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*Distinti e distanti* di Vincenzo D’Anna

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*Distinti e distanti* di   Vincenzo D’Anna*

Una delle più solenni dichiarazioni del premier Giorgia Meloni è stata la seguente: “non disturbare chi ha voglia di fare”. Tuttavia così, finora, non è stato dal momento che una serie di provvedimenti del governo ha ostacolato, complicato e reso più difficile la “libera iniziativa”. Un’inclinazione figlia della radicata ed ambigua mentalità che spinge chi ci governa a dichiararsi liberale la mattina e statalista la sera. Fatte salve le buone intenzioni dell’esecutivo insediatosi di recente alla guida del Paese, complici gli eterni apparati burocratici, l’elefantiasi dei ministeri e quella della burocrazia ad essi collegata, non è cambiato pressoché niente in materia di politica economica. Niente che lasci presagire un mutamento di rotta verso sponde liberali e liberiste. Insomma quello che si temeva va prendendo, via via, forma e sostanza ed il governo con a capo la leader della destra italiana, immune dalla responsabilità di aver già governato in passato, si avvia a ricalcare le orme dei suoi predecessori con scelte economiche che fanno accrescere la centralità degli interessi pubblici, ossia dei monopoli statali, ripiani a piè di lista dei debiti delle aziende di Stato, ed al contempo penalizzano l’iniziativa privata. Il nodo scorsoio che impicca la libera iniziativa nello Stivale è stato costruito con la corda di norme restrittive, divieti, procedure complesse, iper tassazione degli utili prodotti e finanche con la pretesa iper statalista di definire, fuori dalla logica del libero mercato di concorrenza, quali siano i margini di profitto “normali” e quali quelli extra da sottoporre ad ultronea stangata. In parole povere: il governo pretende di inserirsi, con limiti e deterrenti, nella contrattazione tra privati, nel libero gioco tra domanda ed offerta. Ne discende che tale interferenza allontana l’afflusso di capitali e frena gli investimenti privati, nazionali ed esteri, mandando in corto circuito il mercato stesso. Un ben triste copione “assecondato” da un popolo che poco si cura della politica ed ancor meno dell’economia. Un popolo che appare scaltro quando deve evitare di pagare le tasse nonché chiedere prebende, benefici ed agevolazioni allo stesso Stato che poco prima ha fregato. Scarsa è anche la generale consapevolezza del cittadino sul diritto di proprietà considerato di seconda categoria rispetto al salario oppure alla pensione. Ne deriva che ogni provvedimento lesivo di quel basilare diritto suscita molto meno scalpore rispetto a quelli che incidono su stipendi ed assistenza. Un esempio viene dal caro carburante e dalla giusta protesta sul prezzo di gasolio e benzina gravato dalle accise statali che valgono, da sole, la metà del prezzo pagato al distributore. Ebbene, a cosa abbiamo assistito? A molte proteste sulla mancata riduzione delle accise e poco o niente sull’iniqua ed illegittima tassa di possesso di un autovettura o di simili fattispecie! Identico discorso per la tassa sulla casa per la quale il cittadino ha già pagato oneri salati allo Stato. Lo stesso dicasi sugli affitti brevi e sulla loro liberalizzazione per far calare – nel gioco della domanda e dell’offerta – i loro importi. In questo caso il governo studia norme e vincoli, procedure ostative per irregimentare (extra mercato) i limiti della contrattazione tra proprietari ed inquilini , quando invece basterebbe uno sgravio fiscale ai proprietari come incentivo per chi aderisce a tale tipologia di affitto (pensiamo agli studenti o agli impiegati fuori sede). Degli extra profitti tassati, del paybeck (restituzione dei pagamenti ricevuti contrattualmente dai fornitori di beni e servizi perché lo Stato…non ha soldi!!) e del NPL (prestiti deteriorati e non esigibili da cedere a compratori) i cui ambiti di profitto sono stati imposti dagli apparati pubblici, abbiamo già detto in articoli precedenti. Insomma: non c’è ambito del libero mercato nel quale non si registri l’intervento pubblico che piomba sulla regole della libera contrattazione, imponendo il proprio punto di vista sulla redditività delle iniziative e la solita ulteriore tassazione. Insomma: ci troviamo al cospetto di uno Stato che munge continuamente i contribuenti! Quel che è peggio, però, è che questo stesso Stato vuole interferire, come padre padrone, anche nella vita e nelle attività economiche dei medesimi. A questo punto la domanda sorge spontanea: in cosa si distingue la politica economica del governo della destra rispetto a quello della sinistra, se si ripete l’antico e consolidato modus operandi in campo economico? Certo vi sono segnali diversi , in altri settori legislativi, ma riguardano aspetti meno determinanti per la vita del Paese, sulla ricchezza, l’occupazione ed il benessere diffuso, tipico del sistema liberal-liberista. Insomma: la sensazione è che Giorgia non inciderà su questi aspetti e che il cittadino sarà ancora una volta considerato come distinto e distante dallo Stato. Un suddito da controllare, gestire e spremere con le tasse.

*già parlamentare

FONTE:

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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