Roccamonfina- “Fina, storia di un multiverso” l’ultimo avvincente romanzo di Emilia Prata
Nella caldera del vulcano spento di Roccamonfina, nella rigogliosa piazza Nicola Amore, abbiamo incontrato la scrittrice, nonché Docente di Lettere e rinomata archeologa Emilia Prata, per scoprire indiscrezioni sul suo ultimo libro che ha per titolo “Fina, storia di un multiverso”. Nel romanzo, appena pubblicato, si parla di incontri con donne di epoche passate in un multiverso in cui Fina, la protagonista del romanzo, si ritrova tra perdite di coscienza, voglia di conoscere realtà del passato e necessità di un autentico confronto con figure femminili del tempo. Chiaro è l’intento della scrittrice di entrare in contatto con le antiche civiltà che hanno fatto la storia, attraverso un mondo tutto femminile, che inevitabilmente lascerà il segno nella vita della giovane e singolare archeologa che, “da quel momento in poi, non sarà più la stessa. Il sogno e la realtà diventano la cornice perfetta per un viaggio nell’anima”. “Una storia da leggere tutta d’un fiato, fatta di personaggi, vite e luoghi straordinari in cui ci si ritrova, alla fine, illuminati e intatti”. Dall’intervista inedita che segue, emergono curiosità sul romanzo e sulla scrittrice.
D. Da cosa nasce l’idea di un confronto con le donne delle antiche civiltà?
R. Dall’immedesimarsi, da sempre con le donne del passato, e dalla convinzione che in quell’universo è già stato detto tutto quello di cui ha bisogno l’anima.
D. Che tipo di scambio emerge tra la protagonista del libro e le figure femminili che incontra?
R. Durante ogni incontro che l’archeologa Fina ha con queste donne, si aggiungono nuovi tasselli alla sua personalità. Ogni colloquio è infatti il frutto di notizie desunte da fonti storiche specifiche di ogni singolo personaggio, non si tratta quindi di incontri casuali e la funzione che assume ciascuna all’interno della storia di Fina è da scoprire leggendo…
D. Questi incontri insoliti in cosa modificano, se modificano, il punto di vista della protagonista, sul senso della vita e sul ruolo della donna nella contemporaneità?
R. Da questi incontri Fina, l’archeologa, trae il suo equilibrio e la consapevolezza che l’unica dimensione che conta per stare al mondo, in qualsiasi modo, è la compattezza del proprio io, oltre il tempo, lo spazio e le circostanze.
D. Qual è, secondo lei, il momento più significativo dell’intero romanzo?
R. Sicuramente quando la protagonista decide di partire e prendere parte ad uno scavo archeologico a Creta: è da lì che inizia a riflettere sulle proprie radici e priorità.
D. Nel racconto sono presenti solo figure femminili?
R. No, c’è anche un certo Lev, “Splendido e muto come un dio greco”.
D. Come descrive la protagonista del romanzo?
R. È una donna passionale, intraprendente e frizzante, ma allo stesso tempo anche fragile e forte.
D. Lei è autrice di altri romanzi, da cosa nasce la passione per la scrittura?
R. Scrivere, forse, per me è un po’ come danzare stando immobile. È stato sempre così: è quasi la metafora della mia personalità, è come l’immagine di me che ad ogni santa festa sembro l’unica in disparte ed imbronciata ma, in fondo, ballo e mi diverto proprio stando immobile. Perché è quello stare oltre i passi usati che ti fa volteggiare. Proprio come la scrittura. È per me aria, libertà, ordine.
D. Ritorna anche in questo romanzo il modo greco: perché?
R. La Grecia è la mia seconda casa, anzi forse la prima, quella in cui mi riconosco e mi comprendo, in quanto luce e ombra. Sicuramente il primo amore per i miti e la storia della Grecia antica dipendono da mio padre: ho avuto modo di dirlo in più occasioni, è a lui che devo questa passione, da bambina mi raccontava di moti e leggende, da adulta ha sostenuto il mio percorso di studi tutto incentrato su quell’universo. Naturalmente, le mie conoscenze di quella terra dipendono molto dalla formazione che ho avuto prima di diventare docente di Lettere a tempo pieno, dalla collaborazione come ricercatrice con la cattedra di Storia antica dell’Università Vanvitelli alle opportunità di scavo e ricerca durante gli anni della Scuola di Specializzazione in Archeologia dell’Università di Salerno. Sono stati passaggi importanti per la mia formazione culturale e la mia anima.
D. Chi è Fina nel romanzo?
R. Fina è la protagonista. È una donna che fa l’archeologa e si ritrova ad avere delle perdite di coscienza in un periodo in cui è piena di lavoro e di confusione per un certo Lev. Durante questi momenti, che si alternano a viaggio e scavi archeologici, incontra, tra le altre donne, una Fina sacerdotessa della dea Mefitis ed un’altra Fina principessa perseguitata da Decio. Non aggiungo altro, altrimenti tolgo lo sfizio ai lettori. La mia Fina fa un giro immenso per ritrovare sé stessa, ma ne vale la pena. Il finale è meno scontato di quanto ci si aspetti e in ogni caso apre la strada ad un continuo…
D. Quanto c’entra Roccamonfina nella storia?
R. Ne è l’incipit, in pratica. L’inizio della storia si sviluppa proprio in un luogo preciso che chi vive in questa ridente cittadina dall’aria salubre, può facilmente riconoscere nell’Orto della Regina sul Monte Frascara. La mia Fina è alle prese proprio con un cantiere in quel sito archeologico: è da lì che parte tutto e, forse, tutto ritorna.
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