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Attualità

«Mi piacerebbe morire su Marte. Non in un impatto, però» (Elon Musk)

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«Mi piacerebbe

morire su Marte.

Non in un impatto,

però»

(Elon Musk)

Marte

di Luigi Bignami

Avvenire

Pochi giorni or sono, un equipaggio di quattro volontari è entrato in un habitat marziano simulato, dal quale emergerà tra un anno. La loro missione: conoscere meglio la logistica necessaria e la psicologia umana del vivere a lungo termine su un altro pianeta, pur senza mai alzarsi da Terra. La missione si chiama Chapea (Crew Health and Performance Exploration Analog) ed è la prima di tre simulazioni pianificate da qui al 2026, ognuna delle quali insegnerà progressivamente agli scienziati ciò che serve per il successo di un volo spaziale umano di lunga durata. Chapea si svolge presso il Johnson Space Center della Nasa a Houston, in Texas. L’habitat, chiamato Mars Dune Alpha, è uno spazio abitativo costruito attraverso una stampante in 3D di 160 metri quadrati, all’interno del quale l’equipaggio vivrà, lavorerà, si eserciterà, dormirà ed eseguirà esperimenti. Attraverso la magia della realtà virtuale poi, la missione vedrà anche delle Extra Vehicular Activities (Eva), durante le quali i membri dell’equipaggio, dopo aver indossato opportune tute spaziali, lasceranno brevemente il loro habitat per entrare in un recinto adiacente che ricostruisce al meglio l’ambiente marziano. E qui compiranno ricerche scientifiche proprio come fossero su Marte. L’equipaggio ha un curriculum collettivo di altissimo livello: Kelly Haston (biologa e comandante della missione), Ross Brockwell (ingegnere strutturale), Nathan Jones (medico) e Anca Selariu (microbiologa della Marina) infatti, hanno dovuto superare gli stessi test dei candidati astronauti della Nasa per poter partecipare alla missione. Le difficoltà con cui convivere saranno molteplici. La prima riguarda il fatto che l’equipaggio sarà in grado di comunicare con il mondo esterno (ossia con la Terra) con un forte ritardo. Quando l’uomo sarà realmente su Marte infatti, i messaggi potranno impiegare fino a 22 minuti per raggiungere la Terra (tale è il tempo che la luce impiega per coprire la distanza tra la Terra e Marte) e tale restrizione viene applicata a Chapea (ovvero una domanda e una risposta impiegheranno 44 minuti tra anda-ta e ritorno). Una seconda difficoltà, per l’intero equipaggio, riguarderà la dieta, che sarà a base di cibi liofilizzati, simili a quelli che avranno gli astronauti marziani durante le prime missioni. E non ultimo incontreranno difficoltà piscologiche legate ad un ambiente ristretto da condividere per un lungo periodo. Grace Douglas, Principal Investigator di Chapea, poco prima che i volontari entrassero nel loro habitat, ha detto: «La conoscenza che acquisiremo con questa missione ci consentirà di inviare esseri umani su Marte e riportarli a casa sani e salvi». Durante il lungo anno marziano gli astronauti non se ne staranno certo con le mani in mano, dovranno svolgere infatti, un programma di attività simile ad una vera missione. «Stanno per intraprendere una missione che comprende operazioni, logistica e ricerca sulla vita e sulla geologia marziana proprio come se fossero al lavoro su Marte. L’importanza di questo studio è davvero enorme», ha affermato Judith Hayes, Chief Science Officer, Human Health and Performance Directorate. «Gli scienziati della Nasa apprenderanno aspetti fisici e comportamentali che forse, prima di questa missione, non ci immaginiamo neppure, ma che potrebbero risultare importanti quando si svolgerà la reale spedizione su Marte».

Questa missione è iniziata ancor prima che gli astronauti entrassero nel loro “nuovo mondo”. L’habitat in cui vivranno i quattro membri dell’equipaggio infatti, è stato progettato da un gruppo di architetti pensando a planimetrie che aiutassero gli astronauti anche dal punto di vista psicologico. Alcuni esempi tra i tanti: dove e quante finestre mettere negli habitat, così da permettere agli astronauti di avere una visione sul mondo esterno, non è stato semplice. Una finestra infatti, da un lato implica minore spazio da utilizzare all’interno, ma dall’altro dà agli astronauti una minore sensazione di claustrofobia. E poi quanti servizi igienici? Uno per tutti o uno per ciascuno? Alla fine si è optato per un bagno per due persone. Portare tutto ciò di cui si ha bisogno su Marte dalla Terra ha un costo proibitivo, quindi si è pensato di costruire il loro edificio con una stampante 3D, che ha utilizzato materiale simile a quello che si potrà trovare sul pianeta rosso. Tra i moduli presenti, oltre ad una piccola stanzetta per ciascun astronauta, vi sono anche “camere di equilibrio” che servono per prepararsi alla passeggiata marziana, laboratori e una stazione medica. Sebbene l’equipaggio possa uscire in caso di emergenze mediche importanti, si spera che possa affrontare autonomamente problemi di salute minori, grazie alla presenza di un medico. Ovviamente la missione Chapea non può simulare tutto. L’equipaggio, ad esempio, non dovrà fare i conti con la gravità marziana ridotta, circa un terzo di quella terrestre, ma ci saranno sfide “a sorpresa” indotte dai tecnici, come guasti alle apparecchiature o scarsità d’acqua.

In definitiva, l’idea di Chapea è imparare quali sfide comportamentali umane potrebbero sorgere durante una missione di lunga durata. Esercitandosi qui sulla Terra, la Nasa può essere più preparata affinché i futuri astronauti diretti su Marte possano affrontarle con la preparazione adeguata. L’equipaggio di Chapea-1 emergerà dal suo isolamento nel luglio del 2024

Luigi Bignami

Patate su Marte

di Antonio Lo Campo

Avvenire

«Coltivare ortaggi su un altro pianeta Sarà possibile su Marte con patate e cereali, ma prima ancora sulla Stazione Spaziale, dove piccole serre potranno fornire agli astronauti verdure fresche per integrare la loro dieta. E questo è già iniziato “ufficialmente” nel 2015 con l’insalata gustata in orbita dall’astronauta Scott Kelly». Non è l’affermazione di un regista di fantascienza, ma di una ricercatrice nel settore dell’Agrospazio, la professoressa Stefania De Pascale, ordinario di Orticoltura e floricoltura dell’Università di Napoli Federico II e, dal 2019, responsabile del Laboratorio di Ricerca sulle piante per lo spazio: «Ho iniziato a occuparmi di agricoltura sulla Terra, e poi sono passata allo spazio. D’altra parte, se l’umanità aspira a raggiungere lo spazio per esplorarlo e utilizzarlo al fine di migliorare la vita sulla Terra o con la prospettiva di colonizzare altri corpi celesti non potrà fare a meno delle piante. Da tempo, le agenzie spaziali di tutto il mondo lavorano per far crescere le piante in sistemi biorigenerativi per supportare la vita dei futuri coloni spaziali e presto le tecnologie in fase di progettazione sulla Terra potranno essere trasferite sulla Luna. E poi, speriamo, su Marte», dice la ricercatrice napoletana, che di recente ha progettato un modulo-serra per coltivare micro- ortaggi sulla Stazione spaziale internazionale (Iss) e collabora alla realizzazione di un apparato di crescita per coltivare patate in microgravità a bordo della Iss. E se la lattuga rossa coltivata in orbita e consumata a cena da Scott Kelly per la prima volta nell’agosto 2015, è già realtà, le patate da coltivare su Marte, come nel celebre film Sopravvissuto – The Martian saranno presto realtà? «Stiamo lavorando – racconta Stefania De Pascale – alla coltivazione di piante in sistemi biorigenerativi di supporto alle vita per le future missioni sulla Luna e su Marte, in un team internazionale nell’ambito del programma “Melissa” dell’Agenzia spaziale europea (Esa) e in un grande progetto dell’Agenzia spaziale italiana. E le patate sono uno dei nostri obiettivi di lungo periodo, dato il loro valore energetico. Ma non solo quelle. Stiamo lavorando alla coltivazione delle principali colture alla base dell’alimentazione umana quali i cereali, come il frumento e il riso, e le leguminose, quali soia e fagiolo, anche su simulanti di suoli lunari e marziani, le cosiddette regoliti. I risultati sono incoraggianti». Ma a Terra, tra i progetti a cui ha preso parte la De Pascale, vi è il progetto europeo “Eden Iss” che aveva l’obiettivo di dimostrare le tecnologie di coltivazione in condizioni ambientali e logistiche estreme «nell’ambito del progetto Eden, coordinato dal Dlr, l’Agenzia spaziale tedesca, è stato realizzato un impianto mobile delle dimensioni di un container presso la Stazione Neumayer III in Antartide – aggiunge la De Pascale – nel quale vengono coltivati ortaggi in coltura idroponica e con illuminazione artificiale a led, per produrre cibo fresco per il personale della base». E il cibo nello spazio? «Sulle piattaforme orbitanti e le navicelle spaziali, si potranno coltivare ortaggi come lattuga, pomodori, rapanelli. E anche piccoli frutti quali le fragole. Per integrare l’alimentazione degli astronauti con cibo fresco ricco di composti nutraceutici ma anche come importante supporto psicologico per gli astronauti». Ma le piante non producono solo cibo, sono in grado di rigenerare l’aria attraverso la fotosintesi (utilizzano l’anidride carbonica emessa dall’uomo, e ne producono l’ossigeno necessario) e purificare l’acqua attraverso la traspirazione. «Al momento attuale, la vita dell’equipaggio della Stazione spaziale internazionale si basa essenzialmente sul rifornimento dalla Terra in quanto i sistemi chimico-fisici a bordo della Iss non sono sufficienti a rigenerare le risorse ambientali necessarie (aria e acqua) e il cibo arriva dalla Terra. Ecco perché è importante realizzare un sistema biorigenerativo in cui le piante saranno una componente essenziale». Non si tratta di progettare un giardino spaziale ma di una necessità per consentire lunghe permanenze dell’uomo nello spazio. E con importanti ricadute per l’agricoltura terrestre: «Questi progetti portano ricadute in termini di conoscenze e tecnologie per migliorare la sostenibilità dell’agricoltura sulla Terra. Sono convinta che la ricerca di possibili soluzioni per l’agricoltura spaziale consentirà non solo di colonizzare altri pianeti ma anche di rendere il nostro un mondo migliore»

Antonio Lo Campo

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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