
Dobbiamo sostenere le persone con disabilità intellettiva e di sviluppo, le loro famiglie e i loro amici nell’affrontare i momenti di perdita, lutto e morte. Come nel caso della fede, alcuni pensano che le persone con disabilità intellettive e dello sviluppo non siano in grado di comprendere la morte, come se qualcuno lo sapesse davvero; o che debbano essere protetti dal dolore della perdita e del lutto; eppure vivono in un mondo fatto di relazioni, dove la perdita e il lutto si verificano in continuazione, e devono essere coinvolti anche nei gesti e nei riti del cordoglio e del lutto. E a volte sono molto più abili di tutti noi.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

S.Salvatore Telesino. Chiesa gremita e lutto cittadino per i funerali di Giuseppe Saudella

Anche  monsignor Domenico Battaglia, arcivescovo metropolita di Napoli, già vescovo della diocesi Cerreto-Telese-Sant’Agata, ha espresso profondo cordoglio per la tragica scomparsa di Giuseppe Saudella, il poliziotto di soli 22 anni originario di Ruviano, che prestava servizio a Piacenza, ma residente con i familari in San Salvatore Telesino, deceduto in seguito a un drammatico incidente nautico verificatosi a Tenerife, in Spagna.

La salma, giunta in paese nel pomeriggio di martedì 22 maggio, è stata ospitata nell’aula consiliare del Comune dove peraltro è stata allestita la camera ardente, come fermmente voluto dall’appena insediato sindaco Fabio Massimo Leucio Romano, che ha proclamato il lutto cittadino per l’indomani, durante le esequie officiate nella chiesa dedicata alla Madonna Assunta, incredibilmente gremita, a conferma del profondo cordoglio avvertito dall’intera comunità, non solo cittadina.

Sentimento al quale, nel triste frangente, si associa anche la nostra redazione con un pensiero speciale per i familiari tutti, ma in particolare per i figli e la moglie Francesca Marcucci, originaria di Caiazzo.

Di seguito la cronaca del triste evento riportta dal quotidiano sannita “L’Occhio”

Una folla commossa ha preso parte ai funerali di Giuseppe Saudella, il giovane poliziotto di San Salvatore Telesino morto mentre si trovava a Tenerife in vacanza.

Il feretro del 22enne ha raggiunto il palazzo municipale poco prima delle 19 di martedì 23 maggio, tra l’affetto di genitori, parenti e amici.

Al rito funebre hanno preso parte anche sindaco e amministrazione comunale come riportato dal quotidiano “Il Mattino”.

Anche alcuni funzionari della polizia e il cappellano della scuola allievi di Campobasso hanno preso parte alle esequie del 22enne, presenziate da don Michele Volpe, parroco del centro telesino, con il suo vice don Luigi Valentino. Dalle 14 alle 18, inoltre, è stato indetto il lutto cittadino.

Tutti hanno ricordato il giovane agente di Polizia come un ragazzo “buono, gentile e sorridente”. Poco meno di un anno fa, Giuseppe aveva prestato giuramento presso la Scuola Allievi Agenti di Polizia di Campobasso e quidi aveva preso servizio presso la Questura di Piacenza.

Il dramma di Giuseppe Saudella

Il giovane era scomparso nel mare di fronte alla spiaggia di Puertito de Armeñime, nel comune di Adeje (nell’isola di Tenerife), che affaccia sull’Oceano Atlantico. Si trovava in vacanza con un amico, un carabiniere di Telese Terme.

Si sarebbe tuffato da una una barca noleggiata per tentare di disincagliare l’ancora. Era scattato l’allarme non vedendolo risalire: le ricerche portarono al ritrovamento del corpo del 22eenne nella mattinata di martedì.

(Fonte & Aggiornamenti: https://benevento.occhionotizie.it/san-salvatore-telesino-funerali-giuseppe-saudella/ – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web© Diritti riservati all’autore)

Padre Criveller (Pime): “Si preghi per l’unità e la libertà della Chiesa in Cina”

Si celebra oggi, 24 maggio, la Giornata mondiale di preghiera per la Chiesa cattolica in Cina. È stata istituita da Benedetto XVI e si è celebrata per la prima volta nel 2008. Cade nel giorno in cui si fa memoria della Beata Vergine Maria Aiuto dei cristiani ed è molto sentita in Cina, soprattutto nel santuario di Nostra Signora di Sheshan a Shanghai. “I cattolici cinesi in Italia l’hanno sempre vissuta in maniera molto significativa, facendo incontri nelle varie città d’Italia”, spiega al Sir padre Gianni Criveller, missionario Pime. “Quest’anno si sono trovati lo scorso weekend a Prato dove c’è – come tutti sanno – una comunità cinese numerosa”. Anche Papa Francesco, al termine dell’udienza generale in piazza San Pietro, ha rivolto oggi un particolare saluto ai cattolici cinesi assicurando di condividere le loro “gioie” e “speranze”, ma anche le sofferenze di “pastori e fedeli” e auspicando che il Vangelo possa essere annunciato in “pienezza” e “libertà”.

Siamo in un periodo in cui la Chiesa in Cina continua a vivere situazioni di difficoltà”, ricorda Criveller. Si tratta di “una piccola Chiesa in un immenso Paese”. Un paese di un miliardo e 300 milioni di abitanti dove i cattolici sono tra i 12 e 15 milioni. A stento rappresentano l’1 per cento della popolazione. “Però bisogna dire che per valutare la qualità evangelica di una chiesa non conta il numero. Conta piuttosto la fedeltà al Vangelo e la Chiesa in Cina ne ha sempre dato testimonianza”. Giunto nel 635, tra cristianesimo e Cina c’è sempre stato un rapporto importante. “Tuttavia – aggiunge il missionario – ci sono anche sempre state grandi difficoltà e persino persecuzioni”. “Per cosa bisogna pregare? “Per due cose”, risponde Criveller. “La prima è per l’unità della Chiesa in Cina. Unità tra i vari membri, tra le comunità ufficiali e quelle che sono ancora sotterranee. Tra i vescovi, i presbiteri. Perché nel passato ci sono state purtroppo delle divisioni che rischiano di compromettere l’evangelizzazione in Cina. Ma la divisione della Chiesa in Cina, in realtà, non è generata da parte dei cattolici stessi ma da una politica religiosa delle autorità cinesi che privano la Chiesa della sua libertà. La seconda cosa per cui bisogna pregare molto è la libertà. La libertà della Chiesa in Cina e del popolo cinese”.

A questo proposito, padre Criveller osserva: “Purtroppo su questo fronte non si stanno facendo passi molto in avanti da parte delle autorità cinesi. Da parte sua, invece, la Santa Sede sta cercando in tutti i modi di aumentare questa unità instaurando un dialogo con la Chiesa in Cina e con le autorità politiche cinese. Ma i frutti non sono ancora quelli che la Santa Sede e Papa Francesco desiderano”. Importante è il ruolo che Papa Francesco svolge, proprio in questa direzione. “Innanzitutto, Papa Francesco è il Papa”, sottolinea il missionario, “e il cattolicesimo in Cina si è salvato anche grazie ad una grande devozione e fedeltà dei cattolici alla figura del Papa, chiunque esso sia, da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI. Papa Francesco ha il suo carisma che lo contraddistingue e fa sì che sia particolarmente amato. Essendo un Papa la cui leadership è riconosciuta a livello mondiale, anche da non cristiani, per la sua attenzione ai temi del Sud del mondo, dello sviluppo, dei poveri, anche le autorità cinesi hanno attenzione per questo Papa. I cattolici gli sono particolarmente devoti e gli vogliono bene”.

 

 

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

A Cesena si ricomincia dopo le alluvioni: la Chiesa è accanto agli sfollati, i volontari in strada

Si ricomincia. È questo l’imperativo a Cesena e in tutto il comprensorio che va dal mare di Cesenatico al crinale appenninico di Verghereto, dopo la disastrosa alluvione di martedì 16 maggio. Il territorio è stato attraversato dalla furia dell’acqua. Il Savio ha fatto danni incalcolabili in città e nelle campagne. I torrenti Borello, Piscatello, Rigossa e altri canali minori hanno rincarato la dose nelle valli vicine, così come il famoso Rubicone nell’omonima vallata.

Le ferite sono tutte aperte, ma la gente da queste parti non si perde d’animo. Un po’ per carattere, un po’ per orgoglio, nessuno si piange addosso. La mobilitazione di volontari vista all’opera sabato e domenica scorsi è stata enorme. Si parla di migliaia di giovani che hanno aiutato per ore e ore quanti si sono ritrovati con le case, le cantine, i garage con due metri d’acqua e fango e si sono visti costretti a buttare via tutto. Finora il Comune di Cesena ha portato via 15mila metri cubi di rifiuti ingombranti lasciati sui marciapiedi. Lungo le vie diventate strade ricoperte da una polvere bianca lasciata dal fango trasformatosi in uno strato duro come il cemento per il caldo di ieri, si vede di tutto: armadi, comò, letti matrimoniali, lettini per bambini, frigoriferi, lavatrici, stampanti, pc, lampade, cappotti, scarpe, giubbotti.

In quei rifiuti intrisi di melma c’è la vita di migliaia di persone ora per lo più alloggiate da amici e parenti. Qualcuno, meno fortunato, è stato accolto nelle strutture messe a disposizione dall’amministrazione comunale, dalle parrocchie e da istituti religiosi.

Ieri il vescovo Douglas Regattieri ha fatto visita a don Paolo Pasolini, nella popolosa parrocchia di San Rocco dove in città il Savio ha fatto i danni più evidenti. Fin da subito 50 volontari si sono messi al lavoro per portare un pasto caldo a chi era stato travolto dalla piena. Quest’opera prosegue, con le donne in cucina a preparare i pasti e altri amici pronti a distribuirli agli sfollati e a chi opera in loro aiuto. Tra chi si è messo a disposizione c’è anche la madre superiora delle suore francescane della Sacra famiglia, suor Daniela Scarpellini.

In seminario il vescovo ha incontrato una decina di sfollati e ha pranzato con loro e con il rettore don Marcello Palazzi. Qui, nonostante le diversità, si è creato un clima di famiglia, anche se la perdita dell’abitazione e di quanto vi era custodito rimane pesante per tutti. Al momento è difficile intravedere come si possano risolvere situazioni di questo tipo e l’incertezza getta in questa gente non poco sconforto.

La Protezione civile ha previsto l’allerta rossa anche per oggi. La situazione strade è ancora complicata e a Cesena la Secante è interrotta nella galleria “Vigne” lunga 1600 metri. Al centro di essa rimane molta acqua (si parla di almeno 60 centimetri) difficile da estrarre per la lontananza dall’uscita del tunnel. In collina le frane stimate dalla prefettura sono 227 e l’elenco delle strade interrotte è una lunga litania che dà conto di un dissesto che ha ridisegnato la morfologia delle vallate. Rimangono difficili diversi collegamenti e a una settimana di distanza la frazione sarsinate di Ranchio, circa 500 residenti nella valle del Borello, è di fatto ancora isolata. La si può raggiungere, con fatica, attraverso il passo del Carnaio, risalendo da San Piero in Bagno, Carnaio e poi in discesa attraverso i paesi di Spinello e Civorio. Un tragitto lunghissimo, di fatto impraticabile per tutti e pure per gli studenti delle superiori che frequentano le scuole a Cesena o a Forlì.

Di rientro solo venerdì sera da un viaggio in Benin, nella giornata di sabato monsignor Regattieri ha fatto pervenire un messaggio di vicinanza alle popolazioni colpite dal disastro. Ha parlato dell’evento come di “un terremoto devastante”. Poi ha invitato a dimostrare condivisione verso “le persone e le famiglie colpite” e ha indetto “una Giornata di solidarietà diocesana” con una raccolta che si terrà domenica 11 giugno, solennità del Corpus Domini. Il vescovo ha rinunciato anche a partecipare all’assemblea generale del Cei per rimanere vicino alla sua gente.

A Sant’Angelo di Gatteo, il parroco don Marco Muratori, che è anche l’economo diocesano, con l’aiuto dei genitori dei 90 bambini che frequentano la scuola materna parrocchiale, delle maestre, del personale e di molti volontari, è riuscito in un’impresa impossibile. Ieri mattina ha riaperto l’asilo che era stato allagato dall’esondazione del vicino torrente Rigossa. Un segno di speranza in un oceano di bisogni e per un futuro che qui rimane per molti ancora pieno di incognite.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

8xmille alla Chiesa cattolica: ecco come sostenere le opere per gli “ultimi”

Si celebra domani, domenica 7 maggio, la Giornata nazionale dell’8xmille alla Chiesa cattolica che quest’anno è accompagnata dallo slogan della nuova campagna appena lanciata dalla Cei: “Una firma che fa bene”. Il claim fa riferimento ai gesti di altruismo che non fanno sentire bene solo chi li riceve, ma anche chi li compie e che, attraverso la firma per l’8xmille alla Chiesa cattolica, possono moltiplicare la sensazione di benessere per migliaia di volte. “Firmare è importante perché permette di riscoprire i valori fondamentali dell’8xmille: il bene comune, la condivisione, la corresponsabilità, il sostegno economico delle Chiese nella loro missione – afferma il segretario Generale della Cei, mons. Giuseppe Baturi -. È fondamentale comprendere il significato che questo gesto rappresenta per tutti, credenti e non, in termini di solidarietà e democrazia. Destinare l’8xmille alla Chiesa cattolica è una scelta di libertà per lo Stato e non di convenienza economica. Con le risorse a disposizione si va incontro ai bisogni delle persone indigenti, dei migranti, di chi cerca una casa, di chi ha necessità di curarsi, dei più poveri, italiani e stranieri”.

Come firmare per l’8xmille alla Chiesa cattolica. Al contribuente la firma non costa nulla e possono apporla tutti coloro che concorrono al gettito Irpef: chi presenta il 730 o il Modello Redditi, ma anche chi dispone solamente del Modello Cu, perché possiede unicamente redditi di pensione, di lavoro dipendente o assimilati e non è obbligato a presentare la dichiarazione. Come è noto, la decisione di chi si esprime serve a stabilire la destinazione dell’intera quota da assegnare, supplendo dunque anche alla mancata espressione di una preferenza da parte di chi non firma.


Le opere finanziate dalla Chiesa cattolica nell’ultimo anno.
Nell’anno 2022 chi firma per la Chiesa cattolica ha contribuito a rendere possibile lo stanziamento di 150 milioni di euro per la carità delle diocesi italiane (mense, centri di ascolto, soccorso a disoccupati, vittime dell’usura, immigrati, emarginati, anziani abbandonati); 53 milioni di euro per altre esigenze di rilievo nazionale; 80 milioni per progetti di sviluppo e solidarietà nel Sud del mondo; 84 milioni per la manutenzione e il restauro delle chiese e 410 milioni per mantenere dignitosamente i circa 32.000 sacerdoti che operano nelle diocesi, 300 dei quali missionari fidei donum nei Paesi più poveri.
È possibile visionare un rendiconto dettagliato su www.8xmille.it oppure su https://rendiconto8xmille.chiesacattolica.it/.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Giornata di studi e consegna del Premio Davide Sampaolesi nella chiesa della SS. Trinità dei Pellegrini

Martedì 9 maggio, nella chiesa della SS. Trinità dei Pellegrini, in Via Portamedina, si terrà un convegno di studi nel ricordo di Davide Sampaolesi con inizio alle ore 9,30 e chiusura alle 17, promosso dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Napoli e dall’Augustissima Arciconfraternita della SS. Trinità dei Pellegrini e Convalescenti, in collaborazione con l’Università degli Studi di Napoli “Suor Orsola Benincasa” e l’Accademia di Belle Arti. Il convegno, a cura di Barbara Balbi e Raffaella Bosso, è parte del progetto “Incontro al Restauro” curato, a partire dal 2016, dai funzionari della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Napoli, finalizzato allo studio e alla divulgazione delle attività di restauro a Napoli e rivolto in particolare agli studenti universitari dei corsi di restauro, archeologia e storia dell’arte, ma anche a quanti siano interessati a seguire le attività di tutela e valorizzazione messe in atto dal Ministero della Cultura. L’iniziativa prevede una serie di eventi finalizzati alla diffusione della conoscenza ad un ampio pubblico dell’attività di recupero di beni archeologici, storico artistici e architettonici della città e alle tecniche conservative con cui tali interventi sono condotti. Il Dr. Luigi La Rocca, Direttore Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio del MIC introdurrà i lavori del convegno, ha precedentemente dichiarato: «Questo progetto rientra nel più ampio programma che coinvolge i partner per far conoscere la nostra attività per il recupero del nostro Patrimonio. L’attività di restauro va di pari passo con quella di ricerca, pertanto sono fondamentali i rapporti con le istituzioni, alle quali forniamo il know-how dei nostri Funzionari».
Nel corso della giornata storici dell’arte, archeologi, architetti e restauratori presenteranno alcuni lavori su beni artistici e archeologici progettati o conclusi nell’ultimo anno, tra cui le operazioni di restauro condotte nel complesso archeologico dei Cristallini, sulla facciata della chiesa di S. Filippo Neri ai Girolamini o sugli affreschi della Cappella Capece Minutolo nel Duomo di Napoli. Verrà dato inoltre spazio a progetti di sensibilizzazione e di educazione al rispetto del patrimonio culturale rivolti ai più giovani, come l’iniziativa #Iononimbratto, che ha coinvolto gli alunni di una scuola media di Pianura nella rimozione dai mausolei di epoca romana da scritte e graffiti lasciati sui monumenti storici da ignoti. Nel corso della giornata di studio sono previsti interventi di funzionari della Soprintendenza e professionisti del settore. Al termine della prima sessione verrà assegnato il Premio “Davide Sampaolesi” per la migliore tesi di laurea in restauro discussa a Napoli nell’anno accademico 2021/2022. Prima della proclamazione verrà proiettato in sala un video che illustrerà i lavori delle cinque tesi finaliste. Si tratta della seconda edizione del Premio promosso dai familiari del restauratore prematuramente scomparso.
Il programma integrale della giornata sarà pubblicato sul sito: www.sabap.na.it

Condividi questo articolo qui:

(Fonte: DeaNotizie – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Contaldo (presidente): “Un cammino nella Chiesa sinodale”

I sorrisi dei più piccoli, le mani alzate in segno di lode, l’emozione di poter rivivere, dopo gli anni bui del Covid, la bellezza del ritorno alle origini del Movimento. Così il popolo del Rinnovamento nello Spirito Santo, dal 22 al 25 aprile, alla Fiera di Rimini, con circa 7mila presenze e uno straordinario servizio reso dai volontari, ha vissuto la 45^ Convocazione Nazionale, arricchita da ospiti di rilievo, segnata da uno storico passaggio di consegne, ma caratterizzata, soprattutto, dal “pilastro” autentico che anima da sempre questa corrente di grazia: la preghiera e l’ascolto della Parola di Dio, segno fondante delle realtà dei circa 1700 Cenacoli, Gruppi e Comunità presenti in ogni parte d’Italia e anche all’estero. Un cammino sempre più impegnato nella Chiesa sinodale, una “storia d’amore”, quella del RnS, lunga oltre cinquant’anni, che a margine dell’evento oggi si racconta attraverso la voce del nuovo Presidente nazionale, Giuseppe Contaldo, tracciando un bilancio dell’evento e guardando alle prospettive future, a partire dai giovani.

(Foto Paolo Zunino e Antonella Di Coste)

È stata la prima Convocazione Nazionale da Presidente del RnS. Un ritorno “eccezionale” a Rimini, tre anni dopo le privazioni imposte dalla pandemia, secondo la formula tradizionale in presenza. La domanda è d’obbligo: con quali sentimenti ha vissuto queste giornate?
L’essere ritornati in presenza, soprattutto in un luogo storico come la Fiera che ha sempre ospitato e visto sorgere il Rinnovamento nello Spirito Santo e su cui, per ben quarantacinque anni, questa esperienza comunitaria si è focalizzata, suscita un sentimento di vera gratitudine al Signore. Con circa 7mila partecipanti, abbiamo vissuto una Convocazione, sotto l’aspetto spirituale, fortemente carismatica, segnata da tempi di preghiera straordinari e di meditazioni eccezionali, con relatori che ci hanno fatto ascoltare la Parola di Dio in un atteggiamento davvero profetico, proiettandoci, in comunione, nel pensiero della Chiesa, a conferma dell’unione del Rinnovamento con la Conferenza Episcopale Italiana. Abbiamo potuto godere della partecipazione di ospiti autorevoli, vedi, tra gli altri, mons. Josè Manuel Garza Madero, vescovo ausiliare di Monterrey, che ha fatto emergere l’autentica dimensione carismatica della fede, capace di animare le opere nella vita di ciascuno di noi. Così come il card. Tagle, pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, ci ha mostrato la bellezza di una Chiesa realmente missionaria ed evangelizzatrice.

Vogliamo vedere Gesù!” (Gv 12, 21): è Lui che passa beneficando e risanando” (At 10, 38). Il tema che ha guidato l’evento ci invita a riflettere sullo “sguardo” con cui continuare, come corrente di grazia, un cammino nel segno della sinodalità, come ha ricordato anche il cardinale Mario Grech che ha celebrato l’Eucaristia conclusiva…
Devo dire che la presenza del card. Grech è stata particolarmente significativa, essendo il  segretario generale del Sinodo un uomo di grande comunione e di apertura all’azione dello Spirito, dando un certo impulso alla forza del laicato. Da parte sua, abbiamo percepito l’attenzione di una Chiesa che invita questo stesso laicato a servire e anche una chiamata per ciascuno di noi, secondo diversi carismi, talenti e capacità, a collaborare nel bene e per la causa del Regno. Questa sinodalità rappresenta, di fatto, la bellezza di un annuncio che è rivolto a tutti, non solo ad alcune élite: è ciò che lo stesso Papa Francesco ci invita a fare. Se siamo aperti a una dinamica di ascolto e di cammino condiviso, allora costruiremo insieme una società più bella, una Chiesa più bella. Una vera “civiltà dell’amore”, come ebbe a definirla san Paolo VI.

Nel corso della quattro giorni, anche attraverso le liturgie penitenziali e il Roveto ardente, si sono vissuti momenti di intensa spiritualità ed è stata inoltre condivisa la Preghiera ecumenica per la pace nel mondo, alla luce dei conflitti che insanguinano i popoli, la terra ucraina in primis. Quale segnale è stato lanciato dal palco?
Queste quattro giornate, realizzate grazie anche al servizio insostituibile reso dai tanti volontari, hanno concretamente testimoniato la ripresa della spiritualità carismatica che appartiene alla vita dei Cenacoli, Gruppi e Comunità del RnS. In primo luogo, attraverso la Preghiera comunitaria, che ha inaugurato ogni sessione del mattino, a cui si è aggiunta poi l’esperienza portante del Roveto: un’esperienza che, anche quest’anno, ha toccato gli animi di tutti. A significare la nostra spiritualità è stata poi la liturgia penitenziale, anch’essa tipica delle nostre realtà sul territorio, con la presenza di numerosissimi sacerdoti che hanno affiancato il Sacramento della riconciliazione. Attraverso questi momenti di spiritualità pura, che segnavano l’inizio del cammino dei nostri Gruppi, abbiamo potuto attingere nuovamente alle “sorgenti” del Rinnovamento nello Spirito. Ad aggiungersi a tutto ciò, la Preghiera per la pace nel mondo, richiamando l’invito del Santo Padre ad un ecumenismo spirituale. Unendo più espressioni della fede, abbiamo dunque espresso un grido di pace in questo tempo in cui l’umanità si affaccia al mondo ferita non solo dal conflitto in Ucraina, ma anche da tanti altri focolai di guerra. Dal palco, insieme, è stato lanciato un messaggio chiaro: se si prega intensamente per la pace, essa può arrivare per davvero al cuore degli uomini.

Alla presenza del Presidente della CEI, card. Matteo Zuppi, è avvenuto inoltre il passaggio di consegne ufficiale dal Comitato Nazionale di Servizio uscente al nuovo. Quali prospettive e impegni attendono la vita del Rinnovamento nei mesi a venire?
Domenica 23 aprile abbiamo condiviso un passaggio storico. C’è una responsabilità che ora interpella gli Organismi di servizio non solo a livello nazionale, ma nei livelli locali: a breve, infatti, dopo i Consigli regionali sono previsti i rinnovi dei Coordinatori nelle regioni e nelle diocesi italiane. Il 17 e 18 giugno, inoltre, a Roma è in programma l’insediamento del nuovo Consiglio Nazionale del RnS. L’attenzione pastorale sarà notevole e vorremmo sentirci accompagnati dalla Chiesa. Anche i Cenacoli, Gruppi e Comunità, in autunno, rinnoveranno poi i propri Pastorali di servizio: il “fulcro” del Rinnovamento, ricordiamolo, è proprio lì dove, prima di tutto, si manifesta Cristo. Nel frattempo, ci attende un’estate densa di appuntamenti formativi e di eventi comunitari coinvolgenti.

Un’ultima battuta sui bambini e i giovani, anche loro “protagonisti” alla 45^ Convocazione nei Meeting a loro dedicati, all’Adorazione eucaristica e nel servizio. Il Rinnovamento punta sulle future generazioni?
Ho fortemente desiderato incontrare i piccoli, gli adolescenti e la gioventù convenuti a Rimini, e mi sono sentito accolto dalla loro semplicità disarmante e da un amore indescrivibile. Ho avuto inoltre modo di “incrociare” lo sguardo dei ragazzi, constatando che è bellissimo il loro desiderio di mettersi al servizio di Dio, della Chiesa, dell’uomo. Un pensiero anche al “Gruppo Alpha”, che predispone tutto ciò che occorre per allestire le celebrazioni previste dal programma: ho trovato giovani incredibili, “portatori di Gesù” che preparano la via prima che il Signore arrivi. Questa Chiesa giovane, che è nella mani di Dio, se posta in un’ottica di impegno e di fraternità, ci donerà generazioni speciali in grado di proseguire questa storia d’amore che è il Rinnovamento nello Spirito.

 

 

 

 

 

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

8xmille alla Chiesa cattolica: on air dal 2 maggio la nuova campagna Cei

Dalla Casa della Carità, che a Seregno offre ospitalità ai più fragili senza fissa dimora, alla mensa delle parrocchie solidali di Brindisi, mano tesa rivolta a quanti sono a rischio di esclusione sociale. Dalla Casa Santa Elisabetta, un condominio solidale nel cuore di Verona per donne sole con minori, ad Opera Seme Farm, una filiera etica che, nel Salento, promuove i prodotti del territorio generando valore e occupazione. Da questi luoghi viene lanciato un messaggio chiaro: “Se fare un gesto d’amore ti fa sentire bene, immagina farne migliaia”. Si tratta del claim della nuova campagna di comunicazione dell’8xmille della Conferenza episcopale italiana, che mette in evidenza il significato profondo di un semplice gesto che permette ogni anno la realizzazione di migliaia di progetti in Italia e nei Paesi in via di sviluppo.
La campagna, on air dal 2 maggio, mette inoltre in luce la relazione forte e significativa tra la vita quotidiana dei cittadini e le opere della Chiesa, attraverso la metafora dei “gesti d’amore”: piccoli o grandi gesti di altruismo che capita di fare nella vita e che non fanno sentire bene solo chi li riceve, ma anche chi li compie.

Un gesto d’amore che si moltiplica. Il messaggio che la campagna intende diffondere è che, attraverso la firma dell’8xmille alla Chiesa cattolica, è possibile moltiplicare la sensazione di benessere che si prova quando si compie un gesto d’amore. Come fa la Chiesa ogni giorno con i suoi interventi arrivando capillarmente sul territorio a sostenere e aiutare chi ne ha più bisogno: poveri, senzatetto, immigrati, ma anche italiani che attraversano momenti di difficoltà. “L’obiettivo della campagna 2023 – afferma il responsabile del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica, Massimo Monzio Compagnoni – è far comprendere il valore di un gesto molto semplice come una firma, abbinandolo a momenti della vita di tutti i giorni. Gli spot ruotano intorno al concetto del ‘sentirsi bene’ prendendosi cura del prossimo grazie ad un’opzione, nella propria dichiarazione dei redditi, che si traduce in migliaia di progetti”.

“Chi firma è protagonista di un cambiamento ed è autore di una scelta solidale, frutto di una decisione consapevole, da rinnovare ogni anno”.

“In ogni iniziativa le risorse economiche sono messe a frutto da sacerdoti, suore, operatori e dai tantissimi volontari che, con le nostre firme, sono il vero motore dei progetti realizzati”.

Otto storie di speranze e coraggio. Nella campagna 2023 la Chiesa si racconta attraverso otto storie di speranza e di coraggio. Spot non più generici, come nel passato, ma pensati per altrettanti target di pubblico. Che mettono in luce il valore della gratuità e gli sforzi di una Chiesa in uscita, che si prende costantemente cura dei più deboli, donando opportunità e fiducia, intervenendo con discrezione e rispetto, operando con creatività e positività. I video sono stati girati in luoghi simbolo, che rispecchiano proprio questi valori. Un esempio è il Centro di ascolto diocesano di Albano, un luogo accogliente e familiare per chi ha bisogno di assistenza alimentare e non solo. Farsi prossimo con l’accoglienza ed il primo soccorso è la mission del progetto “Un popolo per tutti” che, a Roccella Jonica, rappresenta un approdo sicuro per i migranti in fuga e in cerca di un futuro migliore. Grazie alle firme, ogni anno, vengono restituiti a fedeli e visitatori molti tesori dimenticati. Come ad Ancona dove la chiesa di Santa Maria della Piazza, gioiello romanico, è sottoposta ad un intervento di restauro conservativo per continuare a tramandare arte e fede alle generazioni future.

(Ph. 8xmille)

Dopo gli anni difficili della pandemia la campagna, quest’anno, vola all’estero per documentare come a Tosamaganga, in Tanzania, con il supporto delle firme la speranza sia giunta in aula e in corsia. Qui i medici del Cuamm, la prima organizzazione italiana per la promozione e la tutela della salute delle popolazioni africane, sono presenti da oltre 50 anni e si prendono cura delle persone più vulnerabili, soprattutto delle mamme e dei bambini, fin dai primi attimi di vita.

La campagna on air. La nuova campagna 8xmille è ideata dall’agenzia Wunderman Thompson Italia che si è aggiudicata la gara indetta dal Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica: creatività di Massimiliano Traschitti e Antonio Codina, regia di Edoardo Lugari. Le foto sono di Francesco Zizola. La casa di produzione è Casta Diva/Masi Film. Sarà pianificata su tv e web con due spot da 30” e otto da 15” dedicati a diversi target. Inoltre, la campagna si svilupperà su stampa, affissione e radio.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)