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Attualità

*La corazzata Potaëmkin* di Vincenzo D’Anna*

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*La corazzata Potaëmkin*

di Vincenzo D’Anna*

L’ammutinamento dei marinai della nave corazzata più bella della marina militare russa, intestata al principe Grigorij Aleksandrovič Potaëmkin, è assurto a simbolo della rivoluzione del 1917, che rovesciò e poi uccise, con tutta la sua famiglia, l’ultimo Zar Nicola II Romanov. Fu quella una rivoluzione proletaria, ideologicamente orientata verso i dettami del marxismo rivoluzionario, ordita dai comunisti capeggiati da Vladimir Il’ič Ul’janov meglio conosciuto con lo pseudonimo di Lenin. Quell’atto fu dunque considerato come l’iniziale gesto di riscatto degli oppressi e dei derelitti, di coloro che mentre l’aristocrazia navigava nei fasti dorati, erano costretti a soffrire di stenti e di fame. Secondo gli storici però buona parte di quella storia fu mitizzata e modificata, elaborata per eccitare gli animi alla ribellione, per conferire un ulteriore motivo al popolo di rompere le catene a cui era costretto. In effetti l’ammutinamento della Potaëmkin non ebbe motivazioni politiche contro il sistema monarchico: fu un moto di protesta contro il cibo avariato che veniva propinato alla ciurma e, successivamente, contro l’intenzione del comandante della nave di passare per le armi quanti avevano osato protestare. Di quella storia, ovvero della sua versione politicizzata, il regime sovietico trasse un film drammatico realizzato dal celebre regista Sergei M. Eisenstein, apprezzato dai cinefili di tutto il mondo. Ebbene, per ironia della sorte, quella pellicola è stata resa famosa, molto anni dopo, perché citata, in chiave comica, nel film “Fantozzi” interpretato da Paolo Villaggio. Insomma: una popolarità postuma, guadagnata per motivi decisamente diversi da quelli storici e politici. Comunque sia il richiamo, quello serio, alla corazzata Potëmkin, evoca per il popolo russo, l’inizio di una rivolta radicale contro il sistema oppressivo degli zar, in nome – purtroppo – di un altro sistema: quello comunista, che per altri versi ha tenuto quello stesso popolo sotto il tallone di ferro di un altro despota, ossia uno Stato repressivo e liberticida. Resta comunque la simbologia di quello evento che diede vita alla “Rivoluzione d’Ottobre”. Venendo ai nostri giorni, la proditoria guerra in Ucraina sta destabilizzando non poco la Russia che paga, in malo modo, l’alto costo in termini di vita umane, la crisi e le ristrettezze economiche dovute alle sanzioni imposte dall’Occidente. Ecco allora che sui media di mezzo mondo rimbalza la notizia che il comandante della famigerata brigata Wagner, Evgenij Prigozhin, già ribellatasi e poi ritiratasi dai campi di battaglia del Donbass, ha occupato due città in territorio russo marciando verso Mosca per sfidare Putin. Quest’ultimo, reo di non essersi fatto scrupoli di lasciare i mercenari senza adeguata logistica ed assistenza, ed anzi fatti oggetto del “fuoco amico” del Cremlino. Insomma: un vero e proprio colpo di coda e di aperta ribellione da parte dell’ex cuoco di Putin, in grado di scatenare una guerra civile. Quel che è peggio è che la rivolta della Wagner mette a nudo la debolezza del regime che governa a Mosca, ormai isolato dal punto di vista politico e diplomatico dal contesto internazionale, fortemente condizionato e protetto dalle gerarchie militari. Sono infatti queste ultime ad aver “isolato” e bersagliato i soldati della Wagner che, una volta svolti i lavori più rischiosi, più immondi ed immorali, sono stati trattati alla stregua di un corpo spurio, scomodo e quindi da epurare. Solo la mediazione del servo sciocco di Putin, il leader Bielorusso Alessandro Lukašėnko, ha bloccato la colonna di soldati che nel frattempo era giunta a duecento chilometri dalla capitale. Allarme rientrato? Non è dato sapere. Nessuno infatti sa se il fuoco continuerà a covare sotto la cenere, se il gesto di protesta non dara’ la stura a nuovi atti di ribellione, cominciati già da tempo come i sabotaggi anonimi in territorio russo insegnano. Quello che invece è ormai certo è il fatto che il fronte interno e la leadership di Putin si sono usurate e rappresentano vere e proprie crepe nel monolito dell’establishment di Mosca. Cosa farà ora il popolo russo? Saprà dare sfogo al dissenso diffuso che la propaganda monopolista e le menzogne del regime non riescono più a nascondere? Certo le incertezze aumentano ad Est perché la guerra logora vecchie illusioni della rinnovata “grandeur” russa. Insomma: ci potrebbe essere una nuova corazzata Potëmkin con il combinato disposto tra militari e popolazione che potrebbe sbarazzarsi degli avventurieri e dei megalomani che guidano il Cremlino. Staremo a vedere e se fosse così, ci sarebbe ben poco da ridere.

*già parlamentare

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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