Un anno e mezzo di pressioni, ostacoli, veti. L’Eurocamera approva il nuovo Regolamento su imballaggi e rifiuti da imballaggio (Ppwr): 476 voti favorevoli, 129 contrari (tra cui quelli italiani della Lega che ha continuato a votare contro fino alla fine) e 24 astensioni. Il testo è frutto dell’accordo provvisorio raggiunto a marzo 2023 con il Consiglio Ue, dal quale è atteso ora per la ratifica definitiva, prima che venga pubblicato sulla Gazzetta ufficiale Ue ed entri in vigore. Indebolito rispetto alle ambizioni iniziali, resta comunque una svolta decisiva. Tra le altre cose, vengono fissati obiettivi di riduzione dei rifiuti da imballaggio (5% entro il 2030, 10% entro il 2035 e 15% entro il 2040, rispetto alle quantità del 2018) e si impone ai paesi dell’Ue di ridurre, in particolare, la quantità di rifiuti di imballaggio in plastica. “Per la prima volta in una legge ambientale l’Ue sta fissando obiettivi per ridurre gli imballaggi, indipendentemente dal materiale utilizzato” ha spiegato la relatrice, la belga Frédérique Ries (Renew), chiedendo “a tutti i settori industriali, ai paesi dell’Ue e ai consumatori di fare la loro parte nella lotta contro gli imballaggi in eccesso”. Il riferimento ai settori industriali non è casuale, perché il ruolo delle lobby è stato cruciale, soprattutto per alcuni Paesi, Italia in primis. E non ha avuto impatto solo sui voti della Lega, anche se il Carroccio si è opposto al nuovo regolamento fino alla fine.

Un anno e mezzo di pressioni – Momento emblematico dell’iter del regolamento è stata la stessa presentazione della proposta da parte della Commissione Ue, a novembre 2022, quando l’allora vicepresidente con delega al Green Deal, Frans Timmermans, annunciò che avrebbe detto qualcosa in italiano, facendo intendere da quale Paese fossero arrivate le pressioni maggiori. “Riciclo e riutilizzo non sono in competizione”, anche se “non tutte le pratiche di riciclo funzionano veramente bene” e “il riutilizzo ha benefici ambientali maggiori del monouso” spiegò. Queste le premesse che hanno anticipato la battaglia ‘sul campo’. Un anno dopo, a novembre 2023, l’Europarlamento ha approvato la sua posizione negoziale in vista del trilogo con il Consiglio Ue e la Commissione e lo ha fatto a larga maggioranza, annacquando il testo e svuotandolo di diverse misure rispetto a quelle proposte da Bruxelles. Hanno votato a favore Pd, M5s e anche gran parte di Forza Italia, mentre Lega e Fdi hanno votato contro, nonostante si trattasse di un testo ammorbidito, sotto le pressioni dell’industria. Il risultato? Circa duemila emendamenti tra Commissioni e plenaria.

Le posizioni della politica – In quella occasione, i pentastellati hanno accusato anche il Partito Democratico, reo di aver contribuito all’annacquamento e di esprimere al Parlamento europeo, sulle tematiche ambientali, “le stesse posizioni di Fratelli d’Italia e Forza Italia”. Negli stessi giorni, infatti, c’era stato il voto dem per includere il nucleare fra le tecnologie a zero emissioni. Un mese dopo la votazione all’Europarlamento sul regolamento imballaggi, la posizione ufficiale adottata a dicembre 2023 dal Consiglio Ue è stata, per diversi aspetti, più ambiziosa. Ma l’Italia è stato l’unico Paese a opporsi. Poi l’accordo di marzo 2024, che ha convinto solo a metà il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin (“c’è ancora da lavorare sui divieti per alcuni imballaggi monouso” ha commentato). In queste ore, lo step finale di un lungo e travagliato percorso. “L’accordo finale è decisamente migliore rispetto alla posizione negoziale del Parlamento europeo fortemente condizionata dalle lobby. Il monouso – commenta Maria Angela Danzì, europarlamentare del M5S – viene confermato e la plastica sotto 1,5 chilogrammi bandita per certi prodotti di frutta e verdura. Avremmo voluto obblighi più cogenti sul riuso, ma comunque gli obiettivi sono condivisibili. Adesso il governo italiano faccia la sua parte”.

Obiettivi di riduzione e divieti – Di fatto, dal 1 gennaio 2030, saranno vietati alcuni formati di imballaggi in plastica monouso, come quelli per frutta e verdura fresca non trasformata sotto 1,5 chilogrammi o per bevande e alimenti consumati in bar e ristoranti, ma anche per porzioni individuali (ad esempio condimenti, salse, panna da caffè, zucchero), confezioni in miniatura utilizzare per i prodotti da toilette negli alberghi e la pellicola termoretraibile per le valigie negli aeroporti. “Sulla direttiva c’è stato un grande lavoro di tutto il sistema Italia” ha commentato il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini, che resta critico sul “divieto di utilizzo degli imballaggi monouso in plastica per frutta e verdura sotto 1,5 chilogrammi” che non supporterebbe il settore “né sul fronte delle spese, né sulla garanzia di una migliore conservazione del prodotto, oltre che rispetto all’obiettivo del contrasto allo spreco alimentare”. Saranno, inoltre, vietate le borse di plastica molto leggere (sotto i 15 micron), a meno che non siano necessarie per motivi igienici o fornite come imballaggio primario per alimenti sfusi per aiutare a prevenire gli sprechi alimentari. Per limitare gli sprechi, inoltre, è stata stabilita una proporzione massima di spazio vuoto del 50% che si applicherà agli imballaggi multipli e a quelli per il trasporto e per il commercio elettronico. In aggiunta, fabbricanti e importatori dovranno garantire che il peso e il volume degli imballaggi siano ridotti al minimo. Non sono vietati gli imballaggi per il take away, quelli di carta monouso nei locali con una componente in plastica inferiore al 5% del peso totale e neppure l’insalata lavata e tagliata pronta in busta, se “è dimostrato il bisogno di evitare spreco di acqua, di freschezza” o esistono “rischi microbiologici e di ossidazione” e in altre situazioni si questo tipo. Esentati anche gli imballaggi compostabili se raccolti e smaltiti, così come richiesto dall’Italia e quelli compositi, in plastica e carta. Il testo vieta l’utilizzo dei cosiddetti “inquinanti eterni“, ovvero le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), al di sopra di determinate soglie negli imballaggi a contatto con prodotti alimentari.

Riciclo, riutilizzo (e deroghe) – Si confermano obiettivi minimi di contenuto riciclato per tutte le parti degli imballaggi in plastica e obiettivi minimi di riciclaggio in base al peso dei rifiuti di imballaggio generati. Sono previsti obiettivi di riutilizzo specifici da raggiungere entro il 2030 per imballaggi di bevande alcoliche e analcoliche (ad eccezione, tra gli altri, di latte, vino, anche aromatizzato, e superalcolici), imballaggi multipli e imballaggi per la vendita e per il trasporto. Il target di riuso degli imballaggi per bevande entro il 2030 è di almeno il 10%, ma gli Stati membri potranno concedere una deroga di cinque anni se verrà superato del 5% l’obiettivo fissato al 2025 sul riciclaggio. I distributori finali di bevande e cibi da asporto nel settore dei servizi di ristorazione dovrebbero essere obbligati a offrire ai consumatori la possibilità di portare il proprio contenitore e impegnarsi a offrire il 10% dei prodotti in un formato di imballaggio riutilizzabile entro il 2030. Entro il 2029, il 90% dei contenitori in metallo e plastica monouso per bevande fino a tre litri dovranno essere raccolti separatamente mediante sistemi di deposito cauzionale e restituzione o altre soluzioni che consentano di raggiungere l’obiettivo di raccolta. Per il Sistema di Deposito Cauzionale si prevede un’esenzione temporanea fino al 2026 per gli Stati membri con un tasso di raccolta differenziata superiore al 78%. Sono sedici, ad oggi, i Paesi Membri che hanno un Drs e tra due anni saranno 20. Nei giorni scorsi, la Campagna ‘A buon rendere’ ha pubblicato il documentario “Chiudere il cerchio: alla scoperta del sistema di deposito slovacco”. Per rispondere alle obiezioni e ai falsi miti circolati in Italia, i promotori della campagna si sono recati in Slovacchia per farsi raccontare come funziona il sistema da produttori e rivenditori di bevande che, attraverso un’organizzazione non profit, gestiscono e finanziano il sistema di deposito.