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Attualità

Maltrattamenti, l’ex marito risarcisce perché la moglie ha «vissuto dieci anni di terrore»

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Il marito risarcisce la ex perché le ha fatto vivere «dieci anni di terrore». Non conta che la sentenza che dichiara l’uomo colpevole di maltrattamenti contenga una generica condanna al ristoro dei danni perché la pronuncia del Giudice penale, una volta divenuta irrevocabile, preclude ogni valutazione sulla responsabilità di fronte al Giudice civile. Né rileva che il Giudice del Tribunale penale di Taranto (sent. 1078/2009) nel rinviare al collega civile osservi che non sia stata raggiunta in quella sede la piena prova dei danni subiti perché sul punto non si pronuncia con efficacia di giudicato. È quanto emerge dall’ordinanza pubblicata il 10 novembre 2023 dalla terza Sezione civile della Cassazione. Diventa definitiva la condanna inflitta dalla Corte d’Appello di Lecce a risarcire 50 mila euro alla moglie, vittima del reato di lesione personale. Non giova all’uomo lamentare che il giudicato formatosi sulla sentenza penale si sarebbe formato sul fatto-reato e non sul danno subito dalla vittima. Investito della domanda di risarcimento del danno da reato, il Giudice civile ben può utilizzare le prove raccolte in un giudizio penale definito con sentenza passata in giudicato. Il tutto senza averne l’obbligo e come fonte del proprio convincimento, in modo da fondare la propria decisione su elementi e circostanze già acquisiti con le garanzie di legge nel precedente giudizio: il Magistrato civile deve dunque procedere alla con pienezza di cognizione così da accertare i fatti materiali all’esito del proprio vaglio critico. Ad avviso del Collegio di legittimità, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, Presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno ricordato che “È escluso l’obbligo di rinnovare l’istruttoria prescritto dalla Corte europea dei diritti umani soltanto nel penale quando si vuole riformare l’assoluzione pronunciata in primo grado secondo la regola di giudizio «al di là di ogni ragionevole dubbio». Nel giudizio risarcitorio civile, che verte invece sul nesso causale fra la condotta illecita e il danno, vale la diversa regola probatoria del «più probabile che non». E «l’evidente gravità» delle condotte dell’uomo consentono di presumere la «notevolissima sofferenza morale», oltre che fisica, della donna, che in una lite riporta la frattura del setto nasale. I «dieci anni di terrore» non sono «frutto dell’inventiva del Tribunale» ma un’«immagine icastica» del «lunghissimo periodo di condotte delittuose» dell’uomo”.

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(Fonte: DeaNotizie – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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