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Corruzione in Liguria, Riesi e i dossier nel cassetto: “Spostano voti da sempre”

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IL CASO GENOVA

Corruzione in Liguria, Riesi e i dossier nel cassetto: “Spostano voti da sempre”

INFILTRAZIONI – Tra sindacato e partiti, viaggio nel quartiere Certosa, enclave della comunità siciliana finita nell’inchiesta sulla Liguria

DI PIETRO BARABINO E VINCENZO BISBIGLIA 

20 MAGGIO 2024

“È da quando sono bambino, dagli anni ‘60, che è noto che qui ci sono delle famiglie un po’ così… che spostano i voti. L’hanno fatto sempre, con tutti. Poi vai da loro e ti dicono ‘niente sacciu’. E invece ne sanno… ne sanno…”. Non c’è stupore, nella piazzetta del quartiere Certosa di Genova, per quanto emerso dall’inchiesta che ha sconvolto la Regione Liguria.

La “piccola Riesi” negli atti è definita il “quartier generale” della comunità originaria del piccolo centro in provincia di Caltanissetta. Da questo fazzoletto di città, secondo i pm genovesi, alle elezioni regionali liguri del 2020 sarebbero partiti, veicolati da persone contigue a Cosa Nostra, almeno 400 voti finiti ai consiglieri di punta della lista che portava il nome del governatore Giovanni Toti (al quale non sono contestate aggravanti mafiosa) in cambio della promessa di posti di lavoro.

Certosa non è una periferia degradata. È un quartiere semplice di gente comune, certo, ma la percezione non è quella dei feudi dei clan di Napoli nord o di Roma est. Il nuovo Viadotto San Giorgio, il ponte autostradale che nel 2020 ha sostituito il Morandi, accoglie gli avventori da sud. Poche centinaia di metri più avanti, svoltando a sinistra, una lunga stradina – via Certosa – costeggia le tipiche case popolari tutte uguali, dove tra i murali spicca quello dedicato a Paolo Villaggio. “Quella via è tutta di Riesi – racconta un uomo anziano al bar, uno dei pochi che ha ancora voglia di parlare con i cronisti – I voti li davano a tutti. E poi attaccavano i manifesti. Questo era un feudo del Partito Comunista”. “I riesini sono brave persone – dice un altro – gente che lavora, che si è spaccata la schiena per dare un futuro ai figli. Ma insieme a loro ci sono quelli più ‘loschi’: hanno ricreato le dinamiche tipiche della loro terra”.

Per i pm, a far da collante con la Lista Toti c’erano due sindacalisti residenti a Bergamo: Arturo e Maurizio Testa. Ma ad agire sul territorio, sempre secondo i magistrati, era Umberto Lo Grasso, 62 anni, anche lui riesino, detto “Il Pupillo”: ex consigliere municipale, è accusato di favoreggiamento per aver avvertito i Testa dicendo loro di “non parlare al telefono” perché “stanno indagando di tutta sta faccenda”.

LEGGI – Riesini, da Caltanissetta fino alla Lanterna di Genova: i “fratelli terribili” nei pizzini mafiosi

Lo Grasso, a Certosa, lo conoscono tutti. “Ha lavorato una vita come cassiere al supermercato”, raccontano. Il casellario giudiziario allegato agli atti indica “nulla”, ma la Guardia di Finanza ha inserito nell’informativa un articolo di primocanale.it del 2015, dove si parla di una condanna a 9 mesi per firme false alle Primarie del Pd del 2010.

Ci sono altri episodi in cui si sono registrati spostamenti di voti “anomali”. Il 15 marzo 2007, ad esempio, l’allora candidata del Pd, Marta Vincenzi (estranea all’inchiesta) firmava una lettera di ringraziamenti destinata all’associazione di riesini a Genova: “Vi mando un caloroso augurio per la buona riuscita del vostro incontro”.

Enrico D’Agostino, presidente del Comitato Liberi Cittadini di Certosa e anima della Casa della Legalità, ci riceve nel suo ufficio dove spicca un poster con il volto di Peppino Impastato, a cui è dedicato anche un parco poco distante. A proposito di Lo Grasso, D’Agostino racconta un episodio che pare sia entrato negli annali: “Nel 1990 ero segretario della sezione locale del Partito Socialista – ricorda – Si presentò questo Lo Grasso con 100 firme pronto a sottoscrivere altrettante tessere. Io chiamai subito Ugo Intini (parlamentare genovese, all’epoca uomo di fiducia di Bettino Craxi, ndr) che mi disse di fermare tutto. Qualche settimana dopo, molti di quelli me li ritrovai iscritti attraverso un’altra sezione”.

In questa zona opera anche Venanzio Maurici. Sindacalista Cgil, cognato di Francesco Cammarata, quest’ultimo “indicato da un collaboratore di giustizia quale elemento apicale del mandamento di Genova della famiglia di Riesi”, si legge negli atti dell’inchiesta. Maurici, per i pm, è il “referente” delle persone cui assegnare i posti di lavoro promessi (tra cui il genero). “Questa inchiesta è surreale, smentisco di avere aiutato Toti, un’accusa infamante”, ha detto giorni fa all’uscita dalla Procura di Genova dove è stato interrogato (ma si è avvalso della facoltà di non rispondere). Sospeso dal segretario Cgil Maurizio Landini, in realtà da anni il sindacato è a conoscenza della posizione di Maurici. “La prima segnalazione la feci nel 2005, ma non sortì effetti rilevanti”, racconta ancora D’Agostino.

“Negli anni abbiamo inviato centinaia di pagine di memorie, fotografie e video alla Commissione parlamentare Antimafia”, racconta Christian Abbondanza, blogger e presidente della Casa della Legalità, che aggiunge: “Tutto ora sta venendo a galla”. Proprio quei dossier hanno aiutato i pm per documentare la parte dell’inchiesta relativa al sistema dei riesini di Genova.

FONTE:

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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