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GIUSTIZIA

Indagini e imputazioni: leggi ad hoc per gli amici

AD PERSONAM – Nordio e Meloni preparano norme per salvare i propri fedelissimi

DI GIACOMO SALVINI
9 LUGLIO 2023

Nel 2006, intervistata dal giornalista Claudio Sabelli Fioretti, la giovane Giorgia Meloni disse: “Le leggi ad personam bisogna contestualizzarle. Sono delle leggi che Berlusconi ha fatto per se stesso. Ma sono leggi perfettamente giuste”. Diciassette anni dopo, il suo governo ha deciso di intraprendere la stessa strada del leader di Forza Italia, scomparso il 12 giugno: andare all’attacco dei giudici e fare leggi sulla giustizia che servono a difendere i propri fedelissimi finiti sotto i colpi delle inchieste giudiziarie. Insomma, adesso, rispetto al berlusconismo, cambia solo il soggetto: non più il presidente del Consiglio, ma i suoi fedelissimi.

È il caso della ministra Daniela Santanchè, finita sotto indagine per bancarotta e falso in bilancio per la malagestione delle sue società. La notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati ha fatto andare su tutte le furie sia la presidente del Consiglio Meloni sia il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Quest’ultimo, venerdì, ha parlato di “sconcerto” e “disagio per l’ennesima comunicazione a mezzo stampa di un atto che dovrebbe rimanere riservato”. Così il governo si vuole muovere in due direzioni nella riforma Nordio che sta per arrivare in Senato: rendere segreto il contenuto dell’avviso di garanzia (si potrà pubblicare solo un resoconto sommario) e tutti gli atti giudiziari fino alla fine delle indagini. Pena, multe più alte per i giornalisti che li pubblicano – fino a 150mila euro, è l’ipotesi – e sanzioni disciplinari per i capi delle procure. L’altro fronte è quello delle intercettazioni: l’obiettivo sarà evitare la loro pubblicazione durante le indagini e limitarle per i reati contro la Pubblica amministrazione alzando il tetto dei 5 anni. Una modifica che si rivolgerebbe anche a possibili intercettazioni che potrebbero emergere dall’inchiesta Santanchè. Modifiche da approvare già in Senato. Tutto sull’onda del caso Santanchè.

L’altra questione riguarda il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, per cui è stata disposta l’imputazione coatta dal giudice di Roma nonostante il pm avesse chiesto l’archiviazione per rivelazione di segreto. “Un’anomalia”, hanno spiegato da Palazzo Chigi. “Non è possibile che il giudice smentisca un pm”, dice Nordio. Per questo l’obiettivo sarà quello di modificare anche l’istituto dell’imputazione coatta, magari abolendolo. E peccato se questo sia in contrasto con il progetto di separazione delle carriere che piace tanto al governo. Per “tutelare” un fedelissimo, val bene una contraddizione.

Marco TravaglioDirettore del
Fatto Quotidiano

Schiforme a grappolo

9 LUGLIO 2023

Unendo i puntini delle dichiarazioni destronze e degli spifferi delle “fonti del ministero” (più arcane delle fonti del Clitumno), si ottiene la Grande Riforma della Giustizia che l’Italia attende fremente da trent’anni e che sarà necessariamente modellata sui processi che investono e via via investiranno membri del governo e della maggioranza, inclusi congiunti e amici degli amici. È lo scotto da pagare alla scomparsa di B., che le leggi ad personam le calibrava su un culo solo: il suo. Ora, nel berlusconismo senza B., i culi da parare si moltiplicano e con essi le leggi ad personas, o ad Melones. Tutto più complicato, ma anche più divertente. S’era detto che i giudici vanno separati dai pm per evitare che i primi si “appiattiscano” sui secondi? Dipende. Se l’imputato fa parte del giro e il giudice si appiattisce sul pm per archiviare o assolvere, viva l’appiattimento: i due possono restare tranquillamente colleghi. Se invece il giudice si appiattisce sul pm per intercettare, arrestare, rinviare a giudizio o condannare, i due vanno subito separati. C’è poi il caso Delmastro, col pm che chiede l’archiviazione e il gip che ordina l’imputazione: tutto ciò, secondo le “fonti ministeriali” (lo pseudonimo di Nordio), è “irrazionale” e deve finire. Se il pm vuol salvare uno della banda, è dovere del gip appiattirsi su di lui: è quando il pm non vuole salvarlo che il gip non deve appiattirsi. Ma la Riforma metterà le cose a posto: tra pm e giudice, decide il giudice solo se conviene all’indagato; viceversa decide il pm e il giudice fa pippa.

Ma c’è pure il caso del pm buono, che non ha alcuna intenzione di disturbare i manovratori, costretto a indagarli da un dipendente o un fornitore non pagato o truffato che non si fa i cazzi suoi e li denuncia. Certo, alla fine chiederà di archiviare anche se ha vagonate di prove e il gip dovrà appiattirsi per legge. Ma intanto c’è la rottura delle indagini e dei giornali. Doppia ideona. I giornali saranno puniti con multe milionarie se pubblicano notizie vere (quelle false sono la specialità della casa). E le indagini saranno subappaltate ai congiunti degli indagati, che fra l’altro sono quelli che li conoscono meglio. Sui falsi in bilancio della Santanchè indagherà il falso principe Dimitri, e viceversa. E sul presunto stupro di Apache La Russa indagherà il padre, che infatti l’ha già interrogato e assolto, condannando la ragazza che l’ha denunciato. Così i pm potranno dedicarsi ai veri delitti: i rave party, gli spray con vernice lavabile, le vignette di Mannelli e Natangelo, o anche i reati contro la Pa, purché riguardino gli oppositori, meglio se “grillini”. I processi sono come le armi all’uranio impoverito e le bombe a grappolo: se le usa la Russia sono orrori da genocidi, se le usa l’Ucraina sono petali di rosa.

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FONTE:

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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