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Per il Tg1 e Tg2 delle ore 20 – 700mila spettatori/ tg pieni di cazzate: spettacoli, cantanti, mare, villeggiatura, canzoni, artisti, gossip, previsioni metereologiche, traffico, Lollobrigida, divorzi, politica cialtrona e parolaia: UNA ITALIA TUTTO BENE

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Dai tg ai programmi: la Rai targata Meloni colleziona solo fiaschi

GLI ASCOLTI DEL “NUOVO CORSO” – Alla prova dei numeri. Pino Insegno, Balivo&C. Le novità di stagione partono malissimo. Per il Tg1 e Tg2 delle ore 20 – 700mila spettatori

DI MASSIMO SCAGLIONI

28 SETTEMBRE 2023

Non poteva cominciare sotto peggiori auspici la stagione della “nuova Rai”. Editorialmente parlando, tutto quel che c’è di nuovo sembra segnato da una cattiva stella, la “luna nera” degli ascolti. A partire dai “rinnovati” notiziari tradizionalmente più seguiti, ora sintonizzati con la linea governista (ovvero: minimizzare i problemi e le crisi, e aumentare lo spazio delle light news, fra il costume e la curiosità): Tg1 e Tg2 della sera, assieme, sono quelli che al momento più soffrono. Avevano già perso terreno durante l’estate, ma i dati di settembre (elaborazione su base Auditel) sono una doccia fredda che non può che preoccupare i dirigenti del servizio pubblico.

Sono quasi 700 mila gli spettatori persi dalle due principali testate fra l’1 e il 25 settembre. Il Tg1 delle 20 passa da 4.524.000 spettatori medi (settembre 2022) a 4.064.000 spettatori medi, con un calo secco di quasi mezzo milione di persone da un anno all’altro. Ma ancor peggio, in realtà, fa il Tg2, passando da 1.305.000 spettatori medi (2022, medesimo periodo) a 1.104.000 telespettatori, con un calo di più di 200 mila individui. Trattandosi di un ascolto più piccolo di quello del Tg1, il tonfo è più significativo: il 15% della platea del secondo notiziario lo ha abbandonato.

Questi dati così preoccupanti sono ancora più rilevanti se si pensa a un fattore di contesto: ovvero al fatto che la platea complessiva della televisione, in questa ripartenza settembrina, pare praticamente identica a quella dello scorso anno. Nel prime time, per esempio, il confronto con lo scorso anno segna un dato di forte tenuta del mezzo televisivo, nonostante la bella stagione che perdura: solo lo 0,5% di spettatori in meno rispetto allo scorso settembre. E infatti c’è chi, dalla fuga dai Tg Rai, sembra avvantaggiarsi: alle otto della sera, Enrico Mentana raccoglie per il suo Tg La7 oltre 130 mila spettatori in più, sempre rispetto allo scorso anno.

Ma non è solo questione di tg, che pure sono un capitolo importante per un servizio pubblico che dedica grandi sforzi e risorse proprio alle news (con oltre duemila giornalisti impiegati). La regola per decrittare l’andamento attuale della Rai è abbastanza semplice: a “tirare la carretta”, mantenendo tutto sommato ascolti buoni per le principali reti generaliste, sono le trasmissioni più consolidate. Tutto ciò che è frutto della “nuova linea editoriale” sembra affrontare difficoltà importanti, compromettendo il buon esito di alcune fasce del palinsesto. Peraltro i simboli, si sa, sono importanti: Pino Insegno, col suo Mercante in fiera, prometteva di rivitalizzare proprio la fascia di Rai2 che precede il Tg, con una striscia di 35 minuti contemporanea al Tg1. E possiamo dire che non è il “mercante” Insegno responsabile del calo del telegiornale di Rai1, visto che il programma è partito con un terribile 3,4% di share il primo giorno (638 mila spettatori), per poi affondare sotto il 2% il secondo giorno (364 mila spettatori medi). Insomma, un vero disastro. Rai2, poi, è per mandato la rete che dovrebbe avvicinare il pubblico più giovane. Ovviamente i due terzi degli spettatori che seguono Insegno hanno più di 55 anni, quasi la metà ha più di 65 anni. L’anno scorso, nella stessa fascia, la replica del telefilm Blue Bloods andava (parecchio) meglio.

E vogliamo parlare del ritorno di Caterina Balivo su Rai1, col suo La volta buona sbarcato l’11 settembre subito dopo il Tg1 delle 13:30? La giornata scelta per la partenza non è stata particolarmente fausta, e l’ascolto si è attestato a 1,2 milioni di spettatori medi, per uno share del 12,6%. Lo scorso anno, Serena Bortone, con Oggi è un altro giorno, stava sopra di circa 400 mila spettatori (16,6% di share). Insomma, il cambio è costato alla Rai la perdita di quattro punti di share.

Fra le novità dell’anno sulla “rete dell’intrattenimento leggero”, ovvero Rai2, anche Fake Show, condotto da Max Giusti. La prima puntata ha esordito con un misero 3,6% (580 mila spettatori), poco, troppo poco. Il “buco” della domenica sera – quello creato dall’uscita di Fabio Fazio dalla Rai – è stato coperto, se così si può dire, con Il provinciale, col volto di Federico Quaranta: media del 4% (671 mila spettatori) in due puntate. Qui il confronto con Fazio non ha nemmeno senso. Sempre su Rai3, ma al mattino, la nuova Agorà lascia sul terreno 1 punto di share rispetto allo scorso anno (ora al 4,2%, per 180 mila spettatori).

Facciamo la controprova: cosa continua a funzionare bene in Rai, assicurando ai canali del servizio pubblico di non perdere terreno a settembre? A parte il calcio, che è sempre una grande ancora di salvezza per le reti (in particolare il Campionato europeo, con l’Italia in campo), ovviamente la fiction, vera isola di perdurante popolarità (Imma Tataranni è partita oltre il 27% di share), anche in replica (il solito Montalbano), e i consolidati titoli di intrattenimento, a cominciare dalle colonne dell’access prime time (Affari tuoi). Questa settimana è poi partito con grande sprint Belve di Francesca Fagnani, con una prima serata per 1,6 milioni spettatori medi, e il record del 10% per Rai2 (pur in una serata piuttosto scarica in termini di contro-programmazione).

Insomma, una cappa di negatività sembra essersi addensata sulla “nuova linea editoriale”, con la “vecchia” che invece regge bene. In realtà, dietro a questi dati, ci sono gli ormai consolidati e risaputi problemi del servizio pubblico: una riforma – quella che ha introdotto le “direzioni verticali” per generi – che non funziona. E non poteva funzionare nemmeno sulla carta, se non messa al servizio di un coordinamento editoriale forte. E poi il peccato originale, quello che impedisce da decenni alla Rai di allinearsi a standard di buona gestione aziendale (che pure caratterizza alcune isole, come il digital e Raiplay, o la fiction): l’invadenza ossessiva della politica, con le sue ossessioni per le “nuove narrazioni” e la volontà di costruire una “nuova egemonia”.

FONTE:

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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